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Barbareschi “Volevo fare la rockstar, il teatro mi ha salvato”

GIFFONI (ITALPRESS) – “Da piccolo volevo fare la rockstar. Suonavo la chitarra e il pianoforte, sono cresciuto con i Genesis, i Beatles, i Rolling Stone, la musica progressive e gli Yes. In quegli anni la musica raccontava per immagini e io ne ero affascinato. Solo dopo ho scoperto le immagini del cinema”. Due film a Venezia nella sezione Fuori Concorso, “The Penitent” (tratto dall’omonima pièce del drammaturgo Premio Pulitzer David Mamet e girato negli Stati Uniti) e “The Palace” (il nuovo film di Roman Polanski, coprodotto con Svizzera, Polonia e Francia), ma anche una produzione Mediaset, una Sky, il ritorno in Rai, un film per la tv “Le luci della Masseria”, la seconda stagione di “Black out”, la nuova serie “La lunga notte”, e il sogno di riaprire il Teatro Eliseo, Luca Barbareschi al Giffoni Film Festival racconta la sua esperienza di attore, regista e produttore e come è arrivato nel mondo del cinema. “Ero un ragazzino abbandonato. Quando avevo otto anni, mia madre è scappata di casa e la mia tata mi portava al cinema per amoreggiare con il suo fidanzato. Lì ho iniziato ad amare il grande schermo, mi rifugiavo in quelle immagini. Spesso non erano neanche film adatti a dei bambini, io guardavo e non capivo tutto, ma ne restavo affascinato. Ho visto Arancia Meccanica a 11 anni”. Un’infanzia non felice ma il riscatto Barbareschi lo ha trovato nel teatro “Da piccolo ho subìto molte violenze, mi ha salvato il teatro perchè dà una restituzione affettiva molto grande. Se hai solitudini interiori il teatro è un luogo di salute mentale”.
“Sono stato salvato da Valentina Fortunato della Compagnia Italia – ha raccontato a Giffoni – Sono nato in Uruguay l’ho incontrata su una nave mentre tornavo in Italia, e ho capito che volevo fare questo lavoro”. Gli esordi però non sono stati semplici “All’inizio sapevo solo che volevo far parte di quel circo, dove c’era spazio per tutti, belli, brutti, alti, bassi, magri, grassi. Ma non avevo idea del mio ruolo. Ho iniziato con l’Enrico V, poi ho recitato a Chicago e al Metropolitan di New York, solo dopo ho iniziato a fare il produttore”. In mezzo tanto altro, tra cui “il portaborse di Gianni Minà, una grandissima esperienza per me. Insieme abbiamo fatto “La strada della box” e grazie a quel programma ho potuto incontrare tantissima gente, ma l’intervista che ha cambiato la mia vita è stata quella con Spielberg, con cui siamo rimasti amici. Io avevo 20 anni, lui 30. Ero andato a casa sua per l’intervista e lui giocava a scacchi da solo con un computer regalato da George Lucas, stava girando “Incontri ravvicinati di terzo tipo”. Gli chiesi “Come posso diventare come te?”, mi rispose “Tu sei come me. Dentro hai già questo fuoco, prendi una storia e falla tua”. E così feci. Tornai a NY e girai “Summertime”, che vinse tutto, Venezia e Cannes”.
Il consiglio di Barbareschi per i ragazzi è di essere curiosi e mai snob “Io ho sempre lavorato, non ho mai snobbato nulla di quello che mi hanno proposto. Ho grato 1.200 puntate di “C’eravamo tanto amati”. Se salgo su un palco mi dovete abbattere tanta improvvisazione posso fare”. Tra i prossimi impegni i due film a Venezia, e un aneddoto su “The Palace”. “L’ultimo giorno di riprese mi sono sentito male, pensavo davvero di morire, avevo uno stress indescrivibile, il film aveva superato di molto il budget previsto. Io, produttore e attore, ero sotto pressione, mi sembrava che mi stesse per venire un infarto. Mi addormentai e poco dopo Roman Polanski mi svegliò per girare l’ultima scena in cui si vedeva solo uno scarpone. Avrebbe potuto girarla chiunque e glielo dissi, stavo male, ma la sua risposta fu “Non sfidare Dio, Dio è nei dettagli”. Mi alzai per girare quell’ultimo ciak”.
Tanta internazionalità nella sua carriera ma anche la coscienza che “Roma è l’unico polo produttivo del cinema. Solo lì ci sono i tecnici che sono artigiani straordinari, c’è una tradizione del cinema che manca in altre città che sono solo ‘polli produttivì”.Tanti i maestri e gli insegnamenti ricevuti in quasi 50 anni di carriera, ma “ho imparato davvero da tutti quelli che hanno perso perchè a picchiare sono bravi tutti, ma a rialzarsi solo i vincitori. Fallire è fondamentale, solo sbagliando si impara”. E sulle critiche “Il politicamente corretto sta devastando il mondo del cinema. Non ci può essere un giudizio morale sull’arte”. Barbareschi infine ha discusso anche sulla differenza tra il mercato cinematografico italiano e quello a stelle e strisce e ha detto: “L’America è più vecchia dell’Italia. E’ uno stato molto colto, adesso in crisi per tante ragioni, ma ancora straordinario e patria di tante evoluzioni. L’Italia invece è un paese complesso, che racchiude all’interno del suo popolo tante differenze”. Prima di salutare il pubblico di Giffoni ha aggiunto: “Ho più energia oggi di quando avevo vent’anni, perchè ho imparato a non cercare più l’applauso, bensì l’emozione. Ed è il teatro a darmi tanta emozione. E’ un luogo in cui capitano cose misteriose e meravigliose, dove si celebra la bellezza”.
-foto ufficio stampa Giffoni –
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Joe Bastianich “Vorrei fare un duetto con Zucchero”

