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Tasse rateizzate: come funziona e chi ne ha diritto

Le tasse possono essere rateizzate? Generalmente sì! Il contribuente può chiedere la rateizzazione delle tasse fino a 6 rate trimestrali per somme non superiori ai 5.000 euro mentre se il contributo da versare allo Stato supera i 5.000 euro la somma può essere ripartita fino a un massimo di 20 rate trimestrali. 

 

La rateizzazione delle imposte

La rateizzazione delle imposte (parliamo di tasse come Irpef, Irap, INPS e IVA segnalate al monento della dichiarazione dei redditi tramite modello Unico, 730…) è uno strumento molto utile per chi non dispone di grosse liquidità e soprattutto per chi non mette da parte i proventi in concomitanza con l’incasso del fatturato.  

La rateizzazione delle tasse si esegue mediante il modello di versamento F24. Le somme dovute a titolo di saldo e acconto delle imposte, fatta eccezione per l’IVA, possono essere rateizzate grazie all’opzione per la rateizzazione da scegliere al momento della compilazione del modello per la dichiarazione dei redditi. Le rate sono mensili e vedono una maggiorazione al mese di novembre, il mese di scadenza. In genere le rate vanno versate entro il 16 di ogni mese e, così come previsto dall’Agenzia delle Entrate, possono essere un massimo di 6. Così, chi decide di pagare le “imposte della dichiarazione dei redditi” a rate si troverà a dover versare:

2 rate a luglio (di solito una con scadenza a inizio mese e una entro il 16)

1 rata nel mese di agosto, sempre entro il 16

1 rata a settembre

1 rata con scadenza al 16 ottobre

1 maxirata a novembre

In altenrativa alle 2 rate di luglio il contribuente potrebbe iniziare a pagare nel mese di giugno. 

Gli interessi delle tasse a rate

Gli interessi dovuti sono minimi e possono variare in abse al modello di rateizzazione prescelto. La variazione oscilla dallo 0,14% a un massimo dell’1,46% dell’importo dovuto.

 

Tasse rateizzate pagate in ritardo:

come regolarizzare il pagamento delle tasse con il ravvedimento

Il contribuente che paga in ritardo la rata delle imposte rateizzate rischia l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione che può raggiunge il 30% dell’importo della rata che è stata versata in ritardo. La sanzione dovrà essere sommata agli interessi legali in base ai giorni di ritardo del pagamento. Con il cosiddetto ravvedimento operoso (se si esegue entro il termine di pagamento della rata successiva), non viene fatta alcuna iscrizione a ruolo. 

 

Rateizzare le tasse universitarie


Per agevolare il pagamento delle tasse universitarie quasi tutti gli studenti hanno la possibilità di accedere a piani di rateizzazione delle rette. 

La rateizzazione delle tasse universitaria è generalmente priva di interessi. Chi intende pagare le tasse dell’università a rate farebbe bene informarsi presso il proprio ateneo perché ogni Università può disporre di uno statuto differente. In genere, la possibilità di rateizzare la seconda rata delle tasse è concessa a tutti gli studenti mentre, alcuni atenei, consento di accedere alla rateizzazione della prima rata universitaria solo con un certo reddito dimostrabile. 

Contratto part time: retribuzione e ferie

Contratto part time: cosa dice la legge in materia di retribuzione del lavoratori part time e delle ferie maturate? Tutte le informazioni su come funziona un contratto part time.

Il contratto di lavoro a tempo parziale, meglio conosciuto come contratto part time, indica un rapporto di lavoro subordiato caratterizzato da una riduzione dell’orario di lavoro rispetto a quello full time che è in genera di 40 ore settimanali.

Come ogni contratto di lavoro, anche quello part time può essere sia a tempo determinato che indeterminato. Un contratto part time per essere in regola deve essere sottoscritto da entrambe le parti e deve contenere informazioni precise sulla durata della prestazione lavorativa e sull’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. 

Il contratto part time può essere di tipo orizzontale, di tipo verticale e di tipo misto. 

  • Contratto part time orizzontale, come funziona?


In questo contesto il lavoratore offre prestazioni tutti i giorni a orario ridotto. Il contratto part time può essere anche di tipo misto e vede la combinazione delle due modalità part-time orizzontale e verticale. 

  • Contratto part time verticale, come funziona?


