MILANO (ITALPRESS) – «Se perdo mi sentirò ugualmente vincitrice perchè, diciamocelo, ma chi l’avrebbe detto che sarei arrivata fino a qui! Nella vita ho imparato a essere riconoscente perchè sono stata davvero privilegiata. Se vinco allora mi alzo, urlo, spero di non dire parolacce mentre mi scoppierà sicuramente il cuore. Però la cosa che più di tutte vorrò fare è tornare in Italia per stringere tra le braccia mia figlia. Forte. Anzi no, fortissimo». Laura Pausini si racconta in una intervista esclusiva a Vanity Fair alla vigilia della cerimonia di premiazione degli Oscar, ai quali è candidata nella categoria miglior canzone originale con Io sì (Seen). La cantante si esibirà sul palco dei premi dell’Academy con il brano presente nella colonna sonora del film La vita davanti a sè di Edoardo Ponti, che ha già vinto un Golden Globe. Nell’intervista del direttore di Vanity Fair Simone Marchetti, Laura Pausini racconta delle emozioni dell’attesa («Hollywood non fa altro che amplificare ancora di più l’ansia») e anche del dispiacere di separarsi dalla figlia Paola di otto anni: «Per motivi burocratici e di visti, purtroppo Paola non è potuta partire con me per Los Angeles. E’ la prima volta nella nostra vita insieme che staremo separate per più di due settimane. Saranno anche gli effetti della pandemia, ma ogni separazione da chi amo profondamente oggi mi fa male. Ormai mi conosco: mi aggrappo ai momenti felici per dare senso a tutto, anche a queste fragilità».
La cantante riflette sul senso della famiglia nella sua vita: «La famiglia è felicità. Felicità pura. La famiglia è sempre stata il mio punto fermo nelle vittorie e nelle sconfitte». E ancora: «Una cosa l’ho capita di sicuro: non posso sacrificare tutto alla carriera, al lavoro. Senza la musica non sono Laura. Ma senza la famiglia non sarei felice. E’ il dilemma di ogni madre che va risolto senza sensi di colpa e senza deliri di onnipotenza. Diciamo che senza musica non posso vivere. Ma con l’amore faccio una musica pazzesca».
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Oscar, Pausini “Se vinco mi alzo e urlo, spero niente parolacce”
Colapesce e Dimartino, “Musica leggerissima” è doppio platino
ROMA (ITALPRESS) – “Musica leggerissima” conquista, primo tra i brani sanremesi, il Doppio Disco Di Platino. Per celebrare la certificazione, Colapesce e Dimartino pubblicano una straordinaria collaborazione internazionale con il producer e dj italo/francese Cerrone che ha realizzato una versione inedita del brano “Musica leggerissima”. Un remix tutto da ballare, prodotto da una vera e propria icona della musica dance mondiale, vincitore di 5 Grammy Awards e di un Golden Globe come “Best producer of the year”. Cerrone è una delle leggende viventi della disco music con oltre 30 milioni di dischi venduti nel mondo; negli anni ’70 ha rivoluzionato il genere sintetizzando in un sound unico sperimentazione elettronica e disco music e marchiato a fuoco le notti di New York allo Studio 54 insieme a Andy Warhol e Jean Paul Gaultier, ispirando artisti come Daft Punk, Phoenix, Sèbastien Tellier e tutto il movimento french touch.
Un successo, quello di Colapesce e Dimartino, che si conferma settimana dopo settimana su tutte le classifiche di vendita, in radio e sul web. Sono, infatti, 6 le settimane consecutive in vetta alla classifica Earone dei brani più trasmessi dalle radio e 5 le settimane consecutive al n.1 della classifica FIMI dei singoli più venduti. Mentre su YouTube il video ufficiale (https://www.youtube.com/watch?v=Q7NjUxGMv7Y), diretto da Ground’s Oranges, ha superato i 33 milioni di visualizzazioni, confermandosi il videoclip più visto del Festival di Sanremo 2021. Quest’estate la coppia di cantautori rivelazione dell’anno sarà live nei principali festival e arene estive italiane. Il tour estivo, organizzato e prodotto da OTR Live, partirà il 9 luglio dal Festival Dei Due Mondi di Spoleto (PG) e proseguirà il 10 luglio all’Arena della Regina di Cattolica (RN), il 16 luglio al Luce Music Festival di Bitonto (BA), il 26 alla Cavea Autorium Parco della Musica di Roma, il 31 luglio al Parco dei Suoni di Riola Sardo (OR), il 28 agosto a Taormina con la data già sold out al Teatro Antico, il 3 settembre a Settembre Prato E’ Spettacolo di Prato e il 4 settembre al No Sound Fest di Servigliano (FM).
