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CARAPAZ TRIONFA AL GIRO, NIBALI SALE SUL PODIO

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Ciò che sembrava impossibile è diventato reale. Richard Carapaz ha vinto l’edizione numero 102 del Giro d’Italia, mantenendo anche a Verona il comando della classifica generale davanti a Vincenzo Nibali. Sul podio, in extremis, sale Primoz Roglic, che ha scavalcato Mikel Landa, quarto. A decretare il primo e dunque storico trionfo di un corridore ecuadoregno al Giro, la cronometro di 17 chilometri: è stata l’Arena di Verona ad accogliere Carapaz, che all’arrivo ha sciolto tre settimane di tensione in un pianto liberatorio e ancora incredulo. Può partire la festa anche in Ecuador per lo scalatore di El Carmelo, che ha compiuto 26 anni lo scorso 29 maggio: nessun colpo di scena nella 21esima e ultima tappa della corsa rosa 2019 vinta dallo statunitense Chad Haga, che con il tempo di 22″07 ha preceduto i due corridori della Lotto, Victor Campenaerts e Thomas De Gendt. Quarto invece Damiano Caruso. Sul Circuito delle Torricelle, lo stesso che ospito’ i Mondiali ma percorso in senso antiorario, sono dunque calati i titoli di coda su un Giro che ha premiato un outsider. Carapaz era infatti partito tra i leader della Movistar con Landa ma non era certamente indicato tra i favoriti. A Courmayeur invece, grazie a uno scatto in solitaria sul Colle San Carlo, il sudamericano ha posto le basi del trionfo, conquistando la maglia rosa e difendendola strenuamente fino all’epilogo veronese. Nibali ha fatto quel che ha potuto (“nessun rimpianto, penso di aver fatto un bel Giro”, ha detto lo Squalo), chiudendo la crono al nono posto e riducendo il distacco di 49 secondi, con un gap complessivo di 1’05” da Carapaz. Che può festeggiare e ascoltare l’inno alla presenza di tanti tifosi del suo Paese: su tutti, i genitori Antonio e Anna, che per la prima volta sono saliti su un aereo pur di raggiungere Verona e assistere al trionfo del figlio nel Giro d’Italia. “Non lo avrei mai immaginato, e’ incredibile vederlo diventare campione”, ha detto il papà ai microfoni di Rai. “Un’emozione grande”, le parole di mamma Anna. Sul podio sale anche Roglic che beffa dunque Landa. Quella di Verona è stata anche la giornata di Haga, pure lui in lacrime man mano che gli avversari si riducevano e il primato si consolidava. Il texano della Sunweb, 31 anni ad agosto, si è ripreso dopo il terribile incidente del gennaio 2016, in cui fu investito assieme ad altri cinque durante un allenamento in Spagna. Cala dunque il sipario sul Giro2019. Maglia ciclamino, leader della classifica a punti, Pascal Ackermann (Bora – Hansgrohe); maglia azzurra da leader del Gran premio della Montagna a Giulio Ciccone (Trek-Segafredo); maglia bianca, miglior giovane, Miguel Angel Lopez (Astana Pro Team).

