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CANNES AL VIA, MENO SOCIAL E PIU’ CINEMA

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Un bacio sulle labbra e una valigia piena di film: ecco la cartolina e il bagaglio del 71mo Festival di Cannes, che sta per incominciare. Il bacio è quello che cinquant’anni fa univa Jean-Paul Belmondo e Anna Karina sul lontano set di “Pierrot Le Fou” (“Il bandito delle 11” per noi italiani…) e che ora campeggia sull’ affiche ufficiale del Festival in programma dall’8 al 19 maggio. Mentre i film nel bagaglio della kermesse preparata da Thierry Fremaux si dispongono a un’annata che mira a riscrivere le regole del fare festival all’epoca dei social: niente selfie sul red carpet, ne rovinano la sacralità, dice più o meno il direttore; e niente proiezioni anticipate per i giornalisti, onde stroncare la loro cattiva abitudine di… stroncare in diretta i film, a colpi di twitter e post su facebook: rovinano la festa alle star e mettono di malumore i produttori. Insomma un passo indietro rispetto all’instant glamour volgarotto dell’era social e un passo avanti sulla noblesse festivaliera, per ritrovare lo spazio che separa i divi dal mondo comune e i film da smartphone e tablet. Del resto la battaglia viene combattuta anche sul fronte Netflix, escluso dalla Croisette in ragione della sua scelta di non assicurare un’uscita in sala per i film che produce.

Ma queste sono spigolature tecniche, il can can e il tran tran festivaliero alla fine procederanno allegramente nel nuovo equilibrio della kermesse e siamo tutti pronti, smartphone in tasca e social account in pole position, per dodici giorni circa di cinema in tutti i suoi stati: da quello altamente spettacolare evocato da “Solo: A Star Wars Story”, lo spin off della saga lucasiana che ci mostra la giovinezza dello smargiasso del Millenium Falcon, a quello più rigorosamente autoriale incarnato in Jean-Luc Godard, che porta nientemeno che in concorso il suo attesissimo (dai cinefili duri e puri) “Le livre d’image”. L’apertura, intanto, è un magnifico gioco d’equilibrio tra le due linee d’intervento del festival: “Todos lo saben” è una grande coproduzione internazionale d’autore, girata in Spagna dal maestro iraniano Asghar Farhadi e interpretata da due star del calibro di Penélope Cruz e Javier Bardem. Una storia di ritorni nei luoghi dell’infanzia tra eventi e sentimenti inattesi, che inaugura in concorso un festival che, dopo l’edizione discutibile e discussa del settantesimo anniversario, si presenta quest’anno agguerrito sia sul versante degli autori noti che su quello dei nomi nuovi.

Gli equilibri sono sparsi: l’Asia si propone combattiva, con il cinese Jia Zhang-ke (il malinconico tardo noir “Les éternels”), il sudcoreano Lee Chang-dong (“Burning”, ancora un inquieto e inquietante dramma morale) e i giapponesi Hirokazu Kore-eda (ancora tra infanzia e famiglia in “Une affaire de famille”) e l’emergente Ryusuke Hamaguchi (il dramma sentimentale con mistero “Asako”), l’America, sempre un po’ in affanno sulla Croisette, gioca in competizione due carte molto attese: “Blackkklansman”, con un poliziotto nero infiltrato ai vertici del Ku Klux Klan, su cui si punta molto non solo per la regia di Spike Lee ma anche perché è prodotto dalla coppia Jordan Peele e Jason Blum, artefici del successo a sorpresa di “Get Out”; e “Under the Silver Lake”, il nuovo film di David Robert Mitchell (di cui ricordiamo lo straordinario horror “It Follows”), che racconta il viaggio di un giovane in cerca di successo nelle ombre più oscure e surreali di Los Angeles. Ancora in forse, invece, la chiusura, con “The Man Who Killed Don Quixote” di Terry Gilliam, in bilico sulle brighe legali sollevate dal produttore Paulo Branco e legate alla sua travagliatissima storia produttiva.

