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Al via dal 5 settembre su Rai 2 “Pour Parler”

ROMA (ITALPRESS) – Il proposito è quello di mantenere un tono da talk show. Ma guardando i nomi dei conduttori non possiamo non immaginare che si riderà anche molto. Alla guida di “Pour Parler”, il nuovo programma che Raidue propone in seconda serata il martedì e il mercoledì (da domani, ndr) per tre settimane, ci sono infatti Maria Di Biase, Corrado Nuzzo e Francesco Di Carlo. In ciascuna delle sei puntate previste il trio affronterà insieme a ospiti vip (tra i tanti, Andrea Delogu, Michela Giraud, Marco Carrara e Lucia Mascino), esperti chiamati a vario titolo e, anche, al pubblico in studio argomenti che fanno parte della vita quotidiana di ciascuno di noi: “Lo faremo alla nostra maniera un pò caotica, “pour parler” appunto. Ma i temi di cui parleremo saranno serissimi: il denaro, l’amore, l’ambiente, il cibo, gli animali e così via” anticipano.
Tra gli esperti ci sarà persino la funeral planner Lisa Martignetti: “Ne approfitterò per chiederle come organizzare, quando sarà, il funerale di Corrado e se mi fa un buon prezzo visto che l’abbiamo invitata nel programma. Del resto si sa, nella coppia le donne vivono più a lungo” afferma, ridendo, Maria. La replica di Corrado non si fa attendere e punta sul cibo: “Maria è la massima esperta in materia, compra tutti i libri ma poi, in ogni dieta, trova sempre un difetto per non farla”. Al momento di “Pour parler” sono previste sei puntate (“Quando lo vedrete vi renderete conto che è davvero un esperimento!” ma i conduttori non nascondono la possibilità di una nuova stagione: “I temi non mancano e tra noi si è creato un bel clima. Speriamo che al pubblico piaccia”. “Pour parler” va in onda dalla Sala A di Via Asiago in Roma. E’ una produzione originale Rai Direzione Intrattenimento Prime Time e Verve Media Company.

foto: ufficio stampa Rai

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Gli 80 anni di Roger Waters, “concept artist” del rock

ROMA (ITALPRESS) – La concept art è la rappresentazione visiva di un’idea. Se si vuole tradurre in musica questa definizione, e se si pensa ai concept album che ha firmato con i Pink Floyd (The Dark Side of The Moon, Wish You Were Here, Animals e The Wall solo per citare i più conosciuti), allora Roger Waters è a tutti gli effetti una leggenda vivente in questo campo.
Il 6 settembre il cantautore e musicista proveniente da Great Bookham, piccola cittadina della contea di Surrey, in Inghilterra, taglierà il traguardo degli 80 anni. E’ l’anno delle cifre tonde per Roger Waters, considerando che pochi mesi fa si è celebrato il 50esimo anniversario di Dark Side of the Moon, forse il suo lavoro più celebre e iconico con i Pink Floyd.
L’arte di Roger Waters è segnata dall’assenza. Il padre, il sottotenente Eric Fletcher Waters, muore durante la Seconda Guerra Mondiale, in Italia, ad Aprilia, il 18 febbraio 1944. Roger ha pochi mesi di vita e di fatto non conoscerà mai il padre. La mancanza della figura paterna è uno dei temi che reggono The Wall, una sorta di seduta psicanalitica in vinile, un’elaborazione del lutto che sfocia nel muro dell’incomunicabilità.
Ma c’è anche una seconda assenza ingombrante nella vita di Waters. E’ quella dell’amico Syd Barrett, con il quale fonda i Pink Floyd nel 1965. Nel 1968 Barrett comincia a perdersi tra droghe e seri problemi mentali, ed è proprio Waters che lo allontana dal gruppo. Assume così la leadership indiscussa della band, ma il genio di Syd Barrett sarà in qualche modo sempre una fonte di ispirazione per Waters (autore e bassista del gruppo) e soci. Shine on you Crazy Diamond, la monumentale apertura dell’album Wish You Were Here del 1975 è proprio un omaggio all’amico e co-fondatore.
Nel 1985, dopo 12 album in studio che scrivono capitoli fondamentali della storia del rock, arriva la rottura con i Pink Floyd. Una rottura che arriva al culmine di due decenni di straordinari successi, ma anche di logoranti contrasti, soprattutto con il chitarrista David Gilmour. Sarà proprio Gilmour a mantenere il nome della band e a portarla avanti con Nick Mason e Richard Wright, mentre Waters prosegue da solista la sua carriera.
Fuori dalla band, realizza 5 album un studio (Amused to Death del 1992 è il più acclamato dalla critica) e 4 dal vivo, continuando a girare il mondo con i suoi concerti dal forte impatto anche visivo.
C’è molta attesa per l’uscita a ottobre di The Dark Side Of The Moon Redux, la sua rivisitazione dell’album del 1973. Le anticipazioni, Time e Money, fanno pensare a una versione decisamente più intimista del disco originale, con una voce che ricorda più Tom Waits che il Waters degli anni ’70. Un progetto che dimostra quanto si diverta ancora a stupire.
Waters nella sua musica e nei suoi testi non ha mai evitato di schierarsi politicamente e socialmente: brani come Money ma anche molti temi ricorrenti in Animals fanno emergere la sua forte critica al materialismo dell’Occidente. Pacifista e socialista, fiero oppositore negli anni 80 di Margaret Thatcher e dell’intervento militare nelle isole Falkland, così come esprimerà nel 2003 tutta la sua contrarietà all’invasione dell’Iraq da parte degli Usa, con il sostegno del Regno Unito (guidato allora dal laburista Tony Blair). Nell’ultimo anno segnato dalla guerra in Ucraina è molto critico sempre con gli Stati Uniti, che a suo dire sono colpevoli di non incoraggiare un negoziato con la Russia.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Fuori l’8 settembre il nuovo singolo di Annalisa “Ragazza sola”

