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Bonus donne disoccupate 2016

Chi può ottenere il bonus donne disoccupate 2016? Quanto spetta e per quanto dura? I requisiti e le modalità di richiesta per beneficiare di uno sconto del 50% sulle contribuzioni

Che cos’è il bonus donne disoccupate?

Il bonus donne disoccupate 2016 è un’agevolazione contributiva riservata alle aziende che assumono donne, che risultino disoccupate da almeno sei mesi. Non è dunque un corrispettivo economico indirizzato direttamente alle future lavoratrici. Tuttavia il beneficio riguarda di riflesso anche loro poiché: se le aziende pagano meno tasse per assumere personale, sicuramente saranno motivate ad effettuare più assunzioni per questa categoria. Il bonus disoccupate era previsto già nel 2015 (Legge Fornero). La possibilità di beneficiarne è stata prorogata anche per il 2016.

Come funziona il bonus donne disoccupate 

  Il bonus donne disoccupate 2016 è concesso alle aziende che, a partire dal 1° gennaio 2016, assumono donne che risultino prive di impiego da almeno sei mesi. È uno sgravio fiscale il cui fine è quello di incentivare le imprese ad effettuare nuove assunzioni per agevolare almeno una fetta delle donne senza lavoro (che risiedono nelle aree considerate svantaggiate).

Quanto dura il bonus donne disoccupate 2016

Le imprese possono fruire dello sgravio del 50%, sui contributi obbligatori INPS, per due periodi differenti in base alla tipologia del contratto. Abbiamo infatti:

  • 12 mesi di contributi agevolati per i contratti a tempo determinato (e in somministrazione);
  • Ben 18 mesi di agevolazioni sui contributi obbligatori INPS per i lavoratori a tempo indeterminato.

Nota bene: anche se un lavoro originariamente a termine e poi trasformato stipulando un contratto a tempo indeterminato, è prevista la fruizione del bonus  donne disoccupate 2016 per  un periodo di tempo di 18 mesi.

A chi spetta il bonus donne disoccupate 2016

Come vi abbiamo anticipato, il bonus donne disoccupate 2016 spetta alle aziende che, durante l’anno 2016, assumeranno donne che da almeno 6 mesi risultano senza lavoro.

Bonus donne disoccupate 2016: quali requisiti occorrono?

È possibile fruire degli incentivi INPS donne disoccupate 2016 per l’assunzione di donne di qualsiasi età che posseggano però determinati requisiti. Tali requisiti sono fondamentalmente legati allo status e al luogo di residenza. Oltre allo status di disoccupazione infatti, il bonus donne disoccupate 2016, può essere fruito solo per l’assunzione di personale che proviene da uno dei Comuni, o delle sezioni specifiche, che rientrano tra le aree svantaggiate d’Italia. Le aree svantaggiate 2016 sono le stesse individuate con il Decreto Ministeriale 2008  Sviluppo Economico del 27 marzo 2008  “Elenco delle aree ammesse agli aiuti di Stato a finalità regionale”.

Guida alla lettura del decreto

Il decreto, promulgato anche per il bonus donne disoccupate 2015 e valido anche per il  bonus 2016,indica nel dettaglio tutte le Regioni e le aree considerate svantaggiate. Dunque per poter fruire del bonus donne disoccupate 2016, il personale da assumere deve necessariamente vivere in una di queste Regioni:

  • Calabria;
  • Campania;
  • Puglia;
  • Sicilia.

Inoltre sono ammesse anche determinate zone di censimento, (specificate sempre nel decreto), per ogni zona è riportato un numero. Alcuni numeri sono contrassegnati da un trattino “ – “ ,  in questo caso sono considerate aree svantaggiate tutte le sezioni che intercorrono tra un trattino e l’altro. Per semplificare il discorso vi proponiamo un piccolo esempio: Nel comune di Aquino, in provincia di Frosinone, la dicitura “24-26) comprende tutte le aree tra la 24 e la 26 (24,25,26). Lo stesso discorso vale per le aree degli altri Comuni nelle altre Regioni. Le regioni contenenti le altre aree ammesse sono:

  • Emilia Romagna;
  • Abruzzo;
  • Friuli Venezia Giulia;
  • Liguria;
  • Marche;
  • Molise;
  • Piemonte;
  • Sardegna;
  • Toscana;
  • Valle d’Aosta;
  • Veneto;
  • Abruzzo;
  • Molise;
  • Lazio;
  • Liguria.

Per verificare i Comuni e  le aree considerati svantaggiati potete consultare l’elenco direttamente dal sito www.camera.it

Bonus donne disoccupate 2016: quanto spetta

Tasse dimezzate per le aziende che assumono

Il bonus donne disoccupate INPS 2016, cosi come il bonus donne disoccupate 2015, si concretizza con una riduzione contributiva pari al 50%  sulle retribuzioni delle donne assunte (a tempo determinato o indeterminato). Dunque la metà dei contributi a carico delle aziende, non dovrà essere versata per le lavoratrice che nei sei mesi precedenti risultavano prive di impiego.

Domanda bonus disoccupate 2016: chi deve effettuare la richiesta?

La richiesta per poter fruire del beneficio fiscale “bonus donne disoccupate 2016” deve essere effettuata non dalla futura lavoratrice, ma dall’azienda che l’assume.

Modulo per richiedere il Bonus disoccupate 2016

L’impresa per beneficiare degli incentivi INPS disoccupate 2016 deve inoltrare il modulo di domanda bonus donne disoccupate 2016 (disponibile nel cassetto previdenziale aziendale nel sito ufficiale dell’Istituto) direttamente all’INPS. La richiesta deve essere effettuata telematicamente, dunque sfruttando i canali messi a disposizione dell’Istituto: –web: attraverso il sito internet  dell’INPS   utilizzando il pin personale; – Contact Center Integrato: telefonando al numero verde 803.164, gratuitamente da rete fissa, o allo 06.164.164 da cellulare, a pagamento ( il costi variano in base al piano tariffario previsto dall’operatore telefonico); – Patronato: nel caso in cui non abbiate ancora attivato il pin per accedere ai servizi online del sito o se comunque volete evitare di fare tutto da soli e preferite affidarvi ad una figura professionale collaudata. Dopo aver effettuato tutte le dovute verifiche circa i requisiti di residenza e di disoccupazione della donna disoccupata, l’INPS potrà concedere ( o negare) il bonus donne disoccupate 2016.