Con il contratto di lavoro part time di tipo verticale il lavoratore offre prestazioni a tempo pieno ma solo in alcuni giorni della settimana, del mese o dell’anno. 

Contratto di lavoro part time: ferie e retribuzione

Chi lavora con un contratto part time beneficia dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno. Ciò è vero sia per la retribuzione oraria, sia per la durata e l’assegnazione delle ferie annuali. Al pari di un lavoratore full time chi lavora con un contratto part time può essere soggetto a un periodo di prova e ha diritto a un congedo di maternità e paternità così come a riposi giornalieri. Un lavoratore part time è tutelato anche nella conservazione del posto in caso di infortunio o malattia. 

Come premesso, la retribuzione oraria è la medesima prevista per un lavoratore full time ma c’è da dire che il trattamento economico è proporzionale in ragione della ridotta entità della prestazione, ciò significa che le ferie pagate e i trattamenti economici per malattie, indennità e maternità saranno calcolati in proporzione alle prestazioni lavorative.

Ricapitolando: il lavoratore part time ha diritto alla medesima retribuzione oraria del lavoratore full time anche se gli importi dei trattamenti economici singoli (malattie, infortunio e maternità) saranno di gran lunga inferiori perché il calcolo è proporzionale al numero di ore di lavoro. In alcuni casi, però, il contratto part time prevede che il calcolo debba avvenire secondo parametri più favorevoli per il lavoratore. In caso di contratto part time verticale, l’indennità spetta solo per i giorni per i quali contrattualmente era prevista la presenza lavorativa. 

Il lavoratore part time ha gli stessi diritti dei lavoratori assunti a tempo pieno in termini della durata del periodo di ferie annuali, dei congedi di maternità e paternità e del trattamento di malattia e infortunio. Dato che il trattamento normativo è il medesimo, l’indennità relativa alle eventuali ferie non godute non può essere tassata perché è di natura “risarcitoria“: il lavoratore ha diritto alle ferie maturate e se non le sfrutta il datore dovrà versare un risarcimento danni in termini monetari di un diritto non goduto.

 

Informatore scientifico: come diventarlo

Come si diventa informatore scientifico del farmaco e a quanto ammonta lo stipendio di questa figura professionale? Tutte le informazioni sulla carriera dell’informatore scientifico.

Chiariamo subito che non si può diventare informatore scientifico senza laurea: per l’esercizio della professione il Legislatore ha stabilito l’obbligo di laurea conseguita in specifiche discipline ad andamento biomedico o chimico-farmaceutico. Di recente è stata istituita una laurea specifica in Informazione scientifica del farmaco, quindi, chi vuole diventare informatore scientifico, dopo il diploma, può presentare domanda di iscrizione presso quegli atenei d’Italia che dispongono del corso di laurea in Informazione scientifica del Farmaco.

 

Università e Corso di laurea in Informazione scientifica del Farmaco

Tra le varie università che propongono il corso di Laurea in Informazione Scientifica del Farmaco segnaliamo alcuni atenei:

  • – Università della Calabria
  • – Università di Camerino
  • – Università degli Studi di Napoli Federico II
  • – Università degli Studi di Bari Aldo Moro
  • – Università di Bologna Alma Mater Studiorum
  • – Università degli Studi di Parma
-Università degli Studi di Pisa
  • – Università di Roma La Sapienza
  • – Università degli Studi di Torino

Come diventare informatore scientifico

Come chiarito, per diventare informatore scientifico è necessario un diploma di laurea in discipline biomediche, chimiche o farmaceutiche. Grazie alla recente introduzione di un corso di formazione ad hoc, chi vuole diventare informatore scientifico può conseguire la laurea in Informazione scientifica del farmaco in una delle Università segnalate nel paragrafo precedente.

Prima di poter accedere alla professione sarà necessario seguire corsi di formazione presso la casa farmaceutica che ha posizioni aperte. Durante i corsi di formazione sarà possibile conoscere il meccanismo d’azione dei farmaci da proporre a medici e aziende ospedaliere. L’informatore scientifico dovrà seguire corsi di aggiornamento aziendali continui e costanti per l’intera durata della carriera lavorativa.

 

Informatore scientifico, quanto guadagna?

