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Spettacoli

A CANNES STEFANO SAVONA CON “SAMOUNI ROAD”

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La periferia di Gaza, uno spazio rurale, gli ulivi abbattuti, le macerie delle case, il poco che è sopravvissuto di un villaggio in cui nel gennaio del 2009 le truppe di terra israeliane avevano portato un attacco, distruggendo case e uccidendo civili, padri di famiglia ma soprattutto donne e bambini. E’ questa la storia che racconta Stefano Savona in “Samouni Road”, il documentario di creazione presentato oggi alla Quinzaine des Realisateurs, in coproduzione franco-italiana. Savona è un palermitano di stanza a Parigi e con passaporto internazionale, che lo ha portato spesso in Medio Oriente, dove ha girato gran parte delle sue opere, da “Carnets d’un combattant kurde” a “Tahrir” e soprattutto “Piombo fuso”, che proprio dalla striscia di Gaza aveva registrato in presa diretta, come fosse un blog, la vita quotidiana della gente palestinese occupata dall’esercito israeliano. “Samouni Road” è il frutto di ciò che Savona incontrò nel gennaio del 2009, quando le truppe israeliane si ritirarono da un attacco portato nei dintorni di Gaza: la storia della famiglia Samouri, 29 morti tra uomini e soprattutto donne e bambini, uccisi durante un attacco condotto dalle truppe di terra e dai missili teleguidati. Savoia osserva, si pone in ascolto, mostra e partecipa al dolore dei sopravvissuti, che contano gli ulivi lasciati in piedi da bombe e carri armati, mette dei segni per ricordare dove il padre fu ucciso, per primo, durante l’incursione notturna dei soldati, mentre apriva la porta, documenti alla mano, certo che, avendo lui lavorato per anni a Gerusalemme, non avrebbe corso pericoli. Il grado di partecipazione è alto, ma non cerca mai l’effetto emotivo diretto, enfatico, rifugge da quella retorica del dolore che, come dice il registra, viene esposta pornograficamente dai servizi televisivi. La narrazione si spinge nel senso di presenza, nell’esserci di fronte alla resistenza di quella gente, alla forza del loro dolore. Ma poiché questo non basta a testimoniare e c’è anche bisogno di far narrare lo svolgersi esatto degli eventi, entrando nel vivo della loro drammaticità senza tuttavia incorrere nella spettacolarizzazione, Stefano Savona ha preso la strada di una ricostruzione terza: né finzionale né documentativa, ma affidata all’animazione 2D e 3D. E allora, da un lato chiede a un animatore di rango come Simone Massi di disegnare, nel bianco e nero di un tratto quasi a mano, la narrazione dall’interno, ovvero dal punto di vista della famiglia Samouri, dei tragici momenti dell’attacco dei soldati alla loro casa. Dal lato opposto ricostruisce invece con l’animazione digitale in 3D i momenti dell’attacco visti nella prospettiva del drone, che dall’alto punta la casa, mira e sgancia le bombe, sterminando donne e bambini che cercavano una via di salvezza. L’effetto è fortemente drammatico, ma soprattutto altamente morale, perché oppone la distanza impietosa delle bombe alla umanità grafica della narrazione soggettiva, lasciando che nello spettatore resti la traccia di una sofferenza profonda e di una ingiustizia grave. Lunghi e meritati applausi sulla Croisette.

cau/mgg

LORO, PAOLO SORRENTINO “NO FILM IDEOLOGICO”