Permesso di costruire, iter da seguire

Permesso di costruire: costo, tempi di attesa, documenti da presentar, permesso di costruire in sanatoria… In questa pagina vedremo tutti i dettagli circa l’iter da seguire, la durata del permesso di costruire e cosa fare in caso di permesso scaduto. L’iter burocratico per ottenere la licenza edilizia.

Permesso di costruire, il costo

Il permesso di costruire non è altro che un’autorizzazione necessaria ai cittadini per avviare attività di trasformazione urbanistiche ed edilizie. Tale autorizzazione amministrativa è disciplinata dal Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 380 del giugno 2001). Il costo del permesso di costruire varia in base al comune e in base all’intervento progettato; per farvi degli esempi, gli interventi soggetti a permesso di costruire in sanatoria richiedono di sostenere costi da sommare a una sanzione pecuniaria che è pari al doppio del contributo di costruzione da pagare normalmente al Comune. Per il permesso di costruire una piscina occorrono 100 euro, il permesso per costruire un box interrato o un posto auto ha un costo di 100 euro.

Come premesso, si tratta di costi puramente orientativi perché ogni Giunta Comunale ha uno storia a sé. In genere è possibile sostenere i costi del permesso di costruire a rate, cioè versando il 50% all’atto del rilascio del permesso di costruzione, il 25% dopo sei mesi dal rilascio della concessione e il 25% dopo un anno dal permesso di costruire. Il costo per il permesso di costruire una casa varia in primis se è prevista la demolizione (permesso di costruzione e demolizione) e poi in base al metro quadro e, in alcune località d’Italia, varia anche in base alla classe energetica dell’edificio in fase di costruzione. Per sapere quanto costa ottenere il permesso di costruire con o senza demolizione o sanatoria non dovete fare altro che navigare nel sito ufficiale del vostro comune di residenza.

Permesso di costruire: quando è necessario richiederlo

Non tutti i lavori legati all’edilizia sono soggetti al permesso di costruire. Esistono infatti diversi tipi di immobili e differenti categorie di interventi. Il permesso di costruire va richiesto in caso di interventi che riguardano:

  • nuove costruzioni;
  • ristrutturazioni urbanistiche;
  • ristrutturazioni edilizie.

Le ristrutturazioni edilizie riguardano le attività di lavoro relative a organismi edilizi la cui struttura originaria risulti, al termine degli interventi, totalmente o parzialmente trasformata rispetto alla versione originaria, “mediante un insieme sistematico di opere che possono portare anche ad un fabbricato in tutto o in parte diverso da quello precedente” (art 3 comma 1, Testo Unico dell’edilizia) Nel dettaglio, tali operazioni, determinano:

  • modifiche della sagoma delle strutture vincolate dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (dlgs 42/2004);
  • aumento delle unità immobiliari
  • variazioni del volume, delle superfici, dei prospetti
  • differenti destinazione d’uso.

Permesso di costruire, fase istruttoria e proposta di provvedimento: tempi e modalità

Durante il periodo di valutazione (definito fase istruttoria) il responsabile “decide” se concedere o meno l’autorizzazione ai lavori. Se le amministrazioni competenti non forniscono il nullaosta preventivo o ulteriori autorizzazioni da parte delle amministrazioni competenti, il tecnico responsabile istituirà una conferenza dei servizi per risolvere il problema. Il progetto dovrà avere tutti i requisiti previsti dal Comune, in caso contrario, nessun problema, vi sono due possibilità:

  • la possibilità di modificare il progetto, adeguandolo a quelli che sono i requisiti da osservare e i documenti da presentare.
  • la possibilità d’integrare il progetto con la documentazione mancante.

In caso di modifiche progettuali, queste dovranno essere presentate entro un periodo massimo di 15 giorni. La fase istruttoria subirà un periodo di pausa fino alla presentazione delle modifiche. Inoltre, per quanto riguarda l’integrazione degli allegati, questa potrà avvenire entro 30 giorni. Una volta confermata l’adeguatezza del progetto, il tecnico responsabile formulerà una scrupolosa relazione descrittiva contenente la proposta di provvedimento.

Permesso di costruire e tempi d’attesa

Ottenuto il permesso di costruire questo sarà comunicato al richiedente direttamente dallo Sportello Unico. Purtroppo anche in questo caso i tempi risultano alquanto lunghi, di norma 30 giorni dalla proposta di provvedimento del responsabile. I tempi si allungano ulteriormente nel caso il progetto abbia dovuto subire modifiche o integrazioni (40 giorni dalla data di emanazione del provvedimento). Inoltre, gli interventi soggetti a Dia, pur potendo effettuare richiesta di permesso di costruire, subiranno un allungamento dei tempi di emanazione del permesso stesso (75 giorni dalla proposta del provvedimento).

Permesso di costruire: tempi ridotti e silenzio d’assenso

Grazie alle modifiche previste dal dlg 83/2012 e dal più recente dlg69/2013 è stata snellita parte della burocrazia legata a concessioni e tempistiche. Come anticipato, se non rilasciate le opportune autorizzazioni dalle autorità competenti, il responsabile è impossibilitato a formulare la proposta. Per risolvere il problema questi può convocare una conferenza speciale detta conferenza dei servizi che deciderà il da farsi. Altrimenti , entro 30 giorni dalla proposta va rilasciato il permesso, o in caso di mancati requisiti negato. Se entro 30 giorni non vi è alcuna risposta da parte del responsabile tecnico, ne dallo Sportello Unico Edilizia, il permesso viene automaticamente rilasciato (silenzio assenso). Precisiamo che il silenzio assenso non può essere applicato per le strutture legate a vincoli storico-culturali o ambientali.