A quanto ammonta il cosiddetto “stipendio fisso” di un informatore scientifico, rispondere a questa domanda non risolverà completamente il quesito sul perché così tanti ragazzi vogliono diventare informatori del farmaco. Fino a qualche tempo fa, un informatore scientifico aveva retribuzioni minime molto alte ma lo scenario è cambiato; attenzione! Ciò non significa che un informatore scientifico guadagna male, solo che i suoi guadagni sono più bassi rispetto al passato. 

L’informatore scientifico è collocato, di solito, al livello B del CCNL dell’Area funzionale Commerciale marketing/vendite anche se per legge dipende dalla Direzione Scientifica (così come sottolineano gli studi necessari per diventare informatore del farmaco). Oggi un informatore scientifico percepisce uno stipendio minimo lordo di 1.970 euro di busta paga che al netto ammonta a circa 1700 – 1800 euro. 

Chi è in cerca di lavoro può consultare l’elenco delle nuove professioni e dei lavori più richiesti in Italia leggendo la pagina: professioni più ricercate in Italia.

Come affittare una stanza

Come affittare una stanza: normative e istruzioni su come si affitta una camera o una parte della casa.

Posso affittare una camera di casa mia?

Ecco il quesito ricorrente per chi abita in zona universitaria o in prossimità di mete turistiche popolari. La risposta alla domanda è un secco “sì”! E’ possibile affittare una stanza o parte della casa mediante quella che viene definita come “Locazione parziale di un immobile“. In piena crisi economica, affittare una parte della casa o subbaffittare una stanza diventa la soluzione buona per ammortizzare il canone d’affitto mensile o la rata del mutuo! 

Affittare una stanza in nero è molto rischio per il proprietario quindi meglio mettersi in regola, in fondo affittare una parte di casa non richiede oneri particolari per il titolare dell’immobile. 

 

Come affittare una stanza

La normativa da rispettare prevede la stipula di un regolare contratto d’affitto. In materia di locazione, non cambia nulla se il titolare di casa affitta l’intero immobile o solo uno parte di questo: le leggi che disciplinano l’affitto di una sola camera sono le stesse che regolano l’affitto di una casa. 

Tipo di contratto per affittare una stanza

Per dare in affitto una stanza della casa è possibile la stipula del contratto transitorio o del contratto libero 4+4 o convenzionato 3+2.

Di solito, l’affitto di una stanza o di una parte della casa è solo per brevi periodi, quindi il contratto ideale è quello di tipo transitorio che è disciplinato dalla legge 431 del 1998. Questo è il tipico contratto di affitto per gli studenti fuori sede e può durare da un mese a 18 mesi.

Il contratto di affitto transitorio implica un documento che possa certificare la transitorietà dell’affitto, quindi bisognerà allegare al contratto la documentazione relativa a un corso di studi, a un lavoro o alle motivazioni che spingono l’affittuario a voler prendere in locazione una camera.

I contratti dovranno essere registrati online sul sito dell’Agenzia delle Entrate e sarà necessario versare(pagare) il 2% del canone annuo diviso in parti uguali tra affittuario e locatore. Per avere supporto legale e maggiori informazioni su come affittare una stanza è possibile rivolgersi al CAF e all’Unione piccoli proprietari immobiliari d’Italia (UPPI Nazionale) così da farsi consigliare su quale modello contrattuale usare in base alle proprie esigenze.

L’intervento del CAF è consigliato soprattutto a chi sta cercando di capire come affittare una stanza senza perdere le agevolazioni sulla prima casa, eventualità possibile grazie all’introduzione di nuove normative in materia di agevolazioni fiscali.

Affittare una stanza per brevi periodi 

Si può affittare una stanza anche per periodi inferiori al mese. In questo contesto è necessario un contratto di locazione con formula week end dove chi fitta la stanza dichiara di essere giunto in quella città per motivi di vacanza. 

Per affittare una stanza o parte della casa non è necessaria iscrizione alla Camera di Commercio ne’ tantomeno la Partita IVA. Occorrerà, però, rilasciare all’affittuario una ricevuta con l’importo percepito: questa somma dovrà essere inserita nel modello di dichiarazione dei redditi.

Subaffittare una stanza

Se non si è proprietari della casa ma affittuari è possibile subaffittare la stanza o parte dell’abitazione purché tale eventualità non sia esclusa dal contratto stipulato con il proprietario al momento dell’affitto dell’abitazione. 

