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Debiti Equitalia: come rateizzarli

Se vi state chiedendo come pagare a rate i debiti con Equitalia, sappiate che un apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze stabilisce condizioni di rateizzo per ogni portafoglio. Chi non può pagare le cartelle esattoriali di Equitalia in un’unica soluzione potrà accedere a piani di rateizzazione fino a spalmare la restituzione del debito in un arco di 10 anni. 

 

Debiti Equitalia, come rateizzarli 

 

Il meccanismo di rateizzo è proporzionale a due fattori:

  • – la condizione economica del debitore
  • – l’ammontare del debito con Equitalia

 

Debiti Equitalia fino a 50 mila euro

 

Chi ha un debito con Equitalia di un importo inferiore a 50 mila euro, potrà fare richiesta di rateizzo senza dover presentare alcuna documentazione. Con cifre inferiori ai 50 mila euro si può accedere direttamente al piano ordinario che prevede l’estinzione del debito con un massimo di 72 rate mensili.

Il piano ordinario consente di estinguere i debiti Equitalia in 72 rate mensili (cioè nell’arco di 6 anni). Per richiedere il pagamento a rate dei debiti Equitalia inferiori a 50 mila euro è possibile procedere direttamente online, dall’area riservata messa a disposizione dal portale ufficiale del Gruppo Equitalia. Per vedere come pagare a rate i debiti Equitalia e come pagare online le cartelle esattoriali, è disponibile l’articolo dedicato all’Estratto conto Equitalia.

 

Debiti Equitalia superiori ai 50 mila euro

 

Chi dispone di debiti Equitalia superiori ai 50 mila euro non può fare richiesta di rateizzazione online ma dovrà necessariamente presentare alcuni documenti che attestino lo stato di difficoltà economica e la situazione della famiglia. In base alle difficoltà economico del debitore sarà stilato un piano di restituzione del debito fino a un massimo di 120 rate mensili (cioè restituite nell’arco di 10 anni).

“Il piano straordinario può essere concesso in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, per ragioni estranee alla propria responsabilità e l’importo della singola rata è superiore al 20% del reddito mensile, risultante dall’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) indicato nel modello Isee.”

Le rate Equitalia dovranno avere un importo minimo pari a 100 euro, salvo situazioni di particolare difficoltà. 

 

Rate Equitalia non pagate / Cosa succede se non pago la rata Equitalia?

Chi è in regola con i pagamenti equitalia non potrà subire alcun fermo o ipoteca, ma cosa succede se il debitore, per difficoltà economiche, è stato costretto a saltare una o più rate? Chi ha saltato solo una rata Equitalia può stare tranquillo, purtroppo chi è recidivo dovrà dire addio al piano di rateizzo: la rateizzazione deo debiti equitalia decade in caso di mancato pagamento di otto rate anche non consecutive.

 

Potrebbe anche interessarti: Equitalia, a luglio 2014 record di rateizzazioni

 

Come assumere una badante

Come assumere una badante: i diritti di badanti e colf, oneri e diritti del datore di lavoro e tutte le informazioni sull’assunzione di una badante o di una colf.

La normativa che disciplina l’assunzione di una badante è la stessa prevista per assumere una colf, così, questa guida può tornare utile sia per chi intende assumere una badante, sia per chi vuole assumere una colf.

Assumere una badante o una colf nel rispetto delle regole significa tutelare se stessi e il lavoratore. Il Datore di lavoro domestico può assumere una badante straniera, extra-comunitaria o neo-comunitaria. In caso si assunzione di una colf o badante extra-comunitaria il Datore di lavoro assolve ai suoi obblighi semplicemente eseguendo la comunicazione all’INPS, sarà poi questo istituto di previdenza a eseguire le dovute comunicazioni al ministero del Lavoro, all’Inail e alla Prefettura. 

Per essere a norma di legge, il datore di lavoro deve fare la comunicazione all’INPS entro 24 ore del giorno antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro. I moduli da utilizzare per fare questa comunicazione sono il MOD.COLD-ASS da scaricare direttamente dal sito ufficiale dell’INPS.

