Home Sport Pagina 1889

Sport

CRISCITO “ESCLUSIONE 6 ANNI FA CICATRICE CHE NON VA VIA”

0

“Sono sincero, ogni volta che metto piede qui, un brutto ricordo di quel periodo viene, ma fa parte della vita, mi ha aiutato tanto a crescere. Sono fortunato ad aver avuto accanto persone che mi sono state vicino in quel momento. Adesso dopo sei anni sono qui, molto felice di esserci e con qualche esperienza e partita europea in piu’”. Lo ha detto l’esterno sinistro Domenico Criscito, tornando sull’esclusione di sei anni fa dal gruppo azzurro per un presunto coinvolgimento nella vicenda Calcioscommesse. “E’ una cicatrice e una cicatrice non va mai via. E’ un ricordo, fa parte della vita, bisogna guardare avanti. Sono passati sei anni, ora guardo in modo positivo a questa avventura”. A riportarlo in azzurro è stato Roberto Mancini, il nuovo ct che Criscito ha avuto come allenatore nella stagione appena conclusa allo Zenit. “Se sono qui devo dire grazie a lui, mi conosce bene, sa che cosa posso dare. L’ho avuto  quest’anno a San Pietroburgo, mi sono trovato molto bene, mi ha fatto capitano della squadra. Lui mi ha riportato qui ma ora sta a me dimostrargli quello che posso dare. Sono pronto per questa sfida. Il Mancio è un grande allenatore, lo ha dimostrato anche nelle esperienze passate, ha vinto molto, e penso sia l’uomo giusto per ripartire. Lui puo’ portare la sua personalita’, la sua grinta e la sua esperienza”, ha aggiunto il nuovo difensore del Genoa. Intanto a San Pietroburgo potrebbe essere Sarri a prendere il posto di Mancini. “Credo che un allenatore come Sarri possa fare bene in qualsiasi squadra, lo ha dimostrato a Napoli. Penso che il Napoli abbia fatto il gioco piu’ bello in Italia – ha aggiunto Criscito -. Poi con 91 punti non è riuscito a diventare campione d’Italia solo perché davanti aveva la Juventus, ma con 91 punti di solito si è campioni”.

In conferenza stampa anche Mattia Caldara, difensore che lascia l’Atalanta per andare alla Juventus e che, visti comportamenti ed eleganza nel modo di fare e stare in campo, ricorda un grande come Gaetano Sciurea che proprio oggi avrebbe festeggiato il suo 65esimo compleanno. “Credo che sia un mostro sacro, io non posso nemmeno paragonarmi a lui, e’ stato un giocatore di un’altra categoria. Io spero di fare bene alla Juve, ho fatto gradino dopo gradino, sono partito dalla serie D e ora sono arrivato in Nazionale – ha aggiunto Mattia Caldara -. Sin da piccolo non sono mai stato considerato un campione, ma so che posso crescere giorno dopo giorno e ancora molto”. Lui arriva alla Juve, Gigi Buffon lascia i bianconeri. “Giocare con una leggenda come lui fa piacere a tutti. Sappiamo come è andata, credo che abbia dato davvero tanto sia al calcio italiano che alla Juve”. Adesso però c’è la Nazionale e Caldara deve abituarsi alle direttive di un nuovo allenatore. “Mancini, anche se abbiamo fatto finora pochi allenamenti, ci ha già fatto capire i suoi concetti principali che sono molto diversi da quelli di Gasperini, devo impararli velocemente. Per quel poco che ho potuto capire in questi due giorni Mancini vuole che stiamo molto corti e stretti e sempre molto aggressivi, con molta presenza in zona palla. Gasperini invece vuole che stiamo a tre in difesa – ha aggiunto Caldara sulle differenze fra
club e Nazionale azzurra -. Anche il gioco in fase di possesso palla e non è diverso”.
(ITALPRESS).