CITTADELLA RIBALTATO, VERONA TORNA IN SERIE A

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Il Verona torna in Serie A dopo un anno in cadetteria. Nella finale di ritorno dei play-off di Serie B 2018-2019, i gialloblù ribaltano la gara d’andata e si impongono per 3-0 sul Cittadella con le reti di Zaccagni, Di Carmine e Laribi. Sfuma sul più bello, invece, il sogno della prima storica promozione in massima serie per i granata che non riescono a proteggere il 2-0 maturato al Tombolato con la doppietta di Diaw e terminano il match con la doppia inferiorità numerica. Gli scaligeri scendono in campo con il 4-3-3, gli ospiti rispondono con il 4-3-1-2 ma perdono Ghiringhelli nel riscaldamento, sostituito da Parodi. Il Verona, sospinto dagli oltre 20.000 spettatori presenti al Bentegodi, parte forte e all’8’ viene fermato da Paleari prima sulla conclusione da fuori di Laribi e poi sulla ribattuta di Di Gaudio. Il Cittadella fa fatica a costruire e al 27’ passa in svantaggio. Faraoni e Di Carmine combinano di prima al limite dell’area, Zaccagni si inserisce con i tempi giusti e davanti a Paleari non sbaglia. La squadra di Aglietti a questo punto ci crede e assedia la metà campo avversaria, Di Gaudio sfiora il raddoppio al 33’ sull’iniziativa di Laribi sulla destra e al 38’ sul malinteso difensivo tra Iori e Frare ma al termine del primo tempo le squadre rientrano negli spogliatoi con i padroni di casa avanti 1-0. Il copione non cambia nella ripresa con il Verona che torna a pigiare sull’acceleratore. La chiave di volta arriva al 62’ con l’arbitro Piccinini che sventola, probabilmente in maniera troppo severa, il secondo giallo a Parodi per un intervento in ritardo su Bianchetti. Il Cittadella resta in 10 e Venturato si copre sostituendo Moncini con Cancellotti, il Verona aumenta invece il peso offensivo inserendo Pazzini al posto di Henderson. Al 69’, quindi, i gialloblù trovano la via della rete con una magia di Di Carmine, a segno di tacco sul cross basso di Vitale. Il Cittadella perde la testa, resta addirittura in 9 per il doppio giallo a Proia e all’83’ subisce il colpo del ko: Pazzini serve in profondità Laribi che salta Paleari e insacca a porta vuota per il 3-0, dando il via alla festa con qualche minuto d’anticipo.

VETTEL “DARO’ IL MASSIMO PER FARE BENE IN CANADA”

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“Quella del Canada è una delle corse più attese della stagione da parte di noi piloti”. Sebastian Vettel scalda i motori in vista del 50esimo Gran Prmeio del Canada, che si disputerà domenica. “Gareggiamo su un’isola che si trova nel cuore di Montreal, un luogo fantastico, pieno di appassionati che garantiscono un’atmosfera unica – spiega il pilota tedesco della Ferrari – Di solito inizialmente la pista è molto scivolosa e ci mette parecchio a gommarsi fino a garantire livelli decenti di grip. Questo è anche conosciuto per essere un tracciato stop-and-go, con lunghi rettilinei e poderose frenate intervallate da qualche curva lenta e da alcune chicane nelle quali bisogna usare moltissimo i cordoli. La parte finale di solito è decisiva: al grande tornante la frenata va eseguita alla perfezione così da avere un’uscita ottimale e riuscire a portare tutta la velocità sul lungo rettilineo che immette in corsia box o porta all’ultima chicane. In questo punto si può provare ad effettuare dei sorpassi. Lo scorso anno sono partito in pole position e ho vinto la corsa – ricorda Vettel – a 40 anni di distanza dal successo di Gilles Villeneuve. Darò il massimo per fare bene”. “Il Gran Premio del Canada ci offre un’occasione in più per cercare di portare a casa un buon risultato – le parole dell’altro pilota della Rossa, il monegasco Charles Leclerc – Dobbiamo lavorare al meglio per riuscire a preparare la vettura fin nei minimi dettagli così da poterne estrarre il massimo potenziale. La settimana scorsa sono stato a Maranello e ho lavorato al simulatore per preparare e migliorare la vettura e me stesso in vista di questo appuntamento. Trovo il tracciato molto interessante, perché mette insieme diverse tipologie di curve e un lungo rettilineo sul quale dovrebbe essere possibile effettuare dei sorpassi. Nella scorsa stagione sono riuscito a piazzarmi in zona punti, quest’anno l’obiettivo è puntare più in alto. Per quanto riguarda la città di Montreal mi piace molto, al pari dei suoi abitanti, e il fatto che si parli francese mi fa sentire anche un po’ a casa. Spero davvero di poter avere un weekend di soddisfazioni”. Infine, il team principal del Cavallino, Mattia Binotto: “Pensando al Canada sono tanti i ricordi dalle passate stagioni che affiorano nella mia mente. Questa pista si è spesso caratterizzata per gare spettacolari e mai scontate. Il lungo rettilineo con una decisa staccata prima della chicane che porta al traguardo permette sorpassi e belle battaglie. Sappiamo di non essere al momento sufficientemente competitivi, e che ancora non avremo modifiche alla vettura che ci permettano di indirizzare in maniera significativa i problemi di inizio stagione, ma il Canada rappresenta per tipologia di tracciato una sfida ancora diversa nella quale a contare saranno velocità di punta, efficienza frenante e trazione. Da parte nostra siamo pronti a dare il meglio lasciandoci alle spalle gli errori delle scorse gare”.