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La seconda parte di Loro uscirà il 10 maggio e nell’attesa Paolo Sorrentino con al seguito il cast al completo, il produttore Nicola Giuliano ed il co-sceneggiatore Umberto Contarello, presenta il progetto e la sua genesi. “Il gioco del chi è sarà anche legittimo ma è un po’ da rotocalco e non ha tanto senso farlo visto che nel film ci sono i personaggi reali con i loro nomi e gli altri se non hanno i nomi reali è perché non sono quelli a cui si fa riferimento” precisa Sorrentino e aggiunge: “Il personaggio di Fabrizio Bentivoglio non è l’ex ministro Sandro Bondi e Kira interpretata da Kasia Smutniak non è Sabina Began”. Loro è un film che si schiera politicamente? “Sarebbe stato stupido fare un film schierato e ideologico e sarebbe stato fuori tempo massimo – dice il regista  – Quello che non era così puntualizzato era la dimensione dei sentimenti che stavano dietro l’uomo politico”. E a proposito di personaggi reali e la loro versione cinematografica, la parola a Elena Sofia Ricci – Veronica Lario: “Io faccio fatica a parlare di un personaggio reale di cui ho letto la biografia per prepararmi – racconta l’attrice – quando ho letto la sceneggiatura che Paolo aveva scritto ho notato cose riferibili a tutte noi donne: il tema del disincanto, della fine di un amore importante, del vedersi sfiorire. Mi sono fatta guidare come una danzatrice di tango da Paolo ed è stato facilissimo recitare con Tony che è un gigante”.

Servillo, ormai immancabile in ogni lavoro sorrentiniano elogia il suo regista e l’operazione Loro: “Ho avuto la fortuna di fare Il Divo con Paolo e posso mettere a confronto l’uno e l’altro, interpretando in entrambi i casi un personaggio reale e politico. Il Divo era un personaggio divo, qualifica da imperatori romani, un personaggio che si muoveva totalmente nei palazzi della politica con una introversione che alimentava il mistero. Qui invece siamo di fronte a un divo necessariamente estroverso, che si pone al centro della scena politica con una estroversione che ne fa quasi un personaggio da cinema, qualcuno che con la sua presenza occupa in maniera ossessiva l’interiorità di chi tenta affannosamente di imitare con le azioni il modello senza riuscirci e questa è una cosa che mi interessava al di là dell’interpretazione”. “È sicuramente una storia d’amore – dice il regista – quando concepimmo il film con Umberto Contarello ci era sembrato che una delle chiavi di accesso al personaggio, il punto di partenza potesse essere proprio la storia d’amore”. Sorrentino infine chiarisce il suo sguardo sul film: “Il mio sguardo sta nella tenerezza. Un film e un libro possono essere avamposto della comprensione di qualcosa e bisogna provare il perché delle cose, di comportamenti che non ci piacciono o sono moralmente discutibili”.

VUOI SCOMMETTERE?, MICHELLE HUNZIKER CON LA FIGLIA AURORA

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«L’unica scommessa che vinceremo di sicuro è Aury che sta facendo un ottimo lavoro, anche se so che la mamma non lo dovrebbe dire». Michelle Hunziker, che dal 17 maggio condurrà in prima serata su Canale 5 “Vuoi scommettere?”, in conferenza stampa tesse le lodi della figlia Aurora Ramazzotti che sarà l’inviata della stessa trasmissione. «Io ho sempre sognato di lavorare un giorno con mia figlia, perché mi piaceva poter togliere di mezzo questi clichè sui figli d’arte che in Italia fanno sempre molta fatica a essere accettati. Non pensavo, però, che sarebbe capitato così presto», ha ammesso la conduttrice svizzera che per 4 stagioni ha co-condotto la versione tedesca del programma. «Sono cosciente che c’è un velo di pregiudizio sui figli d’arte. E’ vero che ho avuto una facilitazione, ma voglio far capire che questa è davvero la mia passione e in questi ultimi tre anni l’ho capito sempre di più», le fa eco la figlia Aurora che, però, non condurrà più la striscia giornaliera di “X Factor” perché, come le ricorda mamma Michelle, «adesso sei un’artista Mediaset sotto contratto». A sostegno della giovane Ramazzotti si schierano anche il regista Roberto Cenci, «Aurora ha una naturalezza e un’ironia che alla sua età è difficile avere»; il produttore di Magnolia Pierangelo Marano, «Aurora è una conferma della sorpresa, perfetta nel suo ruolo», e naturalmente il direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri: «A un certo punto abbiamo valutato che Aurora potesse essere la persona giusta per affiancare Michelle». Di fatto, poi, mamma e figlia lavoreranno a distanza, ma di sicuro daranno vita a molti siparietti. «La cosa positiva di mamma è che è uguale in tv e nella vita, mantiene quella naturalezza che è la sua caratteristica migliore. E’ una “cazzona”, ops… giocherellona. Di negativo ha che spesso va fuori copione e faccio un po’ di fatica a seguirla», rivela Aurora.