Per assumere una badante il titolare può servirsi del Conctat Center (al numero 803 164) , dell’apposita pagina web del portale www.inps.it o del modulo cartaceo da presentare in sede.  

Quando la badante vive in casa…

Se in concomitanza con l’assunzione della badante il datore di lavoro fornirà ospitalità al lavoratore, sarà necessario effettuare la comunicazione di convivenza alla Questura e all’Autorità di Pubblica Sicurezza entro 48 ore. Tale comunicazione può avvenire tramite Raccomandata A/R. Il modulo in questione può essere scaricato dal portale questure.poliziadistato.it

 

Come assumere una badante: i documenti necessari

Per assumere una badante il datore di lavoro dovrà farsi rilasciare una fotocopia dei seguenti documenti:

  • -in caso di assunzione di badante straniera occorre la fotocopia del permesso di soggiorno
  • -tessera sanitaria
  • -posizione INPS se c’è un rapporto di lavoro pre-esistente
  • -documento di identità in corso di validità (carta d’identità o passaporto)
  • -codice fiscale (se l’assunzione riguarda una badante italiana)
  • -attestato di frequenza di università (se l’assunzione riguarda una badante o colf studente)

Assunzione della badante e gestione delle ferie

Se la retribuzione avviene in contanti, per tutelarsi, il datore di lavoro dovrebbe farsi rilasciare una ricevuta della somma erogata. La badante, così come la colf, ha diritto alle ferie con il periodo di durata di un mese all’anno. Le ferie sono un diritto del lavoratore. Le ferie devono essere godute e retribuite, in caso di ferie non godute la badante potrà chiedere un indennizzo come risarcimento al mancato diritto alle ferie. 

Giorni di festa che aspettano di diritto a badanti e colf 

La badante non deve lavorare durante le festività previste dal CCNL, vale a dire: 

  • 1° gennaio
  • 6 gennaio
  • Lunedì di Pasqua
  • 25 Aprile
  • 1° maggio
  • 2 giugno
  • 15 agosto
  • 1° novembre
  • 8 dicembre
  • 25 dicembre
  • 26 dicembre
  • Giorno di festa legato al Santo Patrono della città
    Per esempio, una badante che è stata assunta a Napoli non dovrà lavorare il 19 settembre, giornata di San Gennaro, Santo Patrono Partenopeo. 

In caso di contratto di lavoro full time, la badante avrà diritto al riposo della domenica (l’intera giornata, giorno e notte) in aggiunta a un’altra mezza giornata del riposo settimanale (12 ore). Se il datore di lavoro richiede di lavorare alla domenica e di rinunciare al riposo infrasettimanale, le ore di lavoro prestate dovranno essere remunerate con retribuzione di straordinario così come previsto dal contratto di lavoro. Remunerazioni maggiorate del 60% sono previste per le badanti che lavorano durante le festività citate in precedenza. Se le festività cadono di domenica, dovranno essere remunerate in aggiunta alla retribuzione ordinaria del mese (come extra).

Bonus per badanti e colf e agevolazioni per l’assunzione

Nella pagina intitolata Bonus di 80 euro per colf e badanti: come ottenere l’agevolazione è spiegato chi ha diritto al bonus di 80 euro e come fare richiesta. Non mancano cenni su eventuali agevolazioni per l’assunzione di colf e badanti, nonché dati sulle retribuzioni minime e sui versamenti INPS.

Curiosità: tra i mestieri più richiesti in Italia il ruolo di colf e di badanti e di notevole rilevanza ed è anche in crescitaPer approfondimenti: Professioni più ricercate in Italia.

Affitto con riscatto, come funziona

Affitto con riscatto, come funziona. Supponiamo che vorreste acquistare un appartamento ma che non abbiate ancora un contratto di lavoro o un reddito mensile che vi consenta di ottenere un mutuo da una banca. O ancora, ipotizziamo che abbiate già un appartamento, che la vostra famiglia abbia la necessità di acquistarne uno più grande e che magari lo abbiate già trovato. Ma che abbiate anche la necessità di vendere prima il vostro immobile, magari aspettando che il mercato esca dalla crisi, per riuscire a ottenere una quantità di liquidità maggiore.