FOGNINI SBATTE CONTRO ZVEREV, ADDIO PARIGI

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La corsa di Fabio Fognini si ferma. Ottavi di finale fatali per il 32enne di Arma di Taggia al Roland Garros, dove perde in quattro set il confronto con Alexander Zverev e dice addio a quei sogni di gloria legittimamente coltivati dopo l’exploit di Montecarlo. L’azzurro, che aveva battuto il 22enne tedesco proprio nell’ultimo confronto nel Principato, parte benissimo (3-0), si fa riprendere ma conduce in porto il primo set che sembra il prologo di una nuova impresa. E invece, sul 2-2 del secondo parziale, arriva un lungo black-out. Zverev vince dieci dei successivi dodici giochi e ribalta la situazione. Fognini accusa il colpo, anche fisicamente (chiesto pure il medical time out per farsi trattare la gamba destra che già gli aveva dato qualche problema contro Bautista Agut), ma non molla. Nel quarto parziale il ligure tiene botta, manca un paio di chance per strappare il servizio a Zverev ma il tie-break gli è fatale: 3-6 6-2 6-2 7-6(5) dopo quasi tre ore di gioco.
Mancati i quarti, raggiunti solo nel 2011, Fognini può però ancora sperare nell’approdo fra i primi 10 al mondo: la sconfitta di Del Potro contro Khachanov (7-5 6-3 3-6 6-3) gli spalanca le porte della Top Ten Atp a meno che Stan Wawrinka non ripeta l’impresa del 2015 e vinca il torneo. Zverev, intanto, dà appuntamento a Novak Djokovic. Il serbo, che potrebbe diventare dopo Rod Laver il secondo giocatore di sempre a centrare per due volte il Grande Slam (ha vinto gli ultimi tre Major di fila), conferma di essere in crescendo e a farne le spese stavolta è il tedesco Struff, regolato in tre set (6-3 6-2 6-2) in poco più di un’ora e mezza di gioco. Per Djokovic decimo quarto di finale consecutivo al Roland Garros, impresa inedita, e ora l’obiettivo di conquistare una semifinale che negli ultimi due anni gli è sempre sfuggita. In semifinale invece c’è arrivato negli ultimi tre anni (e nell’ultima edizione si è spinto fino all’atto finale) Dominic Thiem, che dopo un avvio di torneo non del tutto convincente ha offerto un’ottima prestazione contro Gael Monfils: 6-4 6-4 6-2 a favore dell’austriaco, fra i migliori interpreti sul rosso.
Per lui ora Khachanov contro cui non ha mai vinto. Sarà invece Kei Nishikori a sfidare Rafa Nadal: nella prosecuzione dell’incontro con Paire sospeso ieri per oscurità, il giapponese la spunta al quinto set, confermando una certa propensione alle battaglie: negl ultimi otto incontri che l’hanno visto giocarsi tutto nell’ultimo parziale, ne è sempre uscito vincitore. Ora l’esame più difficile, contro quel Nadal contro il quale è riuscito ad avere la meglio solo due volte su 12 ma mai sulla terra rossa (tre successi per il maiorchino). Fra le donne, Simona Halep resta la candidata più accreditata alla vittoria finale: la rumena, campionessa uscente e finalista anche nel 2014 e nel 2017, lascia un solo gioco alla malcapitata Iga Swiatek. Sulla sua strada ora la 17enne americana Amanda Anisimova, che si è aggiudicata per 6-3 6-0 il confronto con un’altra rivelazione del torneo, la spagnola Aliona Bolsova.
Si contenderanno un posto in semifinale Ashleigh Barty e Madison Keys. L’australiana, ottava testa di serie, ha stoppato in tre set (6-3 3-6 6-0) la corsa di Sofia Kenin, reduce dal successo su Serena Williams, mentre la 24enne di Rock Island, semifinalista un anno fa, ha eliminato per 6-2 6-4 Katerina Siniakova, che nel turno precedente aveva fatto fuori la numero uno del mondo Naomi Osaka.