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Barbareschi arriva su Rai3 con “In barba a tutto”
ROMA (ITALPRESS) – Dice Luca Barbareschi che invecchiare fa bene, anche agli attori. Di certo il passare degli anni aiuta (anche) a smussare certe posizioni un tempo inconciliabili. Al punto da far arrivare lui, che non ha mai nascosto le sue idee politiche (per le quali, peraltro, ha militato nelle file del Pdl e di An), su Raitre, canale Rai storicamente collocato sul fronte opposto: «C’è distanza tra le tue posizioni e quelle della rete» gli ha detto sorridendo questa mattina, nella conferenza stampa di presentazione del suo nuovo programma “In barba a tutto” (da lunedì 19 aprile, in seconda serata) il direttore Franco Di Mare per spiegare il titolo al quale avevano pensato in un primo momento, “Mi voleva Guglielmi”. «E’ vero, non è la prima volta che mi cercano da Raitre. Angelo Guglielmi (lo storico direttore della rete, ndr) voleva che facessi qualcosa, anche se poi non se ne è fatto niente, come spesso accade». Insomma, è il sottotesto, se lo voleva “persino” Guglielmi, questo connubio si può fare. Ed eccolo qua: otto puntate in cui Barbareschi si propone di raccontare la realtà in modo diverso, lontano da quel politically correct che, gli va riconosciuto, non lo ha mai annoverato tra i suoi estimatori. «Viviamo in un periodo in cui c’è un delirio di politically correct, è una sorta di tumore che ci ha invaso. L’altro giorno mi sono arrivate le nuove regole degli Academy Awards: il mio film potrà partecipare se ci sarà il 30% di nani, il 30% di ciechi, transgender, omosessuali, lgbt. Penso che bisogna guardare le cose in maniera diversa, la vita, per fortuna, è molto più comica e più furba».
In ciascuna delle otto puntate, parola d’ordine rigorosamente “sense of humour”, Barbareschi proporrà tre temi, ognuno discusso con un ospite. Si comincia con “Scienza e romanticismo” con l’astrofisico Luca Perri; “Essere contro” con Morgan (con lui si parlerà, tra l’altro, dei Maneskin che «a Sanremo hanno detto le parolacce, avevano il sangue e l’anello al naso mentre ora che vanno all’Eurovision Song Contest hanno censurato le parolacce. Ci chiederemo, allora, cos’è davvero la trasgressione») e “Il mondo della lirica è maschilista” con Katia Ricciarelli. Non mancheranno la musica (con una band dal vivo) e, naturalmente, un pizzico di provocazione: «Altrimenti non sarei un attore – commenta Barbareschi – E’ ovvio che uno deve provocare un pò. Cercherò di farlo con intelligenza e rispetto. Se non provochi una reazione, questa non ci sarà mai. Ma – promette – sarà una provocazione rispettosa per gli ospiti». Tra i quali, peraltro, lui vorrebbe annoverare anche qualche figura istituzionale: «Mi piacere avere il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che l’estate scorsa è stato a casa mia, a Filicudi. E, poi, Luigi Di Maio, che mi sta molto simpatico, Marta Cartabia, Rino Formica e Paolo Cirino Pomicino».
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Venezia, Leone d’oro alla carriera a Roberto Benigni
ROMA (ITALPRESS) – E’ stato attribuito al regista, attore e sceneggiatore Roberto Benigni il Leone d’oro alla carriera della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, che ha fatto propria la proposta del direttore Alberto Barbera.
“Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine. E’ un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia”, ha detto Roberto Benigni nell’accettare la proposta.
A proposito del riconoscimento, il direttore Alberto Barbera ha sottolineato come “sin dai suoi esordi, avvenuti all’insegna di una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni, Roberto Benigni si è imposto nel panorama dello spettacolo italiano come una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali. Alternando le sue apparizioni su palcoscenici teatrali, set cinematografici e studi televisivi con risultati di volta in volta sorprendenti, si è imposto in tutti in virtù della sua esuberanza e irruenza, della generosità con cui si concede al pubblico e della gioiosità appassionata che costituisce la cifra forse più originale delle sue creazioni. Pochi artisti hanno saputo come lui fondere la sua comicità esplosiva, spesso accompagnata da una satira dissacrante, a mirabili doti d’interprete, nonchè di avvincente e raffinato esegeta letterario”, ha concluso.
