ROMA (ITALPRESS) – Sarà Amadeus il Direttore Artistico e il conduttore delle edizioni 2023 e 2024 del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Così è stato concordato questa mattina durante un incontro nel quale l’Amministratore Delegato della Rai Carlo Fuortes, insieme con il Direttore del Prime Time Stefano Coletta, ha ricevuto Amadeus in un lungo e cordiale colloquio. “Sono felice e onorato della proposta dell’Amministratore Delegato Carlo Fuortes e del Direttore del Prime Time Stefano Coletta. Aver ricevuto adesso questa proposta mi permette di lavorare da subito. Non vedo l’ora di iniziare”, ha affermato Amadeus.
(ITALPRESS).
Sanremo, Amadeus confermato per le edizioni 2023 e 2024
100 anni fa nasceva Pasolini, l’intellettuale libero che raccontò il suo tempo
ROMA (ITALPRESS) – Esterno notte. Spiaggia dell’idroscalo di Ostia. Il corpo di Pierpaolo Pasolini viene ritrovato riverso a terra con evidenti e inequivocabili segni di una brutale aggressione. E’ il 2 novembre del 1975. Qualche minuto prima, non molto distante, i carabinieri fermano l’Alfa 2000 Gt dello scrittore con alla guida Pino Pelosi, diciassette di Guidonia Montecellio soprannominato “ranocchia”. E’ lui a confessare. E’ lui a parlare di una reazione violenta alle insistenti avances di Pasolini. Un racconto che non convince totalmente; troppi buchi in quella ricostruzione, troppi dubbi, dettagli che non collimano e che sollevano quesiti che fin da subito alimentano teorie complottiste, che insinuano il sospetto che “ranocchia” abbia raccontato una storia a metà, occultando complici e favoreggiatori. Le piste seguite (dal riscatto delle pizze di Salò rubate, alla spedizione fascista) acquistano vigore per poi perdere consistenza. La nebbia del decennio più nero della Repubblica avvolge anche questa storia. L’unica certezza è che in quella terra umida di Ostia perde la vita uno dei più grandi intellettuali del ‘900. Di sicuro il più complesso. Pierpaolo Pasolini, nato 100 anni fa a Bologna (era il 5 marzo del 1922), è stato un intellettuale vero, diremmo multicolor per le sue sensibilità tutte diverse fra loro e che a un primo giudizio parrebbero contrastanti se non apertamente in conflitto.
Cattolico, comunista e omosessuale. Definizioni apparentemente discrepanti, e che per tale ragione lo renderanno inviso a chi alle categorie apparteneva. Era un pensatore difficile da incasellare, spesso controcorrente; un anticonformista non per vezzo ma per indole. Capace di intestarsi battaglie in solitaria, con il rischio di isolarsi anche rispetto ai circoli a lui più vicini. D’altronde Pasolini era un uomo solo ma che sorretto da un incrollabile fede verso i suoi ideali non temeva il giudizio altrui. Neppure della giustizia, dinanzi la quale comparve 24 volte. Da atti osceni a corruzione di minore, da vilipendio della religione di Stato a offesa al comune senso del pudore; lo scrittore viene pure accusato di avere compiuto una rapina a mano armata in un distributore di benzina. E non si fermava neppure dinanzi i consigli di chi, Fellini su tutti, gli suggeriva di abbandonare il cinema, magari convincendolo a dedicarsi alla letteratura, alle poesie. Eppure i suoi film rappresentano una pietra miliare della cinematografia. Pellicole come “Accattone” o “Mamma Roma” offrono uno spaccato della Roma degli ultimi, dei reietti, di prostitute e papponi, di miserabili e delinquenti. Di ragazzini di strada che tirano a campare con furti e furberie. Una filmografia che si eleva quando tratta temi più spirituali. “Il Vangelo secondo Matteo” è un capolavoro stilistico. Si serve per il cast di contadini lucani; impiega comparse sconosciute e amici di una vita, mentre alla madre Susanna affida il ruolo della Madonna anziana. La critica cattolica ne diede un giudizio più che positivo. A metà degli anni ’60 un’altra monumentale opera, “Uccellacci e uccellini”, con Totò e Ninetto Davoli. Gli anni ’70 furono molto prolifici per Pasolini. Sono gli anni della “Trilogia della vita”; “Il Decameron”, “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle mille e una notte”. Ma la macchina da presa non ha mai allontanato Pasolini dalla scrittura: dalla prosa e dalla poesia. In tutti i suoi scritti emerge quell’empatia verso i ripudiati della società, gli emarginati.