Renault Kadjar: prezzo e dimensioni

La Renault Kadjar ancora non è uscita sul mercato e già conta una serie infinita di soprannomi; noi potremmo definirla come la “Qashqai alla francese” ma, nonostante le similitudini, non lo facciamo: ormai il mondo automobilistico si è omologato e, a parte poche coraggiose eccezioni (Citroen Cactus, Nissan Cube e Kia Soul), è davvero difficile distinguersi. 

Le linee della Renault Kadjar riprendono quelle della Captur, il carattere è da crossover e per alcuni modelli è prevista la trazione integrale, 4WD.

 

Renault Kadjar – Dimensioni 

Le dimensioni della Renault Kadjar sono quelle tipiche di un Suv compatto: è lunga 445 cm, è larga 184 cm e ha un’altezza da terra di 19 cm. 

La Kadjar si inserisce nella gamma Renault tra la Captur, dalla quale riprende linee e mascherina e la Koleos; la meccanica ha una forte parentela con la già citata Qashqai, con cui condivide il pianale CMF in virtù della consolidata alleanza con il costruttore nipponico Nissan.

La mascherina, con forma a V, evidenza l’iconica losanga Renault che termina con fari allungati e a LED. Nella fiancata spiccano caratteristici sottoporta sagomati, si fa notare anche il tetto arcuato. Nella Kadjar, La zona tra il montante posteriore e il passaruota è caratterizzata dal peculiare taglio della terza luce laterale che è stata ridotta per dare più slancio alle forme: gli sbalzi sono drasticamente ridotti e gli angoli di attacco dichiarati (18° in entrata e 25° in uscita) dovrebbero rendere la vettura abile anche sui fondi stradali più impervi. 

renautl kadjar dimensioni

Tornando alle dimensioni e al paragone tra Kadjar e Qashqai, come premesso, la francese nasce dallo stesso pianale CMF della giapponese Qashqai ma le dimensioni sono leggermente diverse. La lunghezza della Kadjar (445 cm) è superiore a quella della Qashqai di 7 cm, anche la larghezza è superiore (+3 cm) mentre l’altezza rimane invariata (160 cm). Anche la capacità di carico nel bagagliaio è superiore su Renault Kadjar: un totale di 472 litri a fronte dei 430 litri della sorella orientale.

 

Renault Kadjar – Uscita

L’uscita è imminente, le vendite si aprono con giugno 2015. Al momento del debutto gli utenti potranno scegliere tra quattro motorizzazioni, due diesel e due benzina. Nel primo caso, il costruttore francese consente la scelta tra 1.5 dCi da 110 cavalli e il propulsore 1.6 dCi da 131 cavalli. Tra i motori benzina c’è il propulsore 1.2 DIG-T da 116 cavalli e il DIG-T 1.6 in grado di erogare la potenza di 163 CV.

Le versioni a trazione anteriore possono contare sul sistema Extended Grip che simula un differenziale sulle ruote motrici. Non manca la trazione integrale. 

Renault Kadjar – Prezzo 

Il prezzo della Kadjar parte da circa 21 mila euro per l’allestimento entry level e la versione 2WD (trazione anteriore) con motore benzina 1.2 DIG-T da 116 cavalli.

L’ambiente di bordo si può quasi definire tedesco. L’abitacolo è essenziale ma funzionale, il quadro strumenti è formato da elementi con display LCD, a bordo si trova il sistema multimediale R-Link 2, lo stesso visto a bordo di Escape. R-Link 2 prevede, tra le altre cose, connessione internet e applicazioni specifiche per interfacciarsi a smartphone e tablet. 

Tra le dotazioni di sicurezza figura il sistema di frenata d’emergenza, l’allarme di superamento involontario della linea di carreggiata, il riconoscimento della segnaletica stradale con allert che avverte l’automobilista quando sta superando i limiti di velocità e la retrocamera che proietta immagini sull’ampio display che spicca appena sopra il tunnel centrale.

Nella foto in alto, l’immagine ufficiale di Renault Kadjar
Nell’immagine al centro dell’articolo sono mostrate, al confronto, le foto della Kadjar (nella sua tinta rossa) e della Qashqai (con carrozzeria bianca).

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Reddito minimo garantito, Renzi e la minoranza Pd

Reddito minimo garantito, Renzi cosa fa? E’ la domanda che probabilmente si riproporrà con maggiore insistenza nei dibattiti politici dei prossimi giorni.  

