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Spettacoli

JOVANOTTI “MONDO AMBIENTALISTA INQUINATO”

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Jovanotti attacca il mondo ambientalista dopo  le polemiche che hanno accompagnato il suo tour estivo.
“Non mi sarei mai aspettato – scrive su facebook – nonostante non sia un ingenuo rispetto a questo genere di cose, che il mondo dell’associazionismo ambientalista fosse così pieno di veleni, divisioni, inimicizie, improvvisazione, ciarltroneria, sgambetti tra associazioni, protagonismo narcisista, tentativi di mettersi in evidenza gettando discredito su tutto e su tutti, diffondendo notizie false, approfittando della poca abitudine al “fact checking “ di molte testate. Il mondo dell’ambientalismo è più inquinato della scarico della fogna di Nuova Delhi!”.
“Io ogni giorno da novembre scorso mi confronto, e con me i responsabili della produzione – prosegue – con il Wwf e chiediamo a loro se le cose che girano in rete sono credibili e la riposta è sempre stata, dopo ogni verifica fatta, che non lo sono. C’era una criticità (non accertata pienamente, diciamo un rischio di criticità) sulla spiaggia di Ladispoli e ci siamo spostati. Le altre spiagge dove Jova Beach Party ha portato gioia, messaggi seri sui comportanti adottabili da subito per ridurre il proprio impatto ambientale, amore, cultura, economia, goduria, coraggio, spirito avventuroso e originalità sono tutte spiagge dove ci vanno le persone per tutto l’anno e tutta l’estate, luoghi popolari, spesso affollati. Ci siamo presi cura di ogni aspetto legato alla tutela dell’ambiente investendo più delle risorse disponibili, e ci siamo sottratti alla spocchia pelosa di molti farabutti che dietro alla maschera dell’ambientalismo nascondono ansia di protagonismo quando non disonesta ricerca di incarichi ben pagati con denaro pubblico o donazioni di gente raggirata con false immagini a effetto, ripeto: false,taroccate, inventate, decontestualizzate, drammatizzate ad arte. Pensate che in una spiaggia una delle tante denunce preventive che abbiamo avuto sosteneva che avremmo danneggiato una specie floreale e allegava foto specifiche che poi si sono rivelate essere fiori che crescono nel sud del Pacifico, fiori che nel mediterraneo non esistono neanche dal fioraio. Hanno detto bugie a raffica, ogni giorno taggando me per sbracciarsi nella folla dei social per un follower in più”.

A VENEZIA ARRIVA MARTIN EDEN CON LUCA MARINELLI

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Un viaggio nel Novecento, seguendo l’idea – forse un’utopia – che l’arte liberi la mente, o meglio l’Uomo. E’ questo il “Martin Eden” con Luca Marinelli che Pietro Marcello porta a Venezia 76 come secondo film italiano della competizione. La matrice è il grande romanzo di formazione di Jack London, opera trasversalmente autobiografica che Marcello adotta sostanzialmente con l’intento di fare un ideale autoritratto d’artista. Sì, insomma, “Martin Eden” c’est moi verrebbe voglia di dire, nella misura in cui questo giovane maestro del nostro cinema è un’anima bruciata dal sacro fuoco dell’arte, che è sapere e volontà di vita, traccia ideale di un cambiamento che prende forma nella realtà: “Martin Eden racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato con la cultura incontrata non in famiglia, o a scuola, ma lungo la strada”, dice il regista, “è il romanzo degli autodidatti e di chi ha creduto nella cultura come strumento di emancipazione, restandone in parte deluso”.