Da intellettuale libero sfidò la scure della censura trattando temi fin troppo trasgressivi per l’epoca. Come la prostituzione minorile in “Ragazzi di vita”. Poi sarà la volta di titoli di spessore come “Una vita violenta”, o “Teorema” o ancora dell’incompiuto “Petrolio”. Ma è nei suoi scritti, nei suoi saggi, nei suoi articoli, nei suoi commenti che si manifesta quell’interventismo politico e culturale tipico dell’intellettuale che non teme di esprimere un pensiero critico. Nel ’68, dopo i noti scontri di Valle Giulia, Pasolini assunse una dura posizione contro i giovani, accusandoli di imbastire una falsa rivoluzione, tacciandoli di essere borghesi conformisti e disprezzandoli nel definirli “figli di papà”. “Sono dei borghesi rimasti tali e quali come i loro padri” scrisse. L’apice della sua generosa attività di saggista verrà toccato nel 1973, con l’avvio della collaborazione con il “Corriere”. Scrisse di politica, società e costume. Polemista vivace e schietto. Guardò con attenzione i radicali ma non arretrò di un centimetro sulle sue posizioni anti-abortiste. Rimase fino agli ultimi anni lucidamente critico della società, compì numerosi viaggi in Oriente, riservò attenzioni al suo corpo oltre che al suo intelletto. Non temette mai il giudizio delle menti altrui né tantomeno quello della legge. Coltivò amicizie vere, che sconfinavano dal recinto delle élite culturali, per impregnarsi di quel sottoproletariato fatto di una umanità variegata e ruvida, che brulicava febbrile tra le antiche trattorie di Trastevere e San Lorenzo. Alimentò il suo amore per la bellezza e la natura. Fu un genio assoluto dalle molteplici sfaccettature. Forse il più acuto intellettuale del suo tempo; di certo Pierpaolo Pasolini fu libero nel raccontare il mondo. Infischiandosi degli scandali, delle mezze misure, del pensiero comune.
(ITALPRESS).
Dargen D’Amico, arriva il nuovo album “Nei sogni nessuno è monogamo”
MILANO (ITALPRESS) – Esce domani “Nei sogni nessuno è monogamo”, il nuovo album di Dargen D’Amico.
Il progetto discografico si compone di 12 tracce e include anche”Dove si balla”, brano che ha presentato sul palco dell’Ariston in occasione della 72^ edizione del Festival di Sanremo classificandosi nono. Già certificato disco d’oro, la traccia attualmente conta oltre 25 mln di stream totali sulle piattaforme digitali, stabile nella top5 di Spotify Italia, quinta nella classifica FIMI dei singoli più venduti ed è quarta nella classifica EarOne dei brani più trasmessi in radio.
(ITALPRESS).
Su Rai1 arriva “Noi” con Lino Guanciale
ROMA (ITALPRESS) – Il genere family drama, che in italiano traduciamo erroneamente “dramma familiare”, non è molto praticato in questi tempi dalla fiction. Eppure, come dimostra il successo straordinario di “This is us”, quando è fatto bene funziona. Ed è per questo che Rai Fiction ha deciso di declinarlo con “Noi”, adattamento italiano della succitata serie americana, affidandone la realizzazione a Cattleya, la scrittura a Sandro Petraglia (con Flaminia Gressi e Michela Straniero) e la regia a Luca Ribuoli. Ne sono nati dodici episodi che Raiuno trasmetterà dal 6 marzo in prima serata. Ad interpretarli sono Lino Guanciale e Aurora Ruffino rispettivamente nei panni di Pietro e Rebecca Peirò, lui operaio lei di famiglia borghese e agiata, le cui vite vedremo snodarsi (in un continuo alternarsi tra ieri e oggi) dagli anni Ottanta, quando lei sta per partorire i tre gemelli che aspetta, fino ad oggi, con i due genitori ormai sessantenni e i figli poco più che trentenni e ciascuno alle prese con i propri problemi.