«Per me stare con Aurora è quotidianità – ribatte mamma Michelle -, adesso è come se stessimo giocando. Però la mia manager mi ha “briffata”: “Devi considerarla una collega e non una figlia” e sto cercando di farlo». In merito al programma, che è un format già visto e rivisto, di nuovo c’è la confezione. «Le grandi idee sono universali, il linguaggio invece deve adeguarsi ai tempi. Il nostro intento è offrire ai nostri telespettatori prodotti ben fatti, grandi show adattati al 2018», sottolinea Scheri spiegando che il posticipo della messa in onda da lunedì 7 a giovedì 17 maggio, «è un modo per avvicinarsi al meglio ai Mondiali con un prodotto di grande livello internazionale». Prodotto sul quale, però, non vuole scommettere sullo share. «In trasmissione chi perde la scommessa deve pagare pegno – dice – e io non voglio farlo». Di “Vuoi scommettere?” sono già state registrate due delle cinque puntate previste. In ogni puntata Michelle Hunziker farà firmare ai leader dei maggiori schieramenti politici italiani un impegno a sostenere in Parlamento la proposta di legge “Codice rosso”. «Al di là delle scommesse ho ritenuto fosse doveroso portare una scommessa dal valore sociale: la nostra riguarda la priorità da dare alle denunce di violenza sulle donne. Il primo a firmare è stato Salvini e posso dire che anche questa è una scommessa vinta». Nella prima puntata, inoltre, Michelle Hunziker ricorderà Fabrizio Frizzi, conduttore per otto stagioni di “Scommettiamo che”. «Avevamo parlato del programma con lui – ammette Marano di Magnolia -. Lui era contentissimo del ritorno e con la sua generosità naturale sicuramente ci avrebbe mandato un in bocca al lupo in occasione del debutto».

RYAN REYNOLDS E JOSH BROLIN A BALLANDO CON LE STELLE

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Ad una serata già ricca di grandi emozioni, per la semifinale di Ballando con le stelle 2018, si aggiunge l’arrivo di due grandi star hollywoodiane: Ryan Reynolds e Josh Brolin. In diretta su Rai1, Sabato 5 maggio, i due attori saliranno sul palco dell’Auditorium Rai del Foro Italico per raccontare a Milly Carlucci e al suo pubblico della loro ultima avventura cinematografica: il sequel di Deadpool. Tratto dal fumetto sul più irriverente anti-eroe dell’universo Marvel. Nel cast del film, Reynolds interpreta il protagonista Deadpool e Josh Brolin veste i panni di Cable. L’attore americano Ryan Reynolds, di origini canadesi, inizia la sua carriera giovane già nel 1990, quando interpreta il ruolo di Billy Simpson nella teen soap “Fifteen”, avrà altri ruoli televisivi prima di approdare sul grande schermo nel 1997, recitando per Evan Dunsky in “Allarme mortale”.  Ma saranno tante le pellicole che lo vedranno protagonista nella sua carriera: Matrimonio impossibile, Blade: Trinity, Smokin Aces, The Nine, Chaos Theory, X-Men le origini – Wolverine. L’attore californiano Josh Brolin è figlio d’arte, proprio per questo inizialmente sceglie di stare lontano dal cinema, ma durante il liceo segue un corso di recitazione e ne resta ipnotizzato. Al cinema debutta a 17 anni nel film cult Goonies, sì ritrova così catapultato nel mondo della tv, tra i protagonisti della serie: I ragazzi della prateria. Nel 1996 David O. Russell lo vuole nel cast corale del suo divertente Amori e disastri. In Flashpoint, del 1997, viene diretto dal padre James, che lo affianca nel film. Appare anche in Mimic di Guillermo Del Toro. Dal 2007 interpreta diversi ruoli in una serie di film molto apprezzati dalla critica: fa il cattivo in Planet Terror di Robert Rodriguez, è il rude reduce e cacciatore texano in Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, ha un ruolo in American Gangster e viene candidato all’Oscar come miglior attore per il ruolo di Dan White, l’assassino del sindaco di San Francisco, in Milk. Molti altri i ruoli interpretati in pellicole di successo, da questo grandissimo attore, che sabato sera farà vibrare il pubblico di Ballando con le stelle: Wall Street: Il denaro non dorme mai; Il Grinta; Oldboy; Sin City – Una donna per cui uccidere; Vizio di forma e Everest. La semifinale di questa tredicesima edizione si preannuncia davvero senza precedenti. Appuntamento su Rai1 alle 20.35 sabato 5 maggio.