Quello del reddito minimo garantito per il Governo Renzi si propone come uno dei temi caldi dell’estate. Il reddito minimo garantito è un reddito minimo, assicurato da uno Stato a tutti coloro che in età lavorativa, per una serie di circostanze, si trovano ad avere un reddito al di sotto della soglia di povertà. 

Sono molti i Paesi occidentali che adottano il reddito minimo garantito. In Europa da tempo paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, giusto per citarne alcuni, assicurano a  tutti coloro che non guadagnano una cifra mensile al di sopra di una soglia ritenuta di sussistenza, un reddito minimo o una integrazione del reddito. 

In Germania, per esempio, il reddito minimo garantito si chiama Sozialhilfe e offre una copertura dai 16 ai 65 anni grazie ad un reddito di 345 euro per ogni individuo, al quale si aggiunge una indennità per la copertura totale dei costi per l’affitto e il riscaldamento.

La copertura in Francia sale a 441 euro e riguarda individui privi di reddito. In Danimarca il reddito minimo garantito ammonta addirittura a 1.201 euro per le persone senza un reddito, cifra alla quale eventualmente si aggiungono ulteriori somme per far fronte alle spese per l’abitazione e le coperture sanitarie.

 

Reddito minimo garantito, Renzi e la posizione M5S 

Negli ultimi mesi a riaprire un dibattito da anni irrisolto sul reddito minimo garantito è stato il Movimento 5 Stelle. M5S ha presentato un disegno di legge che introduce e disciplina la materia del reddito di cittadinanza, Il beneficiario dovrà essere cittadino italiano, cittadino comunitario o proveniente da un Paese che ha firmato un trattato con l’Italia per garantire diritti sulla sicurezza sociale, avere più di 18 anni, essere inoccupato o disoccupato, percepire un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà o percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà, ovvero 780 euro mensili. In cambio il beneficiario se in età lavorativa dovrà iscriversi presso i Centri per l’Impiego pubblici, iniziare un percorso di formazione o di riqualificazione in vista del reinserimento nel mercato del lavoro. 

SEL propone un reddito di 600 euro al mese a tutte le persone inoccupate, disoccupate e precarie con un reddito annuale inferiore a 7.200 euro.

Una proposta è venuta recentemente anche dalla minoranza Pd, con un sussidio contro la povertà universale.

 

Sul reddito minimo garantito, Renzi e il Governo per il momento restano a guardare. 

Quello del reddito minimo è un’altra questione spinosa, se non altro per le coperture finanziarie che un simile provvedimento richiede.

Intanto, alcune Regioni hanno deciso di assicurare una copertura economica minima ai cittadini che si trovano in difficoltà. A cominciare dalla Lombardia. “Mentre tutti ne parlano – ha detto il governatore Roberto Maroni – noi abbiamo già incaricato gli assessori di studiare come intervenire”.

E recentemente sul reddito minimo garantito si è espresso favorevolmente anche il neo governatore della Puglia, Michele Emiliano

 

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Bonus 80 euro per colf e badanti: come ottenere l’agevolazione

Bonus 80 euro per colf e badanti: tutte le informazioni su come ottenere il bonus e chi ne ha diritto. Dagli stipendi minimi alle agevolazioni per colf e badanti.

Chi lavora nel settore domestico potrà contare su un piccolo incentivo, parliamo del bonus di 80 euro messo a disposizione anche per colf e badanti. Il bonus Irpef, infatti, è destinato anche al lavoro che non ricopre il ruolo di sostituto d’imposta, cioè che non effettua le trattenute Irpef in busta paga.  Così, colf e badanti, in concomitanza con la presentazione del Modello 730/2015 (Precompilato o ordinario) possono ottenere il Bonus 80 euro.

Come funziona il bonus 80 euro per colf e badanti


Questa agevolazione fiscale per colf e badanti è stata introdotta dal D.L. 66/2014 e viene assegnato sotto forma di una maggiorazione delle detrazioni sul lavoro dipendente e ammonta in un totale di 640 euro. 