Si tratta, insomma, di un grande affresco familiare, dipinto sullo sfondo di alcuni decenni della storia del nostro Paese, a partire dall’amore dalla nascita dell’amore tra Pietro e Rebecca: «Questo amore è la cosa più intensa di “This is us” e io spero che sia la cosa più bella di “Noi” – dice Sandro Petraglia – Tutto questo, mentre si racconta una famiglia, che è per me, come scrittore, un nodo ‘politico’ della narrazione del nostro paese. È lì la radice della forza e della fragilità delle esistenze, lì si formano e si alimentano le contraddizioni, specie nel momento in cui si esce dal nido e si va all’avventura nel mondo».
Nonostante le contraddizioni che porta inevitabilmente dentro di sé, la famiglia continua a essere, dunque, la “radice” e non è un caso che il regista si sia commosso parlandone nella conferenza stampa di presentazione che si è svolta questa mattina: «Il coraggio di questi personaggi ci ha emozionato» ha detto. Aurora Ruffino aggiunge: «In ogni fase della sua vita Rebecca mi ha lasciato qualcosa. All’inizio è rivoluzionaria poi tutto si stravolge quando incontra Pietro: lui è un uomo semplice e onesto e rappresenta quella verità che le è sempre mancata. Poi – aggiunge l’attrice – a 30 anni si scopre madre amorevole, talmente protettiva nei confronti dei figli da sbagliare con loro; a 40 entra in crisi perché, ora che i figli hanno meno bisogno di lei, si rende conto di essersi messa da parte per troppo tempo; e a 60 è una donna che ha una consapevolezza e una storia importante alle spalle». Anche Lino Guanciale è stato conquistato dal suo personaggio, «il padre che tutto vorrebbero avere o essere, al netto di una bella dose di fragilità. La sfida è stata pensare quanto potessero essere difettosi personaggi che sono archetipi di perfezione». Per entrambi la memoria va alle loro famiglie d’origine: «Pietro mi ricorda mio nonno, un grande lavoratore» dice lei; «spero che tutti ci dicano: “Pietro sembra mio zio!”. Ho anche indossato vestiti e capelli per i quali prendevo in giro mio padre che, invece, li portava con disinvoltura. Mi ci sono riconosciuto e ciò vuol dire che questa storia ci riguarda tutti».
Così come riguarda tutti la famiglia: «La famiglia è la capacità di restare uniti nonostante tutto, di non perdersi anche quando si è tentati di dire basta, rinuncio a tutto perché è troppo – osserva la Ruffino – E la tentazione capita spesso ma la famiglia è quella cosa che ti prende allo stomaco e ti forza a restare. Non puoi fuggire, anche se vai dall’altra parte del mondo ti rimane dentro. È un legame che ci sarà per sempre, per tutta la vita e bisogna cercare di accoglierlo anche nelle difficoltà, cercando di trovare soluzioni insieme. È la forza di riuscire ad accettare e cogliere tutte le situazioni che succedono, i vari problemi, i momenti difficili che sono le prove vere della vita». È qualcosa di talmente forte che le ha fatto vivere un’esperienza particolare sul set: «Ho quasi 33 anni e penso all’idea di avere una famiglia e dei figli. Dopo un paio di mesi di riprese, però, ho avuto quasi un rifiuto della maternità perché quello che si vive è davvero molto forte. Alla fine delle riprese invece, dopo avere vissuto con bambini e adolescenti, è riaffiorato molto più forte il desiderio di diventare madre, l’amore ha prevalso sulla paura del dolore».