FLORENCE + THE MACHINE, NUOVO ALBUM E SINGOLO “HUNGER”

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Florence + the Machine annunciano l’uscita del nuovo atteso album “High As Hope”, disco che sarà disponibile nei negozi tradizionali e in digitale dal 29 giugno su etichetta Virgin EMI.
Ad anticipare la pubblicazione il singolo inedito “HUNGER”, brano da oggi digitale e in video e dall’11 maggio in radio. Il video, diretto da AG Rojas, è online da poche ore su https://youtu.be/5GHXEGz3PJg.
Come ha raccontato la stessa Florence: “Questa canzone racconta dei modi in cui cerchiamo l’amore in posti dove probabilmente non dovremmo farlo e di come cercare di sentirci meno soli a volte ci far sentire ancora più isolati.
Credo di essermi messa più a nudo ed essermi resa più vulnerabile in questa canzone per incoraggiare i rapporti, perché forse ci sono molte più persone che si sentono in questo modo di quello che vogliamo ammettere”. 
“Hunger” è un’introduzione al quarto album di Florence + the Machine “HIGH AS HOPE”, album che si avventura da un lato verso un nuovo territorio e dall’altro torna verso le sue radici.
Florence ha iniziato a scrivere questo disco (che è anche il primo che lei ha ufficialmente coprodotto) da sola nel Sud di Londra, pedalando ogni giorno verso lo studio di Peckham.
Ha poi portato le canzoni a Los Angeles con il suo amico e coproduttore Emile Haynie, aprendole a collaborazioni con
Kamasi Washington, Sampha, Tobias Jesso Jr, Kelsey Lu e Jamie xx.

BOLDI E DE SICA DI NUOVO INSIEME A NATALE

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Il film di Natale 2018 ha ritrovato i re dei botteghini: Massimo Boldi e Christian De Sica sono di nuovo la coppia artistica doc della commedia di Natale.
“Amici come prima” interpretato da Massimo Boldi e Christian De Sica, che seguirà anche la regia, è prodotto da Indiana Production in collaborazione con Medusa Film che ne è anche il distributore.
Massimo Boldi e Christian De Sica hanno iniziato il loro ventennale sodalizio nel 1986 con il film “Yuppies- i giovani di successo” fino all’ultima uscita nel 2005 con “Natale a Miami”.

SANREMO, ORFEO “BAGLIONI? PIU’ CHE UN AUGURIO”

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“E’ un matrimonio che speriamo di continuare, mi auguro che possa dire sì e ho motivo di pensare che sia più di un augurio”. Così il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, al Festival della Tv e dei nuovi media di Dogliani (Cuneo), risponde alla domanda se Claudio Baglioni presenterà il Festival di Sanremo anche nel 2019.