In entrambi i casi può venirvi incontro il contratto d’affitto con riscatto. Come funziona non tutti ancora lo sanno, visto che si tratta di una novità regolamentata solo in tempi relativamente recenti nel nostro Paese, con lo Sblocca Italia del Governo Renzi.

Nel primo esempio che citavamo, il contratto di affitto con riscatto potrebbe consentirvi di bypassare in tutto o in parte il ricorso al mutuo bancario. Nel secondo, il periodo d’affitto permetterebbe invece di vendere con più tranquillità il proprio appartamento, ottenendo proprio quella liquidità necessaria per acquistare quello nuovo.

 

Affitto con riscatto, cos’è?

Senza entrare in tecnicismi esasperati, si può dire dunque che l’affitto con riscatto è un contratto che prevede la possibilità per il proprietario di vendere l’immobile al conduttore, che si impegna a sua volta a versare un canone mensile, in genere superiore a quello di un normale canone di affitto, per un periodo di tempo concordato dalle parti, al termine del quale appunto avverrà la compravendita, che resta comunque non obbligatoria

 

Affitto con riscatto a Roma, affitto con riscatto a Milano

In questi mesi l’affitto con riscatto si è particolarmente diffuso nelle grandi città. E’ stato così per l’affitto con riscatto a Roma. Idem per l’affitto con riscatto a Milano. Effetto di questa tendenza è anche l’affermarsi di società ad hoc che si occupano proprio di questo tipo di contratto.

Un gradimento che sale, quello nei confronti dell’affitto con riscatto, perché oltre ad agevolare il potenziale acquirente, la formula consente ai proprietari, soprattutto quelli che hanno un numero elevato di immobili inutilizzati, di alienarli, dilazionando tempi e pagamenti, è vero, ma quantomeno liberandosi subito delle spese e di oneri vari.  

 

Affitto con riscatto, come funziona secondo Confedilizia.

 

 

Per l’associazione che tutela l’interesse dei proprietari di appartamento l’affitto con riscatto però è ancora un “cantiere” aperto. Per questo Confedilizia ha proposto un gruppo di lavoro “per approfondire ogni aspetto del contratto” e “per permettere così allo stesso di funzionare correttamente”. 

“Va risolto in primis – ha detto il presidente del Centro studi di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani – il problema del rilascio dell’immobile, in difetto l’istituto non funzionerà mai”.

“Il vero motivo per cui quest’istituto di nuova generazione non ha quello sviluppo che si sperava dipende da una difficoltà di carattere tecnico che noi come Confedilizia avevamo segnalato e torniamo a riproporre in Parlamento e nelle audizioni – ha spiegato Corrado Sforza Fogliani -. Questo istituto non ha nessun meccanismo che assicuri al concedente della disponibilità dell’immobile che esso venga restituito in caso di mancanza di pagamento adeguato secondo termini contrattuali. In più si aggiunge il problema che una volta trascritto, l’atto del rent to buy può essere cancellato solo con la partecipazione di entrambi i soggetti. E’ chiaro che il soggetto inadempiente non si farà trovare, così si ritarderà il rilascio dell’immobile. Noi chiediamo che per la fase del rilascio sia inserito il richiamo alla normativa del rilascio a seguito di locazione. Questo consentirebbe di liberare l’immobile in tempi brevi rispetto a quelli di una causa di detenzione senza titolo lunga anche decenni”.

Congedo parentale facoltativo, novità nel Jobs Act

Congedo parentale facoltativo, novità nel Jobs Act.

Con la definizione di congedo parentale si intende il periodo di assenza dal lavoro di un genitore, che può assicurare così la sua presenza accanto al figlio in determinati momenti della vita del bambino. 

La riforma del mercato del lavoro voluta dal Governo Renzi prevede che per potere godere del congedo retribuito adesso ci sarà tempo fino ai sei anni di età del bambino, dagli attuali tre anni. In questo caso si parla di congedo parentale facoltativo retribuito al 30%.