Per Lino Guanciale, «la famiglia è una cosa di cui non ti liberi mai nel bene e nel male, sta a noi decidere cosa fare del bene e del male che ti ha dato. A volte – aggiunge l’attore – accade un fenomeno strano: io ho un padre che è molto vicino a Pietro, che è stato capace di mettermi in condizione di seguire i miei sogli pur non capendo nulla di quello che io avevo in testa. Ecco, a volte ti fa più rabbia questo che un padre con cui puoi prendertela e “ucciderlo” in senso edipico. La famiglia è il luogo dove sei nudo, se lo sei con felicità o meno sta ai genitori costruirlo». Quel che è certo, conclude, «è che “Noi” sfugge all’equazione “se c’è l’amore c’è la felicità”. È un grande tranello. Anche a me Pietro ricorda mio nonno ma lui era normativo, uno per il quale la famiglia serviva a darti regole non scalfibili nel tempo. Pietro e Rebecca non sono così, i valori della famiglia sono l’ascolto, il rispetto e l’inclusione e questo ammette che i figli possano essere infelici. Tu non devi renderli felici ma stargli accanto e questo rende Pietro e Rebecca molto moderni».
Nel cast di “Noi” ci sono anche, tra gli altri, Dario Aita (Claudio Peirò), Claudia Marsicano (Caterina Peirò) e Livio Kone (Daniele Peirò). La canzone originale “Mille stelle” è cantata da Nada.
(ITALPRESS).
Tv, a Kiev restano solo gli inviati di Tg2 e Cnn
ROMA (ITALPRESS) – L’Ucraina resiste all’invasione russa e Kiev è la capitale sotto assedio, tra coprifuoco e sirene antiaereo. Anche per l’informazione la situazione è sempre più delicata, e tra le testate televisive restano a Kiev solo gli inviati del Tg2 e della Cnn. Per il Tg2 diretto da Gennaro Sangiuliano è sul posto Piergiorgio Giacovazzo, che garantisce la cronaca anche per il Tg1 e le testate radiofoniche del servizio pubblico.
(ITALPRESS).
Fabri Fibra, il 18 marzo esce il nuovo album “Caos”
MILANO (ITALPRESS) – Uscirà il 18 marzo in tutti gli store digitali e nei negozi tradizionali (in formato cd e LP) “Caos”, il nuovo album di Fabri Fibra.
Il decimo disco di studio di Fibra arriva a 20 anni dalla pubblicazione del suo primo album “Turbe Giovanili” e 5 anni dall’ultimo disco “Fenomeno”.
L’uscita del nuovo album darà l’occasione a Fabri Fibra di tornare sul palco.
(ITALPRESS).
De Gregori e Venditti per la prima volta insieme in tour
MILANO (ITALPRESS) – Cinquant’anni dopo “Theorius Campus”, album che registrarono insieme nel 1972, Antonello Venditti e Francesco De Gregori si ritrovano per un lungo tour estivo. Ad anticipare il tour Venditti & De Gregori («Per dirimere la questione di quale dei nostri nomi dovesse stare davanti abbiamo tirato una monetina», rivela De Gregori) sarà il concerto del 18 giugno allo Stadio Olimpico, città dove entrambi sono nati e da dove è partita la loro carriera. Nell’attesa, da domani, sarà disponibile, su Amazon e nei negozi digitali, il 45 giri da collezione con la reinterpretazione a due voci di “Generale” di De Gregori e “Ricordati di me” di Venditti. «A me e Antonello l’idea di cantare insieme non ci era mai passata dalla testa, avevamo fatto un tour in Ungheria da ragazzini e ci era piaciuto. Poi abbiamo avuto due carriere diverse, ma quell’essere stati allattati dallo stesso latte ci ha tenuto uniti», racconta De Gregori.