ROMA (ITALPRESS) – E’ “Ragazza sola” il terzo capitolo del racconto di Annalisa dopo le due hit “Bellissima” e “Mon amour”, entrambi Triplo Platino, e nuovo singolo che anticipa l’album “E POI SIAMO FINITI NEL VORTICE” in uscita il prossimo 29 settembre. Questa nuova canzone, scritta dalla stessa Annalisa con Alessandro Raina e Davide Simonetta e prodotta da quest’ultimo, uscirà venerdì 8 settembre. “Ragazza Sola è la terza anima, lo strato più profondo”- racconta Annalisa – E’ la presa di coscienza, quel momento in cui si comincia ad abbracciare il cambiamento. Le immagini scorrono nella mente come in un vortice, una dopo l’altra, disordinate, veloci. Sono tutti quei momenti che mi hanno condotta qui, dove sono ora. Alla fine di questa canzone. Mi sono ritrovata. E non sono più sola, ma con me stessa”.

Foto: ufficio stampa Warner Music

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“Maestro”, Bradley Cooper racconta la vita privata di Bernstein a Venezia

VENEZIA (ITALPRESS) – Ancora una storia d’amore, ancora la musica, ancora il confronto tra due cuori d’artista: dopo “A Star Is Born”, Bradley Cooper torna dietro la macchina da presa come regista e interprete di “Maestro”. E torna anche al Lido, dove porta questa sua opera seconda in Concorso a Venezia 80, ricevendo il caloroso applauso di critica e pubblico. Il suo nuovo progetto è dedicato alla vita privata del grandissimo compositore e direttore d’orchestra statunitense Leonard Bernstein e soprattutto alla lunga e duratura, ancorchè contrastata, storia d’amore che lo ha unito a Felicia Montealegre, la donna che amò per tutta la vita e che fu sua moglie e la madre dei suoi tre figli.
Il sentimento che li ha uniti era profondo e sincero, fonte di stabilità e serenità per il musicista al di là del suo orientamento omosessuale, vissuto del resto senza nessuna conflittualità e sostanzialmente non in segreto, dal momento che tutti gli amici ne erano a conoscenza. La cosa era accettata anche da Felicia e il film ruota proprio sulla capacità di questa coppia di superare gli schemi sociali, senza rinunciare alla serenità della loro relazione.
Costruito come un biopic ma anche come un melodramma sentimentale, “Maestro” è un grande racconto d’amore che parte dalla storia musicale di Bernstein, dagli inizi della sua carriera sino ai grandi successi internazionali, ma ben presto si cala in profondità nella storia d’amore che lo unisce a Felicia mentre il successo cresce e quando il musicista aveva già storie sentimentali con altri uomini. Bradley Cooper, che interpreta Bernstein con trasporto e passione, sceglie di focalizzare il racconto di questa coppia proprio sulla capacità di Felicia di accettare la presenza di altri amori nella vita del marito: ciò che gli interessa è evidentemente scandagliare l’equilibrio dei sentimenti, il punto di rottura delle relazioni e la capacità di lasciare libere le persone che si amano. Prodotto da Steven Spielberg e Martin Scorsese, “Maestro” è una sorta di sinfonia che si muove con agilità tra la linea musicale riservata ai componimenti di Bernstein e la linea sentimentale delle sue storie d’amore. Il ritmo è pieno, le soluzioni registiche razionali e funzionali, a iniziare dal passaggio tra il bianco e nero della prima parte e il colore della seguente. Oltre alla regia e all’interpretazione di Bradley Cooper, a reggere il film è anche l’interpretazione di Carey Mulligan, che dà a Felicia una dignità e una solarità palpabili: una prestazione che non passerà inosservata agli Oscar e che anche qui alla Mostra merita grande attenzione. “Maestro” sarà disponibile su Netflix a partire dal 20 dicembre, dopo una programmazione in sale selezionate all’inizio dello stesso mese.