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Arriva “Nostralgia”, il nuovo album di Coma_Cose
“Ci fa ridere essere paragonati ad Al Bano e Romina Power: magari avere una carriera longeva come la loro e anche i successi in Russia; non è un peso per noi questo paragone, perché quando ti esponi è giusto tutto quello che arriva e se questo fa simpatia alla gente a noi fa piacere che sia così”. Così Fausto ‘Lama’ Zanardelli dei Coma_Cose, presentando il nuovo album “Nostralgia” in arrivo il 16 aprile. “Il titolo racchiude il concetto dell’album: la nostra nostalgia – ha osservato California, l’altra metà della band – Il disco racconta le nostre storie prima che ci conoscessimo, la vita ci è stata negata in quest’ultimo anno, come a tutti: siamo andati a scavare indietro nel tempo con gli occhi del presente, un disco un po’ diverso che si discosta dal passato. ‘Nostralgia’ è un mondo di significati che affiorano da un passato che brucia ancora. È una fotografia che immortala il cambiamento di una vita sempre in viaggio”. I Coma_Cose sono Fausto ‘Lama’ Zanardelli e Francesca ‘California’ Mesiano, una coppia prima nella vita e poi nella musica, che mischia vissuto e gusto sonoro urbano a una poetica cantautorale: un duo nato nel 2016 ma che il grande pubblico ha conosciuto solo all’ultimo festival di Sanremo. “Sanremo è stata una esperienza importante per noi – ha confessato Fausto – La canzone è stata accolta bene dal pubblico e dalle radio; noi ci credevamo tanto e abbiamo combattuto per portarla a Sanremo perché ci avevano chiesto”. L’album è un viaggio alla scoperta di ambientazioni e temi nuovi, tradizionalmente assenti o trascurati dalla musica leggera. “È un concentrato di sei canzoni, un disco così breve per scelta che è una necessità narrativa, è un po’ vintage – ha ammesso Fausto – È un disco un po’ sospeso che capita in un momento particolare ma che non parla dell’anno trascorso: in esso c’è una fragilità da salvaguardare e ogni canzone è un viaggio a se stante anche se c’è il filo conduttore”. I Coma_Cose sono espressione del genere indie alternativo alla musica leggera. “L’indie ha un po’ cambiato la sua essenza negli ultimi anni – ha affermato Francesca – Non è più quello di prima perché si è molto affievolito e, fortunatamente, questo divario si sta assottigliando”. Ora sono in attesa della ripresa dei concerti per far conoscere la loro storia musicale. “Stiamo aspettando delle risposte certe – ha sospirato Francesca – Qualche data ci sarà: non abbiamo ancora preparato il live, ma lo faremo al più presto e ci faremo trovare pronti”. “Ci manca tanto andare a vederli i concerti, oltre che a farli – ha aggiunto Fausto – Siamo arrabbiati per quello che sta succedendo e per come è stata trattata la musica: troviamo ambiguo che in altri luoghi ci si possa andare e dove si fa musica no, con tutte le restrizioni possibili ma aspettiamo che cambi qualcosa”. Significativa la copertina in cui sono raffigurati due bambini. “É una promessa di rimanere integri e puri, un linguaggio futuristico che racchiude un mondo di significati che affiorano da un passato che brucia ancora”, chiosa Fausto.
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Riaperture, Mogol “Per sport e cultura le regole siano uguali”
ROMA (ITALPRESS) – “Sono completamente d’accordo con quanto dichiarato dal Ministro Dario Franceschini in merito alla eventuale autorizzazione alla presenza del pubblico negli eventi sportivi. Se si apre al mondo dello sport si deve aprire, negli stadi o in spazi analoghi, anche agli eventi culturali e spettacolistici, chiaramente sempre nel rispetto delle stesse modalità di sicurezza adottate per contrastare la diffusione del Coronavirus”. Lo afferma in una nota il presidente della SIAE Giulio Rapetti Mogol.
In relazione alle notizie di stampa apparse stamattina riguardo a una differenziazione tra la presenza del pubblico negli eventi sportivi e in quelli culturali, il ministero della Cultura aveva infatti precisato che “sia nell’audizione di lunedì sia nelle proposte inviate ieri al Cts, il ministro Franceschini ha chiesto che, nel caso in cui si dovessero autorizzare eventi sportivi con pubblico, le stesse regole dovrebbero riguardare i concerti e gli spettacoli negli stadi o in spazi analoghi”.