Ci sarà tempo fino ai 12 anni del figlio (dagli attuali otto) per usufruire invece del congedo parentale non retribuito.

I congedi parentali rientrano tra quelle che vengono definite Prestazioni a sostegno del reddito. Le Prestazioni a sostegno del reddito sono prestazioni erogate dallo Stato ai cittadini sulla base di determinate condizioni.

Del congedo parentale facoltativo possono godere le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, i lavoratori e le lavoratrici assicurati ex IPSEMA, e a determinate condizioni lavoratorici e lavoratrici del settore agricolo, gli iscritti alla Gestione separata, lavoratrici autonome.

 

Congedo parentale facoltativo, come presentare la domanda

La domanda per usufruire del congedo parentale facoltativo deve essere indirizzata all’Inps per via telematica. In particolare l’istanza può essere inoltrata attraverso un patronato; dal sito web dell’Inps, se si dispone di un codice Pin dispositivo che consente l’accesso ai servizi erogati dall’Istituto su Internet; tramite contact center. 

Il contact center dell’Inps risponde al numero gratuito 803164, se si chiama da rete fissa, o al numero 06.164164 da telefono cellulare.

 

 

Congedo parentale facoltativo, le novità introdotte da Palazzo Chigi

Il Consiglio dei Ministri è intervenuto con un decreto sul testo unico a tutela della maternità con misure volte a sostenere le cure parentali e a tutelare in particolare le madri lavoratrici. 

Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli 8 anni di vita del bambino ai 12 anni. Il congedo parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età a 6 anni; per le famiglie meno abbienti è previsto che si possa arrivare fino a 8 anni. Situazione analoga per adozioni o affidamenti.

Tutte le categorie di lavoratori, non solo i lavoratori dipendenti, potranno godere adesso di eventuali congedi di paternità, nel caso in cui la madre non sia in condizione di fruire del congedo.

Palazzo Chigi ha anche introdotto nuove norme a tutela della genitorialità nei casi di adozioni e affidamenti. Alle adozioni e agli affidamenti si applicheranno adesso le tutele previste per i genitori naturali. Inoltre l’erogazione dell’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento dei relativi contributi è stata estesa  “anche ai lavoratori e alle lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95, non iscritti ad altre forme obbligatorie”.

Separazione dei coniugi e divorzio breve

La separazione dei coniugi è una procedura disciplinata dal codice civile italiano e si distingue in separazione dei coniugi giudiziale (contenziosa) e separazione dei coniugi consensuale. La separazione, di fatto, non costituisce materia legislativa quindi per essere effettiva dovrà essere riconosciuta dal giudice per poi mutare in divorzio trascorso il periodo di attesa.

Grazie all’introduzione del cosiddetto divorzio breve, la separazione dei coniugi potrà avvenire anche al cospetto del sindaco. Sempre grazie al divorzio breve, il periodo di attesa dalla separazione al divorzio varia da un minimo di sei mesi (in caso di separazione consensuale dei coniugi) a un massimo di 12 mesi (in caso di separazione dei coniugi giudiziale). 

I coniugi in via di divorzio e separazione che condividono la casa potrebbero trovare interessante la lettura dell’articolo Imu per coniugi separati.

La separazione dei beni

Stando alla normativa sul divorzio breve, a decorrere dal 26 maggio 2015 è possibile accorciare i tempi di attesa tra la separazione e il divorzio. Il divorzio breve, in linea con la separazione, può essere contenzioso (giudiziale) o consensuale, in ogni caso è possibile farsi assistere da un avvocato per affrontare i temi in materia di separazione dei beni.

Per raggiungere un accordo, i coniugi in via di separazione possono accedere alla negoziazione assistita con avvocato. La negoziazione assistita è molto utile nel caso in cui i coniugi separati non abbiano raggiunto un comune accordo su argomenti che concernono la separazione dei beni e l’affidamento dei figli. In ambito della negoziazione assistita sarà possibile raggiungere accordi su:

– affidamento dei figli
– assegnazione abitazione
– mantenimento del coniuge
– altri accordi economici

In caso di separazione dei coniugi giudiziale o contenziosa sarà possibile fissare un termine entro il quale il coniuge che eventualmente si oppone al divorzio dovrà costituirsi e partecipare all’udienza di comparizione.