GIFFONI (ITALPRESS) – Una platea esultante ha accolto Joe Bastianich, imprenditore, personaggio tv, vincitore dell’ultima edizione di Pechino Express, cantante e chitarrista che ha da poco pubblicato con La Terza Classe l’ep Silverado. Ospite al Giffoni FIlm Festival, l’eclettico Bastianich parla di musica, che per lui “è un modo per me per comunicare i sentimenti più nascosti, la musica è stata la prima grande passione, Io volevo essere americano, quando ero ragazzo. Non volevo essere diverso. Non volevo avere una cultura impegnativa, quella italiana. La musica era un modo per me per essere americano a tutti gli effetti come gli altri miei amici, suonavo in un gruppo.” La musica funge da integrazione per Bastianich che aggiunge “mi piacerebbe suonare con Zucchero tra i cantanti italiani”. Sono molte le domande dei ragazzi di Giffoni durante l’incontro e l’imprenditore li incoraggia a inseguire i loro sogni: “Anche nei momenti più bui non pensate che il fallimento sia fatale, poichè dal fallimento potete imparare cose pratiche”. I ragazzi pendono dalle sue labbra quando racconta aneddoti surreali e racconta il suo percorso musicale e, a sorpresa, imbraccia la chitarra e intona il suo ultimo brano “Like Stopping waterfalls”, scritto insieme a La Terza Classe, molto importante per Bastianich poichè è stato scritto in un momento particolare della sua vita “lascia che l’acqua scorra che poi arriva il sole”, un inno alla positività e alla speranza. Applausi anche per la sua performance di “Purple Rain” di Prince.
Oltre alla musica si parla anche di imprenditoria e tv “sto aprendo Antico Vinaio anche a Dubai, mi piacerebbe fare cinema, non solo Tv”. Inevitabili le curiosità su Masterchef Italia e USA, alle quali Joe risponde “sono due programmi molto diversi tra loro, Masterchef USA è un evento, è spettacolo puro mentre Masterchef Italia è un racconto di emozioni”.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Mogol “Dobbiamo essere nobili, non miseri”

