Il Belgio chiude “Russia 2018” con il terzo posto finale sconfiggendo per due a zero l’Inghilterra, risultato che consente alla squadra di Martinez di migliorare il proprio miglior risultato in un Mondiale (quarto posto a Messico 1986). Per gli inglesi, ulteriore boccone amaro dopo il mancato raggiungimento della finale, con gli anglosassoni incapaci per almeno un’ora di gara di dare segnali positivi nella sfida che ha preceduto l’atto finale fra Francia e Croazia di domani allo stadio ‘Luzniki’ di Mosca. Il Belgio ha costruito il proprio successo passando in vantaggio dopo solo 4’: una palla per Lukaku all’altezza del centrocampo viene girata in corsa sulla sinistra per Chadly che ha messo subito palla in mezzo all’area dove Meunier ha anticipato Rose battendo poi Pickford. Il giocatore del Paris Saint Germain è stato il decimo marcatore diverso al Mondiale per la rosa belga. L’unica colpa della formazione guidata di Martinez è stata non chiudere la gara nella prima frazione, dominata in termini di possesso palla e ritmo, con il centrocampo della squadra fiamminga che ha sempre avuto la meglio sugli inglesi ma è stato incapace di concretizzare almeno un paio di palle gol, prima con De Bruyne al 12’, respinta ad una mano di Pickford, e poi al 35’, girata sopra la traversa di Alderweireld.
Il Belgio ha perso poco dopo Chadly per infortunio, sostituito da Vermalen, ed ha avuto vita facile nel gestire il duo Sterling-Kane, ancora evidentemente sotto shock dopo la semifinale persa contro la Croazia. Ad inizio ripresa Southgate ha provato a cambiare subito la sua Inghilterra: fuori Sterling e Rose, dentro Lingaard e Rashford. Ci si attendeva una crescita di Keane e compagni ma nella prima parte di frazione sono stati pochi i segnali inglesi. E’ servito pero’ un salvataggio sulla linea di Alderweireld, su conclusione di Dier, che non ha sfruttato fino in fondo un errore in disimpegno nella propria trequarti di Kompany, per evitare il pareggio. Dopo le prove generali all’80’, con un fantastico triangolo Mertens-De Bruyne, non finalizzato al meglio da Meunier, fermato da una super parata di Pickford, il Belgio ha chiuso la partita 2’ piu tardi con Hazard servito sulla trequarti sul filo del fuorigioco da De Bruyne e capace di superare prima Jones e poi l’estremo difensore ingkese. Per l’Inghilterra rimane l’amarezza del quarto posto finale e l’unica consolazione, amara, che salvo sorprese, Harry Kane con 6 reti sarà il capocannoniere della competizione.
(ITALPRESS).
BELGIO CHIUDE AL 3° POSTO, BATTUTA L’INGHILTERRA
KERBER NUOVA REGINA, DOMANI DJOKOVIC-ANDERSON
“The Queen”, il “Redivivo” e “Il Maratoneta”. Non sono i premi dell’Academy del cinema di Hollywood ma gli appellativi conquistati sui campi in erba dell’All England Lawn Tennis Club di Londra dai tre grandi protagonisti dell’edizione numero 132 di Wimbledon. Procedendo con ordine, la nuova regina (da non confondere con Helen Mirren) è la tedesca Angelique Kerber. La trentenne tedesca ha vinto il singolare femminile, battendo nettamente in finale la 36enne statunitense Serena Williams, tornata protagonista in questa kermesse londinese dopo aver abdicato per maternità lo scorso anno. La Kerber, che in carriera aveva vinto (nel 2016) gli Us Open e gli Australian Open, si è aggiudicata il primo Wimbledon della sua carriera battendo la ex numero uno del mondo con un eloquente 6-3 6-3 (in un’ora circa di gioco). Per lei è dunque il terzo trofeo Major ma anche il 12° titolo internazionale in bacheca. Ora la giocatrice di Brema, la prima tedesca a scrivere il suo nome nell’albo d’oro dei “The Championships” dopo Steffi Graf, andrà al quarto gradino del ranking internazionale. Risalirà nelle prime 30 invece la Williams, che rimane ferma a quota sette vittorie sul manto verde di Londra (2002, 2003, 2009, 2010, 2012, 2015 e 2016), a 23 trofei Major e a 72 titoli Wta. Oltre ai sette sigilli a Wimbledon, la statunitense ha conquistato per tre volte Parigi, in sei occasioni gli Us Open e in sette edizioni gli Australian Open.
