MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Dall’assistenza sanitaria alla società della comunicazione: le nuove competenze per chi fa informazione devono tenere conto dell’empatia per rispettare la dignità umana. Una riflessione di Valentina Pelliccia.
“E’ una parola importante, libertà, senza la quale si potrebbe anche dire che “non c’è giornalismo”.
Sono due termini che contaminano e sviluppano. Il modo di fare informazione cambia, così come cambia il concetto di libertà. Essa è il presupposto del giornalismo”, queste le parole con cui Vittorio Roidi, Presidente della Federazione nazionale della stampa dal 1992 al 1996 e Segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti fino all’anno 2007, si è espresso nel suo corso “La libertà”. L’essenza del giornalismo è ricerca, scoperta, acquisizione di notizie, è analisi critica. La professionalità di un giornalista si esprime nella capacità di porre in condizione il cittadino-lettore di formare i suoi giudizi, creare o verificare le sue verità. Il giornalismo è storicizzazione della quotidianità. Occorre interpretare la società che cambia e i bisogni informativi emergenti, soprattutto in un periodo come quello attuale nel quale la complessità dei fatti esige una completezza di informazione.
“Libertà significa capacità di porre domande, non soltanto possibilità di ricevere risposte. E non ci si può illudere che l’aumento generale delle informazioni a disposizione dell’individuo porti necessariamente ad un aumento delle sue conoscenze; sicchè il rischio è forte che questa così chiamata società dell’informazione si riveli una società della disinformazione e dell’ignoranza” (“Studiare da giornalista. Teoria e pratica”, Volume 1, a cura di Gianni Faustini, Sergio Lepri e Silvano Rizza).
Assistiamo ad una proliferazione dell’offerta di informazione sempre più in aumento, ma che rimane in gran parte inutilizzata; dall’altra parte, ad una domanda di informazione che cresce anch’essa, ma che rimane in buona parte insoddisfatta.
“E’ evidente che le nuove tecnologie hanno portato a un aumento eccezionale della produzione di informazioni, senza che i produttori si siano resi conto degli effettivi bisogni del mercato. Si possono supporre le ragioni del fenomeno: la manipolazione delle fonti del messaggio, l’insufficienza dei media di mediare tra la fonte e il destinatario (scelta dei contenuti, oscurità del linguaggio, ignoranza dei meccanismi psicologici della lettura o dell’ascolto), la difficoltà del fruitore di gestire l’informazione in un tempo di fruizione che rimane limitato nell’arco della giornata”, come riportato da Sergio Lepri.
La comunicazione non è altro che l’espressione della società, caratterizzata, secondo Daniel Goleman, dalla tendenza ad una “lenta disintegrazione del senso della comunità, insieme ad uno spietato atteggiamento di autoaffermazione che fanno la loro comparsa in un momento in cui le pressioni economiche e sociali richiederebbero, piuttosto, un aumento della cooperazione e dell’attenzione verso gli altri e non certo una riduzione di tale disponibilità”. Tale disgregazione della società si riflette anche sulla comunicazione. Ma Goleman aggiunge, inoltre, che insieme a questa atmosfera di incipiente crisi sociale, ci sono anche i segni di un crescente malessere emozionale.
Dalla lettura di Emotional Intelligence si evince, infatti, l’importanza dell’alfabetizzazione emozionale: un insieme di abilità, fondamentali come quelle intellettuali, attraverso le quali si arriva ad un equilibrio e sana gestione delle capacità interpersonali essenziali.
L’intelligenza emotiva (QE) si basa sulla disponibilità ad ascoltare davvero ciò che l’altro ha da dire e a sintonizzarsi empaticamente con il suo stato emotivo, a prescindere dall’essere o meno d’accordo. Si tratta della capacità di percepire emozioni, accedere a esse e saperle generare per sostenere il pensiero razionale, comprendere sentimenti altrui, e saperli gestire in modo da promuovere la crescita intellettuale ed emotiva. Ed è fondamentale: basti pensare che al QI viene riconosciuto un impatto sulle capacità individuali di appena il 25%, mentre la componente emotiva (QE) impatta per oltre il 54%. Durante un confronto occorre anche evitare accuse, soffermarsi sulla circostanza specifica che ha innescato il litigio, evitando così giudizi assolutizzanti, svalutazioni rivolte alla globalità della persona.