«Noi veniamo da Coppi e Bartali, da quelle rivalità storiche e siamo stati visti come antagonisti dai nostri fan – gli fa eco Venditti -. Ogni tanto c’è stata qualche piccola scintilletta e abbiamo fatto qualcosa insieme come “Io e mio fratello”, ma mai nulla di strutturato. Stavolta, invece, abbiamo detto: dobbiamo farlo! Ed è bellissimo ritrovarsi in un momento così importante». A fare scattare la scintilla, raccontano, è stato un pranzo in un ristorante romano, lo stesso finito col lancio della monetina per dare il titolo al tour che proseguirà nei teatri andando avanti fino al 2023 e, con ogni probabilità, diventerà un racconto per immagini. «Sarà un lungo viaggio che stiamo registrando seguendo uno stile documentaristico», dicono anticipando che gli spettacoli estivi saranno diversi da quelli nei teatri, «una scelta interessante che ci permetterà di modulare spettacoli diversi con atmosfere diverse». I due cantautori non danno altre anticipazioni, se non rivelare che canteranno quasi tutti i pezzi a due voci, che la scaletta, ancora da decidere, non sarà come dice causticamente De Gregori, «ragionata in termini di Manuale Cencelli, abbiamo scelto di inseguire le belle sensazioni», e che la band, formata da musicisti che da anni seguono i due artisti, «potrebbe cambiare nel tempo». In un momento come questo le tensioni internazionali e la guerra in corso in Ucraina non potevano restare fuori. «Ci dispiace che, dopo tanta attesa, questa conferenza stampa si stia tenendo oggi. Sto seguendo in Tv quello che sta accadendo e ho visto paura e smarrimento sulle facce di tutti, ma cosa dovrebbe fare il mondo della musica? Un concerto? Come dice Checco Zalone in “Maremoto a Porto Cervo” gli artisti devono scrivere le canzoni prima e non dopo», risponde l’autore di “Generale” a chi chiedeva il perchè gli artisti non stiano facendo sentire la loro voce.
«Noi abbiamo visto 50 anni di marce e di concerti, la verità è nell’arte e nelle canzoni: quelle belle e adatte sono poche. Piuttosto che sentirne di brutte, meglio il silenzio», aggiunge Venditti. Sollecitati da una domanda, poi, i due ricordano Lucio Dalla di cui, domani, ricorre il decennale della morte. «Ho avuto la fortuna di lavorare con Lucio due volte. Per me lui c’è sempre e non riesco a fare mio l’aspetto celebrativo», dice De Gregori. «Lucio mi ha salvato in tanti modi, anche trovandomi casa a Roma vicino alla sua dopo la mia separazione, per questo mi sono battuto per far mettere una targa in suo ricordo nella casa dove ha vissuto fino al 1986. Io stavo sempre a sentirlo perchè raramente aveva torto. Lui, ancora prima di Pavarotti, aveva capito che tutte le arti potevano esistere insieme. Quando nella notte mi chiamarono per dirmi che era morto, fu davvero brutto e a me piace ricordarlo non l’1 marzo ma il 4, il giorno del suo compleanno, perchè per me le morti non esistono».
(ITALPRESS).
La Russia esclusa dall’Eurovision Song Contest di Torino
TORINO (ITALPRESS) – La European Broadcasting Union (EBU) ha annunciato che “nessun attore russo parteciperà all’Eurovision Song Contest di quest’anno”. L’appuntamento è a Torino dal 10 al 14 maggio.
Il Comitato Esecutivo dell’EBU ha preso la decisione a seguito di “una raccomandazione fatta oggi dall’organo di governo dell’Eurovision Song Contest, il Gruppo di Riferimento, sulla base delle regole dell’evento e dei valori dell’EBU.
La raccomandazione del gruppo di riferimento è stata sostenuta anche dal comitato televisivo dell’EBU.
La decisione riflette la preoccupazione che, alla luce della crisi senza precedenti in Ucraina, l’inclusione di una voce russa nel Contest di quest’anno porterebbe discredito alla concorrenza”.
Prima di prendere questa decisione, l’EBU “si è presa del tempo per consultarsi ampiamente tra i suoi membri.
L’EBU è un’organizzazione membro apolitica di emittenti impegnate a sostenere i valori del servizio pubblico.
Rimaniamo impegnati a proteggere i valori di una competizione culturale che promuove lo scambio e la comprensione internazionale, riunisce il pubblico, celebra la diversità attraverso la musica e unisce l’Europa su un unico palco”.
(ITALPRESS).