Con la negoziazione assistita sarà possibile effettuare una nuova intesa (sia al momento della separazione che per il divorzio) o modificare le condizioni accordate in precedenza. L’accordo raggiunto diventa titolo esecutivo e dovrà essere trasmesso al Pubblico Ministero che eseguirà i dovuti controlli (soprattutto in presenza di figli). Se l’esito è negativo, l’accordo dovrà essere inoltrato entro 5 giorni al presidente del Tribunale. 

Saranno gli stessi avvocati a trasmettere, entro 10 giorni, l’atto ufficiale di stato civile al Comune di competenza. Grazie alla nuova riforma, l’intesa raggiunta potrà essere sottoscritta a distanza di sei mesi dall’accordo di separazione dei coniugi.

Separazione dei coniugi giudiziale e divorzio breve 

Anche in caso di separazione dei coniugi giudiziale è possibile accedere al divorzio breve: in tal caso i tempi di attesa necessari per fare richiesta del divorzio passano dai tre anni previsti dal divorzio ordinario ai soli 12 mesi del divorzio breve. Anche in questo caso, i tempi si calcolano dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale dei coniugi.

Separazione dei coniugi consensuale e divorzio breve 

In caso di separazione personale consensuale, il tempo di attesa per vedere tramutare la separazione in divorzio va dai passati tre anni a solo sei mesi. Tale periodo è indipendente dalla presenza o assenza di figli. 

Anche i coniugi che passano da una separazione contenziosa a una separazione consensuale potranno avvalersi di questa nuova tempistica. Così come descritto in precedenza, il periodo d’attesa va calcolato dalla comparsa dei coniugi davanti al “presidente del tribunale” nella procedura di separazione personale.

La figura del presidente del tribunale

In caso di separazione dei coniugi consensuale, in realtà, non  ènecessario munirsi della figura di un avvocato. I coniugi, una volta concordati i termini di separazione, potranno separarsi, divorziare o modificare le condizioni davanti al sindaco, con o senza avvocati. Questa strada è percorribile solo in assenza di figli minori o maggiorenni bisognosi di tutela. Non è possibile divorziare o separarsi davanti al sindaco neanche in caso di trasferimenti patrimoniali. Per tutte le informazioni vi rimandiamo all’articolo dedicato al divorzio breve: Come funziona il divorzio breve“.

 

Grecia, le conseguenze dell’uscita dall’euro

Cosa succede se la Grecia esce dall’Euro? In questa pagina analizzeremo tutte le possibili conseguenze dell’uscita dalla Grecia dall’euro.

 

Crisi in Grecia, le conseguenze per l’Italia

Parlando della crisi in Grecia, l’Italia è esposta direttamente e rischia in modo diretto, tra prestiti bilaterali e garanzie, un capitale di 35,9 miliardi di euro. Il rischio dell’Italia sale a 65 miliardi di euro se si tiene conto anche del contributo al fondo salva Stati e della liquidità di emergenza fornita dall’Eurosistema agli istituti di credito della Grecia.

Non è detto che le casse dell’Italia non rivedranno mai più questi fondi. Una parte dei soldi potrebbe essere rimborsata ma ne dovrà passare di tempo prima che ciò accada. Per l’Italia non si parla solo di rischi, infatti è già esclusa l’ipotese di recuperare l’intero malloppo. Il nostro Paese ha versato alla Grecia 10 miliardi di euro in prestiti bilaterali nel 2010-2011, quando si metteva in opera il primo pacchetto di salvataggio per sconfiggere la crisi in Grecia. Secondo gli accordi stipulati all’epoca, la restituzione di questi 10 miliardi di euro era fissata in calendario con rate a partire dal 2020. 