GIFFONI (SALERNO) (ITALPRESS) – “La sua voce unica, le sue parole, hanno accompagnato generazioni (…) La sua musica e la sua lettura del tempo, dei sogni, della vita sono patrimonio del presente e ricchezza inestimabile per il futuro. Un artista senza confini. Il premio di Giffoni è per lui ed è dedicato a tutti i giovani che amano e ameranno intensamente la sua arte”, con queste parole Giulio Repetti, in arte Mogol, è stato premiato oggi al Giffoni Film Festival da Alfonsina Novellino, presidente dell’Associazione Aurea. L’artista in un toccante incontro con i ragazzi ha parlato di spiritualità, musica e vita. “La vita deve avere un obiettivo, quello di aiutare gli altri – dice -. Non bisogna sopraffare o approfittare di chi ha bisogno, sarebbe miserabile. Noi dobbiamo conquistarci l’autostima. Possiamo essere miserabili o nobili, dipende solo da noi, siamo noi a decidere chi essere. Noi non ci portiamo via niente, se non la ricchezza individuale che sappiamo costruirci. Se capiamo questo, non abbiamo più paura neanche della morte perchè accendiamo la luce”.
Ai giovani giurati ha poi raccontato la nascita della canzone “L’Arcobaleno” – cantata poi da Adriano Celentano su musica di Gianni Bella – e la sua esperienza spirituale legata ad essa. “Una donna che si qualificò come una medium e professoressa di italiano a Barcellona, telefonò alla mia segretaria e le riferì di aver parlato con il defunto Lucio Battisti, il quale voleva scrivessi una canzone dal titolo “l’Arcobaleno”. Io non diedi peso a quelle parole, anzi, mi negai alle sue successive chiamate, ma da allora l’arcobaleno si presentò più volte nella mia vita”. In auto, nelle foto, nelle parole, fino a convincerlo che “Questo mi ha convinto del fatto che noi non perdiamo l’identità quando moriamo, ma cambiamo solo dimensione, possiamo entrare nei sogni, nei pensieri. Sarei un deficiente a dire cose non vere ma bisogna credere nell’aldilà e soprattutto e che l’importante nella vita è arrivare ad avere autostima verso se stessi. Dobbiamo essere nobili”, ha concluso tra gli applausi e la commozione dei ragazzi.

foto: Agenzia Fotogramma

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“Il Cantastorie Recidivo” per i 30 anni di carriera di Daniele Silvestri

ROMA (ITALPRESS) – 30 concerti per celebrare i primi 30 anni di carriera: Daniele Silvestri torna dal vivo, da gennaio ad aprile 2024, con il nuovo spettacolo “Il cantastorie recidivo”, un resident show con ben 30 repliche all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Nella città dove tutto è iniziato e che lo ha visto muovere i suoi primi passi artistici e che proprio ieri sera ha ospitato l’ennesimo sold out della sua ultima tournèe “Estate X”, dove ha annunciato dal palco il suo prossimo progetto. “Avevo scritto che avrei annunciato una cosa, niente di così eclatante ma un pochino si – ha detto Daniele tra gli applausi del pubblico – Fra poco arrivano i 30 anni di quella che qualcuno definisce carriera, ma per me è fortuna – 30 anni di fortuna – In queste occasioni in genere si decide di fare un unico grande evento in cui raccogliere magari degli amici. Invece noi abbiamo deciso di fare 30 volte la stessa meravigliosa cosa, nella stessa meravigliosa casa, che è questa. Io qua dentro, da metà gennaio a metà aprile, farò 30 concerti di seguito nella sala Petrassi che sarà la nostra nuova casa definitivamente. E lo sapete perchè? Perchè so testardo”.
“Il Cantastorie recidivo” ripercorre non solo la carriera di Daniele Silvestri, ma anche 30 anni di storia della società italiana, attraverso quelle canzoni che hanno segnato la carriera del cantautore dagli esordi ad oggi. Ogni replica sarà una sorpresa per il pubblico dell’Auditorium, che assisterà in ogni serata a uno show inedito e originale, in pieno stile Silvestri.

foto: ufficio stampa Daniele Silvestri

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Albanese “Cetto La Qualunque oggi sarebbe un moderato”

