ROMA (ITALPRESS) – Fiocco rosa per Belen Rodriguez. La showgirl ha annunciato su instagram la nascita della sua secondogenita Luna Marì, la figlia avuta con Antonino Spinalbanese. “C’è qualcuno che è nato adesso”, scrive Belen che pubblica la foto di un piedino avvolto in un calzino rosa.
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Belen di nuovo mamma, è nata Luna Marì
A Cannes i “Tre piani” di Moretti
Nella domenica dell’Italia finalista agli Europei di calcio, il cinema italiano porta a Cannes 74 uno dei suoi autori più amati sulla Croisette, Nanni Moretti, atteso da queste parti sin dall’anno scorso col suo “Tre piani”. Si tratta di un film sulla paura e sul senso di colpa, sulle responsabilità e sul bisogno di libertà, sostanzialmente un film sulle relazioni, composto in maniera molto più solida e molto meno personale, intima, di quanto abbia fatto sinora. Sarà che è la prima volta che Nanni Moretti per raccontare e raccontarsi si affida a un libro, l’omonimo romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo (edito in Italia da Neri Pozza), testo fatto di stratificazioni psicologiche che scorrono nell’articolazione di tre storie, una per ogni piano di un condominio, una per ogni famiglia, una per ogni piccolo dramma che si è consumato in quelle case. Deve essere stata proprio l’idea del condominio come spazio di condivisione esistenziale ad affascinare Nanni Moretti, che è pur sempre quello di “Bianca” ma che si ritrova oggi col peso degli anni addosso e la necessità di definire un universo più oggettivo e meno legato alle sue storiche ossessioni. Ecco dunque che nel libro di Nevo trova la scansione per affrontare tematiche a lui care, scolpendole nelle vicende più o meno intrecciate di tre famiglie: da una parte Vittorio e Dora, una coppia di giudici interpretati da Moretti stesso e da Margherita Buy, che attraversano la loro vita di coppia affrontando il dramma di un figlio che ha ucciso una donna guidando ubriaco, dall’altra Lucio e Sara (Riccardo Scamarcio e Elena Lietti), che invece scandiscono la loro crisi di coppia sul sospetto che l’anziano vicino di casa abbia abusato della loro figlioletta affidatagli una sera. E poi c’è Monica (Alba Rohrwacher) che affronta la sua prima maternità mentre il marito (Adriano Giannini) è lontano per lavoro e nutre nel suo animo lo spettro di una fragilità mentale che vede in atto su sua madre. Vicende di un intreccio che Moretti scandisce sulla definizione di un mondo che, nella sua messa in scena, appare in sé concluso, quasi astratto in una dimensione puramente morale. La drammaturgia segue uno sviluppo che si basa più sulle conseguenze che sulle azioni, più sulle responsabilità che sulla volontà: del libro di Nevo, Nanni Moretti sceglie la prospettiva morale dei drammi, essiccando quasi i personaggi, rendendoli meno realistici e concreti. Sarà per questo che “Tre piani” risulta un film così rigido, intransitivo, privo di commozione e di empatia, qua e là poco fluido, di sicuro molto meno libero e trasparente di quanto il regista abbia saputo fare nei suoi ultimi film. “Tre piani” ha la sostanza pesante del senso della responsabilità che ogni azione, ogni gesto dei suoi personaggi si porta dietro. Il film è popolato di figure che non riescono a sfuggire al loro istintivo bisogno di nutrire paure, dubbi e attese, senza farsi carico anche delle conseguenze di ciò che fanno o non fanno. Moretti ci consegna dunque un film sul peso delle azioni che sono come catene alle quali siamo legati, ma anche un film sulla liberazione e sul bisogno di ridefinirsi per trovare vie alternative. Ed è in questi gesti che “Tre piani” risulta più accogliente e meno tetragono di quanto nel suo insieme appaia allo spettatore. Sarà anche che i personaggi sono consegnati agli interpreti con una rigidezza che non facilita il loro compito e li trova un po’ tutti troppo contenuti. Solo Margherita Buy sa trovare la via per dare luce e verità al suo personaggio.