Le pagine di Jack London sono un classico, la storia di un giovane marinaio che un atto di eroismo porta nella casa di una famiglia borghese e qui incontra l’amore: quello per la bella Elena e, di riflesso, l’amore per i libri, le parole, il sapere, la cultura, tutto ciò di cui quella splendida ragazza è una sorta di sacerdotessa. Per suo amore Martin decide di voler diventare uno scrittore e si impegna con tutta la sua ferrea volontà per ottenere il suo scopo. Una lotta contro un mondo che lo vuole tenere ai margini, lo condanna a essere povero e quindi ignorante, lo guarda con sospetto sia dal basso dei suoi compagni di misera vita che dall’alto di quella società borghese che lo considera un esaltato, un visionario. Lui trova i libri dai rigattieri, li legge, inizia a scrivere, prima a mano e poi a macchina, imbusta i manoscritti dei suoi racconti e li spedisce a ogni editore, vedendoseli puntualmente restituire. Mentre la sua Elena lo incoraggia con moderazione, lo sostiene nel suo intento, ricambia il suo amore nonostante le perplessità della pur indulgente famiglia, dice che lo aspetterà quei due anni che Martin s’è dato per ottenere il successo come scrittore.
Luca Marinelli si fa carico con forza e decisione  di questo umanista visionario nato dal basso, incarnandone la presenza veemente, intransigente, scolpita forse più nella tensione ideale voluta dal regista che non in quella febbricitante passione sentimentale e intellettuale che appartiene al personaggio creato da Jack London. Pietro Marcello struttura il racconto come un corpo cinematografico trasparente, disincarnato in un’epoca storica che attraversa tutto il Novecento e tiene insieme più fasi, differenti pulsioni sociali. Così come smaterializza la California del romanzo in una Napoli eterna nella sua miseria e libertà, trovata tra vecchi palazzi, vicoli, periferie e campi. Pietro Marcello non rinuncia alla costruzione del suo linguaggio segnato da inserti di repertorio, contaminazioni quasi astratte, musica popolare. La sua visione del Martin Eden è anche una visione del confronto tra il sapere di una borghesia che cerca di liberare gli sfruttati e la ricerca di consapevolezza storica e sociale di chi sfruttato lo è da sempre. Il dialogo tra posizioni filosofiche è lo scontro tra un giovane visionario che vede solo nella cultura conquistata dal basso lo spazio per la liberazione dell’Uomo e le posizioni di chi vorrebbe insegnare ai poveri a migliorare la loro miseria senza liberarsi davvero.  Il film è potente, intransigente ma affascinante e può trovare la via di un dialogo concreto con il pubblico. Si indebolisce un po’ nella parte finale, quando Martin raggiunge il successo e diventa una sorta di dannato della fama che brucia il suo stesso mito. Ma resta il ritratto di un personaggio forte e paradigmatico, un’icona della pulsione del sapere contrapposta al vuoto dominante. In tempi come questi, un santo della consapevolezza che può dire ancora molto al nostro presente.

A VENEZIA “GUEST OF HONOUR” DI ATOM EGOYAN

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C’è il solito reticolo di sensi di colpa, relazioni ambigue, segreti svelati e turbamenti sedimentati al centro del nuovo film di Atom Egoyan, “Guest Of Honour”, presentato oggi in competizione a Venezia 76. Il regista canadese non smentisce la sua linea espressiva e tematica, quella che dai tempi di “Il dolce domani” e “Il viaggio di Felicia” ha dettato la linea alla sua drammaturgia sensibile e profonda. Questa volta c’è una storia legata al rapporto affettivo complesso tra un padre e una figlia: lui è Jim (David Thewlis), un ispettore sanitario che ha visto morire l’amata moglie per un male incurabile, lei è Veronica (Laysla de Oliveira), insegnante di musica che ha visto spezzare la sua vita dagli anni trascorsi in prigione per un crimine che forse non ha davvero commesso, ma di cui s’è fatta comunque carico volontariamente. Il film inizia sui preparativi del funerale di Jim, anch’egli infine morto di cancro, e ne ricostruisce la storia ascoltando il racconto che Veronica fa al sacerdote che dovrà celebrare il funerale. La prospettiva è dunque quella dei ricordi, ovvero della traccia lasciata dagli eventi passati nel presente dei protagonisti, come sempre accade nel cinema di Egoyan.