Tornerà, ma fuori concorso, anche il danese Lars Von Trier, che ha visto decadere lo status di persona non grata inflittogli da Gilles Jacob per una sua infelice battuta su Hitler ed ebrei: “The House That Jack Built” riprende nel titolo il suono di una celebre filastrocca inglese per bambini, ma è la storia di un efferato serial killer. Dall’Iran sfida i problemi con le istituzioni e la censura Jafar Pannahi, che porta in competizione “3 Faces”, dramma in cui una star iraniana e il regista stesso vanno in cerca di una ragazza che ha chiesto il loro aiuto in difesa dei soprusi subiti nell’autoritaria famiglia. Dalla Polonia, invece, torna Pawel Pawlikowski, già autore di “Ida”, sulla Croisette con “Cold War”, dramma sentimentale ambientato tra Varsavia e Parigi all’epoca della guerra fredda. La Francia gioca in casa carte nuove e prestigiose, affidandosi a Stéphane Brizé con “En guerre”, dramma su lavoro e licenziamenti un po’ sulla linea di “La legge del mercato”, Christophe Honoré con il dramma d’amore gay “Plaire, aimer et courrir vite” e Yann Gonzalez con il dramma d’amore lesbo (con mistero) “Un couteau dans le coeur”.
Fuori dalla competizione ci sono poi anche il maestro del documentario cinese Wang Bing con le fluviali otto ore di “Dead Souls” girate tra i sopravvissuti dei campi di prigionia del deserto del Gobi degli anni ’60, e Kevin McDonald con “Whitney” dedicato all’astro cinemusicale della Huston, oltre all’attesissimo “Papa Francesco: un uomo di parola”, con Wim Wenders a confronto con il pontefice per un film documento che sarà di sicuro uno degli eventi mediatici del festival.

L’Italia, infine e naturalmente: le occasioni per srotolare il tricolore non mancheranno affatto. In concorso ci giochiamo due assi non da poco: il “Dogman” di Matteo Garrone, del quale già si dice un gran bene, dramma che ricostruisce un atroce e molto noto (per la sua efferatezza) fatto di cronaca romana degli anni ’80 (il caso del Canaro della Magliana) . E “Lazzaro felice”, il nuovo lavoro di Alice Rohrwacher, fiaba sospesa sul tempo eterno della provincia e su quello assillante della metropoli. Sua sorella Alba sarà ugualmente a Cannes, ma dall’altra parte della Croisette, quella della “Quinzaine des Realisateurs”, come protagonista del film di chiusura della sezione indipendente, “Troppa Grazia” di Gianni Zanasi, storia di miracoli e edilizia, visioni mistiche e impegno sociale. Porta invece la firma di Valeria Golino la nostra presenza nel concorso parallelo del Certain Regard: la sua opera seconda, “Euforia”, è la storia del nuovo incontro tra due fratelli a lungo separati, interpretati da Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea.

cau/mgg

E’ MORTA LARA SAINT PAUL

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E’ morta, all’età di 73 anni, la cantante Lara Saint Paul. Malata da tempo, nel 1968 duettò al festival di Sanremo con Louis Armstrong. Lanciò in Italia il fenomeno dell’aerobica con una serie di videocassette, libri e dischi dedicati.
Nata ad Asmara, in Eritrea, al secolo Silvana Areggasc Savorelli,
debuttò a Sanremo nel 1962 con il nome d’arte di Tanya, con la canzone I colori della felicità.
Nel 1967, con lo pseudonimo di Lara Saint Paul, partecipò al 15º Festival della Canzone Napoletana con il brano, scritto da Amato e Valleroni Te faje desiderà, eseguito in abbinamento con Anna German.

Il grande successo arrivò sempre a Sanremo nel 1968, quando cantò abbinata a Louis Armstrong Mi va di cantare.
Sempre nel 1968, debuttò in televisione nel varietà Quelli della domenica sul Primo Canale.
L’anno successivo lavorò invece con Raffaele Pisu nel programma La domenica è un’altra cosa.
Nel 1971, partecipò a Canzonissima con il brano Strano, scritto da Tony Cucchiara.
Nel 1972, torno’ al Festival di Sanremo con il brano Se non fosse fra queste mie braccia lo inventerei, arrivando in finale.
Nel 1973 giunse nuovamente in finale al Festival di Sanremo con il brano Una casa grande.
Il 1973 vide l’incontro artistico tra Lara Saint Paul e il celebre arrangiatore-direttore d’orchestra americano Quincy Jones, col quale registrò il singolo Non preoccuparti/Adesso ricomincerei.
In seguito fu pubblicato l’omonimo 33 giri Lara Saint Paul, che conteneva la più recente produzione a 45 giri della cantante, insieme ad alcune cover, una delle quali venne scelta come singolo: Mi fai morir cantando, adattamento in italiano della celebre hit di Roberta Flack Killing Me Softly With His Song.
A Los Angeles lavorò con Bill Conti, Ray Charles, Stevie Wonder, Henry Mancini, Roberta Flack, The Pointer Sisters e Leon Ware.
Nel 1974 usci’ il secondo album su etichetta Polydor, dal titolo Frammenti. Il brano È già domani, che apriva la facciata A del 33 giri, era la cover di Thank You Early Bird di Jerry Butler.
Nel settembre del 1975, pubblicò il singolo Ciao amore/Dai vieni con noi.