 

CAPOLAVORO DI FROOME AL GIRO D’ITALIA, YATES CROLLA

0

Un’impresa d’altri tempi, come ormai se ne vedono sempre più raramente nel ciclismo moderno. Nel giorno del tappone di montagna più atteso, quello con il Colle delle Finestre (Cima Coppi) ed il suo sterrato, Chris Froome si guadagna un posto nella storia del Giro d’Italia. A Bardonecchia, dopo 185 chilometri di fatica e spettacolo, il campione britannico del Team Sky arriva tutto solo e con la maglia rosa tatuata sul petto. Caduto a Gerusalemme, risolto sullo Zoncolan e discreto ma nulla più a cronometro, il quattro volte vincitore del Tour de France, in gruppo in questa stagione con la spada di Damocle della positività al salbutamolo all’ultima Vuelta, ha dato la paga a tutti i rivali, mettendo fine, dopo 13 giorni, all’epopea del connazionale Simon Yates (Mitchelton-Scott), alla fine 79esimo a 38″51″. Con le sue proverbiali ‘frullate’, Froome scappa a circa 80 chilometri dalla conclusione, salendo sul Colle delle Finestre, animando una tappa che poco prima aveva salutato Fabio Aru, ritiratosi senza aver mai lasciato un segno tangibile. L’anglo-keniano però ha voglia di far saltare il banco, mette la sua squadra a tirare e poi saluta con la sua classica pedalata. Nessuno gli resiste e comincia così una cavalcata verso un trionfo che fa tornare alla mente le avventure in quota di Marco Pantani. Yates affonda, Tom Dumoulin reagisce con criterio, salendo con il suo passo senza però trovare particolare collaborazione. Tirando le somme, l’olandese della Sunweb,  campione uscente e quinto a 3’23”, si salva perché ha ora solo 40″ di ritardo da Froome. Seconda piazza di giornata all’uruguaiano della Movistar e maglia bianca Richard Carapaz (+3’00”), terzo il francese della Groupama-Fdj Thibaut Pinot (+3’07”); settimo Davide Formolo (Bora-Hansgrohe) a 8’22”, undicesimo Domenico Pozzovivo (Bahrain-Merida) a 8’29”: il lucano soffre e lascia il terzo gradino del podio a Pinot. “Mai fatto un attacco cosi’ da lontano… – il commento di un soddisfatto Froome – Mi sentivo bene ma ero piu’ di tre minuti indietro. Sapevo che mancava tanta strada, per vincere questo Giro dovevo fare qualcosa di straordinario. Non potevo aspettare l’ultima salita, dovevo fare una pazzia: i cambi erano buoni e dietro non stavano bene”. Froome ricorda anche che, in questo Giro, “la partenza e’ stata molto difficile dopo la caduta, pero’ sempre il morale per il finale. Se avessi fatto tutto correttamente, sarebbe venuto il momento di scattare. E questo momento e’ arrivato oggi”. Domani si disputa la ventesima e penultima tappa, la Susa-Cervinia i 224 chilometri. Frazione alpina che propone quasi 4000 metri di dislivello interamente concentrati negli ultimi 90 km dove si scalano 3 salite di quasi 20 km ciascuna. Lungo avvicinamento quasi in costante ascesa da Susa verso Torino e poi attraverso le ondulazioni del Canavese per arrivare alla valle della Dora Riparia. Dalla zona di Ivrea si risale verso la Valle d’Aosta dove sono posti gli ultimi 90 km della tappa. Si scalano il Col Tsecore (16 km con lunghi tratti  oltre il 12% negli ultimi 4 km), il Col de St.Pantaléon (16.5 km al 7.2%) e infine la salita di Cervinia di 19 km al 5%. Il tratto più ripido si affronta poco prima e durante l’attraversamento del capoluogo comunale di Valtournenche. C’è spazio dunque per attaccare ancora prima della passerella finale a Roma.
(ITALPRESS).