Dove fare domanda permesso di costruire, l’iter da seguire e la mini-guida completa

Sul territorio italiano è prevista una dettagliata procedura da seguire per ottenere il permesso di costruire, che è concesso dal Comune ove sono previsti gli interventi. Il contribuente che intende effettuare lavori di costruzione, ristrutturazione edilizia o urbanistica deve infatti, necessariamente rivolgersi a soggetti abilitati, professionisti del settore, come architetti geometri o ingegneri. Tali figure hanno un ruolo fondamentale poiché saranno loro ad occuparsi della domanda da presentare allo Sportello Unico dell’Edilizia (SUE). Ogni Comune sul territorio ha, per legge (dlg 70/2011) istituito un proprio SUE.

Il referente del settore dovrà redigere e presentare la richiesta per ottenere il permesso , allegando il progetto ed eventuali altre documentazioni stabilite dal Comune. I contenuti del progetto non possono essere meramente descrittivi, ma devono rispettare precisi requisiti stabiliti dal Comune pena mancata approvazione del piano di lavoro. ( norme antisismiche, di isolamento termico, acustico etc.). Per le strutture soggette a particolari vincoli (di carattere storico, artistico o ambientale) sarà necessario richiedere un nulla osta preventivo alla Sovrintendenza competente. Non preoccupavi, il vostro architetto saprà a chi rivolgersi! Solo ed esclusivamente quando lo Sportello Unico dell’Edilizia rilascerà la propria approvazione dei progetti, sarà possibile dare il via ai lavori. Lo Sportello Unico dell’Edilizia, per legge, dovrà decretare un responsabile del procedimento, ovvero il tecnico che si occuperà dell’istruttoria entro 10 giorni. Il responsabile, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, dovrà raccogliere tutta la documentazione necessaria a formulare la procedura per valutare la proposta. Per i Comuni che presentano un’ alta densità abitativa ( almeno 100.000 abitanti) sono previsti tempi più lunghi pari a 120 giorni.

Permesso di costruire, durata e scadenza

Una volta ottenuto il permesso avrete un anno di tempo per poter avviare i lavori o la costruzione sull’immobile. Questa affermazione risposte anche a chi si interroga sulla durata del permesso di costruire: un anno! E cosa succede se il permesso di costruire è scaduto? E’ possibile rinnovarlo chiedendo una proroga dei tempi. La durata del permesso di lavoro va da 1 a 3 anni: il Titolare del provvedimento, ha tempo un anno per iniziare i lavori e tre anni per portarli a compimento. Per questi casi la legge stabilisce la possibilità di una proroga (art. 15, comma due, Testo Unico Edilizia) dei termini di scadenza, purché la richiesta sia giustamente motivata e per fatti estranei alla volontà del Titolare del provvedimento. Spetta all’Amministrazione comunale valutare se concedere la proroga di un permesso scaduto ma come ultima spiaggia il cittadino può rivolgersi al TAR e sperare in una sentenza a favore. Per ottenere la proroga di un permesso di costruzione scaduto, le motivazioni che hanno interrotto i lavori devono essere esterne e non personali, quindi non è valida come motivazione una “carenza finanziaria”, ne’ in caso di variazione degli strumenti urbanistici perché sono questi che hanno portato al Permesso di Costruire.

Agevolazioni prima casa e costruzione edilizia

L’acquisto della prima casa prevede alcune agevolazioni fiscali messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate che cambiano in base al tipo di acquisto, in pratica dipende se la casa viene acquistata da privato o se ne è prevista la costruzione (tecnicamente anche in questo caso la casa viene acquistata dal costruttore). Quando si parla di “agevolazioni per l’acquisto di prima casa” si fa riferimento anche alla costruzione della prima casa che, per accedere alle agevolazioni, può essere sia a uso abitativo sia destinata alla locazione (da affittare).

Come annullare un mutuo

Come annullare un mutuo: iter da seguire per ottenere l’annullamento di un mutuo. Info sulle penali previste e sull’estinzione anticipata di un mutuo. 

Annullare un mutuo è possibile ma è necessario che sussistano determinate condizioni stabilite dalla legge. Scopriamo in questo articolo come annullare un mutuo e quali sono le possibili conseguenze.

Estinguere un mutuo anticipatamente

Prima di indicarvi quali sono le modalità per annullare un mutuo vi forniamo una piccola delucidazione sull’ estinzione anticipata del finanziamento. Grazie all’articolo 40 comma 1 del Testo Unico Bancario è sempre possibile richiedere l’estinzione anticipata di un mutuo anche se è possibile incorrere in salate penali.

Estinguere mutuo dopo un anno

È bene ricordare che alcuni Istituti bancari non concedono l’estinzione anticipata di un mutuo se non sono trascorsi almeno 18 mesi dalla sottoscrizione del contratto. Tuttavia questa condizione deve essere esplicitamente indicata nelle clausole del contratto e può essere messa in discussione poiché entra in contrapposizione con la normativa attualmente in vigore.

Quanto costa estinguere un mutuo

Conviene estinguere un mutuo?

Per rispondere al quesito è necessario effettuare un’importantissima distinzione tra i contratti stipulati prima del 2 febbraio 2007 e quelli sottoscritti dopo questa data.

Estinzione anticipata mutuo post-2007

Con il cosiddetto Decreto Bersani (2 febbraio 2007) infatti i cittadini che decidono di estinguere anticipatamente un contratto di mutuo firmato dopo l’entrata in vigore della legge, non saranno tenuti a versare alcuna penale. Le uniche condizioni per poter estinguere in anticipo il mutuo riguardano la data di sottoscrizione del mutuo e la sua natura (deve essere richiesto per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile adibito ad abitazione principale). Estinzione anticipata mutuo prima del Decreto Bersani Il contribuente che ha sottoscritto un contratto di mutuo prima dell’entrata in vigore del Decreto Bersani deve considerare che rischia di dover pagare delle penali. L’entità delle penali previste per l’estinzione anticipata di un mutuo variano in base al momento entro il quale viene richiesta l’estinzione.

Estinzione anticipata mutui a tasso fisso e variabile: penali

Anche se il contratto di mutuo è stato stipulato prima del 2007 non è prevista alcuna penale (sia per i mutui a tasso fisso che variabile) se l’estinzione anticipata avviene durante gli ultimi due anni del finanziamento.