Nel 1977 incise il 33 giri Saffo Music, interamente cantato in inglese, da cui venne estratto come primo singolo Come l’amore/Thank you scritto dalla stessa Lara.
Nell’album, arrangiato e prodotto da Leon Ware, si distinguevano brani come So Good, Thank you, I love loving you, You know that I love you, Voodoo Lady.
Nel 1979, sulla scia del boom de La febbre del sabato sera e della musica disco music che stava spopolando in quel periodo,  incise il 45 giri I feel so nice.
Nel 1981 usci’ sia in Italia che in Sud America il 45 giri Mamma, rilettura in chiave anni ottanta della famosa canzone di Beniamino Gigli, che nel retro conteneva il brano reggae Dreaming in Jamaica.
Nel 1982, sull’onda del successo del progetto Bravo, usci’ il 33 giri Bravo 2.
Sempre nel 1982 incise la canzone L’amicizia è.
Nel 1983 fu una delle soubrette che lanciarano in Italia il fenomeno dell’aerobica con una serie di videocassette e libri e dischi dedicati, pubblicando l’album Aerobic Dance, che vince il Disco d’Oro e un premio al Festival Internazionale di Tokyo.
Nel 1984 venne distribuito l’album Bala Bala, un disco prettamente dance dove erano illustrati esercizi di aerobica a ritmo di musica, sul filone del precedente 33 giri.
Nel 1992 torno’ alla musica con Lara Super special, un live con la direzione musicale di Gian Marco Gualandi con orchestra ritmico-sinfonica, che verrà trasmesso in televisione in diciotto paesi del mondo.
Il 14 aprile 2013, ospite di Lorella Cuccarini a Domenica in, raccontò le difficili condizioni economiche e familiari in cui versava.
Il 1º dicembre 2014, il Consiglio dei Ministri, su proposta della Presidenza, deliberò la concessione a Lara Saint Paul dell’assegno straordinario vitalizio previsto dalla Legge 440 dell’8 agosto 1985 (“Legge Bacchelli”).

CANNES, APRE “TODOS LO SABEN” DI FARHADI

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Apertura in cerca della verità per il 71mo Festival di Cannes: a inaugurare il Concorso della kermesse della Croisette è Asghar Farhadi con ”Todos lo saben”, coproduzione europea (Spagna, Francia e l’Italia della Lucky Red) per il secondo film in trasferta del grande regista iraniano. Sostanzialmente un giallo, a forte caratura morale, ma basato sull’ombra del dubbio che si allunga sui componenti di un’intera famiglia. Il classico ”whodunit” alla Agatha Christie si applica infatti al ritorno a casa di Laura, figlia di una famiglia di viticoltori della privincia iberica, trasferitasi e sposatasi in Argentina, tornata nel paese in cui e’ cresciuta in occasione del matrimonio della sorella. Il passato, immancabile motore del cinema di Farhadi, ha il sapore delle emozioni mai dimenticate: il padre ubriacone ma bonario finito in rovina per il vizio del gioco, la gente del paese, soprattutto Paco, sua prima fiamma, che ormai ha una moglie ma al quale Laura e’ rimasta legata da un sentimento che non si puo’ cancellare. Se considerate che lei e’ Penelope Cruz e lui Javier Bardem, il quadro e’ chiaro, dipinto a tinte di piena vitalita’ iberica… E infatti Farhadi si prende la prima mezz’ora di film per tratteggiare la scena seguendo i cliche’ dell’immaginario spagnolo: si festeggia il matrimonio, si balla, si ride, si vive in allegria. Poi il dramma si riversa sulla famiglia con silenziosa veemenza: la figlia di Laura viene rapita, il riscatto e’ ingente, la polizia deve essere tenuta all’oscuro pena la morte della ragazzina.