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A Cannes “La Fracture”, Bruni Tedeschi e la Francia nel caos sociale
CANNES (ITALPRESS) – Una notte al pronto soccorso mentre Parigi brucia. Ad appiccare il fuoco sono gli scontri tra i Gilets Jaunes e le forze di polizia e la prospettiva è quella del nuovo film di Catherine Corsini, “La fracture”, in Concorso a Cannes 74, praticamente una commedia sentimentale immersa nel caos sociale della Francia contemporanea. Ne è protagonista Valeria Bruni Tedeschi che, assieme a Marina Foïs, interpreta una disegnatrice in crisi di coppia con la sua compagna editrice: una caduta maldestra per strada che le provoca una frattura la fa finire al pronto soccorso proprio nella notte in cui la realtà parigina precipita dal tentativo di far rivivere le ragioni della piazza e la reazione di forza della polizia. Il primo dei Gilet Jaunes ad arrivare è Yann (Pio Marmaï), un manifestante ferito a una gamba, ma pian piano lo spazio dell’emergenza diventa il teatro di una implosione sociale che la Corsini gioca tra dramma e commedia. Valeria Bruni Tedeschi svanita da antidolorifici e pillole varie, vaneggia il suo amore per la compagna che la accudisce ma vorrebbe farla finita, lo scontro con Yann sull’elezione di Macron si innesca mentre alle porte del pronto soccorso bussano altri manifestanti inseguiti dalla polizia, una vecchia signora in attesa di cure muore…
Il film sta tutto nella visione di un mondo in sofferenza fisica, mentale e sociale, che diventa uno specchio particolare e universale denso di valore e significato. La scrittura e precisa, agile e divertente, così come la messa in scena, che non risparmia momenti ironici e autoironici, come la disputa tra il manifestante ferito e la Bruni Tedeschi su chi ha votato Macron, in cui lo spettro di Sarkozy aleggia allegramente. Girato durante il lockdown, “La fracture” nasce da un’esperienza ospedaliera vissuta dalla regista e trova la capacità di raccontare con adeguatezza problematica la realtà francese contemporanea.
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Carrà, un applauso infinito per l’ultimo saluto alla regina della tv
ROMA (ITALPRESS) – “Quello di oggi è un addio che pesa. Oggi sarà difficile non essere retorici. Siamo qui per stringerci a Raffaella insieme a tutti voi”. Simone Castaldi, frate della basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, ha aperto così il funerale di Raffaella Carrà. Poco prima la Sindaca di Roma Virginia Raggi aveva accolto nella chiesa la bara di legno spoglio, ultima volontà della regina della tv, scomparsa il 5 luglio scorso a 78 anni, tra gli applausi dei tantissimi cittadini che hanno voluto salutare la Raffa nazionale. Dentro la basilica, 200 sedie in legno per rispettare le distanze di sicurezza, fuori, i fan che hanno potuto seguire la funzione dal maxischermo allestito in piazza del Campidoglio. Un alternarsi di lacrime e momenti di gioia per l’ultimo saluto a Raffaella Carrà, ricordata come personaggio pubblico eccezionale e per la sua umanità.
Commosso Sergio Japino, compagno della vita di Carrà, che non ha mai lasciato il feretro. Presenti i vertici Rai, l’azienda per la quale ha lavorato per una vita, le istituzioni, tra cui il ministro Franceschini e poi amici e colleghi: da Milly Carlucci, Carmen Russo, Massimo Lopez e molti altri.