Penali estinzione anticipata mutui a tasso variabile 

Ecco le penali previste in caso di estinzione anticipata di un mutuo a tasso variabile:

  • 0,50% se il mutuo scade dopo più di 3 anni.
  • 0,20% se la fine del mutuo è prevista dopo di 2 anni.

Come già accennato, nel momento in cui la richiesta di estinzione anticipata di un mutuo a tasso variabile avviene durante gli ultimi 2 anni previsti del mutuo, non è prevista nessuna penale da pagare.

Estinzione anticipata mutui a tasso fisso

Penali in caso di estinzione anticipata di un mutuo a tasso fisso:

  •  1,90% se la richiesta di estinzione anticipata avviene durante la prima metà del piano di indennizzo.
  • 1,50% se s’intende estinguere il mutuo trascorsa la prima metà del piano di rimborso ma entro 3 anni dal termine del contratto.
  •  0,20% se l’estinzione anticipata avviene quando la fine del mutuo è prevista dopo 3 anni.

Potrebbe interessarvi anche la guida: come estinguere un mutuo in anticipo.

Annullamento del mutuo: come funziona

La sentenza della Corte di Cassazione numero 350 del 2013 rappresenta una vera e propria pietra miliare quando si parla di annullamento del contratto di un mutuo. A partire da questa sentenza infatti l’annullamento di un mutuo è diventato una procedura molto più semplice e direttamente correlata alla presenza di un tasso di usura (stabilito dalla legge 108/96).

Come annullare un mutuo: tassi usurai

In Italia, quando ci si riferisce a contratti di finanziamento (come prestiti o mutui) esiste un limite di applicazione dei tassi d’interesse. La legge a disciplinare quest’argomento è la numero 108 del 1996. I tassi d’interessi che superano il limite stabilito fanno parte dei cosiddetti tassi usurai. La funzione dei tassi usurai è quella di garantire una maggiore tutela del cittadini che sottoscrivono un contratto di mutuo. È possibile consultare nel dettaglio i valori del tasso di usura mutuo accedendo all’area Compiti, sezione Vigilanza sul sistema bancario e finanziario del sito ufficiale della Banca d’Italia (bancaditalia.it) e cliccando alla voce “Contrasto all’usura”. In questo modo sarà possibile accedere ai tassi effettivi globali medi ed ai tassi soglia su base annua. Nel sito le soglie dei tassi sono suddivise in categorie, che variano in base alla tipologia del finanziamento (cessione del quinto dello stipendio, mutui, factoring etc). Insomma, per ogni forma di finanziamento esistono specifici tassi usurai di riferimento.

Annullamento mutuo ipotecario: calcolo tasso di usura

Per poter comprendere se si è vittime di un tasso di usura (e dunque se si ha diritto all’annullamento di un mutuo) il consumatore deve confrontare il tasso d’interesse del prestito con i tassi soglia stabiliti dalla banca d’Italia. Nel momento in cui il tasso applicato (e considerato a livello complessivo) dovesse risultare superiore al tasso soglia, il contribuente potrà richiedere l’annullamento del mutuo.

Annullamento mutuo: come fare richiesta

Come già anticipato, una volta appurato che il tasso del mutuo risulti complessivamente superiore al tasso soglia stabilito dalla Banca d’Italia, il consumatore può richiedere l’annullamento del mutuo. Ma in che modo annullare un mutuo? Innanzitutto, soprattutto se non siete esperti del settore finanziario, sarebbe meglio, per evitare di incorrere in errori, richiedere una perizia del proprio caso ad un commercialista o rivolgendosi ad un ragioniere. Una volta appurati i requisiti per annullare un mutuo, è possibile procedere inoltrando una formale diffida all’Istituto di credito con il quale è stato stipulato il contratto. Nella notificazione dovrà essere esplicitamente richiesta l’applicazione del principio sancito con la sentenza 250/2013 della Corte di Cassazione.

Annullare richiesta mutuo

A prescindere dai mutui usurai, vi ricordiamo che, prima della stipula del contratto, è comunque possibile annullare una richiesta di mutuo. Per procedere con l’annullamento della richiesta di un mutuo il cittadino deve inviare una raccomandata al proprio istituto bancario, nella quale comunicare l’intenzione a non voler proseguire con il prestito.

Annullare richiesta mutuo: consigli utili

La richiesta del mutuo, anche prima dell’effettiva stipula del contratto, viene automaticamente registrata nel Sistema di informazioni creditizie (SIC) gestito dal CRIF. Se una persona richiede un mutuo, anche se non lo sottoscrive ufficialmente o lo annulla, tale istanza resta censita per 6 mesi. Quando una richiesta di mutuo viene disdetta è consigliabile mobilitarsi per cancellare la richiesta in Crif. Questo poiché la presenza di tali info nella banca-dati potrebbe creare problemi per eventuali future richieste di finanziamento (anche presso altri istituti finanziari).  

Assegno di solidarietà 2016

Assegno di solidarietà 2016: cos’è, requisiti per ottenerlo, durata e quali sono le novità legate al fondo di solidarietà alternativo o all’artigianato. In questa pagina quando parliamo di assegno di solidarietà, non ci riferiamo all’assegno di solidarietà parlamentare (ovvero al cosiddetto assegno di fine mandato dei politici) ma a prestazioni a sostegno del reddito a favore dei lavoratori.

Cos’è l’assegno di solidarietà?

L’assegno di solidarietà 2016 rientra tra le prestazioni a sostegno del reddito (Fondi di Solidarietà e FIS) introdotte con la Legge Fornero, un vero e proprio aiuto per le imprese e un supporto economico per i lavoratori.

Assegno di solidarietà: novità 2016

L’assegno di solidarietà è strettamente legato ai cosiddetti fondi di solidarietà e FIS. Anche nel 2016 saranno istituiti, come stabilito dalle Legge Fornero, i fondi di solidarietà ed i fondi d’integrazione salariale, che, grazie a quanto indicato dal Jobs Act , subiranno numerosi cambiamenti stabiliti dalla nuova regolamentazione sugli ammortizzatori sociali. L’obiettivo delle nuove norme è quello di estendere le prestazioni a tutela del reddito anche per i lavoratori appartenenti a realtà professionali che contano mediamente più di 5 dipendenti, non coperti da CIGO E CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria e Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria).