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Da Tim e Raiplay docu-serie per raccontare l’Italia digitale
Sei un artigiano, un insegnante, un commerciante, un artista e hai visto la tua vita cambiare durante la pandemia grazie alle opportunità offerte dalla rete? Potresti diventare un esempio per tanti altri italiani. Per questo Tim e RaiPlay ti invitano a raccontare la tua storia che potrebbe diventare una delle otto protagoniste di “Tutto è possibile – Storie di Risorgimento Digitali”, disponibile su RaiPlay a partire dal prossimo autunno. Ma andiamo per ordine perché alla base dell’iniziativa c’è un progetto che risale a ben prima dell’arrivo del Covid-19 e che, con grande soddisfazione dei diretti interessati, va esattamente nella direzione richiesta dal presidente del Consiglio Mario Draghi di una trasformazione digitale del Paese. Il progetto in questione è l’”Operazione Risorgimento Digitale” che Tim ha avviato già dalla fine del 2019. “Ho capito subito quanto questo progetto fosse importante – spiega il presidente di Tim Salvatore Rossi – La Commissione Europea ha certificato quanto la popolazione italiana sia indietro nel possesso delle competenze digitali minime per presentarsi nel novero dei Paesi avanzati. Siamo al 25° posto su 28 Paesi. Era, dunque, necessario fare qualcosa per innalzare il livello di conoscenza e di competenza digitale del popolo italiano”. L’operazione prevedeva, e così è accaduto nei primi mesi, che “dei camion girassero nelle medie città italiane, parcheggiassero nella piazza centrale, aprissero gli sportelli e offrissero consulenza e corsi ai cittadini desiderosi di imparare i rudimenti del digitale, a partire da come si accende un pc perché molte persone non sono in grado di farlo”. Dopo l’arrivo a Marsala e le prime tappe nelle città siciliane però, ricorda Rossi, è iniziata l’emergenza Covid: “Ci siamo interrogati sul da farsi e abbiamo capito che si poteva far diventare quel giro virtuale. Mai idea fu più produttiva, probabilmente abbiamo avuto più successo di quanto ne avremmo avuto in presenza. Oltre un milione gli italiani che sono stati coinvolti in un’iniziativa in cui Tima ora fa solo da capofila, perché abbiamo avuto l’adesione di più di quaranta partners, tutti con a cuore che tutta la popolazione sappia maneggiare i devices moderni”. In questa operazione Tim ha incontrato Rai, protagonista negli anni Cinquanta di un’altra alfabetizzazione affidata al mitico maestro Manzi: “Quel tentativo è ben riuscito, ormai tutti sanno leggere e scrivere. Ora il nuovo alfabeto è digitale ed è fondamentale tanto quanto l’altro”. Da questa constatazione è nato il progetto della docu-serie, ideata da Riccardo Luna: “Siamo partiti da una domanda molto semplice: come sarebbe stata la nostra vita nella pandemia senza internet? Internet è stato un formidabile strumento di resilienza. Abbiamo potuto continuare a studiare, lavorare, tenerci in contatto. E la pandemia, in questi terribile anno, è stato il più grande acceleratore per una trasformazione digitale, siamo stati costretti a prendere confidenza con cose che prima non facevamo”. Per molti, aggiunge il giornalista, “il digitale è stato anche un modo per reinventarsi e noi stiamo cercando proprio quelle storie lì per la nostra docu-serie. Di piccole storie ne abbiamo lette a migliaia, la scommessa è trovarne di bellissime, trovare qualcuno che abbia fatto qualcosa di davvero significativo. Oggi lanciamo il contest, gli italiani hanno due settimane di tempo per mandarci le loro storie”. Il partner ideale per parlare a una platea così vasta non poteva che essere la Rai: “Saranno otto puntate da 25 minuti l’una, ciascuna dedicata a una storia. Stiamo decidendo con Riccardo Luna e Rai Pubblicità chi ne sarà il regista”, anticipa Elena Capparelli, direttrice RaiPlay e Digital. “Oggi – aggiunge -abbiamo 19 milioni di utenti registrati su RaiPlay, un piccolo contributo all’alfabetizzazione digitale quindi lo abbiamo dato anche noi e vogliamo continuare a darlo. Vogliamo essere complementari alla Rai e fare innovazione attraverso una docu-serie è una grande opportunità”. A proposito di opportunità, Andrea Laudadio, responsabile Tim Academy & Development sottolinea come spesso le persone siano “spaventate dalla digitalizzazione e ne sottovalutino l’importanza. Per questo, con Riccardo Luna, abbiamo pensato di dare alle persone esempi positivi che possano ispirare gli altri a mettersi in gioco”. Così come, appunto, hanno fatto molti durante la pandemia, utilizzando anche le risorse messe a disposizione da Tim: “Come Risorgimento Digitale nella prima fase della pandemia abbiamo donato telefoni e tablet agli ospedali perché i pazienti in isolamento potessero interagire con i familiari. Lo stesso abbiamo fatto nelle carceri”. Tutte le info per candidarsi, dal 13 al 26 aprile, a diventare protagonisti della docu-serie sono disponibili sul sito Operazione Risorgimento Digitale. Ogni episodio si aprirà con un viaggio e l’incontro con il protagonista; da qui il racconto della storia e la scoperta di come è cambiata la vita e come la tecnologia ha rappresentato una concreta opportunità di crescita non solo del protagonista ma anche del suo mondo di riferimento. Al termine di ogni puntata il protagonista donerà un oggetto rappresentativo della sua impresa del cambiamento, che andrà ad arricchire la collezione.