ITALIA TRIONFA NELLA COPPA DELLE NAZIONI

0

La squadra azzurra agli ordini del capo-equipe Duccio Bartalucci ha vinto oggi, dopo il successo del 2017, la Coppa delle Nazioni – dello CSIO Roma – Master d’Inzeo. Il team composto dall’aviere capo Luca Marziani su Tokyo du Soleil (0/0), il 1° aviere scelto Giulia Martinengo Marquet (0/4) su Verdine Sz, il carabiniere scelto Emanuele Gaudiano (0/elim.)  su Caspar e l’appuntato scelto Bruno Chimirri (rit/0 )  su Tower Mouche ha chiuso con 4 penalità complessive. Gara aperta fino alla fine, determinante per la vittoria è stato l’ultimo percorso affrontato da Bruno Chimirri e chiuso senza errori. Secondo posto a pari merito per la Svizzera  e Stati Uniti con 8 penalità.

“Sono felice di essere stato in questa Piazza di Siena con il prato verde e con un pubblico così folto che ha fatto un tifo da stadio. Un pensiero va al presidente della Repubblica che oggi doveva essere presente: lo sport italiano è felice di dedicargli questa vittoria perché con il cuore era con noi”. Queste le parole del presidente del Coni Giovanni Malagò dopo la vittoria dell’Italia nella Coppa delle Nazioni a Piazza di Siena. “Secondo trionfo consecutivo? Sapevamo di avere una squadra rinnovata, ma abbiamo grandi atleti e grandi cavalli e sotto sotto avevamo speranze di ripeterci – ha ammesso il numero uno dello sport italiano – Abbiamo dimostrato di avere una rosa ampia, siamo molto felici di questo percorso che va avanti. Adesso si entra nel biennio che porta all’Olimpiade di Tokyo ed è fondamentale fare risultati per il ranking, perché la qualificazione non è per nulla facile”.
(ITALPRESS).

 

ZIDANE E KLOPP D’ACCORDO “CHANCE VITTORIA AL 50%”