“Mi sto domandando – ha detto frate Castaldi – se gli artisti sanno quanto bene fanno alle vite che toccano quotidianamente. Credo che Raffaella lo sapesse, in questi giorni di abbraccio si è resa conto di tutto il bene che ha seminato, un bene senza bandiere, senza colore”. “Raffaella è stata molto di più di quello che si è visto e sentito di lei, era una donna straordinaria che ha conquistato il cuore di milioni di persone, la sua umanità è quello che fa la differenza in questo mondo. Raffaella, la più amata dagli italiani, non è scomparsa per sempre, si è solo spostata un po’ più in là – ha detto padre Francesco Dileo, citando una canzone dell’artista, nel corso dell’omelia – oltre la porta di questa vita terrena per vivere nell’eternità. Era suo desiderio tornare a San Giovanni Rotondo, appena sarà possibile la sua urna farà tappa lì e poi al Monte Argentario. Adesso Raffaella, goditi il meritato riposo nella fiesta del cielo”.
“Raffaella è indimenticabile, Roma era diventata la sua città e noi romani non la dimenticheremo” ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi: “Oggi l’Italia si ferma per rendere onore a una grande donna, icona del nostro Paese e non solo all’interno dei confini nazionali. Raffaella ha accompagnato tante trasformazioni, dalle conquiste sociali a quelle culturali ed è entrata nel cuore di ciascuno di noi. Artista poliedrica, cantante, autrice, ballerina, attrice. Un talento innato il suo che accompagnava con puntualità e precisione. Grazie al suo carisma e all’empatia, riusciva a parlare a tutti, a raccontare le storie più leggere e quelle più drammatiche. Con il suo buon umore, il rispetto, la dignità sapeva coinvolgere tutti, da quelli che lavoravano con lei o solo la guardavano dalla tv. Ciao Raffaella, grazie”. Un applauso “infinito” ha segnato la fine della cerimonia accompagnando il feretro della Carrà fuori dalla basilica, in piazza del Campidoglio, dove tantissime persone hanno seguito la funzione dal maxischermo e intonando le canzoni che hanno reso celebre la Carrà in tutto il mondo.
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“Dialoghi a Spoleto” sbarca a Roma, Melograni “Segno di ripartenza”
ROMA (ITALPRESS) – Dopo un anno di stop, causa Covid, “Dialoghi a Spoleto”, ideati e curati da Paola Severini Melograni, cambiano location e arrivano a Roma. Un viaggio di 100 km, dall’Umbria al Lazio, per approdare, il 20 ottobre, all’Accademia dei Lincei, con un programma ricco di incontri. “Il fatto che portiamo “Dialoghi a Spoleto” all’Accademia dei Lincei è un segno importantissimo di apertura, i Lincei sono il top, il massimo, e siamo riusciti a fare un’operazione importantissima”, dice all’Italpress Melograni. “Quella dei Lincei è la nostra accademia, e questa apertura al mondo femminile è essenziale, meravigliosa”, aggiunge. Al centro dell’iniziativa ci sono loro, le donne, l’empowerment femminile, e il tema di questo anno, è il rapporto tra donne e religione. “In tre edizioni abbiamo avuto 75 tra le donne più importanti al mondo, abbiamo fatto un grosso lavoro e raggiunto risultati importanti – aggiunge -. Quest’anno ci spostiamo da Spoleto a Roma portandoci l’idea e mantenendo il marchio. In questa edizione parleremo di quanto sia cambiata la religione, della grande apertura al mondo femminile, del rapporto tra le donne, la spiritualità e il potere”.