Appare evidente subito che il rapimento e’ opera di qualcuno che conosce bene la situazione, probabilmente qualcuno di famiglia, e la questione morale che il giallo solleva e’ infatti legata alle responsabilita’ che ognuno ha nei confronti dell’altro tra le mura domestiche: i debiti affettivi ma anche economici, i segreti nascosti, la paura di svelare le verita’, fatte di fallimenti, affetti mai dimenticati, relazioni negate. Farhadi costruisce insomma un dramma in cui passione e legami familiari sono un nodo quasi tragico che si stringe attorno al collo degli innocenti, infrangendo l’unita’ apparente di quella grande famiglia e rivelando a ognuno dei suoi componenti una parte di se’ che era rimasta sopita sotto la coltre delle abitudini affettive. Il film pero’ si affida a una messa in scena che non trova mai la pienezza psicologica dei personaggi, che sembrano agire piu’ come funzioni letterarie che come persone dotate di quella forza emotiva su cui pure il regista vorrebbe basarli. Farhadi appare piuttosto fuori luogo nella cultura spagnola, che non si offre come scenario adatto alla potenza della sua narrazione come invece era accaduto con la privincia francese in occasione del suo precedente film girato in trasferta, ”Il passato”. la scenegguatura si perde in troppe derive e in evvessivi sviamenti, sprecando una complessita’ drammaturgica che invece meritava piu’ concentrazione. Soprattutto si sente che l’ambientazione spagnola, un po’ prefabbricata, e’ piu’ un abito cucito addosso a una storia che in realta’ avrebbe funzionato molto meglio se fosse stata ambientata da Farhadi in quell’Iran che di cisuro conosce meglio. Penelope Cruz e Javier Bardem ci mettono la loro presenza forte, ma non trovano mai la chiave adatta a dare profondita’ ai personaggi. E di suo Farhadi si perde in alcune figure retoriche e in talune metafore che appaiono un po’ scontate.

cau

2001 ODISSEA NELLO SPAZIO DI STANLEY KUBRICK TORNA AL CINEMA

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Il film di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio tornerà al cinema il 4 ed il 5 giugno, come film evento.
All’interno di “Cannes Classics” verrà presentata in anteprima mondiale una versione non modificata in 70 millimetri. L’evento sarà preceduto da un’introduzione di Christopher Nolan.

A CANNES “LETO”, ROCK ANNI ’80 UNIONE SOVIETICA

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Si spinge nella scena musicale underground dell’Unione Sovietica anni ’80, l’attesissimo “Leto”. Il nuovo film del russo Kirill Serebrennikov balzato al centro dell’attenzione mediatica del Festival di Cannes 2018 per la forzata assenza dell’autore. Costretto agli arresti domiciliari con l’accusa (si sospetta politicamente orientata) di utilizzo privato dei finanziamenti pubblici ottenuti per la sua attività teatrale, Serebrennikov non è dunque potuto venire sulla Croisette ad accompagnare il suo film. Si tratta di un affresco della scena rock sovietica dedicato a due figure chiave di quel movimento che negli anni ’80 cercava di dare respiro alle tensioni musicali internazionali nello spazio ristretto concesso dagli apparati di stato sovietici. Girato in bianco e nero e animato da una tensione visiva, narrativa e sonora altamente creativa, “Leto”, che vuol dire estate, racconta infatti l’incontro tra due note rockstar sovietiche degli ’80: Mike Naoumenko e Viktor Tsoi, il primo figura carismatica che interpretava per i giovani russi le pulsioni degli artisti occidentali, il secondo portatore di una sensibilità in transito tra la musica russa e quella occidentale.
Entrambi morti prematuramente, i due artisti sono assunti da Serebrennikov a simbolo di una pulsione vitale che nella Russia sovietica cercava una via di sfogo per le tensioni identitarie generazionali, per la voglia di narrare il proprio mondo usando un linguaggio internazionale che passava attraverso stili di vita, sonorità musicali, argomentazioni poetiche dei testi.
L’incontro tra le due star viene narrato da Serebrennikov come un dialogo costruttivo e senza rivalità tra due figure che si consegnano vicendevolmente la scena, passando anche attraverso la figura di Natacha, compagna di Naoumenko e presenza di riferimento sentimentale anche per Tsoï. Ed è proprio nella narrazione di questa vicenda sentimentale che Serebrennikov trova l’equilibrio di base per la costruzione di un biopic che cerca il punto di contatto tra la verità di due icone rock sovietiche e la ricostruzione della una scena umana e culturale, prima ancora che storica e sociale, dell’Unione Sovietica anni ’80. Attratto dalla scansione della carriera dei due artisti di cui racconta, il film si concede poi una serie di aperture sonore con surreali numeri musicali animati graficamente e coreograficamente, innescati dalla figura ritornante di un “demone del rock” che accende la realtà di torsioni immaginifiche, facendo reinterpretare dal popolo di strada classici della scena rock contemporanea come “The Passenger” di Iggy Pop o “Psycokiller” di David Birne. Il film è dolce e preciso, un po’ ripetitivo ma mai noioso, dotato del classico senso nostalgico dei biopic musicali scritti sulle fasi di passaggio della scena internazionale. Serebrennikov consegna dalla sua prigionia domestica un film pieno di libertà e senso dell’occupazione: “Leto” ha visto fermare le riprese quando erano ormai giunte quasi al termine, le scene mancati sono state girate dalla sua equipe a partire dai suoi appunti e il montaggio è stato messo a punto dal regista a casa sua, dagli arresti domiciliari. Calorosi e meritati applausi alla fine della proiezione.
cau