MATTARELLA FESTEGGIA SCHERMA “SPORT GENUINO”

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“La scherma è inserita pienamente nella società del nostro Paese: ne fa parte totalmente. È uno sport genuino, non è un mondo artificiale’. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha omaggiato la scherma italiana nel giorno della festa per i 110 anni di storia. A Palazzo dei Normanni sede dell’Ars a Palermo, città che ospiterà la 100esima edizione degli Assoluti, il Capo dello Stato ha presenziato alle celebrazioni per la ricorrenza di un ‘mondo, quale quello della scherma che è affascinante e si fonda sulla passione che fa accettare e superare i sacrifici e gli impegni che lo sport richiede. La prestazione sportiva – ha continuato il Capo dello Stato – è realizzata insiema all’avversario, nel rispetto massimo dello stesso. Ricordo una strepitosa rimonta di Valentina Vezzali al Mondiale di Catania: senza l’avversario questo non sarebbe stato possibile’. Il Presidente della Repubblica si è poi aperto ai ricordi che lo legano alla scherma. ‘Non sono mai stato estraneo alla scherma – ha detto il Capo dello Stato -. Ricordo le medaglie di Irene Camber ad Helsinki 1952, quando si seguiva alla radio. Ho seguito i successi di Valentina Vezzali e di Bebe Vio adesso grazie ai nuovi mass media. Apprezzo la scherma perché è riuscita a mantenere inalterati i suoi valori. Non è senza significato che l’istruttore sia chiamato Maestro: c’è un valore pedagogico fondamentale in questo sport’.
Le parole di Mattarella rappresentano il manifesto che compendia 110 anni di storia della Federazione Italiana Scherma. Anni di successi, trionfi e medaglie che rivivono nella mostra ‘Un TesOro Italiano’ che espone le medaglie d’oro vinte dagli atleti di scherma ai Giochi Olimpici e Paralimpici della storia e tutte quelle conquistate dagli atleti siciliani nelle varie edizioni olimpiche e paralimpiche. Il Capo dello Stato, con sguardo attento ed appassionato, è stato il primo visitatore della mostra, si è fermato dinanzi ogni teca ricevendo dal Presidente della Fis Giorgio Scarso, indicazioni, aneddoti e ricordi legati a ciascun momento della storia della scherma azzurra. Il Presidente Mattarella ha poi incontrato alcuni dei campioni presenti sia fisicamente che con le proprie medaglie: da Irene Camber, prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro, a Maurizio Randazzo, sino a Valentina Vezzali ed a Carola Mangiarotti, figlia dell’azzurro più medagliato della storia.
‘Grazie – ha detto il Presidente della Repubblica -. Attraverso la storia della scherma si rivivono belle pagine della storia d’Italia. Siete un motivo d’orgoglio per il nostro Paese’. Poco prima, la Cappella Palatina del prestigioso palazzo di Federico II, aveva fatto da cornice alla celebrazione eucaristica officiata dall’Arcivescovo di Palermo, S.E.R. Mons. Corrado Lorefice. ‘La scherma e lo sport sono momenti di esaltazione dei valori, tra cui quelli fondanti il nostro essere cristiani’ ha detto nel corso dell’omelia l’Arcivescovo palermitano.
Poi, con l’arrivo del Presidente della Repubblica, ci si è spostati tra la Sala ‘PierSanti Mattarella’ e la Sala d’Ercole, dove a celebrare i 110 anni della Federazione Italiana Scherma sono stati i vertici istituzionali e sportivi. ‘Siamo onorati – ha detto il Presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, Gianfranco Micciché – di ospitare non solo il Presidente della Repubblica ma anche la Federazione Italiana Scherma. E’ una nuova occasione per mostrare le bellezze che la Sicilia può vantare anche in ambito sportivo’. Quindi è toccato al Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. ‘La scherma – ha detto il primo cittadino palermitano – assolve un ruolo di agenzia educativa promuovendo una serie di valori come la lealtà, la correttezza, il rispetto dell’avversario. Gli atleti della Federazione, venendo qui a Palermo, divengono automaticamente palermitani. La scherma è orgoglio d’Italia e Palermo ha già vinto ospitando gli assoluti di scherma’. Il Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci ha mostrato l’orgoglio regionale. ‘La nostra isola – ha sottolineato – si trasforma in in una grande pedana dove i più sani valori dello sport sono presenti. La scherma ha una solida antica e nobile tradizione presente già dai tempi dei normanni. Non è un caso che la prima medaglia olimpica siciliana giunga proprio dalla scherma, con Pietro Speciale a Stoccolma 1912’. Musumeci ha poi ricordato alcuni maestri storici siciliani, da Agesilao Greco a Raffaele Manzoni ed al palermitano Triolo, ma anche i grandi eventi ospitati nell’Isola.