 

Quali sono i requisiti per accedere al bonus 80 euro

Possono accedere al bonus 80 euro le colf e le badanti con un reddito compreso tra gli 8.145 euro e i 24.000 euro annui. Le colf e le badanti con un reddito compreso tra i 24.000 e i 26.000 euro possono accedere a contributi ridotti. Il bonus 80 euro è fruibile per colf e badanti che hanno lavorato in maniera discontinua e non per la totalità dei 12 mesi dell’anno di riferimento per il quale si presenta il 730. 

 

Come avere il bonus 80 euro per colf e badanti

Il bonus 80 euro può essere “recuperato” in sede di presentazione del Modello 730/2015 che fa riferimento al periodo d’imposta dell’anno 2014. 

 

Per ottenere il bonus 80 euro per colf e badanti bisognerà compilare con attenzione il rigo C14 del Quadro C del modello 730. Nella sezione V del Quadro C, denominata Bonus Irpef, bisogna specificare le seguenti notizie:

  • – nella prima delle due colonne occorre indicare il codice del bonus;
  • – nella seconda delle due colonne occorre indicare l’ammontare del bonus;
  • – Per le colf e le badanti che, invece, non hanno la Certificazione Unica e, quindi non hanno goduto del bonus nel 2014, la seconda colonna deve essere lasciata vuota, dal momento che il bonus non è stato ancora percepito;
  • – Le colf e le badanti nella prima colonna devono indicare il codice “2”, da utilizzare quando il datore di lavoro non ha riconosciuto il bonus;

 

Come calcolare il bonus per colf e badanti 


Per semplificare il calcolo del bonus Irpef facciamo un esempio pratico. Se una colf ha iniziato a lavorare il 3 giugno del 2014 e ha totalizzato 212 giorni di lavoro entro l’anno d’imposta 2014, il calcolo del bonus si farà:

640 (importo massimo del bonus) : 365 (giorni dell’anno) x 212 (giorni di lavoro effettuati) = 371,73 euro.

 

Colf e Badanti, stipendi minimi

Lo stipendio minimo rappresenta la più bassa paga oraria, giornaliera o mensile che un datore di lavoro possa pagare per legge. Le colf e le badanti fanno bene a informarsi sui contributi minimi e sui minimi compensi retributivi perché mai dovrebbero accettare paghe minori. Le retribuzioni minime vengono aggiornate di anno in anno e subiscono piccole oscillazioni in base al mercato del lavoro. Gli stipendi minimi per colf e badanti previsti fino al 31 dicembre 2015 oscillano molto in base alla categoria: si parte dai collaboratori domestici alle prime armi fino alla formazione professionale di assistente per persone non autosufficienti. 

Le badanti e colf alle prime armi hanno uno stipendio orario minimo di 4,51 euro con uno stipendio mensile di 620,25 euro. La presenza notturna prevede uno stipendio minimo di 651 euro per il turbo che va dalle 21.00 alle 8.00, questa tariffa minima è fissata a prescindere dall’esperienza della colf o della badante. Per assistenza a persone non autosufficienti, lo stipendio minimo per le badanti va da 7,67 euro a ora (stipendio mensile per lavoro a tempo pieno 1.127 + 166 euro) alle 8,00 euro orarie (stipendio mensile per lavoro a tempo pieno 1.184,12 + 166 euro). Per tutti gli aggiornamenti retributivi dei minimi e per calcolare l’importo dei contributi, vi rimandiamo al sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Agevolazioni per assunzione colf, badante e baby sitter

 

Le persone interessate a assumere una collaboratrice domestica spesso vorrebbero usufruire di un esonero sul pagamento dei contributi Inps. In effetti è stata introdotta una legge che, al fine di ridurre i tassi di disoccupazione, introduce l’opportunità di non versare i contributi all’Inps in diversi rapporti di lavoro subordinati… peccato che questa agevolazioni escluda il settore domestico. Colf, baby sitter e badanti già vedono aliquote previdenziali ridotte rispetto a quelle ordinarie.

 

Curiosità: tra i mestieri più richiesti in Italia il ruolo di colf e di badanti e di notevole rilevanza ed è anche in crescitaPer approfondimenti: Professioni più ricercate in Italia.

 

 

Tasi 2015, quando si paga

TASI 2015: quando si paga, come si fa il calcolo dell’importo per proprietario, affittuario, inquilino e coniugi divorziati; la compilazione del modello F24 per il pagamento della tasi e tutte le informazioni su scadenza della prima rata e sul saldo.