Scopriamo così che Veronica ha nutrito in cuor suo la convinzione che il padre tradisse la madre malata con la sua insegnante di piano, ma allo stesso tempo la ragazza porta in sé il senso di colpa per non aver salvato la sua insegnante morta durante un incendio domestico di cui la bimba era stata testimone. Ma non è tutto, dal momento che nel dramma di Veronica, indagato negli ultimi anni da Jim, c’è anche il suicidio del suo fidanzato e una tresca con un suo studente, innescata da un autista di scuolabus geloso di lei.. Insomma, un intreccio di passioni e colpevolezze nella cui costruzione Egoyan si muove con  fluidità e ragionevolezza, cercando il bandolo della matassa psicologica e offrendo allo spettatore una sfaccettatura nei punti di vista e di valutazione che resta il punto di forza del suo cinema. In tutto questo David Thewlis dà prova di grande maturità, mentre la giovane e bella Laysla de Oliveira si impone per naturalezza e luminosità scenica.

 

FERRAGNI E FEDEZ SBARCANO A VENEZIA

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Chiaraferragnineverstop: nemmeno la Mostra del Cinema resiste al richiamo dell’hashtag più importante nel mondo della moda e presenta nella sezione Sconfini il documentario realizzato su di lei da Elisa Amoruso, “Chiara Ferragni – Unposted”. Grande attesa, ovviamente, per questo evento mediatico che la kermesse veneziana si concede per rompere il suo tono austero. Fotografatissima al suo arrivo al Lido assieme al suo compagno Fedez, la Ferragni e il suo universo sono raccontati in questo documentario per quel fenomeno mediatico globale che effettivamente è: un ritratto con interviste a giornalisti, sociologi, scrittori, docenti universitari, che ripercorre la carriera di questa influencer 32enne che raggiunge la bellezza di 17 milioni di follower in tutto il mondo ed è ormai un modello seguitissimo per quanto riguarda il gusto. “Chiara Ferragni non è solo un simbolo che incarna i nostri tempi” dice la regista Elisa Amoruso, “ma è anche la persona che sta dietro al suo personaggio, con le sue fragilità e le sue radici, che probabilmente sono la chiave per capire l’essenza del suo successo”.

Ormai a capo della società che porta il suo nome, Chiara Ferragni deve la sua fortuna ai “like” di Facebook e comunica attraverso i post di Twitter e il documentario si interroga proprio sul ruolo potente che i social hanno nella definizione del successo di questa donna. Ma attraverso il suo ritratto viene fuori anche la domanda sulle reali aspettative delle tantissime ragazze che sognano di diventare come lei: “Un successo in un mondo, quello dei social, che non ha leggi, ma è universale e che ha ancora bisogno di essere studiato per trovare una chiave di lettura del nostro presente e del nostro futuro”, sottolinea la regista. Il film, che esce con l’approvazione e il sostanziale final cut della Ferragni, si sforza di capire il segreto di questo successo senza giudicare, affidandosi alle testimonianze di personaggi noti e di studiosi, utilizzando una forma narrativa varia, che intreccia le interviste dirette alle scene in cui si raccontano momenti significativi della sua vita.

Non mancano materiali di repertorio desunti dai social, Instagram in particolare. Insomma un momento molto atteso alla Mostra del Cinema, che sta accendendo il pubblico più giovane e curioso del Lido e sta creato una grandissima attesa per l’esclusivissimo party che seguirà la proiezione di questa sera. Per l’occasione Chiara Ferragni ha anche aperto su Instagram una bacheca dedicata al film. Co-prodotto da RaiCinema, “Chiara Ferragni – Unposted” uscirà nelle sale in una finestra speciale di tre giorni, dal 17 al 19 settembre prossimi.

A VENEZIA LA MAFIA SECONDO MARESCO CHE DISERTA IL LIDO

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“La mafia non è più quella di una volta” ma Franco Maresco sì. E infatti tiene fede al suo personaggio, dando immancabilmente forfait sul Lido di Venezia 76 all’attesissima presentazione in Concorso del suo nuovo film. Non è cosa nuova, anzi si potrebbe dire che era un’assenza annunciata, scritta nella tradizionale indisponibilità del regista palermitano a prendere parte di persona alla kermesse alla quale pure deve non poco. Già nel 2014 non aveva ritirato il premio che gli era stato attribuito nella sezione Orizzonti per “Belluscone. Una storia siciliana” e alla stessa maniera oggi non si è presentato al Lido per accompagnare “La mafia non è più quella di una volta”, che ne è sostanzialmente il seguito a cinque anni di distanza. Risultato: conferenza stampa cancellata e tante domande dei giornalisti italiani e soprattutto stranieri rimaste senza risposta, a fronte del caloroso applauso che ha accolto la proiezione del film. Fa parte del personaggio ed è posizione comprensibile, anche se va detto che proprio per la natura particolarmente ironica e interlocutoria di questo suo nuovo film, un confronto con il pubblico e la stampa da parte di Maresco non sarebbe stato certo occasione inutile.  