La giornata si aprirà con un’intervista video a Giosetta Fioroni, seguirà il panel “Donne, teologia, potere e spiritualità” con Irene Kajon, docente di Antropologia Filosofica (Roma La Sapienza), e di Pensiero e Religione ebraici (Pontificia Università Lateranense) Letizia Tomassone, pastora Chiesa Valdese di Firenze Lucia Vantini, presidente coordinamento Teologhe Italiane Shahrzand Housmand teologa iraniana, docente esperto linguistico di Persiano A La Sapienza Roma, docente di Studi Islamici Pontificia Università Gregoriana. Si affronteranno vari temi, dal “Gender gap, e questione di pari riconoscimento economico e sociale”, all’immagine della donna nelle fiction. Le conclusioni saranno affidate alla lettura ispirazionale di Sabina Ciuffini sul potere simbolico (e anche pratico) delle sante cattoliche siciliane: Agata (Catania), Rosalia (Palermo) e Lucia (Siracusa). È stata invitata la Presidente del Kosovo Vjosa Osmani. Melograni ha ricordato che in Italia “degli 800 mila alunni con cittadinanza non italiana almeno 300 mila provengono da paesi di religione musulmana e altre decine di migliaia provengono da famiglie che praticano religioni legate all’Islam. E’ indispensabile quindi aiutare queste famiglie ad integrarsi e soprattutto le bambine a trovare il loro posto nella società italiana. Il caso di Saman ha avuto molta attenzione mediatica, perché la ragazza è stata uccisa, ma ogni anno sono moltissime le adolescenti che perdiamo perché vengono obbligate a tornare nei paesi di origine per matrimoni combinati. Non dobbiamo mai dimenticare quante e quali sono le nazioni del mondo di religione islamica che hanno portato i loro figli a vivere qui”.
Non a caso la quarta edizione di “Dialoghi a Spoleto” è stata presentata a via Veneto presso l’antico bar Caffetteria Palombi, uno degli esercizi commerciali più antichi della via della “dolce vita”: “È stata un’idea della presidente dell’associazione “Via Veneto”, Elisabetta Calò, quella di legare la via della ‘Dolce Vita” alla nostra iniziativa, c’è un legame tra la dolce vita e l’immagine femminile, l’immagine dell’Italia che mangia bene, si veste bene, l’Italia del dopoguerra, del boom economico – ha concluso -, e noi siamo nell’Italia del dopoguerra, della ricostruzione, della ripartenza, il boom arriverà e dobbiamo valorizzare quello che abbiamo”.
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Le sculture a colori di “Cracking Art” ad Avezzano
AVEZZANO (ITALPRESS) – Dal 9 luglio al 3 ottobre, all’Aia dei Musei di Avezzano giungono le mastodontiche e coloratissime sculture animali firmate dal movimento artistico Cracking Art.
Con la mostra “Cracking Art. Sculture a colori”, la sede espositiva abruzzese si prepara a ospitare per la prima volta un evento unico nel suo genere, animandosi di creature del mondo animale singolari per colori ma anche per dimensioni e composizione.
Amatissime in tutto il mondo, infatti, le opere dei Crackers (così si definiscono gli artisti del collettivo) – traghettando il pubblico in un mondo onirico ma anche carico di significato etico – si caratterizzano non solo per i loro colori sgargianti e le dimensioni che vanno dal piccolo formato alle taglie XXL, ma anche per il loro processo di realizzazione in materiale sintetico che deriva dalla rigenerazione della plastica che, in questo modo, da materiale considerato usa e getta si fa arte.
La plastica, infatti, si trasforma e si rende mezzo di comunicazione: da semplice materiale di uso comune e sostanza potenzialmente nociva per l’ambiente, si modella divenendo elemento decorativo e fonte di ispirazione.
Con l’obiettivo di rendere l’arte fruibile al pubblico più vasto e contribuire al senso civico della società, la mostra – fenomeno d’arte contemporanea tra i più conosciuti a livello globale – è pensata e voluta gratuita, affinché possa essere alla portata di tutti non solo in termini di accessibilità, ma anche perché possa essere interiorizzata, stimolando le reazioni e l’attenzione del singolo e – allo stesso tempo – della collettività verso importanti tematiche di interesse sociale, come la salvaguardia dell’ambiente.
Con il patrocinio del Comune di Avezzano, la mostra “Cracking Art. Sculture a colori” – curata dal collettivo Cracking Art – è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta da Emmanuele F. M. Emanuele, ed è realizzata dalla Fondazione Cultura e Arte con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia, in collaborazione con l’Aia dei Musei.