Quali sono le novità 2016 per l’assegno di solidarietà

Il decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 pur confermando quella che era la funzione dei fondi di solidarietà prevista dalla legge Fornero, ne modifica alcune elementi importanti. I cambiamenti più rilevanti riguardano appunto l’obbligo d’istituire fondi di solidarietà anche per alcune categorie per le quali, fin ora, non erano previste sovvenzioni a sostegno del reddito. Dal 1° gennaio 2016 saranno istituiti Fondi di solidarietà anche per le aziende che presentano, mediamente, più di cinque dipendenti (prima non tutelate da contributi economici di questo tipo). Nei prossimi paragrafi vi illustreremo, nello specifico, tutti gli aggiornamenti relativi ai Fondi di solidarietà e Fondi di integrazione Salariato 2016.

Assegno di solidarietà 2016 a chi spetta

Come vi abbiamo anticipato, dal 1° gennaio 2016 gli assegni di solidarietà, in caso di calo del lavoro, non spetteranno più solo ai lavoratori “coperti” da accordi sindacali ma anche ai dipendenti di aziende non supportate da questo tipo assistenza e che contano più di 5 dipendenti. L’assegno di solidarietà e l’assegno ordinario, dunque spettano anche ai lavoratori per i quali, in caso di crisi, non è prevista alcuna tutela economica a causa della natura stessa del settore professionale d’appartenenza (come per il settore dell’artigianato che approfondiremo a fine pagina).

Fondi di solidarietà 2016: cosa cambia

Secondo quanto stabilito dal decreto attuativo n. 148 del 2015 gli ambiti lavorativi coperti o meno da CIGS e CIGO devono, per legge, istituire dei fondi (fondidi solidarietà bilaterali o FIS) per sostenere eventuali spese legate alla riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. • I fondi di solidarietà bilaterale riguardano le aziende che hanno stipulato accordi sindacali; • Il fondo di integrazione salariale (FIS) riguardano i datori di lavoro per i quali non esistono fondi di solidarietà bilaterale.

Fondi di solidarietà di settore

I due fondi citati risultano tra loro alternativi, e sono stati istituiti in modo da garantire il sostegno del reddito anche per i datori di lavoro il cui settore professionale d’appartenenza non consente trattative con i sindacati e che dunque non prevede un fondo di solidarietà bilaterale. Il decreto attuativo Jobs Act prevede inoltre  alcune modifiche relative alla formazione di tali fondi, vediamoli nel dettaglio.

Fondi di solidarietà bilaterale

I fondi di solidarietà bilaterale sono costituiti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali presso l’INPS. Lo scopo di questi fondi è quello di tutelare il lavoratore in caso di sospensione o riduzione delle attività lavorative. Essi devono essere istituiti entro 90 giorni dalla stipulazione degli accordi lavorativi. I datori di lavoro devono iscriversi ai fondi nei termini stabiliti dagli accordi stessi.

Fondi di solidarietà 2016: cosa coprono e quanto spetta

I fondi di solidarietà garantiscono: – l’assegno ordinario: la cui durata massima è superiore a 13 settimane ( in un biennio mobile) e varia in base ai fondi presenti. Inoltre la durata dell’assegno deve risultare inferiore o uguale rispetto alla durata delle prestazioni CIGO e CIGS. L’importo dell’assegno ordinario copre almeno l’80% della retribuzione globale percepita. – Assegni alternativi: ovvero forme alternative di sostegno del reddito da utilizzare in caso di disoccupazione (esempio: programmi formativi di riqualificazione e riconversione professionale). Gli importi degli assegni alternativi variano in base alla tipologia di accordo stipulato e a seconda dell’attività finanziata.

Chi paga i fondi di solidarietà?

I fondi di solidarietà sono sovvenzionati attraverso contributi economici. Le somme specifiche sono stabilite dal decreto ministeriale attraverso il quale è stato istituito il fondo stesso. In generale il versamento dei contributi è effettuato: – dal datore di lavoro (per due terzi); – dal lavoratore (per un terzo).

Fondo di integrazione salariale (FIS 2016): assegno di solidarietà e assegno ordinario

Come vi abbiamo anticipato il FIS è previsto per quei settori professionali che non prevedono accordi sindacali, dunque non è prevista alcuna forma di tutela dei lavoratori in caso di problemi che generano un calo dell’attività produttiva. Attraverso il fondo di integrazione salariale vengono finanziati due tipologie di assegno l’assegno di solidarietà e l’assegno ordinario.

• l’assegno di solidarietà:
versato al lavoratore solo a partire dal primo luglio 2016 nel momento in cui dovessero verificarsi situazioni che in qualche modo riducano l’ attività lavorativa o addirittura ne causino la sospensione.

Quanto dura l’assegno di solidarietà 2016

L’assegno è fruibile per un tempo massimo pari a 12 mesi per biennio mobile e riguarda le aziende che presentano meno di 15 dipendenti (ma più di 5)  

• L’assegno ordinario:
destinato alle aziende che presentano più di 15 dipendenti. L’assegno è fruibile solo per le causali previste per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria ( per esempio: sospensione o riduzione del lavoro, ristrutturazione conversione o riorganizzazione aziendale etc.).

Quanto dura l’assegno ordinario 2016

Si può beneficiare dell’assegno per un periodo minimo pari a 26 settimane (per un biennio mobile).

Fondo di solidarietà di settore

 Fondo di solidarietà alternativo artigianato e di somministrazione

Il decreto attuativo n.148 ha sancito davvero cambiamenti significativi, tra cui l’istituzione di un fondo di solidarietà alternativo per l’artigianato e per quello che era definito lavoro interinale (oggi detto settore di somministrazione del lavoro) . Entro il 31 dicembre 2015 i datori di lavoro di questi due settori, che contano più di 5 e meno di 15 dipendenti, dovranno adeguare i fondi già esistenti alle indicazioni fissate dal decreto. Se quest’aggiornamento non dovesse avvenire, i fondi confluiranno (a partire da gennaio 2016) automaticamente nel nuovo Fondo d’Integrazione Salariale 2016 (FIS 2016).