Onore comunque a Serena, tornata da poco nel circuito (per lei questo era solo il quarto torneo) ma accreditata dagli organizzatori di Wimbledon della 25^ piazza d’onore, benchè fosse al gradino 181 del ranking mondiale. Un “favore” meritato, per quello che ha dimostrato ancora una volta sul campo.
Il redivivo (da non confondere con Leonardo Di Caprio) è Novak Djokovic. Il serbo, nel proseguimento del match sospeso ieri sera (quando conduceva 2 set a 1) ha battuto lo spagnolo Rafael Nadal, uno del mondo e due del seeding. L’ex leader del ranking Atp, attualmente numero 21 della classifica internazionale, tornerà a giocare domani una finale di un Major dopo quasi due anni (l’ultima l’ha giocata e persa agli Us Open nel 2016). Oggi, intanto, si è imposto con il punteggio di 6-4 3-6 7-6 (9) 3-6 10-8. Anche questa seconda parte della partita è stata giocata, proseguendo sulla falsa riga di ieri, al coperto e con luce artificiale: un vantaggio, non voluto ma dettato dalle regole, per il più perforante Djokovic. Deve dunque ringraziare Anderson e Isner il serbo: outdoor sarebbe stata verosimilmente un’altra storia. La sfida, complessivamente, è durata 5 ore e 16′. Nadal, che avrà visto il match dei quarti di finale di Parigi, quando Djokovic è stato seppellito dalle palle corte di Cecchinato, si è affidato spesso alle smorzate ma non è riuscito a “spezzare” il ritmo del serbo, criticato in Patria per aver ammesso di tifare per i “cugini” della Croazia ai Mondiali di calcio. Per Nole, quella di domani sarà la quinta finale a Londra. Per lui finora tre vittorie (2011, 2014 e 2015) e una sconfitta (nel 2013, contro Murray).
Infine il maratoneta, che non è Dustin Hoffman ma il gigante sudafricano Kevin Anderson, reduce dalla battaglia contro Federer e dalla supersfida infinita contro Isner. Sarà lui, domani, a contendere il trono del Re a Djokovic. Per lui, 203 centimetri di statura, è la seconda finale in un Major, dopo quella giocata (e persa) agli Us Open lo scorso anno. Fra i finalisti sei precedenti: conduce per 5-1 il serbo. L’ultimo match fra i due è datato 2015: giocarono proprio a Londra, negli ottavi di finale, e vinse Djokovic 7-5 al quinto, rimontando due set di svantaggio. Tutti avvisati: si preannuncia un’altra battaglia.
(ITALPRESS).
LAZIO CEDE FELIPE ANDERSON AL WEST HAM
Felipe Anderson è stato ceduto a titolo definitivo al West Ham. A ufficializzarlo è stata la stessa Lazio che su twitter ha ringraziato il centrocampista: “Grazie di tutto Felipe e buona fortuna per la tua nuova avventura”.
Felipe Anderson si unisce alla squadra di Manuel Pellegrini con un contratto quadriennale. L’operazione si è chiusa per una cifra vicina ai 38 milioni di euro. Anderson lascia la Lazio dopo cinque stagioni. Nell’ultima il brasiliano ha concluso con otto gol e dieci assist nelle sue 32 presenze.
Si tratta del settimo arrivo in casa west Ham dopo quelli di Ryan Fredericks, Lukasz Fabianski, Issa Diop, Jack Wilshere, Andriy Yarmolenko and Fabian Balbuena.
“Mi sento davvero felice e soddisfatto di arrivare al West Ham – ha detto l’ormai ex lazio al sito ufficiale del West Ham – Arrivo in un club con molta tradizione, molti grandi giocatori
hanno giocato qui, come Bobby Moore, Carlos Tevez e Di Canio. Erano grandi giocatori e idoli qui, e io spero di raggiungerli e diventare una leggenda anche qui. Voglio ringraziare il
proprietario, David Sullivan, perche’ ha fatto un grande sforzo per portarmi qui. So quanto sia stato difficile, quindi devo ringraziarlo molto, e spero di poter ripagare la sua fiducia con
tanti gol e vittorie”.