IL MIRACOLO DI NICCOLÒ AMMANITI ARRIVA SU SKY ATLANTIC

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È stato appena rilasciato il trailer de Il miracolo, la serie evento di Niccolò Ammaniti che debutterà l’8 maggio alle 21.15 in esclusiva su Sky Atlantic Hd. La serie tv, in 8 episodi, è una produzione originale Sky prodotta da Mario Gianani e Lorenzo Mieli per Wildside, in co-produzione con Arte e Kwaï. Il distributore internazionale è FremantleMedia International. Niccolò Ammaniti, fra gli autori italiani più tradotti nel mondo, firma la sceneggiatura della serie con Francesca Manieri, Francesca Marciano e Stefano Bises e la regia con Francesco Munzi e Lucio Pellegrini.
Durante un’operazione di polizia, viene ritrovata una statuetta di plastica della Madonna che piange sangue. Al mistero non c’è risposta, ma la potenza di quell’enigma farà deragliare le vite di tutti quelli che entreranno in contatto con questo evento.
I protagonisti sono Guido Caprino (Fai bei sogni, In Treatment, 1992, 1993), che interpreta il protagonista della serie, Fabrizio Pietromarchi; Elena Lietti (La pazza gioia, Il rosso e il blu) è Sole Pietromarchi, moglie del protagonista; Lorenza Indovina (La tregua, Il passato è una terra straniera, Qualunquemente, Prima che la notte), che interpreta una donna dal passato irrisolto, Clelia; Sergio Albelli (Il giovane favoloso, La pazza gioia) è il generale Giacomo Votta, che guiderà le indagini sul ritrovamento, mentre Alba Rohrwacher (La solitudine dei numeri primi, Hungry Hearts, Perfetti Sconosciuti, In Treatment) vestirà i panni di Sandra Roversi, una biologa che analizzerà il caso da un punto di vista scientifico, e Tommaso Ragno (Io e te, 1992, 1993) quelli di Marcello. Il miracolo, dall’8 maggio alle 21.15 in esclusiva su Sky Atlantic HD. Per i clienti extra di Sky da più di 3 anni, inoltre, il primo episodio sarà disponibile in anteprima su Sky On Demand, domenica 6 maggio.

ARIANA GRANDE, IN ESTATE NUOVO ALBUM “SWEETENER”

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Ariana Grande ha annunciato il titolo del suo nuovo album. Il disco, successore di “Dangerous woman” del 2016, è stato battezzato “Sweetener” e uscirà nel corso della prossima estate. La data precisa non è ancora stata specificata. La cantante statunitense, che ha pubblicato una dozzina di giorni fa il nuovo singolo “No Tears Left To Cry”, ha rivelato la sua nuova uscita nel corso del programma televisivo “The Tonight Show” di Jimmy Fallon. Grande, 24 anni, ha anche rivelato che sull’album ha lavorato Pharrell e che tra le nuove canzoni sono da annoverare – come riporta “Stereoboard” – “Raindrops”, “R.E.M”, “The Light Is Coming” e “God Is A Woman”.

SORRENTINO, LORO 1 PRIMO AL BOX OFFICE

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Ottima partenza per LORO 1 di Paolo Sorrentino – subito primo al Box Office con 250.000
Il risultato di ieri è il piú alto incasso per un primo giorno di programmazione del regista Premio Oscar. Uscito con Universal Pictures in 500 copie registra anche la miglior media copia (532 euro).
Accanto a Toni Servillo, protagonista del film, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Alice Pagani, Caroline Tillette, Iaia Forte, Duccio Camerini, Yann Gael, con l’amichevole partecipazione di Michela Cescon e con Roberto Herlitzka.
LORO 1 e LORO 2 sono diretti da Paolo Sorrentino e scritti insieme a Umberto Contarello. Luca Bigazzi firma la fotografia, Cristiano Travaglioli il montaggio, Lele Marchitelli le musiche, Stefania Cella la scenografia, Carlo Poggioli i costumi. Il film è prodotto da Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri.

Il secondo film, LORO 2 sarà nei cinema italiani dal 10 maggio.
LORO 1 e LORO 2 sono una coproduzione Italia-Francia: Indigo Film per l’Italia, Pathé e France 2 Cinéma per la Francia.
In Italia i film sono distribuiti da Universal Pictures International Italy per Focus Features mentre Pathé cura le vendite internazionali.