 

“Se l’euro fallisce, l’Europa fallisce”

Per risolvere la crisi greca senza la rottura dell’Eurozona è arrivato un appello finanche dalla Casa Bianca. Il Governo di Atene è responsabile dell’attuale situazione disperata ma sono molti i Paesi a cercare una soluzione, in prima fila c’è la Germania. “Se l’euro fallisce, l’Europa fallisce”, è così che commenta la cancelliera tedesca Angela Merkel che spera in un compromesso tra il governo della Grecia e i partner internazionali. La Grecia ha ricevuto diverse offerte, anche molto generose, ma non ha mostrato la volontà di alcun compromesso e sembrerebbe essere più intenzionata a uscire dall’Euro che a trovare una soluzione alla crisi.

L’uscita della Grecia dall’euro vedrebbe la reintroduzione nel paese ellenico della vecchia moneta dracma. La Grecia può uscire dall’Euro? Anche se il parlamento dell’Europa ha rigettato l’idea, il premier ellenico ha annunciato ai suoi cittadini l’imminenza di un voto: sarà il popolo greco, mediante un referendum, a decidere se rimanere o uscire dall’Eurozona.

Il premier greco, Alexis Tsipras ha spezzato, con il suo referendum interno, le trattative con l’UE in modo del tutto unilaterale. Nonostante la posizione del governo greco, la leader tedesca ha affermato che le porte dell’Europa resteranno aperte anche dopo il referendum. Molto più dura è la posizione di Hollande, leader francese che è stato sollecitato da Barak Obama per riaprire i dialoghi con Alexis Tsipras.

 

Il significato del Grecia Default

Sentiamo parlare spesso del default della Grecia, il significato di questa espressione è piuttosto complesso. Per semplificare possiamo affermare che con il default si intende il fallimento dello Stato che ammette di non pagare il debito verso i creditori internazionali (Italia compresa). Il cosiddetto default non implica l’uscita dall’euro di Atene. L’uscita della Grecia dall’Eurozona è possibile solo con l’uscita dall’Unione Europea.

Il fallimento della Grecia potrebbe portare, tra le altre cose, a una forte volatilità dei prezzi in Borsa e a scossoni sui Titoli di stato.

conseguenze uscita gracia da europa

Crisi in Grecia e Turismo

Se avete prenotato una vacanza in Grecia non dovete necessariamente rinunciare: certo, il clima non è dei migliori e la situazione è imprevedibile ma potete migliorare le condizioni di vacanza partendo preparati, ecco qualche consiglio utile per chi va in vacanza in Grecia:

  • – portate più contante, il tetto massimo di prelievo allo sportello bancomat è di 60 euro per il popolo greco. Per chi ha carte di credito o bancomat straniero non vi sono tetti massimi prestabiliti ma la situazione potrebbe cambiare. Di certo c’è e continuerà a esserci la corsa agli sportelli e in caso di default la situazione si fa imprevedibile.
  • – portate il passaporto oltre alla carta d’identità. Se la Grecia esce dall’Europa vi potrebbe servire. 
  • – fate più attenzioni alle speculazioni dei prezzi. Chi ha già fatto una vacanza in Grecia sa bene quanto i bar e ristoranti possano essere cari. Con il probabile default e l’uscita dell’euro, il popolo greco potrebbe richiedere tariffe più salate ma anche in questo caso ci troviamo di fronte a un grosso punto interrogativo e non è possibile generalizzare.

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Donazione in denaro, come funziona?

Donazione in denaro, come funziona? Tutte le informazioni sulle tassazioni e le regole che disciplinano le donazioni in denaro o di un immobile.

Le donazioni in denaro da padre a figlio, o più in generale da parte di genitori e parenti, sono spesso tema di dibattito in relazione a quelle che sono imposte e dichiarazioni all’Agenzia delle Entrate.

Sono molti i giovani costretti a ricevere donazioni di denaro da parte dei genitori e da oggi, chi riceve una somma di denaro in regalo dovrà essere pronto a poter giustificare questo introito all’Agenzia delle Entrate. Chi riceve la somma di denaro da un parente non dovrà fare altro che certificarne la provenienza così da evitare che il Fisco possa etichettare quella somma come denaro in nero.