GIFFONI (SALERNO) (ITALPRESS) – “Io mi vergogno ogni volta che interpreto Cetto La Qualunque perchè è una somma di orrori, eppure se pensiamo alla politica di oggi Cetto è un gesuita, un moderato. Ma si può dire che io sto alla politica come Polifemo sta allo strabismo, come Formigoni sta al Kamasutra”, Antonio Albanese ospite del Giffoni Film Festival è stato accolto dai giovani giurati con standing ovation ed entusiasmo e, tra racconti di vita umana e professionale, non risparmia riflessioni più profonde soffermandosi su uno dei personaggi più amati della sua carriera. “Ero completamente estraneo al mondo della politica. Da ragazzo a Milano, ho iniziato a frequentare i comizi e ne ho viste di tutti i colori. Ho sentito dire “Sarò leale e circonciso” da un politico che poi è diventato Senatore. Un altro si è presentato con una foto della moglie del candidato avversario e ha detto “Questa è una ‘bottanà, non potete votare un cornuto”, e poi ha vinto”.
“Ma non c’è nessun riferimento preciso, Cetto è un insieme di brutture, non un’imitazione. E’ un personaggio che esiste ovunque, non solo in Calabria. E’ quella politica malvagia, improvvisata” ha raccontato ai ragazzi del Festival. “I ricordi dei miei genitori, costretti a lasciare la Sicilia per mangiare, le loro fatiche, ti segnano. E quella politica malsana mi ha fatto venire i brividi. Ho cercato di rappresentarla in maniera ridicola per demolirla. C’è rabbia dietro la costruzione di quella maschera”. E tra ironia e serietà ha aggiunto “Avevo presentato il film al Festival di Berlino e durante la visione nessuno ha riso. Alla fine del film c’è un applauso pazzesco. Dopo il dibattito – perchè lì fanno dibattiti per tutto – uno spettatore mi dice ‘Non ho mai visto niente di più drammatico nella mia vità. E secondo me aveva ragione, è davvero drammatico. E’ stata una bella soddisfazione creare una maschera così”.
Ironia amara e tagliente la sua, “Ma la mia parola d’ordine è il rispetto – ha detto ai giovani di Giffoni – non ho mai avuto problemi con i miei personaggi perchè non ho mai descritto o caricaturizzato una singola persona, non ho mai citato nessuno. Neanche quando ho girato la serie “I topi”, in cui parlavo di mafia. Lì ho mostrato l’orrore della mafia, noi attori abbiamo il dovere di far notare determinate cose. L’unico fastidio – ha confidato sorridendo – l’ho avuto con “L’intellettuale di sinistra”, che scambiava Che Guevara con Jovanotti”. Amante del teatro e della cultura, Albanese ne è un grande sostenitore “Sono convinto che il teatro, come la cultura, siano indispensabili perchè aprono la mente. Possono salvare gli esseri umani. La cultura è aggregazione, silenzi, pensiero, è un luogo sacro. La cultura ti dà la forza di convivere con tutti”.
Così come grande è il suo amore per la comicità “La comicità io l’ho scoperta dopo aver recitato Brecht, per caso, in un locale. Frequentavo l’Accademia di Arte drammatica, poi un amico mi ha portato ad uno spettacolo comico a Milano, e lì è scattata la scintilla. Secondo me è una delle forme d’arte più elevate perchè è libera. E’ capace di elevare e sospendere anche i momenti più tristi”. “Ma la comicità ha bisogno anche di tante energie – ha aggiunto – per questo è meglio alternare; il mio prossimo film, ad esempio, è molto duro”. E Giffoni è stata così anche l’occasione per parlare dei suoi prossimi progetti, che virano in altra direzione “A novembre uscirà il mio nuovo film, ‘100 Domenichè che ho scritto, diretto e recitato. E’ un film che amo profondamente. Un film drammatico ma necessario, girato a Olginate, nel paesino in cui sono nato, sul lago di Como. Interpreto un operaio che a 59 anni va in pre-pensionamento e perde tutti i suoi soldi per un investimento sbagliato in banca. Un personaggio che in realtà potrei essere io perchè ho iniziato proprio facendo l’operaio”.
A febbraio, invece, sarà diretto ancora una volta da Riccardo Milani, un sodalizio artistico sempre più costruttivo “In “Un mondo a parte” interpreto un maestro elementare. Per farlo ho studiato molto ‘sul campò, ho incontrato i maestri, li ho visti all’opera insieme agli alunni”, una nuova sfida, ambientata nel Parco Nazionale d’Abruzzo, dove Albanese sarà con Virginia Raffaele. Ma tra le attrici a lui più vicine c’è sicuramente Paola Cortellesi “Con Paola siamo diventati molto amici, abbiamo fatto insieme tre film (“Come un gatto in tangenziale”, Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia de Morto”, “Mamma o papà?”, ndr). E’ una grande professionista, siamo molto simili, è una stupenda compagna di lavoro”.
E, sul suo percorso ha raccontato “Sono stato molto fortunato perchè ho incrociato persone che avevano tante cose da insegnare, non like da esibire. Penso al direttore dell’accademia Riccardo Palazzi, solo per citarne uno. Guide autorevoli senza le quali non sarei quello che sono oggi”. Tra i progetti impegni c’è la realizzazione di un suo sogno “Tra 20 giorni vado a Monaco per visitare il museo di Karl Valentin. E’ stato un satiro incredibile, ha una scrittura capace di rendere felice, mi ha segnato profondamente. Già nel 1920 parlava di ambiente. Un comico meraviglioso, molto raffinato. Il monologo “l’Acquario” di Tingeltangel è straordinario. So che piangerò”.