È MORTO ERMANNO OLMI

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E’ morto, all’età di 86 anni, Ermanno Olmi. Nato a Bergamo, nel 1959 debutta sul grande schermo con il lungometraggio Il tempo si è fermato, storia incentrata sull’amicizia fra uno studente e il guardiano di una diga e ambientato nell’isolamento e nella solitudine dell’alta montagna. Profondamente legato alle proprie origini rurali e modeste, privilegia i sentimenti delle persone “semplici”, il rapporto con la natura, e spesso offre uno sguardo sulla solitudine e sulle sue conseguenze, da qui la scelta di lavorare con attori non professionisti.
Due anni dopo grazie a Il posto (prodotto dalla casa di produzione 22 dicembre, fondata dallo stesso Olmi con gruppo di amici) ottiene ottime recensioni da parte della critica. Il film ruota intorno alle aspirazioni di due giovani alle prese con il loro primo impiego. La pellicola si aggiudica il premio della critica alla Mostra del cinema di Venezia del 1961. Nel successivo film, I fidanzati (1963) si ritrovano ancora l’attenzione al quotidiano, alle cose semplici della vita, alle vicende del mondo operaio; il tutto intessuto da una vena intimista. Gira in seguito E venne un uomo (1965); un’attenta e partecipe biografia di Papa Giovanni XXIII, nella quale non si lascia trascinare da scontati agiografismi.

Nel 1977 Olmi realizza quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto, L’albero degli zoccoli (1978), che si aggiudica la Palma d’oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero. Il film getta uno sguardo poetico, ma allo stesso tempo realistico, privo di sentimentalismi, al mondo contadino, l’ambiente nel quale Olmi è nato e cresciuto e al quale è sempre rimasto legato. Si trasferisce da Milano ad Asiago, dove da quel momento risiederà. Nel 1982 a Bassano del Grappa fonda la scuola di cinema Ipotesi Cinema. Sempre nel 1982 dirige Camminacammina, allegoria sulla favola dei Re Magi.
Dopo una dura lotta contro una grave malattia, la sindrome di Guillain-Barré, che lo tiene a lungo lontano dai riflettori, nel 1987 Olmi dirige Lunga vita alla signora!, premiato al Festival di Venezia con il Leone d’Argento. L’anno seguente si aggiudica, invece, il Leone d’Oro grazie a La leggenda del santo bevitore, basata sull’omonimo racconto scritto da Joseph Roth adattato da Tullio Kezich e dal regista stesso. A differenza delle altre, si tratta di una pellicola per il mercato internazionale, girata in inglese e interpretata dall’olandese Rutger Hauer; l’ambientazione, poi, è a Parigi. Oltre al premio della rassegna lagunare, il film vince quattro David di Donatello.

Cinque anni dopo, nel 1993, gira Il segreto del bosco vecchio dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati. Il film vede come protagonista Paolo Villaggio, un evento piuttosto raro per Olmi, che privilegia attori non professionisti. Nel 1994 dirige un episodio del vasto progetto internazionale Le storie della Bibbia, a cui partecipa anche la Rai, Genesi: la creazione e il diluvio. Nel 2001 dirige Il mestiere delle armi, film storico in costume presentato con successo al Festival di Cannes 2001 e acclamato a livello internazionale. Il film si aggiudica 9 David di Donatello 2002: “miglior film”, “miglior regista”, “migliore sceneggiatura”, “miglior produttore”, “miglior fotografia”, “miglior montaggio”, “miglior musica”, “migliori costumi” e “migliore scenografia”.
Nel 2003 approda in una Cina senza tempo per raccontare epiche vicende di pirati e di arrembaggi in Cantando dietro i paraventi, anch’esso acclamato dalla critica, che vede Bud Spencer come unico attore occidentale, insieme a Camillo Grassi, in un cast interamente orientale. Nel 2005 collabora con altri due grandi registi, Abbas Kiarostami e Ken Loach, nel film Tickets. Nel 2007 esce Centochiodi, che Olmi annuncia come il suo ultimo film di finzione, avendo deciso d’ora in poi di tornare a dirigere solo documentari. Nel 2008 riceve il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia. Nel 2013 l’Università di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Umane e Pedagogiche per “la sua azione di valorizzazione delle radici culturali, della memoria, delle tradizioni, della grande storia e dell’esperienza quotidiana e delle piccole cose”.