Tra le caratteristiche fondamentali dell’intelligenza emotiva espresse dallo psicologo statunitense riscontriamo infatti: padronanza di sè, ossia la capacità di dominare stati interiori, impulsività e rabbia, ma anche l’empatia, ovvero la capacità di sentire gli altri entrando in un flusso di contatto che comporta la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui. E’ importante esprimere la propria contrarietà senza aggressività, in un’ottica costruttiva e non distruttiva, ricordando che l’altro non è un nemico da combattere. E’ importante decifrare la propria rabbia, affinchè possa essere compresa e poi affermata in maniera assertiva, comunicando con l’interlocutore senza aggredirlo.
In sintesi, per una efficace comunicazione occorre, oltre alla libertà di informazione, anche un’alta percentuale di intelligenza emotiva. Secondo Goleman, questa disintegrazione all’interno della società del senso della comunità si ripercuote in vari ambiti oltre a quello della comunicazione, ad esempio, anche nel campo della medicina. Infatti, l’autore afferma: “Troppo spesso l’assistenza sanitaria moderna manca di intelligenza emotiva”(“Mente e Medicina”- “Intelligenza Emotiva”).
Ma, al di là del concetto di libertà in senso stretto e di alfabetizzazione emozionale, sussiste un diritto fondamentale, ben delineato all’articolo 1 (Principi generali) del Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica (art. 25 Legge n. 675/96), ossia, il contemperamento del diritto fondamentale della persona con il diritto dei cittadini all’informazione e con la libertà di stampa.
In forza dell’art 21 della Costituzione, infatti, la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure. In base all’articolo 5, in netta contrapposizione con la proliferazione dell’offerta di informazione sempre più in aumento e della domanda di informazione che cresce anch’essa, ma che rimane in buona parte insoddisfatta, “il giornalista garantisce il diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti”. Ma, soprattutto, si sensi dell’articolo 10 del Codice deontologico relativo all’attività giornalistica, la pubblicazione è ammessa nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e sempre nel rispetto della dignità delle persone malate (e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica, n.d.r.).
Ciò significa che il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, specie nei casi di malattie gravi o terminali (e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico), ai sensi del dell’art 10 comma 1 del Codice deontologico. Più in generale, nella Costituzione italiana la valorizzazione della dignità umana risiede nell’art. 2, nella parte in cui si afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Alla base di questo articolo viene garantito il principio della Costituzione di cui all’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Inoltre, secondo l’art 41 “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Alla luce di questi elementi, possiamo affermare che il giornalismo, ad oggi, risponda a tutte queste prerogative?
(ITALPRESS).
Intelligenza emotiva e libertà, il valore del giornalismo
Inail, la robotica per il welfare dei lavoratori
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Portare le tecnologie robotiche nell’industria 4.0, mettendo al centro dell’interazione tra uomo e robot l’accettabilità e il benessere psicofisico dei lavoratori. E’ questo l’obiettivo del nuovo progetto di ricerca di durata triennale ergoCub, promosso dall’Istituto italiano di tecnologia (IIT) e dall’Inail, che investirà circa cinque milioni di euro per la progettazione e realizzazione di nuovi umanoidi e tecnologie indossabili, in grado di valutare, gestire, ridurre e prevenire il rischio fisico dei lavoratori nei contesti industriali e ospedalieri.
“Non si tratta di un punto di partenza – sottolinea il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – ma della nuova tappa del percorso di collaborazione avviato anni fa con IIT nel segno dell’innovazione tecnologica e che ha già portato a importanti risultati per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per la riabilitazione degli infortunati. Nel frattempo, il mondo del lavoro è cambiato profondamente e la scienza ha sviluppato soluzioni sempre più all’avanguardia. Con progetti come questo, noi cerchiamo di creare le condizioni per mettere a disposizione dei lavoratori e del sistema produttivo i risultati di un’attività di ricerca che sia in linea con l’evoluzione tecnologica e possa sempre contribuire a migliorare la vita delle persone”.
“Questo nuovo progetto supportato da INAIL – afferma Giorgio Metta, Direttore Scientifico IIT – dimostra l’importanza di mettere in rete le eccellenze del nostro Paese, avendo come fine comune le ricadute verso i cittadini, come appunto l’utilizzo della robotica come un’opportunità per migliorare la sicurezza nell’ambiente di lavoro. Negli anni lo scambio continuo con INAIL e il suo staff di ricerca ci ha permesso di trasformare in vera innovazione le tecnologie realizzate nei nostri laboratori, in modo che l’utente finale fosse coinvolto fin dall’inizio; i successi nella protesica per gli arti superiori sono stato un primo esempio, sono sicuro che anche con i robot umanoidi raggiungeremo traguardi molto importanti”.