“Lo sport può diventare una medicina benefica per tanti giovani – ha aggiunto ancora il vertice regionale – dobbiamo promuovere la pratica sportiva e far appassionare i più piccoli allo sport. Ecco perché serve un dialogo tra il Coni, le federazioni e soprattutto le scuole. Ribadisco la volontà del governo regionale a fare in modo che, anche nelle periferie si possa praticare lo sport come strumento importante di crescita e formazione”.
Quindi è stata la volta delle autorità sportive. Dal Presidente del CONI, Giovanni Malagò, che ha sottolineato il ruolo della scherma italiana nel panorama dello sport azzurro dando risalto agli atleti presenti in sala, da Irene Camber a Valentina Vezzali sino a Carola Mangiarotti, al Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli che ha parlato della scherma italiana come un ‘punto di riferimento per chi crede davvero nello sport come modello educativo di partecipazione e di crescita’, riconoscendo alla scherma il merito di aver creato un connubio riuscito tra dimensione educativa e ricerca dei risultati sportivi. Poi la parola è passata agli atleti: Maurizio Randazzo, in rappresentanza degli atleti olimpici, e William Russo a nome degli atleti paralimpici. ‘La passione muove tutto ed è fondamentale per ogni atleta – ha evidenziato Maurizio Randazzo, due volte olimpionico a squadre di spada e oggi consigliere federale – La passione dello schermidore non è una passione interessata, molti di noi studiano e lavorano e non aspirano ai guadagni. Molti hanno avuto a fianco i gruppi sportivi militari che li hanno supportati. La passione dell’atleta è un fuoco che ci fa male ma ci rende felici e ci gratifica. La passione consente di superare momenti di sconforto. L’alternanza tra sconfitte e vittorie ci rende così consapevoli dei nostri limiti e ci guida al rispetto dei valori e della scherma’.
William Russo, palermitano e plurititolato di spada e fioretto paralimpico, ha sottolineato la crescita e lo sviluppo del settore paralimpica. ‘Ho iniziato nel 2003 a fare scherma qui a Palermo. Sedici anni dopo mi trovo a vivere un campionato italiano nella mia città. Per me – ha raccontato Russo – è un grandissimo onore e una grande festa. Agli inizi eravamo 17, oggi siamo più di 100 in tutta italia: merito della Federazione e del Comitato Italiano Paralimpico. Non siamo più atleti disabili ma atleti con la A maiuscola’. Infine, dopo la proiezione di un video sulla storia di vita del Maestro Ezio Triccoli, presa a paradigma dei tanti ‘artigiani’ che hanno forgiato nella storia gli atleti ed i campioni, a prendere la parola è stato il Presidente della Federazione Italiana Scherma, Giorgio Scarso. ‘Stiamo vivendo – ha detto il vertice federale – una delle giornate più emozionanti della storia della scherma italiana. Una storia fatta da uomini orgogliosi di essere italiani’. Il Presidente federale ha fatto una fotografia della Federazione Italiana Scherma: dal ruolo dei tecnici e dei dirigenti, a quello delle famiglie ‘che riconoscono – ha detto Scarso – nella scherma una valida agenzia educativa’. Il vertice della FederScherma ha poi parlato del rapporto con Coni e Cip ‘nostri alleati in un proficuo gioco di squadra’, citando anche i gruppi sportivi militari e corpi civili dello Stato definiti ‘corpo sano del Paese’. Infine i ringraziamenti agli ospiti, alle istituzioni ed al Presidente della Repubblica. ‘Porteremo con noi – ha concluso Scarso – l’affetto che la sua presenza oggi esprime e, a nome dell’intero mondo della scherma italiana, le ribadisco la sincera e reale stima e gratitudine’.
(ITALPRESS).