MOTOGP, IN GERMANIA MARQUEZ PRECEDE ROSSI
Ancora lui, Marc Marquez. Secondo successo consecutivo dopo quello in Olanda, quinta affermazione della stagione e soprattutto nona vittoria consecutiva sul circuito di Sachsenring, a lui più che congeniale. La Honda ottiene la vittoria numero 13 in MotoGP (di cui le ultime 9 consecutive) su questo circuito. Una affermazione che proietta Marquez verso la conquista del mondiale al termine della prima parte della stagione: ora per lui i punti sono 165, 46 in più (che coincidenza!!!) su Valentino Rossi che in barba ai suoi 39 anni è sempre li a mostrare tutta la sua classe ai più giovani avversari. Un secondo posto per il “dottore” che è anche il miglior risultato di questa stagione, giunto al ternine di una gara perfetta nella gestione e nei sorpassi al momento giusto. Poi, come lui stesso ammette, c’erano delle extramotivazioni, come il primo podio in moto2 conquistato dal fratello Luca Marini e la voglia di dedicare un buon risultato a Don Cesare, il parroco di Tavullia, da poco scomparso, che suonava per lui le campane fin dai tempi della 125.Con 12 podi al Sachsenring, Rossi eguaglia il record di questo circuito, detenuto da Agostini e Hailwood.
Terzo posto per Maverick Vinales e quindi due Yamaha sul podio, come non accadeva dal gp d’Australia del 2017 con gli stessi protagonisti. Lo spagnolo non è contento fino in fondo, vorrebbe qualcosa in più dalla sua Yamaha e del resto lo stesso Rossi continua a chiedere ai giapponesi qualcosa in più in accelerazione perchè l’impressione è che manchi veramente poco per poter lottare fino in fondo con gli avversari.
Un podio solo sfiorato per Danilo Petrucci, quarto con la Ducati del team Pramac; l’italiano non le manda a dire a Jorge Lorenzo in quanto sostiene che il contatto con lo spagnolo è costato un secondo decisivo. Bella prova anche da parte di Alvaro Bautista che porta la Ducati del team Angel Nieto in quinta posizione davanti alle due Ducati ufficiali di Jorge Lorenzo e Andrea Dovizioso, costretto a lavorare parecchio sulla gestione delle gomme.
I punti salienti della gara si possono riassumere con la partenza perfetta di Jorge Lorenzo con Petrucci e il poleman Marquez alle spalle; l’avvicinamento di Marquez fino al sorpasso al 13° giro; l’errore di Lorenzo al 16°passaggio che va lungo alla curva 12 e viene sorpassato anche da Rossi; il bel duello tra i due con un paio di sorpassi; la lotta molto interessante per la terza posizione, in un primo tempo tra Danilo Petrucci e Jorge Lorenzo a 5 giri dal termine, favorevole all’italiano, quindi la battaglia finale con Vinales abile a infilare Petrucci.
DEGENKOLB TORNA AL SUCCESSO, MARTEDÌ LE ALPI
John Degenkolb è tornato al successo dopo circa tre anni; Greg Van Avermaet è rimasto in maglia gialla per il settimo giorno consecutivo; Richie Porte e Tony Martin si sono ritirati; Rigoberto Uran ha accusato (per colpa di una caduta) quasi due minuti di ritardo. Queste, in sintesi, le notizie principali della temuta nona tappa dell’edizione numero 105 del Tour de France, la Citadelle d’Arras-Roubaix, di 156.5 chilometri, dei quali ben 21 e mezzo lungo il “mitico” pavè (divisi in 15 settori).
Bella la storia di Degenkolb. Il tedesco della Trek Segafredo, che si era imposto proprio nella Parigi-Roubaix, nonchè nella Milano-Sanremo, nel 2015, dopo un brutto incidente subito a gennaio del 2016 non era più stato in grado di pedalare da “big”. Oggi, finalmente, ha ritrovato la gamba giusta e si è messo alle spalle, allo sprint, i due compagni della fuga decisiva. In seconda piazza il belga Van Avermaet (Bmc), vincitore della Parigi-Roubaix nel 2016, sempre più leader della classifica generale. Al terzo posto un altro belga, ovvero Yves Lampaert (Quick Step Floors). A 19″ i primi inseguitori, come Gilbert e Sagan (saldamente maglia verde); al 27″ i migliori, ovvero Froome, Adam Yates, Nibali, Thomas, Valverde, Dumoulin e Quintana. Poco più indietro gli sfortunati Bardet (diverse forature) e Landa (caduto), a 34″; infine a 1’55” Uran.
Tantissimi incidenti e numerose forature hanno caratterizzato e animato la frazione odierna. Parzialmente rivoluzionata la classifica generale. In primis hanno alzato bandiera bianca e sono fuori gioco Tony Martin, caduto rovinosamente ieri, e Porte, vittima di un brutto incidente nei primi chilometri di oggi. Per il resto Van Avermaet ha ora un vantaggio di 43″ su Geraint Thomas, secondo, e di 44″ su Gilbert, terzo. Questi, invece, i distacchi dei protagonisti più attesi: Alejandro Valverde è a 1’31”, Chris Froome, Adam Yates e Mikel Landa sono a 1’42”. Più dietro Vincenzo Nibali, a 1’48”, Tom Dumoulin, a 2’03”, Romain Bardet, a 2’32”, Nairo Quintana, a 2’50”, e Rigoberto Uran, a 2’53”.