La premessa di ergoCub – dove “ergo” indica l’ergonomia e “Cub” richiama il nome dell’umanoide bambino iCub di IIT, che sarà la piattaforma di riferimento dello studio – sono la digitalizzazione, l’Internet of Things e gli elementi robotici introdotti nei processi produttivi con la nascita dell’industria 4.0. In questi ecosistemi industriali avanzati, l’interazione tra operatori umani e robot avviene con l’obiettivo di facilitare l’attività lavorativa, determinando la necessità di sistemi di percezione in grado di leggere il movimento dei lavoratori e analizzare i dati relativi alle sollecitazioni fisiche, così da evitare l’insorgenza di infortuni e malattie muscolo-scheletriche.
Il nuovo progetto tra IIT e Inail – spiega Daniele Pucci, coordinatore del Artificial and Mechanical Intelligence lab di IIT – ha l’obiettivo di intervenire proprio in questa direzione, inserendo nell’interazione uomo-robot un nuovo sistema di monitoraggio e risposta a favore della salute del lavoratore. Metteremo in pratica gli insegnamenti derivati dall’Industria 4.0, quali la necessità di sviluppare una tecnologia robotica che sappia favorire il benessere del lavoratore, non solo fisico ma anche psicosociale. Il nostro approccio sarà quello di introdurre robot umanoidi collaborativi che possano interagire come dei veri compagni di lavoro, dei ‘robot workmates’ in grado di avvertire situazioni anomale, attraverso sistemi avanzati di percezione dello stato fisico dell’essere umano, e intervenire a supporto, anticipando il rischio di errore nel collega umano e gli infortuni dovuti a movimenti continui e ripetitivi”.
“Oggi più che mai, date le tragiche vicende di cronaca di questi giorni, risulta lampante quanto sia necessario che le nuove tecnologie portino un aiuto concreto ai lavoratori e alle lavoratrici e quanto sia importante farlo in tempi rapidi. Non possiamo pensare di compiere imprese epiche con la tecnologia e poi non sfruttare il lavoro che quotidianamente facciamo in laboratorio anche per migliorare la qualità della vita sul posto di lavoro. Partecipare alla Maker Faire 2021 e poter mostrare insieme ad INAIL, nostri collaboratori di ricerca, lo stato dell’arte del progetto e dove vogliamo arrivare è doveroso e insieme un’occasione che ci rende orgogliosi. Con il Progetto ErgoCub miriamo a definire delle soluzioni che sono poco invasive rispetto agli ambienti di lavoro attuali introducendo un robot umanoide al fianco dell’essere umano, con il fine di essere adattativo e poco invasivo negli ecosistemi industriali che si stanno rivelando essere tra i più complessi e pericolosi”.
Con ergoCub i ricercatori di Inail e IIT puntano a progettare e realizzare due nuovi robot umanoidi collaborativi, ispirati alla tecnologia del robot umanoide iCub, che rispondano a requisiti di accettabilità e usabilità da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, oltre a quelli di sicurezza fisica e di ergonomia. Lo studio considererà gli effetti sul breve e sul lungo termine dell’adozione di “robot workmates” tra cui, in primis, il rischio che il robot sia percepito come un intruso, che condiziona in modo limitante l’attività sul luogo di lavoro, invece che come un aiutante. Per valutare gli impatti psicosociali dei nuovi sistemi robotici insieme agli operatori finali, nei laboratori congiunti presso l’IIT di Genova e il Centro ricerche Inail di Monte Porzio Catone, in provincia di Roma, saranno ricreati due scenari realistici: uno industriale, per realizzare, per esempio, la movimentazione di pacchi in un magazzino, l’altro ospedaliero, dove sono frequenti gli spostamenti di pazienti allettati.
Come sottolineato da Sergio Iavicoli, direttore del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, “ergoCub è un progetto di ricerca di grande importanza che apre interessanti prospettive alla robotica collaborativa nell’ottica del miglioramento della vita lavorativa e della salute e sicurezza dei lavoratori, coniugando gli aspetti connessi al rischio biomeccanico a quelli dei rischi psicosociali, in una logica evolutiva della proficua collaborazione con l’IIT”.