0

Ancora il Real Madrid. Un appuntamento fisso quello tra i “blancos” alla terza finale di Champions League consecutiva. Già la doppietta centrata lo scorso anno a Cardiff con il secco 4-1 alla Juventus fu un record, puntare al terzo trionfo in tre anni sarebbe qualcosa di veramente storico. Zinedine Zidane lo sa bene, ne è orgoglioso e rende merito ai suoi ragazzi spiegando come si fa a disputare tre finali della massima competizione europea consecutive. “Questa squadra è fatta di tanto duro lavoro e di talento, non è facile giungere a una finale. Siamo felici di essere di nuovo qui – ha spiegato il tecnico francese nella conferenza stampa Uefa di Kiev -. Siamo felici di poter disputare un’altra finale e cercheremo di ottenere il massimo. La pressione c’è ma questa è la vita, questo è il calcio”. Nessun allenatore ha mai vinto tre Coppe Campioni consecutive, lui può riuscirci. “Sono una persona competitiva e mi piace combattere, ma siamo qui per il grande lavoro svolto dai ragazzi: quando ami il tuo lavoro e lo puoi fare al Real Madrid, allora è possibile fare grandi cose”. Dice con grande modestia, ma anche con consapevolezza Zizou che ha la stessa fame di sempre, altro che Real meno affamato e con la pancia piena dopo gli ultimi due trionfi. “Voglio sempre fare bene, dare il massimo e poi vedere cosa raccolgo. Quando ho dato il massimo sono comunque soddisfatto”, assicura il francese che non si sente favorito e che tiene in grande considerazione il Liverpool di Jurgen Klopp.
“La gente dice che siamo favoriti ma secondo me non è così, e non lo sono neppure loro. È una finale e partite del genere sono sempre da 50 e 50, le percentuali sono le stesse – spiega Zidane -. Ho grande rispetto di Klopp, che ha fatto cose fenomenali, ha grande esperienza e la sua carriera parla per lui. Da giocatore ero meglio io, ma lui non era male. Non so siamo simili però, perché ogni tecnico è diverso dall’altro”. Di sicuro hanno entrambi la stessa voglia di vincere e in comune hanno la cura dei dettagli e dello studio degli avversari. “Il calcio è semplice: si affrontano due squadre e a te tocca capire come il tuo avversario potrebbe farti male ed evitarlo. E poi quando hai tu il pallone devi cercare di colpire. Domani cercheremo di soffrire il meno possibile e di far soffrire loro il più possibile, tutto qui”. Non è proprio tutto qui, lo sa bene Zidane e sa bene che il suo asso nella manica, ma questo lo sanno tutti, è Cristiano Ronaldo. “Sta bene. Se non è al 150% è al 140% e credetemi non è poco! Domani giochiamo l’ultima gara della stagione e lui vive per partite di questo tipo”, avverte Zizou che deve decidere se schierare Bale o Benzema nel tridente, se dare spazio a Isco. Tanta, tantissima qualità nella sua rosa, inevitabilmente qualche big inizierà dalla panchina ed è questa la cosa che piace meno a Zidane, innamorato del suo lavoro, ma dispiaciuto nel lasciare fuori alcuni dei suoi ragazzi.
“Devo prendere delle decisioni, i ragazzi stanno tutti bene e alcuni non potranno giocare. Dobbiamo pensare in ottica di squadra ed evitare delusioni personali, quando la partita inizia siamo tutti assieme e solo così si vince. Come dice Isco tocca a me il problema di dover decidere chi escludere – ha proseguito Zidane -, è un boccone amaro che devo mangiare, non è mai facile sceglire l’11 titolare, è la cosa peggiore per un tecnico, soprattutto in una finale. Alcuni giocatori finiranno in tribuna, altri in panchina… I ragazzi lo sanno: è dura ma è il mio lavoro e una responsabilià che mi devo assumere”.
Se Zinedine Zidane non vuole sentir parlare di un Real Madrid poco affamato, Jurgen Klopp ci tiene a sottolineare che anche il “Liverpool ha il Dna dei vincenti”. Di buon umore, rilassato e come al solito brillante, nella conferenza stampa di Kiev il tecnico dei “reds” parla di una finale di Champions League che ha negli inglesi la sorpresa e nel Real la solita conferma. Per il tecnico tedesco è la seconda finale della carriera nella massima competizione europea e nella prima occasione non andò bene. Allora allenava il Borussia Dortmund e a dargli un dispiacere fu il Bayern. “La finale di Champions è qualcosa di enorme e quando fai l’allenatore devi preparare tante cose, devi essere convinto e tranquillo, io nel 2013 ero molto più nervoso – sottolinea Klopp -, giocammo una partita fantastica contro una squadra molto forte. Dopo quella sconfitta sapevo che avrei avuto un’altra chance ed eccola, a darmela sono stati i giocatori del Liverpool che hanno lottato in maniera incredibile per centrare l’obiettivo, meritano di essere qui e adesso dobbiamo solo andarcela a giocare”. Tanti elogi per il collega che siede sulla panchina dei “blancos”. “Molti pensano che non abbia grandi nozioni tattiche, un po’ quello che dicono di me, ma Zidane è stato tra i 5 migliori giocatori di tutti i tempo e ora ha la possibilità di vincere da allenatore la terza finale di Champions consecutiva. Per me è un tipo brillante, lo è stato da calciatore e lo è da allenatore, la sua squadra funziona come un orologio svizzero e gioca un calcio fantastico. E’ sempre stato un lottatore, sin da quando è cresciuto a Marsiglia, magari da calciatore non si notava perchè aveva una classe superiore”.
“Quando gli dite che potrebbero non avere la stessa fame di vincere si vede dalla sua espressione che non è così e che non gli piace sentirselo dire, la stessa cosa vale per me”. Klopp ha le idee chiare e ha anche certezze. “Io non ho mai giocato due finali di Champions consecutive, non so cosa si prova, sicuramente loro un secondo prima della partita saranno più tranquilli di noi, ma le partite non durano un secondo. Il Real è molto forte, ma non ha ancora giocato contro di noi, siamo il Liverpool e nel DNA di questo club c’è il vincere grandi cose. Siamo in finale perchè lo meritiamo, abbiamo fatto più gol di tutti e ottenuto grandi risultati in casa e fuori. L’esperienza è un vantaggio, ma noi gli complicheremo la vita al massimo”. Klopp ha studiato il Real, lo ha spiegato ai suoi giocatori e domani vuole vedere “una squadra capace di adattarsi ai livelli del Madrid, dobbiamo essere preparati al loro gioco, ma anche a mettere in mostra le nostre qualità. Abbiamo il 50% di chance. Il punto di forza di questo Liverpool è al 100% lo spirito di gruppo. Eravamo già una buona squadra, ma adesso siamo mentalmente forti e pronti a giocare grandi partite”. Salah e il Ramadan non è una questione che lo preoccupa. “La religione è un qualcosa di privato e non ho nulla da dire a riguardo, però lo vedo pieno di energie. Lui come Messi e Ronaldo? Momo ha disputato una stagione eccezionale, ma quei due hanno vinto tutto e negli ultimi anni hanno dominato la scena”.
Le pressioni ci sono, ma Klopp sa dribblarle. “I giocatori sanno che io sono il responsabile di tutti i problemi, loro dei successi. Abbiamo lavorato dall’inizio della stagione per giocare una gara come quella di domani, possono sentirsi nervosi, ma devono solo giocare a calcio come sanno”. Klopp è ottimista. Crede nei suoi ragazzi ed è fiducioso anche grazie allo stato di salute del suo Liverpool. “Non abbiamo tutta la qualità che ha il Real, ma avremo la panchina migliore degli ultimi tempi, stiamo bene e da due settimane prepariamo questa partita. Andremo in campo per vincere, atleticamente stiamo bene, ma sappiamo che serve anche un po’ di fortuna per trionfare, non vogliamo paragonarci al Real, ma sappiamo di avere anche le nostre qualità. Del resto ci sono club più forti del Liverpool, ma in finale ci siamo noi e crediamo nei nostri punti di forza”.
(ITALPRESS).