Calmo e riflessivo, al termine della tappa il siciliano Nibali. “Oggi è stata veramente una frazione difficile: nei tratti di pavè c’era tanta polvere e si stava tutti in fila. Per fortuna la mia caduta è stata senza conseguenze. All’inizio è stato il tratto più difficile: tutti andavamo forte per stare davanti ma la strada era stretta. Non è stata una tappa semplice”, ha detto l’italiano, proiettato già verso il break e soprattutto verso le Alpi.
Domani la carovana gialla osserverà un giorno di riposo (il primo, l’altro è previsto per il 23 luglio) nella splendida Annecy. A seguire, da martedì si fara’ sul serio: in programma la scalata de Le Grand Bornand, primo arrivo sulle Alpi, nell’Alta Savoia.
(ITALPRESS).
DJOKOVIC SI RIPRENDE IL TRONO DI WIMBLEDON
Dopo circa due anni molto difficili, il redivivo Novak Djokovic è tornato sul trono di Wimbledon. Il tennista serbo ha fatto poker, vincendo per la quarta volta in carriera il torneo più prestigioso del circuito internazionale, sull’erba dell’All England Lawn Tennis Club di Londra.
Djokovic, numero 21 del mondo e 12 del seeding, nella finale di oggi, sul mitico “centre court”, ha sconfitto in tre set Kevin Anderson. Il redivivo ex numero uno della classifica internazionale, 31enne, si è imposto col punteggio di 6-2 6-2 7-6 (3), in circa due ore e un quarto di gioco, mostrando di aver ritrovato il tennis e la fisicità dei giorni migliori. Un po’ appesantito dalle maratone degli ultimi giorni, invece, il gigante sudafricano, 8 del ranking Atp e del tabellone, che ha accusato durante il match problemi al bicipite destro. Combattuta soltanto la terza frazione, nella quale il serbo ha annullato 5 set ball al 32enne Anderson (2 sul 4-5 e 3 sul 5-6).
Per Djokovic è dunque poker, dopo i successi a Londra del 2011, del 2014 e del 2015. E’ anche l’affermazione numero 13 in carriera nei Major – ha vinto anche sei Australian Open, un Roland Garros e due Us Open – nonchè il 69° titolo internazionale. Adesso, da domani, Djokovic tornerà nella top ten mondiale, esattamente al gradino numero 10.
Grandi festeggiamenti per lui alla fine, con tributi per il primogenito Stefan, ammesso sugli spalti a fine match nonostante abbia meno di 5 anni, e per la moglie Jelena. Assente giustificata l’altra figlia Tara, ancora troppo piccola. In trionfo anche il coach Marian Vajda, che da quando ha ripreso in mano Djokovic ha aiutato non poco il serbo a ritrovare la retta via. “Sono molto grato al mio team: tutti mi hanno sostenuto negli ultimi due anni. Non è stato un periodo facile per me: ho subito un intervento chirurgico, ho passato diversi mesi ‘fermo’ e non ero certo di poter tornare al top. Non poteva esserci teatro migliore per il mio ‘come back’. Ho vinto in questi campi quattro volte e sono molto felice di tutto ciò: è un piacere giocare qui a Londra, ringrazio e saluto tutto il pubblico”, ha detto il campione serbo a fine partita.
“Complimenti anche ad Anderson. Kevin ha trascorso parecchie ore in campo sia in quarti che in semifinale. Nei primi due set non ha giocato bene oggi ma nel terzo è stato migliore di me: sono stato fortunato a venirne fuori e a vincere in tre parziali”, ha spiegato ancora Djokovic. “E’ tutto splendido: è la prima volta nella mia vita che qui c’è un piccolino che mi grida papà, papà. Mi rende veramente felice pensare che lui (suo figlio, ndr) possa essere qui testimone di questa vittoria. Saluto lui, mia moglie e tutto il mio team”, ha concluso il nuovo, vecchio Re di Wimbledon.
(ITALPRESS).