Al progetto contribuiranno tre dei laboratori di ricerca dell’IIT: il Dynamic Interaction Control lab, coordinato da Daniele Pucci e responsabile del progetto ergoCub per IIT, l’Humanoid Sensing and Perception lab, coordinato da Lorenzo Natale, e iCub Tech Facility, coordinato da Marco Maggiali.
Il nuovo progetto nasce come attività di trasferimento tecnologico dei risultati ottenuti nell’ambito del progetto AnDy (Advancing Anticipatory Behaviors in Dynamic Human-Robot Collaboration) finanziato dall’Unione europea e coordinato dall’IIT, di cui l’Inail è partner. Nel progetto AnDy, infatti, i ricercatori guidati da Daniele Pucci hanno sviluppato una tuta sensorizzata utile a registrare il movimento del corpo umano e a leggerne gli sforzi articolari, identificando così possibili rischi per la salute. Le informazioni estratte dalla tuta possono essere trasmesse a robot, che interpretano i dati e si comportano di conseguenza per aiutare l’essere umano nei suoi compiti. Con ergoCub i ricercatori svilupperanno ulteriormente tali tecnologie indossabili, prevedendo il loro utilizzo in comunicazione con i nuovi robot umanoidi. Attraverso una pelle artificiale, in grado di conferire ai robot ergoCub il senso del tatto, i nuovi umanoidi potranno misurare le interazioni con l’ambiente e quindi capire come intervenire nel modo più adeguato e sicuro per la persona. Inoltre, grazie a un’evoluzione della tuta sensorizzata del progetto AnDy, l’utilizzatore potrà indossare un sistema di sensori non invasivo, in modo che il robot riceva le informazioni sul suo stato di salute psicofisica, come il battito cardiaco, la frequenza respiratoria e la temperatura, così da potere scegliere i movimenti più appropriati da eseguire.
(ITALPRESS).
Intesa Sanpaolo investe nelle persone e nel valore della diversità
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Intesa Sanpaolo è la prima banca in Europa, sesta al mondo e unica italiana, tra i 100 luoghi di lavoro più inclusivi e attenti alle diversità secondo il Diversity and Inclusion Index di Refinitiv, l’indice internazionale che valuta 11 mila aziende quotate a livello globale.
Il Gruppo si è classificato al 50° posto, in crescita di 26 posizioni rispetto al 2020. L’analisi si svolge esclusivamente su dati pubblici – bilanci, relazioni finanziarie, notizie stampa, siti web – in base a 24 parametri riconducibili a quattro categorie chiave: diversità di genere, inclusione, sviluppo delle persone e controversie. Refinitiv, società del London Stock Exchange Group, è uno dei principali fornitori al mondo di ricerche e dati in ambito finanziario.
Il posizionamento è il risultato dell’attività della Banca in termini di Diversity & Inclusion. Una struttura ad hoc costituita nel 2018, a diretto riporto della Chief Operating Officer Paola Angeletti, ha l’obiettivo di favorire la cultura dell’inclusione, incentivare il rispetto e il valore della diversità e promuoverne il valore potenziando il patrimonio di multiculturalità, esperienze e caratteristiche delle persone del Gruppo.
Il commento di Paola Angeletti, Chief Operating Officer Intesa Sanpaolo, intervenuta al Banking Summit 2021 nella tavola rotonda Guardiamo al futuro: la banca ‘distanziata e a distanzà ma vicina al cliente e alle persone, efficiente e sostenibile:
“Ci è stata riconosciuta un’ottima posizione: prima Banca in Europa e sesta al mondo tra 11 mila società quotate analizzate a livello globale. E’ il risultato di un programma integrato di iniziative che vuole investire sulle nostre persone e che guarda alla diversità come un valore. Nel 2020 il Consiglio di Amministrazione della Banca ha approvato una Policy dedicata, che si indirizza a tutte le forme di diversità e basata sul rispetto di ogni persona, sulla meritocrazia e sulle pari opportunità nei processi di assunzione e nella promozione a ruoli di responsabilità. L’inclusione è anche al centro della costruzione di un modello funzionale alle nuove esigenze che si fonda sull’equilibrio tra lavoro in sede e a distanza. L’obiettivo è valorizzare i momenti in presenza in ufficio – con i benefici del lavoro di squadra, lo scambio facilitato di opinioni e idee, la socialità – e del lavoro da casa, per quelle attività che possono essere svolte in autonomia, tenendo conto degli impegni personali e familiari”.