 Cosa prevede il fondo di solidarietà artigianato e somministrazione 2016

Le prestazioni economiche sono le medesime citate nel paragrafo dedicato al FIS 2016 e dunque:

Per i datori di lavoro che presentano più di 15 dipendenti Assegno ordinario:
ha una durata massima che varia in base alla causale indicata (per CIGO E CIGS) o, considerando un biennio mobile, una durata pari a 13 settimane.

Per i datori di lavoro che contano un minimo di 5 dipendenti (e un massimo di 15)
Assegno di solidarietà: fruibile fino a un anno (e per un periodo minimo di 6 mesi) e valido solo per sospensione o riduzione delle attività lavorative registrate a partire dal 1°luglio 2016.

Mutui agevolati under 35, la guida

Mutui agevolati under 35:  requisiti e iter per richiedere mutui agevolati destinati ai giovani che intendono acquistare la loro prima casa. Sapevate che se avete un’età inferiore ai 35 anni potete accedere ai cosiddetti mutui agevolati under 35? In questo articolo vi spiegheremo come ottenere l’agevolazione e quali sono i requisiti per accedere al mutuo prima casa giovani under 35.

Mutui agevolati giovani: come funzionano

I mutui agevolati under 35 sono direttamente correlati al cosiddetto Fondo di Garanzia per i mutui prima casa. Tale strumento mette a disposizione circa 550 milioni di euro che potrebbero garantire finanziamenti per 12-15 miliardi di euro. L’ obbiettivo dell’iniziativa è quello di facilitare l’accesso ai finanziamenti per i cittadini in difficoltà, ai quali sempre più spesso viene negata la possibilità di accendere un mutuo.

Mutui agevolati under 35 vantaggi

Quali sono i benefici dei mutui agevolati under 35? In pratica le banche che aderiscono all’iniziativa possono richiedere, come unica garanzia, l’ipoteca sulla casa. I mutui agevolati sono infatti contro-garantiti dallo Stato, che può coprire fino al 50% della quota capitale dei mutui ipotecari (max 250.000 euro) concessa per l’acquisto, la ristrutturazione o l’efficientamento energetico di immobili adibiti a prima casa. Per quanto riguarda i tassi d’interesse, la banca dovrà applicare tassi agevolati, concessi in base ai requisiti del richiedente. Inoltre se sorgessero difficoltà economiche, è possibile ricorrere alla sospensione momentanea delle rate del mutuo (fino ad un periodo massimo di 18 mesi). L’agevolazione dà priorità a determinate categorie di cittadini che vi indicheremo in questa pagina.

Agevolazioni prima casa giovani: requisiti

Non tutti possono accedere ai mutui agevolati under 35. Oltre al requisito legato all’età infatti è necessario che i richiedenti richiedano il mutuo per l’acquisto della loro prima casa. Ciò significa che il cittadino che vuole accedere al mutuo agevolato giovani, non deve essere proprietario di altri immobili destinati ad un utilizzo abitativo.

Requisiti mutui agevolati under 35, casi particolari

Muti agevolati under 35 per chi possiede altri immobili Avete già una casa e vorreste ottenere un mutuo sfruttando il fondo di garanzia? Esistono dei casi particolari. Possono infatti accedere al mutuo agevolato under 35 anche coloro che hanno ottenuto un immobile per successione e che contemporaneamente concedono a familiari (genitori o fratelli). l’utilizzo della struttura a titolo gratuito.

Mutui agevolati under 35: a chi spettano

Possono accedere al Fondo di Garanzia solo specifiche categorie di cittadini. Nel dettaglio rientrano trai possibili beneficiari dei mutui agevolati under 35: – Coppie (sposate o conviventi da almeno 2 anni) composte da almeno una persona con meno di 35 anni d’età. – Lavoratori under 35 vincolati da un contratto di lavoro atipico. – Nuclei familiari mono-genitoriali con 1 o più figli fiscalmente a carico. (Il richiedente deve risultare single, separato divorziato o vedovo). – I cittadini inquilini delle case popolari.

Mutui agevolati under 35: requisiti di reddito

Per poter beneficiare del mutuo agevolato under 35 è necessario che il reddito Isee del richiedente risulti pari o inferiore a euro 40.000.

Requisiti immobile mutui agevolati under35

Per quali immobili è possibile richiedere un mutuo agevolato under 35? Anche l’immobile per il quale viene richiesto il mutuo deve possedere determinate caratteristiche per garantire l’accesso al Fondo di Garanzia. La casa da acquistare infatti deve: – essere destinata ad un uso abitativo – essere ubicata sul territorio nazionale – avere un valore non superiore a 250.000 euro.

Mutui agevolati per giovani: immobili esclusi

Per quali immobili non è possibile richiedere il mutuo agevolato under 35? È bene ricordare, che non è possibile ottenere il mutuo prima casa under 35 per immobili appartenenti a categorie catastali di lusso. Nello specifico sono esclusi dall’incentivo gli immobili che rientrano nelle seguenti categorie catastali: – A1,(case signorili). – A8, (ville). – A9, (castelli o palazzi ai quali è stata riconosciuta rilevanza storico-culturale).

Mutui agevolati under 35: documenti da presentare

Trai documenti da presentare all’istituto finanziario per poter beneficiare dei mutui agevolati under 35 figurano: – Valido documento d’identità. – Certificato ISEE in corso di validità. – Attestato che certifichi che il richiedente non sia proprietario di altri immobili. – Copia del contratto di lavoro. Ovviamente l’istituto creditore può richiedere la presentazione di altri documenti ove lo ritenga opportuno. Per l’elenco completo dei documenti utili per richiedere un mutuo a tasso agevolato potete usare la nostra guida intitolata “Preventivo mutuo, quali documenti servono“.