 

Il Redditometro

In realtà, i controlli sulle donazioni di somme di denaro non sono un nuovo provvedimento ma una lecita conseguenza del tanto discusso redditometro. Il redditometro è quello strumento in grado di monitorare il volume di spesa dei contribuenti per individuare gli evasori.

Il principio di funzionamento del redditometro è molto semplice: se tizio dichiara di guadagnare 1000 euro ma mensilmente spende 3000 euro, qualcosa non torna! Così, se un ragazzo guadagna 800 euro ma può concedersi una vita agiata grazie ai regali in denaro da parte di genitori e generosi parenti, dovrà necessariamente poter dimostrare che si tratta di denaro donato e non di guadagni in nero.

In caso di accertamento, l’utente che ha ricevuto il denaro in regalo dovrà poter dimostrare che non si tratta di guadagni in nero, è difficile dimostrare una cosa del genere se la donazione è avvenuta in contanti. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate potrebbe estendere i controlli per verificare l’effettiva tassazione del denaro alla fonte, cioè da colui che ha donato il denaro. Chi ha eseguito la donazione in denaro dovrà dimostrare la provenienza dei soldi, per esempio: stipendio personale, vecchi risparmi, pensione, prestito personale…

 

Per le piccole donazioni in denaro 


Per le donazioni manuali di modesto valore non è necessario alcuna scrittura privata. In questo caso non si ha un limite fisso perché il massimo ammontare della donazione in denaro è in relazione al reddito medio di chi riceve e fa il regalo, per piccole somme è possibile procedere con donazioni in contanti. Sono considerate “modeste” quelle donazioni che non incidono in maniera significativa sulla ricchezza di chi dona. 

 

Donazioni in denaro al figlio per l’acquisto della casa

Un caso più dibattuto è quando la donazione di denaro non mira a coprire una piccola parte del mutuo (quindi con cifre “modeste”), bensì serve a coprire in parte l’ammontare complessivo per l’acquisto di una casa. Parliamo di donazioni di grandi somme di denaro.

Le donazioni di grandi somme di denaro fatte in vita, sono una realtà quotidiana. Non è raro che il genitore dona direttamente alla figlia una somma di denaro consistente: la donazione diretta di denaro è disciplinata dall’articolo 769 e seguenti cc e richiede un atto pubblico notarile in presenza di due testimoni.

Il formalismo imposto dalla legge prevede che la donazione di denaro avvenga tramite bonifico eseguito con addebito sul conto corrente dei genitori e accreditato su quello del figlio, giroconto, consegna di titoli all’ordine, assegni intestati, vaglia postali… insomma, metodi tracciabili. La donazione diretta deve essere necessariamente affiancata da atto notarile e fiscalmente, fino a un ammontare di un milione di euro è esente da imposta di donazione

In caso di donazione in denaro concessa al figlio per l’acquisto di una casa è possibile applicare la donazione indiretta, cioè, il genitore paga il prezzo di acquisto dell’immobile a favore del figlio sfruttando ciò che stabilisce l’articolo 809. In questo contesto, nell’atto di compravendita dell’immobile sarà necessario inserire una dichiarazione atta a indicare che l’acquirente dell’immobile riconosce all’atto d’acquisto che una certa somma di denaro è stata liberamente fornita dal genitore. Anche in questo caso vige l’esenzione dell’imposta di donazione per ex art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 346/90.

 

Le tassazioni

Le tassazioni riguardano principalmente la donazione di forti valori economici. Le imposte sulle donazioni seguono tale andamento:

-se la donazione è tra coniugi o tra parenti in linea retta, l’aliquota è fissata al 4% della parte di valore dei beni oggetto di donazione che supera la franchigia di un milione di euro.

-se la donazione interviene tra fratelli e sorelle, la tassazione vede un’aliquota del 6% sulla parte di valore dei beni oggetto di donazione che supera il valore di 100 mila euro.

-non vi è alcuna franchigia se la donazione interviene tra due amici o soggetti diversi (due conviventi non coniugati) e la tassazione si applica con aliquota dell’8%. 