UNDER 21 BATTUTA 3-2 NEL TEST CON IL PORTOGALLO

0

L’Italia si fa del male da sola e si arrende per 3-2 a un Portogallo abile a sfruttare i clamorosi errori difensivi degli uomini di Di Biagio nel primo tempo: a Estoril, l’Under 21 viene condannata al ko dalle clamorose ingenuità di Calabria (due volte) e Romagna, regalando di fatto le reti Jota (doppietta) e Gonçalves (autore anche degli assist). Parigini ha accorciato al 28’, poi i cambi del ct hanno regalato nuova linfa agli Azzurrini, cui non è bastato il rigore di Bonazzoli e tanto cuore nel finale per evitare la sconfitta. Illusorio l’avvio di gara all’Estadio da Mota: Verde, innescato da Cutrone, trova il piede di Pereira. L’Italia, tornata definitivamente al 4-3-3, spinge anche con Parigini e appare in controllo, ma subisce gol al primo assalto (12’): Gonçalves ha il tempo di girarsi e mirare per Jota, Calabria è distratto e il capitano lusitano batte Scuffet, incolpevole. La scena si ripete sette minuti dopo, i protagonisti sono gli stessi: Calabria inciampa e regala palla a Gonçalves, che crossa in mezzo trovando ancora Jota pronto a firmare il 2-0. Rischia di deragliare il treno azzurro su una palla persa a centrocampo da Locatelli, ma la difesa lusitana (Fernando Fonseca su tutti) si impappina e Parigini riesce a riaprire il match prima della mezz’ora. La fiera degli errori per poco non condanna nuovamente Scuffet: Jota, stavolta, grazia il portiere dell’Udinese. L’Italia con la testa pare non esserci, almeno nel reparto arretraro: stavolta la frittata la fa Romagna che, in pieno possesso, apre un’autostrada a Xadas, assist per Gonçalves e 3-1.
Incredulo Di Biagio, che rimanda in campo nella ripresa gli stessi 11. Rui Jorge invece rivoluziona il Portogallo nell’intervallo: otto volti nuovi, tra i quali gli ‘italiani’ Gil Dias (Fiorentina) e Jordao (Lazio). Fuori dunque gli ‘incubi’ Jota e Gonçalves, ma è comunque Scuffet a dover respingere subito l’assalto di Joao Felix, considerato il vero astro nascente del calcio lusitano, e Tavares. Al 55’ le prime mosse di Di Biagio: spazio a Capone (fuori Cutrone), Bonazzoli (per Verde) e Luperto (Romagna). Bonazzoli subito protagonista: si conquista e trasforma il rigore (fallo di Fernandes) che permette agli Azzurrini di credere nella rimonta. Anche perché l’Italia ha ritrovato energie e misure: bella iniziativa sulla destra, Capone per poco non trova il 3-3. Poi l’inserimento di Murgia disinnescato da Diogo Costa. Scamacca tenta la rovesciata da urlo, gli va male. Scuffet evita invece il poker sul contropiede di Tavares. Vince il Portogallo, segnali contrastanti per Di Biagio.
(ITALPRESS).