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Libri, Enrica Roddolo racconta “Filippo and the Queen”
Un principe nato senza più un regno, carico di titoli, cresciuto vagabondo tra Francia e Regno Unito. Un cugino di Elisabetta (la madre era nata a Windsor nel 1885 sotto gli occhi della regina Vittoria) che della principessa poi regina nel 1952, è stato l’amore di una vita. Una roccia, un baluardo, un’ancora. Una vita al fianco della regina, sul trono più ammirato e osservato al mondo. Ma anche una famiglia costretta a lasciare la Grecia, una madre fragile, e il desiderio di lasciare il segno. La seconda guerra mondiale, la carriera in Marina e da principe consorte l’ambizione di trovare un ruolo, un’utilità per il Paese e la sua Elisabetta. Così Filippo scomparso a Windsor ieri 9 aprile e che adesso Londra si prepara a ricordare, è stato il protagonista di un’avventura umana – la sua, a Buckingham Palace – intensa e ricca di colpi di scena. Un’avventura che Enrica Roddolo, firma del Corriere della Sera, autrice di molti saggi storici sui Windsor, adesso ripercorre con interviste esclusive, fonti di prima mano e risvolti inediti, nel nuovo libro “Filippo and the Queen” in uscita ad aprile per Cairo Libri. Nel 2020 aveva mandato in libreria “I Segreti di Buckingham Palace”, tre edizioni in pochi mesi. “La conferma che c’è oggi curiosità per personalità forti, come quella della regina ma anche del principe Filippo capaci di affrontare il mondo con coraggio, costanza e resilienza: una vita avventurosa degna di un romanzo di James Bond. E la sua second opinion, il suo parere senza veli e senza remore, al quale sempre la regina si è affidata in questi anni, mancherà adesso alla sovrana immensamente”, spiega Roddolo. E continua: “Una cosa la pandemia ha concesso a Filippo e alla sua regina di riprendersi la loro privacy e la loro vita chiusi per mesi – in solitudine – nel castello di Windsor. Con una lunga parentesi a due, a Sandringham, nell’autunno 2020. Era dai tempi di Malta, quando vissero il periodo più spensierato del loro rapporto di coppia, che non trascorrevano tanti mesi assieme, e da soli. Un regalo insperato al tramonto della vita, un’ultima luna di miele, prima della fine ”. Raccontare Filippo ed Elisabetta che hanno attraversato la pandemia – chiusi nella bolla distanziata di Windsor finché il destino non ha rubato al duca di Edimburgo il traguardo del secolo tondo di vita – “è raccontare la resilienza, il senso del dovere, la determinazione di tante coppie, come la loro, che hanno affrontato questo tempo lontane dagli affetti della famiglia. Chiuse non in un palazzo, ma in una casa, eppure egualmente determinate a resistere alle avversità. Di certo Filippo – dal 2017 ritiratosi a vita privata, giorni spesso trascorsi a Wood Farm nella tenuta di Sandringham scrivendo, dipingendo e dedicandosi a qualche giro per il parco sul calesse – non ha mai amato perdersi troppo in festeggiamenti, lui era uomo d’azione, “he is a dynamo” disse la cugina Patricia Mountbatten. Un principe con energia e voglia di modernizzare la Corona del quale adesso il mondo già sente nostalgia”.
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