Come richiedere un mutuo agevolato giovani

Per poter accedere ai mutui agevolati under 35 basta rivolgersi ad una delle 140 banche che aderiscono all’iniziativa (alla fine della pagina l’elenco completo delle banche che concedono i mutui agevolati under 35). La banca, ricevuta l’istanza correlata dalla documentazione, inoltra online la richiesta (al Gestore del Fondo per la Casa). Ogni domanda viene etichettata con un numero di protocollo identificativo. Entro 15 giorni lavorativi l’istituto comunica ai richiedenti il responso. Se l’agevolazione è concessa, il mutuo sarà erogato entro 30 giorni lavorativi. Vi ricordiamo che ogni istituto creditore ha il libero arbitrio e può scegliere di accettare o meno le richieste pervenute.

Mutui agevolati under 35: elenco completo banche aderenti

Periodicamente il sito dell’Abi e di Consap aggiornano l’elenco aggiungendo nuovi istituti convenzionati.

Può interessarvi: come richiedere un mutuo a tasso variabile

Come fare una voltura catastale

Come fare una voltura catastale: cos’è e quanto costa una voltura catastale? Info sull’iter per la richiesta online e modello cartaceo della voltura catastale.

Voltura catastale cos’è

Voltura catastale, significato

Quante volte avrete digitato “voltura catastale wikipedia”? Poche probabilmente, a meno che non abbiate avuto a che fare con trasferimenti di proprietà (o di diritti reali). La parola voltura vuol dire letteralmente “cambiamento del nominativo del soggetto”. La voltura catastale dunque è una richiesta che il contribuente deve effettuare obbligatoriamente nel momento in cui avviene un passaggio di proprietà di un bene immobile. La denuncia va presentata all’Agenzia delle Entrate territoriale ed è indispensabile per consentire l’aggiornamento delle intestazioni catastali e patrimoniali. Scopriamo nel dettaglio qual è l’iter da seguire per mettersi in regola e quanto costa fare una voltura catastale.

Voltura catastale: come funziona

Domanda di voltura catastale: chi deve farla?

Come già accennato la richiesta di voltura catastale deve essere effettuata nel momento in cui vi è un cambiamento del soggetto al quale è intestato un diritto (come la titolarità di un immobile). Ecco quali sono i casi nei quali è obbligatoria la richiesta di voltura catastale e chi deve occuparsi dell’istanza. La richiesta di voltura va effettuata in caso di:

  •  Successione ereditaria (in questo casa a dover effettuare la richiesta di voltura sono gli eredi).
  •  Atto di vendita (a dover effettuare la richiesta di voltura è il notaio).
  •  Sentenze (sarà il cancelliere giudiziario ad occuparsi della richiesta).

Come effettuare una voltura catastale

Voltura catastale per successione: come e quando presentare richiesta

Quando si ereditano per successione degli immobili i nuovi proprietari devono presentare in primis la dichiarazione di successione ed entro 30 giorni dalla presentazione richiedere la voltura catastale degli immobili e/o i diritti immobiliari che rientrano nella successione.

Come richiedere una voltura catastale

Il modello per richiedere una voltura catastale può essere compilato in due modi, online o tramite il modello cartaceo.

Voltura catastale online

Il modulo in questo caso viene compilato direttamente online, attraverso il software Voltura 1.1 disponibile nell’area Aggiornare dati catastali e ipotecari nel sito agenziadelleentrate.gov.it. Il modulo non deve essere inoltrato telematicamente ma, una volta compilato, va stampato, firmato e consegnato a mano presso uno sportello degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate.

Voltura catastale modello cartaceo, modulo

In alternativa al modello di voltura online è possibile presentarsi personalmente presso gli uffici territoriali dell’Agenzia, richiedere il modulo di voltura catastale cartaceo ed approfittare dell’assistenza del personale per la compilazione della domanda di voltura catastale. Tramite questo link dell’agenzia delle Entrate potrete scaricare il modulo di voltura catastale

Richiesta voltura catastale: documenti da presentare

Alla domanda di voltura catastale vanno allegati una serie di documenti che riportino gli estremi del proprietario e dell’immobile oggetto della voltura. Trai documenti da allegare al modulo di domanda ricordiamo:

  • Valido documento d’identità del richiedente.
  • Delega per la richiesta del precedente intestatario dell’immobile.
  • Dati catastali della bene immobile.
  • Copia delle dichiarazioni di successione o degli atti giudiziari o amministrativi correlati alla domanda (esempio atto di vendita).

Voltura catastale: vendita della casa

Anche se un immobile viene venduto va effettuata la richiesta di voltura catastale all’Agenzia delle Entrate. In questo caso però è il notaio ad occuparsi della domanda (in caso di mancato adempimenti da parte del notaio acquirente o venditore possono tranquillamente richiedere, entro i tempi stabiliti, la voltura). Il notaio utilizza per richiedere la voltura catastale il modello unico informatico sfruttando un sistema online. Una volta effettuata la richiesta di voltura catastale, il notaio, consegna ai soggetti interessati (acquirente e venditore):

  • Atto di vendita
  • Numero di registrazione della voltura e codice identificativo di trascrizione.

Nota bene: nel momento in cui l’immobile fa parte di un condominio, il venditore deve consegnare all’amministratore la copia autenticata dell’atto di vendita (per garantire l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale). Tuttavia è bene ricordare che può essere consegnato anche il certificato di rogito (redatto dal notaio e che riporti tutti i punti fondamentali dell’atto di vendita). Il certificato di rogito può essere consegnato sia tramite raccomandata che utilizzando la PEC (in questo modo è possibile inviare subito il certificato di rogito mentre per la copia conforme dell’atto di vendita sono previsti tempi di attesa di almeno 30 giorni).

Quanto costa una voltura catastale

La richiesta di voltura catastale prevede vari costi. I costi sono sostenuti generalmente dall’acquirente (o da colui che ha ricevuto in eredità l’immobile).

Voltura catastale costi

Nel dettaglio per poter presentare la domanda di voltura catastale devono essere versati:

  • 55 euro come tributo speciale catastale.
  • 16 euro di imposta di bollo. Vi ricordiamo che va versata un’’imposta di bollo per ogni 4 pagine dell’istanza di voltura, (per esempio: domanda composta da 8 pagine = 32 euro di imposta di bollo da pagare).