-foto Agenzia Fotogramma-
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“Poor Things”, Stone creatura mostruosa per Lanthimos a Venezia

VENEZIA (ITALPRESS) – In una 80ma Mostra del Cinema attraversata da una vena gotica fuori norma, dopo “El Conde” di Pablo Larrain giunge in Concorso anche “Poor Things”, che il greco apolide Yorgos Lanthimos ha tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e artista visivo inglese Alasdair Gray. Prodotto e interpretato con una verve surreale da Emma Stone, il film è infatti una sorta di rilettura astratta del mito della Creatura di Frankesntein, il cui i concetti di creazione, istinto, libero arbitrio e rispetto della vita diventano materia per una fiaba grottesca e visionaria, che ha travolto il pubblico del Lido. Emma Stone dà vita al personaggio quasi surreale di Bella, una donna che nella Londra d’inizio ‘900 viene riportata in vita dal geniale chirurgo deviante Godwin Baxter, interpretato da un formidabile Willem Dafoe dal volto percorso da vistose cicatrici. Lo scienziato ha infatti utilizzato il suo corpo per realizzare un esperimento folle: recuperata dalle acque del Tamigi, la donna, suicida incinta, viene rigenerata sostituendo il suo cervello con quello del feto che portava in grembo. Il risultato è Bella, una donna adulta che però si comporta come un infante e sta imparando a parlare, muoversi, comportarsi, vivere… Aiutato dall’assistente Max, Godwin culla la creatura nella sua grande casa, dove le consente di formare le sue emozioni senza inibizioni, acquisendo progressivamente le cognizioni fisiche, morali, comportamentali e quindi la conoscenza di cibo, sesso, giusto e sbagliato… La sua curiosità verso il mondo esteriore la porta in contatto con l’avventuriero sessuomane Duncan Wedderburn (un Mark Ruffalo straordinario) che la porta con sè in un viaggio a Lisbona e poi a Parigi, durante il quale la consapevolezza di sè della donna si coniuga con la formazione di idee politiche, sociali, culturali che la trasformano e la rendono libera. E’ l’inizio della fase conclusiva della parabola, che vede il padre di Bella e lo stesso assistente Max, invaghito di lei, farsi da parte per permettere a questa creatura dalla volontà così spiccata di compiere il proprio destino. Con “Poor Things” Yorgos Lanthimos firma un film dalla estrema capacità affabulatoria, pervicacemente visionario nella definizione degli scenari d’inizio ‘900 in chiave fantascientifica, che definiscono un mondo immaginato come in una performance artistica e pittorica. Le riprese grandangolari deformano la visione e aderiscono alla rappresentazione grottesca delle azioni e delle conseguenze, calando i personaggi in una parabola filosofica che tiene insieme Voltaire e la Shelley, Candide e Frankenstein, ma anche il Truffaut del “Ragazzo selvaggio” e il Philip K. Dick di “Blade Runner”.
La cosa formidabile è che, a fronte di un apparato così complesso e rischioso, “Poor Things” risulta un film dotato di una autentica capacità ipnotica, che trascina lo spettatore in un vortice visionario e concettuale dal quale esce più stupito e consapevole che stordito e spiazzato. Il merito è della sceneggiatura calibratissima di Tony McNamara, che aveva già collaborato con Lanthimos per “La favorita”, e della regia del filmmaker greco, che tiene le fila di un’opera dall’immaginario vario e cangiante con uguale spirito grottesco e filosofico. Ma anche degli interpreti, che si fanno carico di trovare il il tono giusto per dare vita a personaggi fuori da ogni norma.
-foto Agenzia Fotogramma-
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Kylie Minogue, esce il nuovo singolo “Tension”