FRANCIA CAMPIONE, 4-2 ALLA CROAZIA IN FINALE
Vent’anni dopo, la Francia e’ campione del mondo: gli uomini di Deschamps superano 4-2 la Croazia a Mosca e per la seconda nella loro storia (in entrambi i casi c’era Deschamps…) alzano al cielo il trofeo piu’ ambito e desiderato. Tantissime le emozioni, tra autogol (Mandzukic), rigori (segna Griezmann dopo utilizzo del Var), magie (Perisic, Pogba, Mbappe’) e papere (Lloris e Subasic). La partenza e’ croata, con i recuperati Perisic e Strinic a imperversare – senza particolari problemi per Lloris – dalle parti di Pavard; ma al primo tentativo, passa la Francia. Punizione di Griezmann, deviazione di Mandzukic in anticipo su Pogba e i Bleus sono avanti dopo 18 minuti, quasi senza accorgersene. La Francia potrebbe avere spazi ma la Croazia ha il merito di non scomporsi, trovando il pari dieci minuti dopo: Perisic evita Kante’ e fa partire un gran diagonale di sinistro, imparabile per Lloris. Altri dieci minuti e altra svolta: su corner di Griezmann, Perisic tocca col braccio. Pitana non vede in diretta e si affida al Var (Irrati), assegnando un giusto penalty che Griezmann trasforma con freddezza, spiazzando il pararigori Subasic. Si riparte con lo stesso copione. Rakitic innesca Rebic, Lloris in corner. Poi Varane e Lloris rischiano grosso, mentre Mbappe’ sfreccia su Vida: decisivo Subasic. Al 59′, dopo una pacifica invasione di campo, la Francia cala il tris: contropiede avviato e concluso da Pogba, con la decisiva collaborazione di Mbappe’ e Griezmann. Il sinistro dell’ex Juve beffa Subasic, apparso non impeccabile nella circostanza. Brozovic salva su Griezmann, ma ormai il Mondiale ha preso la strada per Parigi: Mbappe’ si mette in proprio, destro dal limite e 4-1, con Subasic ancora una volta colpevole. Lloris, forse ‘invidioso’ del collega, la combina grossa: in versione Karius-Benzema, regala a Mandzukic un parziale riscatto a 22′ dal termine. Troppo tardi, nonostante un generoso assalto finale. Finisce il sogno croato, Francia sul tetto del mondo.
(ITALPRESS).



NICCHI “NUOVA CALCIOPOLI? PUO’ SUCCEDERE”
“Rischio di una nuova calciopoli? Quando si toglie la rappresentanza puo’ succedere di tutto. Noi abbiamo tirato una linea netta su quella nefandezza, ma quando gli arbitri devono essere controllati da qualcun altro che non e’ la loro Associazione puo’ succedere di tutto”. A dirlo il presidente dell’Associazione italiana arbitri, Marcello Nicchi, ai microfoni di “Radio Anch’io Sport” su RadioUno. “Con noi oggi non tornerebbero atti nefasti, ma le cose stanno cosi’: se vogliono toglierci la rappresentanza democratica lo facciano, a ogni azione ci sara’ una reazione – aggiunge Nicchi -. Se siamo a questi livelli cosi’ alti e’ perche’ nel mondo della Federazione gli arbitri sono una componente importante. Quando si parla di cose importanti, come la Var, ricordo a tutti che senza la nostra collaborazione non ci sarebbe stata”. A livello federale, ricorda il capo degli arbitri italiani, “sta succedendo quello che ormai tutti sanno. Vogliamo che vengano indette le elezioni perche’ le leggi lo impongono, il candidato poi lo decidera’ la commissione elettorale, che dira’ chi e’ candidabile e chi no. Si sta perdendo del tempo inutilmente”.
Nicchi parla all’indomani di Francia-Croazia, finale dei Mondiali arbitrata dall’argentino Pitana e non dal nostro Rocchi. “C’era molta Italia ai Mondiali, i nostri arbitri hanno fatto molto bene sia in campo che al Var – afferma -. Diciamolo francamente: ieri Irrati ha salvato il Mondiale, e’ stato artefice di una decisione al Var fondamentale. Se non fosse stato visto quel rigore, non so che finale ci sarebbe stata. Sono grato ai nostri arbitri che hanno tenuto in alto il nome della Federazione. Se c’e’ rimasto male Rocchi per la mancata designazione per la finale? Lui ha fatto perfettamente quello che doveva fare, lo sentivo giornalmente, era carico, aveva fatto bene, ovviamente ci si aspettava qualcosina di piu’ ma e’ molto soddisfatto, contento – aggiunge Nicchi -. Ho detto semplicemente a tutti che hanno fatto il massimo, tutto il resto non rientra nelle nostre prerogative. Chi ha designato ha fatto bene. Gli arbitri della finalina e della finale hanno fatto bene, non c’e’ niente da eccepire”.
(ITALPRESS).