«Sono lieto di aver portato ad Avezzano – presso una sede espositiva ancora poco nota rispetto alla sua bellezza, ma che merita sicuramente di essere conosciuta, e che la Fondazione intende contribuire a far diventare un nuovo polo di eccellenza per l’arte contemporanea – la mostra “Cracking Art”, in quanto ritengo che, con il suo forte messaggio ecologista, il tripudio di colori accesi e la rappresentazione in chiave “pop” degli animali, rappresenti un messaggio di ottimismo e positività, anche a livello simbolico, dopo il buio periodo della pandemia che abbiamo tutti vissuto. Come spesso ho avuto modo di affermare, infatti, considero l’arte profondamente lenitiva delle sofferenze psicologiche (non meno importanti di quelle fisiche), oltre che – ed in questo momento storico non è poco – attrattiva nei confronti del turismo che latita», ha commentato Emmanuele Emanuele.
«C’è un legame speciale – dichiara l’assessore al Turismo dell’amministrazione Di Pangrazio, Pierluigi Di Stefano – tra le sculture che potrete ammirare nella mostra Cracking Art e il luogo significativo in cui prenderà vita, l’Aia dei Musei.
Il movimento Cracking Art, con gli originalissimi animali colorati che invadono le città, lancia un messaggio chiaro: si può dare nuova vita alla plastica trasformandola in Arte! Si può, quindi, convertire un elemento nocivo in fonte di creatività e meraviglia. La mostra è un evento pop provocatorio, attuale, di livello internazionale ed espresso in un linguaggio che cattura.
Ad Avezzano, avrà una particolarità in più. Si troverà, infatti, inserita in un luogo che porta i segni più preziosi della nostra storia, della natura, della cultura, dei Marsi. Le rocce, le statue, le storie del Lago del Fucino che non c’è più, dialogheranno con opere moderne e capaci di catturare l’attenzione di tutti, giovanissimi compresi. Un’esposizione da vedere, da vivere e da raccontare».
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L’eutanasia irrompe a Cannes con “Tout s’est bien passé” di Ozon
CANNES (ITALPRESS) – La vita, l’amore e la morte: nella seconda giornata del 74mo Festival di Cannes è ancora di scena la Francia. Questa volta tocca a François Ozon che con “Tout s’est bien passé” segue la traccia già altre volte percorsa nel suo cinema bello e intelligente. Il tema è l’eutanasia e lo spunto – letterario ed esistenziale – viene da Emmanuèle Bernheim. Morta nel 2017 per una malattia incurabile, questa scrittrice e sceneggiatrice aveva raccontato nel suo omonimo libro la sua esperienza col padre André, un noto collezionista d’arte, che in vecchiaia, ormai costretto a letto dalla malattia, le aveva chiesto di aiutarlo a farla finita. Il libro doveva in un primo momento esser trasposto da Alain Cavalier, amico di lunga data della Bernheim, ma quando anche lei era morta, il grande regista francese si era fermato e aveva trasformato il progetto in un meraviglioso documentario intitolato “Être vivant et le savoir”, che avevamo visto proprio qui a Cannes nel 2019.
Sul progetto ci è tornato ora Ozon, che pure era stato il primo a essere contattato per una trasposizione dalla Bernheim, ma che aveva desistito: “Ero certo ne sarebbe venuto un film bellissimo, ma era una storia troppo personale e in quel momento della mia vita non riuscivo a immaginare come farla mia”. Era il 2013, in una fase della carriera di Ozon in cui il regista si confrontava con storie dalla vitalità piena e problematica (film come “Nella casa”, “Giovane e bella”, “Una nuova amica”) e probabilmente solo dopo aver trovato gli strumenti d’analisi di questioni sociali problematiche (si pensi a quel film perfetto che è “Grazie a Dio”) si è sentito in grado di riprendere la proposta della Bernheim e trarre un film da “Tout s’est bien passé”.