foto: ufficio stampa Giffoni Film Festival

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Morta a 56 anni la cantante Sinead O’Connor

ROMA (ITALPRESS) – La cantante irlandese Sinèad O’Connor è morta all’età di 56 anni. La notizia è riportata dal quotidiano Irish Times. Nata a Dublino l’8 dicembre del 1966, ha pubblicato 10 album in studio, e il suo successo maggiore rimane legato al singolo Nothing Compares 2 U, del 1990, incluso nell’album I Do Not Want What I Haven’t Got. Il brano è una struggente ballata romantica e raggiunge i vertici delle classifiche mondiali, tanto da essere nominato il singolo numero uno al mondo dai Billboard Music Awards. Da tempo combatteva con problemi legati alla depressione. Nel 1985 si trasferisce a Londra per lavorare al suo primo album. “The Lion and the Cobra”, scritto e prodotto dalla stessa cantante e che viene pubblicato nel 1987. L’album è un immediato successo di pubblico e critica. Nel 1992 pubblica il terzo album “Am I Not Your Girl?”, composto da una serie di omaggi a celebri standard jazz. L’album del 1994 “Universal Mother” non ottiene particolari consensi, e in realtà anche gli album successivi non arriveranno più a toccare il picco di popolarità dei primi album, anche per via del diradarsi delle apparizioni pubbliche della cantante e alla scarsa promozione dei suoi lavori. Nei tardi anni Novanta la cantante è stata ordinata prete da un movimento cattolico indipendente, decidendo di farsi chiamare Madre Bernadette Mary, annunciando nel 2003 di avere intenzione di abbandonare l’industria discografica. Il 7 gennaio 2022 viene ritrovato morto il figlio Shane, di soli 17 anni, avuto da una relazione col cantante folk Donal Lunny. Il 19 ottobre 2018 annuncia pubblicamente di essersi convertita all’Islam adottando il nome di Shuhadà Davitt.
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– Foto: Agenzia Fotogramma-

Maria Chiara Giannetta porta a Giffoni “Blanca 2”

GIFFONI (SALERNO) (ITALPRESS) – Prosegue il Giffoni Film Festival per gli oltre 6500 giovani giurati provenienti da 30 paesi. Per la giornata del 26 luglio c’è grande attesa per l’evento speciale di presentazione della seconda stagione di Blanca (produzione Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction per la regia di Jan Maria Michelini e Michele Soavi) alla presenza delle attrici Maria Chiara Giannetta e Sara Ciocca. Non si arrestano gli incontri con personalità dell’industria cinematografica e dell’informazione e della politica italiana. Attesi a Giffoni il 26 luglio il celebre paroliere Mogol, Pier Luigi Bersani, l’attrice Antonia Truppo per un Workshop con i +18; il direttore dell’Ufficio Studi RAI Francesco Giorgino per l’evento “Vero o falso? L’impegno del servizio pubblico contro le fake news”, organizzato da RAI in collaborazione con l’Italian Digital Media Observatory (IDMO), con il cofinanziamento dell’Unione Europea; il produttore cinematografico Angelo Curti. Spazio anche ai rappresentanti dello Stato con il Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Carmine Masiello, il Magistrato Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio De Lucia e la Nazionale Paralimpici dell’Esercito Italiano con la partecipazione di Gianfranco Paglia, Roberto Punzo e Antonio Auricchio.