JORGINHO ED EMERSON “IN GRECIA PER VINCERE”

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Un esame difficile ma da superare a tutti i costi. Sabato prossimo l’Italia vola ad Atene per sfidare la Grecia nelle qualificazioni a Euro2020, una partita che si annuncia difficile, “sono una squadra di palleggiatori, che hanno avuto sempre il possesso palla a proprio favore nelle ultime partite e ci sarà da correre – avverte dal ritiro azzurro Jorginho – Ma andremo lì per cercare di vincere: ottenere i tre punti fuori casa sarebbe una cosa bella e importante per noi”. Del resto questa nuova Italia ha tutto per puntare in alto. “Qui c’è un gruppo giovane, che vuole sempre giocare in attacco e vuole vincere sempre – conferma Emerson Palmieri, arrivato a Coverciano assieme a Jorginho dopo la vittoria col Chelsea in finale di Europa League – A volte non siamo riusciti a segnare tanti gol pero’ siamo una squadra che crea tanto. Abbiamo ancora una settimana per preparare al meglio la partita di sabato prossimo e le mie sensazioni sono ottime”. I due italo-brasiliani sono reduci da una stagione molto positiva disputata in Inghilterra. “Le critiche? Probabilmente non erano abituati a veder giocare un giocatore con le mie caratteristiche davanti alla difesa, con meno impatto fisico e piu’ di lettura del gioco – racconta Jorginho sui suoi primi mesi in Premier – Nel momento in cui i risultati non sono arrivati la prima cosa che hanno fatto è stato puntare il dito contro di me, pero’ io credevo in quello che stavo facendo, come ci credo oggi, ho continuato a lavorare tanto e alla fine il lavoro è venuto fuori ed ho dimostrato che si sbagliavano su di me”. “Prima dell’infortunio alla Roma credo che stessi facendo una grande stagione – ha raccontato invece Emerson – Certo che proprio l’infortunio al ginocchio abbia rallentato tante cose pero’ credo che in questa stagione sono tornato ai miei livelli migliori. Sono ancora giovane, posso migliorare in tante cose, penso di aver fatto una bella annata e qui in Nazionale devo dimostrare il mio valore e quello che so fare, devo lavorare duro, e cercare di mantenere lo stesso livello”. Jorginho ed Emerson potrebbero trarre vantaggio in chiave azzurra dal fatto che al Chelsea sono allenati da un tecnico come Maurizio Sarri che ha un’idea di calcio simile a quella del ct Mancini. “Tutti e due vogliono che loro squadre giochino all’attacco, offensivamente, con fraseggio, palla a terra, anche per le caratteristiche che hanno i giocatori”, conferma l’ex Napoli. “Credo che il campo dimostri lo stile di gioco che vogliono entrambi”, gli fa eco Emerson. Del futuro di Maurizio Sarri si discute molto in queste ore, in particolare a Napoli, dove si “teme” un suo passaggio alla Juventus, scenario che verrebbe vissuto come un tradimento. “E’ normale che sia così – ha sottolineato Jorginho – Il napoletano aveva e ha mister Sarri nel cuore. Sappiamo come è il popolo napoletano, molto caloroso, ti da’ tutto, e quindi per loro sicuramente potrebbe essere un tradimento, perché loro sono fatti così. Pero’ vediamo quello che succederà, non lo sappiamo. Credo che dispiacerebbe a tutti se andasse via dal Chelsea, sia per il lavoro che ha svolto che è stato sicuramente positivo, al di là di tutte le critiche, sia perché siamo riusciti ad arrivare terzi in campionato, in finale di Coppa di Lega e a vincere l’Europa League”.