Il film si basa sulla presenza di un grande attore come André Dussolier, che interpreta André, l’85enne padre di Emmanuèle, affidata a Sophie Marceau: l’uomo è improvvisamente ricoverato in ospedale, la fibra è forte ma il male diagnosticato è incurabile, e quando chiede alla figlia di aiutarlo a morire, per la donna è un colpo duro ma anche una chiamata di responsabilità che non se la sente di ignorare. Il film ruota attorno alla scelta che Emmanuèle e sua sorella fanno di aiutare il padre in questo suo estremo desiderio: i contatti con l’associazione svizzera che sostiene chi chiede l’eutanasia, l’organizzazione del viaggio, l’opposizione di altri familiari, i sospetti della polizia. Ozon come sempre costruisce una narrazione che sa essere tanto fluida quanto sensibile, emotiva ma anche lucida nella scansione problematica delle questioni che tratta. André Dussolier gli è di grande aiuto, ma il peso del film sta tutto sulle spalle di quella straordinaria attrice (ma anche regista) che è Sophie Marceau. È lei, nelle sue dichiarazioni, ha dire le parole più chiare sul tema centrale del film: “Penso che l’eutanasia sia una scelta individuale. Dobbiamo considerare più seriamente il desiderio di morire, è parte del nostro cammino di vita. Non dobbiamo abbandonare le persone proprio prima che muoiano. Questa storia mi ha mostrato come si può morire con dignità anche in un paese dove è ancora illegale”.
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Carrà, applausi e commozione al corteo funebre
ROMA (ITALPRESS) – Da via Nemea, Roma nord, casa sua per quarant’anni, al Campidoglio, dove è stata accolta dalla sindaca Virginia Raggi e dove è stata allestita la camera ardente: un corteo funebre sui luoghi della carriera, accompagnato da lunghi applausi e commozione. Prima tappa l’Auditorium del Foro Italico, dove si svolgeva il suo fortunato programma tv Carramba che sorpresa. I colleghi della Rai hanno proposto che la struttura venga intitolata proprio a lei, e ad aspettarla la collega Milly Carlucci che qui conduce il programma tv Ballando con le Stelle: “Era la donna del sorriso, il suo modo di fare spettacolo era teso a creare emozione… ho il rimpianto di non averla avuta come ballerina a Ballando con le Stelle”. Ad accompagnare il feretro di Raffaella il regista e compagno per 17 anni Sergio Japino. La seconda tappa del corteo è stata via Teulada 66, sede degli Studi ai dei suoi esordi e dei tempi fortunati del programma Pronto Raffaella. Ad attendere il feretro una grande folla ed il giornalista Bruno Vespa che ha sottolineato come “la sua caratteristica era la piena umanità e non la ricordo mai senza un sorriso. E’ stata una grande soubrette ed una grande conduttrice”. Con lui anche Giancarlo Magalli, autore tv di Raffaella insieme a Gianni Boncompagni. Terza tappa il Teatro delle Vittorie, dove la Carrà ha lavorato in Milleluci, Canzonissima e con l’ultimo programma tv “A raccontare comincia tu”. Ad attenderla, insieme alle maestranze e alle persone che al Teatro delle Vittorie lavorano, anche tanti cittadini che le hanno dato un ultimo saluto, e Flavio Insinna, attore e conduttore che qui sta lavorando. Tra l’applauso dei dipendenti Rai e delle tante persone che si sono fermate a salutarla, la quarta tappa del corteo è stata viale Mazzini, sede Rai. Fabrizio Salini, amministratore delegato dell’azienda, ha ricordato come Carrà sia stata “un modello ed un punto di riferimento, questi valori che esprimeva sono i valori della Rai”. Anche il direttore di Rai 1 Stefano Coletta, emozionato e commosso, l’ha ricordata come “un condensato di vera allegria e vera vitalità”. Era puntualissima, ed ha portato in tv l’allegria, non aveva orpelli ed ha vissuto in una libertà etica molto profonda”. Si è unito al cordoglio Marcello Foa, presidente della RAI, in collegamento telefonico con Rai 1, parlando di “una tristezza e una commozione profonde e trasversali”. Venerdì mattina alle 12 i funerali nella chiesa di Santa Maria all’Ara Coeli.
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