MILANO (ITALPRESS) – Kylie Minogue pubblica oggi “Tension”, nuovo singolo estratto e title-track del suo album, disponibile su tutte le piattaforme digitali, e presto in programmazione in tutte le radio, accompagnato dal videoclip su YouTube. Scritto da Kylie Minogue con i collaboratori di lunga data Biff Stannard e Duck Blackwell e con Kamille, Anya Jones e Jon Green.
“Tension” è anche il titolo del nuovo album in uscita il 22 settembre per BMG, già disponibile in pre-save.
-foto ufficio stampa singolo “Tension”-
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Maneskin, esce il nuovo singolo “Honey (Are U Coming?)”

ROMA (ITALPRESS) – Dopo un’estate da record e alla vigilia del loro nuovo tour mondiale, esce oggi il nuovo singolo dei Maneskin, “Honey (Are U Coming?)”. A distanza di pochi mesi dall’ultimo album Rush!, che ha già ampiamente superato il miliardo di streaming solo su Spotify, i Maneskin tornano con un brano presentato in anteprima con una speciale diretta streaming mondiale sui loro profili Instagram e Facebook, durante la quale la band si è esibita in un’incendiaria live session dal Gazometro di Roma. Dopo aver scaldato il pubblico sulle note di “Beggin'” e “I Wanna Be Your Slave”, è stato lo stesso Damiano a ringraziare tutti i fan connessi e a lanciare finalmente il nuovo singolo: «Oggi siamo qui perchè stiamo per presentare per la prima volta in assoluto il nostro nuovo singolo “HONEY (ARE U COMING?)”. Siamo molto emozionati e non vediamo l’ora di suonarla dal vivo in tour per voi».
«Abbiamo scritto la canzone subito dopo lo scorso tour, avevamo ancora tutta l’adrenalina accumulata durante i concerti e i viaggi. L’abbiamo scritta tra Londra e Los Angeles» – ha spiegato Victoria sulla genesi di “Honey (Are U Coming?)” – «Siamo davvero felici del risultato e pensiamo che sia qualcosa di nuovo per noi».
«E’ la storia di un incontro tra due persone che insieme vedono nei rispettivi occhi un pò di tristezza, qualcosa che li fa sentire fuori posto» – ha aggiunto Damiano in merito al significato della canzone – «E’ un invito ad unirsi in una nuova avventura senza sapere effettivamente cosa li aspetta e godersi il viaggio».
Da settembre i Màneskin saranno di nuovo live con il loro “RUSH! World Tour”, tournèe che li vedrà esibirsi – dopo il grande successo del precedente tour americano, per il quale sono stati venduti oltre 100.000 biglietti – nelle maggiori arene del Nord America, Sud America (Argentina, Brasile, Cile e Colombia), Giappone, Regno Unito, Europa e per la prima volta in Australia, con tantissime date già sold out: tutte quelle giapponesi e australiane, Hannover (Germania), Nancy (Francia), Dublino (Irlanda), San Paolo (Brasile), e alle quali si aggiunge anche Buenos Aires (Argentina).
-foto ufficio stampa Maneskin-
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A Venezia Adam Driver incarna il mito di Ferrari secondo Michael Mann