Foto: ufficio stampa Giffoni Film Festival

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Alla Mostra di Venezia sei film italiani in concorso

VENEZIA (ITALPRESS) – “L’ultima settimana è stata turbolenta, l’annuncio dello sciopero degli attori ha colto tutti di sorpresa, a programma quasi concluso. Devo dire che per fortuna l’impatto sulla nostra selezione è molto modesto. L’unico film che abbiamo perso rispetto a quello che pensavamo è il bellissimo film di Guadagnino, Challengers, che ha rimandato la sua uscita commerciale al 2024”. Esordisce così Alberto Barbera, il direttore artistico della 80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ad inizio conferenza stampa per poi declinare un programma che è già stato definito una bomba per una selezione che è forse la migliore degli ultimi anni. Al lido di Venezia dal 30 agosto al 9 settembre, tra Fuori Concorso, Orizzonti e Concorso Ufficiale, saranno rappresentati 53 paesi, 82 lungometraggi in anteprima mondiale, con un 32% di presenza femminile: “Colgo l’occasione per ringraziare produttori e registi che hanno deciso di confermare la presenza dei loro film – precisa Barbera. Mancherà ovviamente qualche attore ma saranno presenti, come ci auguriamo, gli attori che hanno lavorato in produzioni indipendenti. Non sarà una mostra autarchica ma largamente rappresentativa del cinema contemporaneo”.
I grandi titoli infatti sono presenti e con loro anche i grandi registi. Basti solo elencare i nomi annunciati nel Fuori Concorso tra cui Richard Linklater con Hit Man, Roman Polanski con The Palace, Wes Anderson con The Wonderful Story of Henry Sugar e un grande ritorno, quello di Woody Allen con Coup de Chance, film che, come si evince dal titolo, è di produzione e cast interamente francesi. Si arriva all’annuncio dei film in concorso di Venezia 80, letteralmente, senza parole: Maestro, opera seconda di Bradley Cooper dopo A Star is born con Lady Gaga; Priscilla di Sofia Coppola, già Leone d’Oro nel 2010 con Somewhere; The Killer con Michael Fassbender diretto dal David Fincher di Seven e The Social Network; Memory di Michel Franco con Jessica Chastain; l’attesissimo Poor Things del regista greco ma iper internazionale Yorgos Lanthimos con una carrellata di star capitanata da una Emma Stone (che non sarà presente causa sciopero).
E infine, si fa per dire, Ferrari di Michael Mann di cui Barbera ha detto: “credo che raramente un regista straniero sia riuscito a creare con altrettanta precisione il clima dell’Italia di quegli anni così come ha fatto Mann in questo film”. Per quanto riguarda la rappresentanza italiana, non sarà certo un festival autarchico ma la presenza di film e star di casa nostra è più ampia che mai. Ben 6 i “nostri” film in concorso, dove l’unica nota stonata è la mancanza di donne registe: Comandante di Edoardo De Angelis, già annunciato in apertura a sostituire Challengers di Luca Guadagnino; Enea, opera seconda di Pietro Castellitto che Barbera descrive come “una sorta di grande bruttezza ammantata di cinismo e ipocrisia; Finalmente l’alba di Saverio Costanzo; Lubo di Giorgio Diritti; Io capitano di Matteo Garrone (mancante da Cannes a buona ragione) e infine Adagio di Stefano Sollima. Tre gli italiani in Orizzonti mentre in Extra spicca la presenza di una neo-regista, Micaela Ramazzotti con Felicità, sua opera prima che citando sempre Barbera, “è un film che fa pensare che Ramazzotti abbia fatto tesoro dell’esperienza sul set di La Pazza Gioia di Virzì e Vivere di Archibugi” . Una sola italiana nel fuori concorso, il Leone d’Oro alla carriera Liliana Cavani con L’Ordine del tempo, in mezzo a tre compagni di sezione, Luca Barbareschi, Giorgio Verdelli e Leonardo Di Costanzo.

foto: Agenzia Fotogramma

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