LEBRON 46 PUNTI, CLEVELAND PORTA BOSTON A GARA 7

0

Uno stellare Lebron James ha guidato Cleveland alla vittoria su Boston portando i Celtics a gara 7 della finale di Eastern Conference. James ha infatti segnato 46 punti in altrettanti minuti, contribuendo in maniera determinante al 109-99 finale grazie anche agli 11 rimbalzi e ai 9 assist ed a questi altri numeri impressionanti: 17/33 dal campo (5/7 da tre e 7/11 ai liberi). Boston da parte sua, ha cercato di contenere gli avversari ma può dire di aver vinto il secondo tempo chiuso 56-55 e di poter sperare ancora nelle prestazioni di Rozier (28 punti) e Brown (27), oltre che di altri tre giocatori che hanno chiuso in doppia cifra. Adesso tutti attendono gara 7 nella notte italiana tra domenica e lunedì, una gara senza appello dalla quale verrà fuori la vincitrice della Eastern Conference.
(ITALPRESS).

BASELLI E MANDRAGORA “RIPORTEREMO ENTUSIASMO”

0

Per riaprire un ciclo vincente servirà tempo e allora il primo obiettivo del nuovo corso azzurro è “riportare l’entusiasmo fra i tifosi italiani”. Umiltà e spregiudicatezza al tempo stesso negli occhi e nelle parole di Rolando Mandragora che dal ritiro azzurro racconta le sue prime sensazioni da debuttante nella nuova Nazionale di Roberto Mancini. “Ripartire da un ritiro come questo, a fine anno, puo’ dare già una nuova svolta, mettendo nel gruppo altri giocatori che qui non erano mai stati e partendo con un nuovo allenatore, penso si possa fare qualcosa di importante, ma solo il tempo ce lo dirà”, gli fa eco Daniele Baselli, pure lui all’esordio dopo uno stage con Prandelli. La prima chiamata in Nazionale “sicuramente mi fa un enorme piacere perché è da tanto che l’aspettavo e sono contento di essere qui, di realizzare un sogno – ha raccontato ancora il centrocampista del Torino – Voglio fare bene questo raduno per continuare questo percorso”. “E’ sempre bello indossare la maglia azzurra soprattutto perché per me e Daniele è la prima volta con la Nazionale maggiore – ha puntualizzato Mandragora – E’ un sogno che si avvera e cerchiamo di affrontarlo nel migliore dei modi per far sì di continuare a meritarci la convocazione”. Dopo la mancata qualificazione al Mondiale “Mancini avrà tempo per lavorare, per provare tanti giocatori, tanti che magari qui non sono mai stati e iniziare un nuovo ciclo – ha detto ancora Baselli – Penso che il mister sia uno dei piu’ bravi che c’è in giro e sapra’ sicuramente fare il suo lavoro alla grande. Siamo da pochi giorni insieme a lui ma sembra uno a cui piace stare insieme alla squadra, che spiega per bene quello che devi fare, e anche se in poco tempo ci ha già dato parecchie idee che già abbiamo messo in pratica in questi allenamenti. Poi solo il campo ci dirà se riusciremo a ottenere i risultati sperati”.