Sanzioni Voltura catastale

Omissione voltura catastale o ritardo

Chi non effettua la voltura catastale (o la richiede in ritardo) è soggetto sanzioni previste dalla legge. Vediamo nello specifico quali sono le sanzioni amministrative in caso di ritardo o omessa denuncia catastale. – Se la voltura catastale non avviene durante i primi 30 giorni ma entro 3 mesi (dalla data di vendita o di successione dell’immobile) vi è una sanzione pari a 1,88 euro ai quali vanno sommati gli interessi di mora calcolati giorno per giorno sul tributo di euro 55 o multipli – Se il ritardo nel pagamento della voltura è di 4 mesi (fino ad un anno) la sanzione è uguale a 3 euro + interessi di mora citati in precedenza. – Se la richiesta della voltura avviene dopo più d’un anno dalla scadenza vi è una sanzione pari a 5 euro alla quale vanno aggiunti gli interessi di mora indicati in precedenza.  

Calcolo della rivalutazione di locazioni commerciali

Calcolo rivalutazione locazioni commerciali: come funziona e cosa comporta. La guida al calcolo adeguamento ISTAT locazioni commerciali.

Calcolo rivalutazione locazioni commerciali: cos’è

La rivalutazione delle locazioni commerciali non è altro che l’aggiornamento del canone d’affitto di un immobile (destinato ad un uso commerciale) basato sul tasso d’inflazione emanato ogni anno dall’ISTAT. Il tasso d’inflazione è calcolato prendendo in considerazione il costo della vita (indice FOI) e va aggiunto alla rata mensile della locazione.

Calcolo rivalutazione canone locazione commerciale: come funziona

La rivalutazione del canone di locazione commerciale non è obbligatoria e spetta al soggetto locatore (dunque il padrone di casa) comunicare la richiesta all’inquilino in forma scritta. Per poter essere applicata la rivalutazione delle locazioni commerciali deve essere esplicitamente indicata nel contratto d’affitto. Tale adeguamento può essere inserito nel contratto in due modalità:

  • Come richiesta retroattiva, dunque senza considerare gli importi arretrati (nei contratti a canone concordato).
  • Come aumento automatico a carico dal soggetto locatario (inquilino) che ha l’obbligo di versare anche eventuali arretrati (nei contratti liberi).

Calcolo rivalutazione affitto indici ISTAT: immobili abitativi e commerciali

Per prima cosa occorre distinguere tra contratti di locazione abitativi e commerciali. La rivalutazione dei contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo va calcolata al 75% della variazione e per i contratti 4+4 si registra un rialzo non più alto del 100%. Per quanto riguarda le locazioni commerciali 6+6 invece è possibile applicare il 100% della variazione (ma spesso è applicata una rivalutazione al 75%).

Calcolo rivalutazione ISTAT locazione commerciale

Come si calcola la rivalutazione di locazioni commerciali

Per effettuare il calcolo della rivalutazione delle locazioni commerciali è necessario seguire una serie di operazioni che possono apparire complesse anche se in realtà la procedura è più semplice di quanto sembri. Come vi abbiamo già anticipato, la percentuale di rivalutazione per questa tipologia di immobili è generalmente al 75%.

Per effettuare il calcolo rivalutazione delle locazioni commerciali, così come avviene per gli immobili destinati ad un uso abitativo, è fondamentale procurarsi i tassi di inflazione (scaricabili direttamente dal sito dell’ISTAT). Vi ricordiamo che l’indice di riferimento da utilizzare deve essere quello riferito a due mesi prima (per esempio se la rivalutazione è applicata a dicembre si farà riferimento agli indici di ottobre pubblicati entro novembre).

Calcolo rivalutazione affitto indice ISTAT: esempio pratico

Poniamo il caso che il nostro tasso di inflazione sia dell’1,3%. Basterà eseguire il seguente calcolo: 1,3 x 75/100 = 0,975%. Ora non ci resta che applicare la percentuale di rivalutazione all’importo dell’ultimo canone mensile versato (per esempio 600 euro). 600 x 0,975/100 = 5,85 (importo di maggiorazione).

L’importo di maggiorazione sommato all’ultimo canone di locazione da come risultato il nuovo canone di locazione rivalutato: 600 euro (canone mensile) + 5,85 (importo di maggiorazione) = 605,85 euro (nuovo canone rivalutato).

Calcolo adeguamento ISTAT locazioni commerciali: novità 2016

Affitti ribassati con la rivalutazione locazioni commerciali

Quando si parla di rivalutazione ISTAT dei canoni d’affitto generalmente si pensa subito ad incrementi delle mensilità da pagare (e fino a qualche tempo fa era quasi sempre così). Quest’anno invece l’indice per l’adeguamento ISTAT è in negativo rispetto al 2015.

L’indice nazionale dei prezzi FOI (famiglie di operai e impiegati) infatti è ribassato dello 0,4% rispetto a maggio 2015. Nel momento in cui l’indice ISTAT è in negativo l’aggiornamento produce una riduzione del canone d’affitto rispetto all’anno precedente. Ciò significa che con la procedura di aggiornamento ISTAT dei canoni d’affitto non si genera un incremento degli importi da pagare ma si ha diritto a riduzioni sui contratti di locazione. Anche se il ribasso riguarda generalmente poche decine di euro è bene controllare sul proprio contratto d’affitto eventuali clausole che vi permetteranno di accedere allo sconto.

Rivalutazione locazioni commerciali: punti fondamentali

Ricapitolando:

  • Ogni mese sul sito dell’ISTAT vengono pubblicati i tassi d’inflazione per i canoni d’affitto.
  • Per quanto riguarda le locazioni commerciali la percentuale di rivalutazione è pari al 75%.
  • La rivalutazione locazioni commerciali non è obbligatoria, per esserlo deve essere esplicitato nel contratto di affitto.
  • Anche se specificato nel contratto d’affitto, l’adeguamento ISTAT sui canoni di locazione deve essere richiesto dal proprietario dell’immobile all’inquilino tramite richiesta scritta.
  • La rivalutazione delle locazioni commerciali può generare aumenti o ribassi del canone d’affitto (nel caso in cui l’indice di adeguamento risulti in negativo rispetto agli anni precedenti).