Se per l’Imu è prevista l’esenzione sulla prima casa, per la Tasi non vi è alcuna agevolazione e non cambiano le modalità di pagamento.

 

Che cosa è la Tasi e a cosa serve?

La parola Tasi è l’acronimo di “tributo per i servizi indivisibili”, cioè quei servizi rivolti omogeneamente a tutta la collettività che ne beneficia. Con il tributo della Tasi si vanno a pagare quei servizi come la polizia locale, protezione civile, servizi legati alla viabilità e alla manutenzione del verde pubblico, degli immobili comunali (centri per anziani, biblioteche pubbliche…), pubblica illuminazione e altri servizi offerti dall’Amministrazione locale.

Ogni anno, con il decorrere del pagamento della Tasi, il Comune dovrà approvare l’elenco dei servizi che vengono pagati con l’introito di questo tributo specificando le somme da destinare a ciascun servizio.

Tasi 2015, quando si paga 

La data di scadenza per il pagamento della tasi è la medesima vista per il primo acconto dell’IMU, vale a dire il 16 giugno, anche per il saldo le due imposte si accavallano. Per rispondere più in dettaglio alla domanda quando si paga la Tasi facciamo una distinzione tra prima rata e saldo.

  • Entro il 16 giugno 2015 dovrà essere versata la prima rata o acconto.
  • Per il saldo della Tasi c’è tempo fino al 16 dicembre 2015.

 

Dove e come si paga la Tasi 

Come premesso, Imu e Tasi devono essere pagate in due rate mediante compilazione del modello F24. Dove si paga Tasi? Presso gli uffici postali o comodamente da casa sfruttando i servizi di Home Banking facendo l’accesso al proprio conto corrente online.

 

Tasi 2015, Esenzioni e detrazioni

Sulla prima casa, se non di lusso, si paga la Tasi mentre l’esenzione vige per l’IMU. Per la seconda casa e gli altri immobili, il proprietario paga l’Imu e non la Tasi. 

Esenzioni sono previste per gli inquilini con le stesse modalità dello scorso anno (erano 13mila nel 2014), sono inoltre previste esenzioni e detrazioni (tra 70 e 190 euro) anche per le prime case dalla rendita catastale minima.

Quanto pagano di tasse gli italiani?
Tra Imu, tasi e altri tributi, a giugno gli italiani si preparano a pagare oltre 56 miliardi di tasse!

 

Come calcolare la Tasi

Per il calcolo della Tasi ognuno di noi può rivolgersi al Caf o al commercialista di fiducia. L’importo esatto del tributo da pagare può variare in base alle aliquote da Comune e Comune e in base alla propria abitazione.

calcolo tasi 2015 calcolo tasi 2016

Per il calcolo online della Tasi sono stati attivati diversi servizi: si può sfruttare il servizio su sepi-pisa.it o ancora, si può calcolare la Tasi sfruttando il servizio ad hoc che consente di stampare il modello F24 precompilato da presentare presso gli uffici postali per il pagamento.

A dare modo di eseguire il calcolo della Tasi 2015 (ma anche per i prossimi anni, 2016, 2017…) con la possibilità di stampare il modello F24 precompilato, è il sito internet amministrazionicomunalit.it accedendo alla sezione speciale dedicata al calcolo di Tasi e Imu. Il portale, molto completo, consente di eseguire il calcolo anche per gli affittuari o per i coniugi separati o divorziati.

Per le consultazioni delle rendite catastali al fine di calcolare la Tasi vi rimandiamo al portale delle Agenzie delle entrate, alla sezione dei servizi per il cittadino. Link: Consultazione Rendite Catastali – Agenzia delle Entrate.

 


Chi paga la tasi in caso di divorzio o separazione


Per il calcolo della Tasi  e per stabilire a chi spetta il pagamento di questa imposta, vi rimandiamo all’articolo dedicato all’IMU: all’interno della pagina troverete un paragrafo con tutte le normative che disciplinano il pagamento della Tasi tra coniugi separati o divorziati.

Vi anticipiamo che per i coniugi separati vige più o meno lo stesso modello di calcolo esistente per l’inquilino dove la parte dell’inquilino è analogamente svolta dall’assegnatario dell’immobile. Più informazioni e chiarezza alla pagina “Imu per coniugi separati: come funziona“.

 

Nella foto in alto, il Lago di Bracciano – Foto di Anna De Simone