Chi vorrà certamente farsi notare da Mancini è Mario Balotelli. “Stiamo passando dei bei giorni insieme, ci stiamo conoscendo e sinceramente respiro un buon ambiente – ha sottolineato ancora Baselli – Anche la presenza di Mario è bella perché fa capire che anche quando vai fuori dall’Italia sei considerato. Sta meritando questa convocazione, sappiamo tutti le qualità che ha, è sempre il solito simpaticone, ci fa sorridere tutti e tiene allegro l’ambiente”. Il giocatore del Toro sa che in mezzo al campo la concorrenza è pesante “ma siamo qui per metterci alla prova e per dare un contributo. Io ce la mettero’ tutta e spero di fare quello che hanno fatto quelli che mi hanno preceduto”. “Pirlo, De Rossi e Marchisio sono tutti giocatori di una qualità assurda – ha concluso Mandragora – Vorrei tanto assomigliare a uno di loro, anche se non seguo un vero e proprio modello, e spero di fare il percorso che hanno fatto con la Nazionale. C’è peso e responsabilità nel sostituire certi senatori, pero’ sappiamo bene che ci si presenta davanti un’occasione importante, da sfruttare al meglio e faremo di tutto per non far pentire il ct di queste scelte”.
(ITALPRESS).

LO SPORT DEL FUTURO AL CENTRO DEL CONVEGNO MAPEI

0

di Italo Cucci

Il centro di ricerca Sport Service Mapei è vicino a Busto Arsizio, Solbiate e Malpensa dove si è svolto – nel Centro Congressi della Fiera – il convegno “Allenamento e performance: una visione internazionale” presieduto dal patron Giorgio Squinzi, da qualche tempo in queste zone; da quando – non faccio nemmeno i conti – curavo le cronache dell’antica Pro Patria e della Solbiatese in C. Il tempo non è passato inutilmente se qui, pur ricordando le bellissime maglie a righe orizzontali della “Pro”, si realizza la ricerca scientifica più rigorosa e utile per il progresso dello sport. Qui si esce improvvisamente dal blabla sfiancante del modulismo calcistico (Ancelotti a Napoli giocherà a 3 o a 4? – interrogativo angosciante) o dal favolismo ciclistico, proprio nel giorno in cui si esalta il trionfo di Froome – il “sospetto” Froome – al Giro d’Italia. Al proposito, interessante -ancorché abbastanza criptico – l’intervento di Luca Cattaneo sul tema “Effetto acuto dell’allenamento con restrizione del flusso ematico periferico nel calcio e nel ciclismo” che mi ha riportato alla mente alcune traversie dei ciclisti (presenti nella mia memoria Simpson, Merckx e Pantani, al convegno anche Ivan Basso).

Per competenza, ho apprezzato molto gli interventi di Alan McCall, preparatore dell’Arsenal, e di Andrea Azzalin, attualmente al Nantes con Claudio Ranieri dopo averlo seguito al Monaco e al Leicester. Non voglio affliggere il lettore con i resoconti degli interventi, dai quali è infine scaturita una tavola rotonda – con Squinzi, Contador, Magnanelli e altri esperti – che ha rilanciato l’interrogativo “Tradizioni, culture e metodi di allenamento: ogni Paese è diverso, qual è il modello vincente?”. La Premier League sembrerebbe dominare la scena, ma Ranieri e Conte – e prim’ancora Ancelotti, per restare ai giorni nostri – hanno portato in Inghilterra la rivoluzione italiana prima del guardiolismo. E adesso che arriva Sarri al Chelsea, di che metodo di allenamento si parlerà? Ho un’idea: più che “sarrismo” direi Metodo Castelvolturno, visto che Ancelotti quand’era al Bayern si fece illustrare le tecniche di allenamento del sor Maurizio appena sostituito. Credo che se ne riparlerà. Anche al nono convegno del Centro Ricerche Mapei Sport. Fra un anno.
(ITALPRESS).