Stipendi medi in Europa: dove si guadagna meglio?

Stipendi medi in Europa: una panoramica generale che mette in evidenza le nazioni dove si guadagna di più in Europa rapportando i salari medi con il costo della vita.

In questa pagina analizzeremo gli stipendi medi in Europa ma la lettura non può essere superficiale: non è possibile parlare di stipendi medi in Europa e fare confronti tra i salari delle varie nazioni senza poi confrontare anche il costo della vita. Una recente analisi statistica pubblicata sull’Atlante Geopolitico della Treccani offre una panoramica completa e precisa che raffronta i salari medi percepiti dai lavoratori comunitari e i costi da sostenere nelle principali nazioni d’Europa. 

 

Quanto costa vivere nei Paesi dell’UE?

Nell’Eurozona la situazione non è affatto omogenea, infatti vi sono divari che riguardano gli stipendi medi pro-capite, le imposte da versare allo stato, i costi del lavoro, la sanità, i servizi al cittadino e, più in generale, il costo della vita rapportato ai salari percepiti. Parlare solo di stipendi medi nei Paesi europei sarebbe molto riduttivo, rifacendoci ai dati statistici pubblicati sull’Atlante Geopolitico metteremo a rapporto il reddito medio (espresso in euro di stipendio percepite per mese) con il costo della vita (espresso in euro per giorno).

La Nazione in cui il rapporto tra stipendi medi e costo della vita è più favorevole è la Germania! In Germania lo stipendio medio percepito ammonta a 2.580 euro con un costo della vita di soli 37,2 euro al giorno. In un mese, per vivere in Germania, un cittadino spende 1116 euro (37,2 € x 30 giorni), solo il 43,2% dello stipendio medio di un cittadino tedesco è speso per coprire i costi da sostenere nella vita quotidiana.

Il rapporto tra stipendi medi in Italia e costo della vita nel nostro paese è molto più svantaggiato tanto che il costo della vita richiede l’esborso dell’83,8% dello stipendio dell’italiano medio. Lo stipendio medio percepito in Italia ammonta a 1.410 euro mentre il costo della vita è stimato intorno ai 39,4 euro. In un mese, un cittadino italiano solo per soddisfare i suoi bisogni basilari, spende la gran parte del suo stipendio. 

Anche Spagna, Francia, Svezia e Gran Bretagna possono contare su rapporti tra salari medi e costo della vita molto più vantaggiosi. 

La situazione economica della Spagna è spesso paragonata a quella del nostro Paese, tuttavia, in terra iberica si vive meglio: uno stipendio medio in Spagna ammonta a 1.850 euro mentre il costo della vita stimato è di 42,7 euro, impattando per il 66,7% sul salario percepito. 

 

Dove si guadagna di più in Europa?

Gli stipendi medi in Europa più alti (sempre in relazione al costo della vita), sono quelli percepiti di Germania, Gran Bretagna e Francia. 

In Italia spendiamo per vivere quanto spende un cittadino svedese dove il costo della vita è di circa 42 euro al giorno, l’unica grossa differenza è che in Svezia gli stipendi medi ammontano a 1930 euro, ben 520 euro al mese in più di noi italiani. 

Tra gli oneri economici che pesano sui cittadini ci sono le cosiddette “utenze” come corrente elettrica, acqua e gas che per noi italiani sono al di sopra della media europea. Lo stesso discorso vale per le imposte come l’IVA e le accese statali sui prodotti come la benzina che in Italia, negli ultimi anni, sono ancora in aumento nonostante la netta diminuzione degli stipendi.

 

Lavorare all’estero e professioni a prova di crisi in Italia

La panoramica sugli stipendi medi d’Europa e il costo della vita ci fa capire come mai sempre più italiani migrano verso Germania, Inghilterra e Francia. Chi non ha intenzione di cambiare nazionalità per sopravvivere alla crisi dell’Eurozona può informarsi su quelle che sono le professioni più ricercate in Italia così da individuare un lavoro a prova di crisi.