SARRI ESCE ALLO SCOPERTO “RICHIAMO ITALIA FORTE”

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“Per noi italiani il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante. Comincio a sentire il peso degli amici lontani, dei genitori anziani che vedo di rado. Ma alla mia età faccio solo scelte professionali. Non potrò allenare 20 anni. È l’anagrafe a dirlo, è roba faticosa la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti”. Maurizio Sarri, accostato con sempre più insistenza alla panchina della Juventus, in esclusiva a “Vanity Fair” – in edicola domani – non fa mistero della sua voglia di tornare in Italia dopo l’anno passato nella panchina del Chelsea, che ha portato al trionfo in Europa League. A Napoli un suo passaggio alla Juventus non sarebbe visto di buon occhio, anzi. “I napoletani conoscono l’amore che provo per loro, ho scelto l’estero l’anno scorso per non andare in una squadra italiana – prosegue Sarri – La professione può portare ad altri percorsi, non cambierà il rapporto. Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei. Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai? Resti fedele a una moglie da cui hai divorziato? L’ultima bandiera è stata Totti, in futuro ne avremo zero”. Quanto alla smania di cambiamento che sta spazzando via molte panchine del nostro campionato, Sarri se la prende con “il concetto di vittoria a ogni costo. Un’estremizzazione che annebbia le menti dei tifosi e di alcuni dirigenti – cosa che mi preoccupa di più. È sport, non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto”. Del leggendario ‘sarrismo’, che la Treccani ha accolto tra i neologismi come concezione del calcio ma anche come atteggiamento di sfida all’establishment, Sarri dice che “è un modo di giocare a calcio e basta. Nasce dagli schiaffi presi. L’evoluzione è figlia delle sconfitte. Non solo nel calcio. Io dopo una vittoria non so gioire. Chi vince, resta fermo nelle sue convinzioni. Una sconfitta mi segna dentro più a lungo, mi rende critico, mi sposta un passo avanti. Mio nipote mi fa leggere la pagina facebook Sarrismo e Rivoluzione. Si divertono, io sono anti-social, non ho nemmeno whatsapp”. E a proposito delle sue posizioni politiche di sinistra, Sarri spiega a Vanity Fair che “nel calcio ci si schiera poco. Per non trovarsi qualcuno contro. La mia estrazione è nota. Papà era gruista all’Italsider di Bagnoli. Mio nonno era partigiano, salvò due aviatori americani abbattuti dai nazisti, li tenne in casa per due mesi”. “È normale che avessi certe idee, oggi la politica non mi interessa più. Vedo storie di una tristezza estrema. Da lontano l’Italia è un posto che spreca occasioni”. Dei fuoriclasse dice: “Esistono squadre medie di grandi giocatori o grandi squadre di giocatori medi. Io lavoro su questo. Il fuoriclasse è quello a disposizione della squadra, altrimenti è solo un bravo giocatore. Siamo pieni di palleggiatori fenomenali. Pure ai semafori. Il divertimento è contagioso se collettivo. Se ti diverti da solo, in 5 minuti arriva la noia”. Sarri non esclude anche di mettere da parte la sua leggendaria tuta: “Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente”. Poi una battuta sulle sue superstizioni: “Ne ho meno di quelle che mi attribuiscono. Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono”.