 
Eccoci dunque di nuovo a Palermo, alle prese con la ricaduta sociale più bassa della questione mafiosa: la domanda che Franco Maresco si pone verte su cosa sia rimasto della testimonianza di Falcone e Borsellino a 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. Ma non si tratta di riflettere sul lascito morale e sociale della loro coraggiosa e tragica parabola, quanto sull’eredità raccolta dalla gente qualunque, dai palermitani comuni, quelli che vivono per le strade e in quartieri come il famigerato ZEN. Sempre che un’eredità ci sia, si chiede il regista… E per rispondere alla domanda si fa accompagnare da due guide ben differenti: da una parte c’è Letizia Battaglia, l’ottantenne e ancora combattiva fotografa che da sempre punta il suo obiettivo sulla piaga mafiosa, dall’altra c’è il “mitico” Ciccio Mara, surreale impresario palermitano che organizza spettacoli popolari di neomelodici, già protagonista di “Belluscone”. Franco Maresco si affida a loro per muoversi nelle strade della sua città e capire perché i palermitani ancora oggi rifiutano di parlare e di pronunciare parole chiare e nette contro la Mafia. Letizia Battaglia cerca di opporre l’ottimismo all’ironia e al disincanto di Maresco, ma è costretta ad arrendersi alla realtà dei fatti, quando si trova davanti alla volgarità delle celebrazioni cittadine in ricordo dei 25 anni del sacrificio di Falcone e Borsellino: quasi una sagra strapaesana, dove la dignità della memoria e della denuncia lascia il posto a canti, balli, cortei festanti di ragazzini, discorsi ufficiali assurdi e quasi decontestualizzati. E allora cosa resta da fare a Maresco se non evocare di nuovo lo spettro surreale del protagonista di “Belluscone”? Ecco dunque che entra in scena Ciccio Mira, organizzatore di feste di piazza, alle prese con il suo incredibile progetto di organizzare nel cuore del quartiere ZEN 2 uno spettacolo intitolato “Neomelodici per Falcone e Borsellino”: Maresco come al solito suo lo segue, lo istiga, lo spinge a spiegarsi, a dire parole di condanna della Mafia e lui che glissa, evita, nega, in un duetto patetico e divertente che è la cifra narrativa e stilistica di Maresco sin dai tempi di Cinico TV formata con Daniele Ciprì. Gli artisti di Ciccio Mira, uno più improbabile e ridicolo dell’altro, non fanno di meglio: avvicinati durante le prove non si sbilanciano, si barricano dietro no comment smozzicati, girano alla larga. Lo spettacolo va in scena, il quartiere guarda con sospetto il palco, pochi spettatori si avvicinano, nessuno dà forma a commenti negativi contro la Mafia, tutto si conclude nella farsa che è sin da principio, messa in scena dal regista con provocatoria ironia. Maresco però non si ferma, si spinge anche nel day after dell’evento e continua a pedinare Ciccio Mira, arrivando a tirare in ballo lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cui famiglia, rivela provocatoriamente il regista, conosceva quella dei Mira e frequentava gli spettacoli del cinema in cui il padre di Ciccio lavorava come caposala… Un cartoon aiuta a rievocare i fatti che portarono a questi ingressi di favore: sostanzialmente un modo per ringraziare la famiglia Mattarella per non aver accettato il risarcimento dei danni causati alla loro villa dal padre di Ciccio Mira al volante della sua auto. Gioco provocatorio estremo di questo provocatorio documentario in cui Maresco insiste a istigare reazioni, mostrare la faccia surreale della mafiosità, giocare con personaggi ambigui nella loro verità o finzione. La mafia non sarà più quella di una volta, ma il cinema di Franco Maresco sì.