VENEZIA (ITALPRESS) – L’uomo, il brand, l’ossessione della velocità, la perfezione della meccanica, gli affari e la famiglia: con l’attesissimo “Ferrari”, il grande Michael Mann porta in Concorso a Venezia 80 un ritratto d’autore che lavora su uno dei miti più esclusivi del made in Italy. Siamo distanti però dalle questioni “Dinasty” di “House of Gucci”, anche se la presenza di Adam Driver lascia risuonare sinistri ricordi: la regia di Michael Mann funziona sulle regole di un classicismo modernizzato che nulla hanno a che vedere con i posizionamenti da soap televisiva e il ritratto di Enzo Ferrari che viene fuori è un affresco in cui la figura si staglia su uno sfondo vivido, pulsante, di sicuro pensato secondo l’immaginario americano ma di certo non folcloristico.
“Ferrari” è la storia di un uomo che sfida se stesso e i propri limiti per superare le barriere della condizione in cui si trova ad agire. In questo corrisponde pienamente alla linea autoriale di Michael Mann, che del resto racconta questa storia di famiglia e velocità attraversando i generi con in testa la chiave di violino del melodramma. Tutto corrisponde a questioni di sentimenti traditi, di attese emotive da compiere, di relazioni avvitate su colpe reali o immaginarie, di confronti e competizioni che mettono in gioco ciò in cui si crede. Mann sceglie di raccontare l’Enzo Ferrari del 1957, un uomo forse stanco eppure costretto a correre dietro al suo sogno: la sua azienda è al top ma ha bisogno di rilancio per non fallire: la Maserati le sta alle costole sia sul mercato delle vendite che sulle piste. Intanto a casa Enzo deve affrontare la moglie Laura (interpretata da Penelope Cruz), amara, rancorosa: la morte prematura del figlio Dino l’ha segnata e la scoperta che il marito ha una relazione con un’altra donna, dalla quale ha avuto un figlio, ha esacerbato il suo animo. Per giunta la donna è proprietaria di metà delle azioni dell’azienda familiare e questo la rende ancor più insidiosa. Il bisogno di trovare nuovi investitori si sposa con la necessità di vincere l’imminente Mille Miglia: la morte del suo pilota in un incidente lo spinge a prendere un nuovo asso, Alfonso De Portago ma la concorrenza e la rivalità mettono pressione e complicano le cose…
Tutto nel film ruota attorno al sentimento di incompiutezza che il protagonista porta in sè: Enzo Ferrari è una sorta di eroe spinto verso il suo traguardo e trattenuto dai troppi legami che lo ancorano alle sue responsabilità e al suo dolore. Il tema della morte è centrale nel film, promana dalla perdita del figlio Dino, che è un pò il fulcro fondativo del dramma del personaggio, e si diffonde come uno spettro sul luogo topico della pista e sulla Mille Miglia. Il rapporto contrastato con la moglie Laura e quello salvifico con l’amante Lina e il figlio Pietro sono le polarità opposte della sua inquietudine esistenziale. Adam Driver insiste sulla sua recitazione introflessa per rendere il rigore umano scontroso di Enzo Ferrari, mentre Michael Mann cerca una via di fuga classicistica a questo dramma di famiglia. E la trova soprattutto nelle magnifiche scene della corsa, filmate con un dinamismo degno dei suoi migliori film e affrontato con un grande senso della ricostruzione storica e ambientale. Il montaggio veloce e agile di Pietro Scalia fa il resto. Applausi al Lido, in attesa di vederlo nelle sale italiane grazie a 01 Distriobution.
-foto Agenzia Fotogramma-
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