SCARSO “SCHERMA E SPORT STRUMENTI DI INTEGRAZIONE”

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“La scherma come strumento di integrazione dei popoli del Mediterraneo”. Su questo tema, a Palazzo Mazzarino nel cuore del centro storico di Palermo, si sono confrontati mondo sportivo, politica, professioni, istituzioni in un convegno organizzato nell’ambito dei festeggiamenti per i 110 anni della Fis in occasione degli Assoluti la cui 100esima edizione si svolgerà nel capoluogo siciliano e moderato dal vicedirettore della Tgr Roberto Gueli. “La scherma ha dimostrato di essere strumento di integrazione” ha ricordato il presidente della Federscherma Giorgio Scarso. “In Sicilia è nata la confederazione del Mediterraneo e credo che questo appuntamento sia una nuova tappa di un percorso di integrazione tra i popoli del Mediterraneo attraverso lo sport”. Concetti espressi e declinati in ambito politico dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. “La scherma e’ uno straordinario esempio di un nuovo umanesimo. Siete diventati palermitani, avete condiviso la vita della citta’ – ha detto rivolgendosi alla famiglia della scherma italiana -. Vedere Valentina Vezzali al Cep o allo Zen e’ segno di rispetto per questa citta’, che non e’ europea ma mediterranea. Non possiamo privare qualcuno che e’ nato fuori dall’Italia di scegliere l’Italia come patria. Non mi piace la dicitura ‘euromediterraneo’, piuttosto direi ‘afromediterraneo’. Il Mediterraneo e’ un luogo di identita’, noi siamo Mediterraneo, questa e’ la dimensione di una citta’ che ha scelto come logo ‘Io sono persona’ alternativa a ‘Io sono individuo o io sono gruppo’” ha detto Orlando. “L’integrazione tra popoli del Mediterraneo non e’ una cosa da fare ma da riconoscere” ha detto nel suo intervento il vicepresidente e assessore all’Economia della Regione Siciliana Gaetano Armao. “Il tema di questo convegno e’ molto importante perche’ coniuga sport e integrazione. Lo sport puo’ riuscire a fare grandi cose e la scherma e’ una delle piu’ grandi evidenze”.

E’ intervenuto anche il Generale di Corpo d’Armata Sottocapo di Stato Maggiore, Luigi Francesco De Leverano, che con la Fis ha portato avanti con successo il progetto “Fencing for Change” nella scuole. “Abbiamo individuato la scherma come veicolo dei valori civili nelle periferie delle capitali del Sud Italia, ed anche come occasione per avvicinare l’Esercito ai cittadini soprattutto ai più giovani. La scherma è insita nel DNA del mondo militare, insegna il rispetto dell’avversario e delle regole”.
Presente anche Ziad El Choueiri, presidente della Confederazione Scherma del Mediterraneo che ha ringraziato la Fis e il presidente Scarso per l’invito, sottolineando il grande ruolo dell’Italia in questo processo di integrazione attraverso lo sport. “L’eredità condivisa va al di là delle differenze politiche e socio-economiche. I popoli del Mediterraneo hanno molti aspetti in comune – ha detto il dirigente libanese -. Lo sport è lo strumento più appropriato per l’integrazione sociale. Oggi abbiamo bisogno di sport per ridurre le tensioni e gioire insieme. Può essere un mezzo per lo sviluppo e può contribuire ai processi di pace”. Infine, anche la presidente della Federscherma della Tunisia, Zaida Doghri, ha sottolineato l’importanza dello sport come strumento di integrazione. “Tra tutte le armi quella dello sport è la più potente. I giochi mediterranei hanno permesso la costruzione di ville per gli atleti che poi sono state vendute alla classe media ad un prezzo per loro vantaggioso. Lo sport punta molto sui valori dell’amicizia e dello sviluppo economico-sociale”.