MISS ITALIA, VINCE CAROLINA STRAMARE

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Carolina Stramare è Miss Italia 2019. La ventenne di Vigevano (PV), è la vincitrice dell’edizione numero 80 del Concorso. È stata eletta in diretta su Rai 1, nella trasmissione condotta da Alessandro Greco dal PalaInvent di Jesolo, con il 36% delle preferenze.

In finale con il numero 3, Carolina è nata a Genova il 27 gennaio 1999. Alta 1,79, occhi verdi e capelli castani, è diplomata al liceo linguistico, frequenta un corso di formazione grafica e progettistica all’Accademia di Belle Arti di Sanremo. Lavora come modella e pratica equitazione a livello agonistico.

Carolina ha vinto ‘in rimonta’: eliminata in un primo momento dal televoto è stata poi ripescata dalla giuria presieduta da Gina Lollobrigida.

Seconda classificata la siciliana Serena Petralia, 20 anni, da Taormina. Aveva conquistato il titolo di Miss Sicilia a Noto, ereditando la corona che nella scorsa edizione fu della messinese Elisabetta Lucchese.

Terza la veneta di origini cingalesi Sevmi Fernando, in gara con il numero 62.

Con Carolina Stramare, la Lombardia conquista il titolo per l’undicesima volta nella storia del Concorso. Ultima prima di lei Rosangela Bessi, che aveva conquistato la fascia 29 anni fa, nel 1990. Assieme alla Sicilia la Lombardia è la Regione che ha collezionato il maggior numero di titoli.

Seguono il Lazio con 10, il Veneto con 6, il Friuli e la Calabria con 5, il Piemonte, la Toscana e le Marche con 4, la Campania con 3, l’Emilia Romagna, la Liguria, la Sardegna e l’Umbria con 2, la Puglia e l’Abruzzo con una sola miss.

VENEZIA 76, IL LEONE D’ORO A “JOKER”

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Il Leone d’Oro per il Miglior Film alla 76^ Mostra del Cinema di Venezia è andato a “Joker” dello statunitense Todd Phillips. Il personaggio della DC Comics, nemesi perfetta di Batman, è interpretato da Joaquin Phoenix.

La Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile è andata a Luca Marinelli, per “Martin Eden”, quella per la miglior interpretazione femminile alla francese alla francese Ariane Ascaride (“Gloria Mundi”).

Il Leone d’Argent-Gran Premio della Giuria è stato assegnato a “J’accuse” di Roman Polanski.

Il Premio Speciale della Giuria è andato a “La mafia non è più quella di una volta” di Franco Maresco.

“Jack London ha creato la straordinaria figura di Martin Eden, un marinaio, quindi dedico questo premio a tutti i marinai e tutti coloro in mare salvano altri esseri umani che fuggono da situazioni inimmaginabili, e che ci evitano di fare una figura pessima con il prossimo. Viva l’umanità e viva l’amore”, ha detto Marinelli dopo aver ricevuto la Coppa Volpi.

IL RE LEONE PRIMO INCASSO IN ITALIA NEL 2019

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Il Re Leone, il nuovo lungometraggio Disney diretto da Jon Favreau, conquista il box office italiano e batte una serie di record nel nostro Paese: Il Re Leone è il primo incasso dell’anno e il primo incasso di sempre nella storia di Disney Italia (ha superato Avengers: Endgame e Alice in Wonderland). Nei cinema italiani dal 21 agosto, Il Re Leone ha totalizzato ad oggi 32.921.666 di euro superando, anche come numero di presenze in sala, il successo mondiale di Marvel Studios Avengers: Endgame.
Dopo pochi giorni dall’uscita nelle sale italiane, Il Re Leone vantava già una serie di record sul territorio: miglior opening di tutti i tempi per un lungometraggio Disney (a esclusione dei film Marvel Studios), secondo miglior opening fra tutti i film distribuiti da Disney Italia, dopo Avengers: Endgame, miglior opening di agosto di tutti i tempi.