(ITALPRESS).
Urban Sports Club, 92% HR sceglie l’attività fisica
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Urban Sports Club, ha realizzato nel mese di agosto un sondaggio su 262 tra HR manager, CEO e responsabili welfare di aziende italiane e i risultati sono eloquenti: il 92% degli intervistati è convinto che sia utile alle aziende l’adozione di iniziative di welfare che promuovano lo sport e il benessere psicofisico.
“Emerge un interesse crescente a inserire lo sport tra i benefit che le aziende offrono ai propri dipendenti, spiega Filippo Santoro, Managing Director di Urban Sports Club Italia, Un benefit che si posiziona sempre di più come un must have piuttosto che un nice to have. In questo scenario la flessibilità e la possibilità di scegliere fra più strutture in base ai propri impegni e al luogo dove si lavora, smart working o ufficio vero e proprio, è un elemento imprescindibile. Noi di Urban Sports Club ci poniamo come solution provider per offrire sport e benessere con una proposta completa che permette l’accesso a migliaia di strutture sportive, dalle classi online alle attività outdoor, con un’offerta che può adattarsi in modo personalizzato alle esigenze di ogni azienda”.
Secondo gli intervistati, i principali benefici dell’attività sportiva in relazione al lavoro sono ridurre e combattere lo stress (43%), migliorare le relazioni tra colleghi (20%), rafforzare lo spirito di squadra (20%), ma anche sviluppare l’engagement e tutto ciò che concerne il cosiddetto employer branding (15%).
Per i manager, l”offerta di sport in ambito welfare deve avere alcune caratteristiche essenziali: innanzitutto, la flessibilità e la possibilità di customizzazione (42%), sia sul fronte della gestione aziendale, sia sul fronte dei dipendenti, in modo che ognuno possa scegliere in base in base alla propria agenda, agli spostamenti e alle esigenze della vita privata e familiare. Altro elemento fondamentale è la libertà di scelta (31%): è bene, per scongiurare l’effetto “Coppa Cobram”, che ognuno possa scegliere lo sport o l’attività che meglio si confaccia alle proprie attitudini e alle proprie preferenze. Terzo elemento: la semplicità gestionale (18%). E’ importante che la persona cui fa capo un sistema di welfare in una media o grande organizzazione si trovi un sistema facile da gestire.
Le tipologie di sport più adatte a diventare strumento di welfare? Al primo posto gli sport di squadra (40%), al secondo, attività di meditazione e relax, come yoga e pilates (34%), al terzo gli sport di endurance come corsa lunga e bici (9%) e al quarto le attività brevi ad alta intensità come, per esempio, l’EMS e il functional training (5%).
(ITALPRESS).
Arriva il buono per la spesa online
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – La partnership tra Edenred, leader mondiale nelle soluzioni che innovano e semplificano il mondo del lavoro, e Tigros, la catena di supermercati radicata tra Lombardia e Piemonte, si rafforza e a partire da oggi comprende anche la spesa online.I clienti potranno infatti utilizzare i Ticket Restaurant e i buoni acquisto Edenred Shopping-Ticket Compliments anche nella loro versione digitale, oltre che nei 70 punti vendita presenti sul territorio e negli 8 ristoranti Buongusto, per la spesa online Tigros@Casa con consegna nella città di Milano e provincia.
«Siamo molto orgogliosi di rafforzare la partnership con Tigros estendendo l’utilizzo dei nostri buoni pasto e buoni acquisto anche per la spesa online. Da sempre Edenred punta sul digitale per rispondere alle nuove esigenze e per semplificare l’attività quotidiana delle persone»- dichiara Paola Blundo, Direttore Commerciale Merchants di Edenred Italia – «L’app Ticket Restaurant è oggi tra le prime dieci applicazioni dedicate al food più scaricate dagli italiani, e sta già riscuotendo successo anche l’app dedicata ai buoni acquisto Edenred Shopping-Ticket Compliments”.
“Crediamo fortemente – prosegue – che la digitalizzazione sia fondamentale soprattutto in questo momento storico in cui si ricercano soluzioni e servizi da utilizzare ovunque e in qualsiasi momento». «Questa collaborazione con Edenred contribuisce a rendere il nostro servizio di spesa online Tigros@Casa ancora più pratico e comodo» – dichiara Tigros – «Puntiamo a migliorare costantemente l’esperienza della spesa online, come nei nostri punti vendita, cercando soluzioni innovative e, allo stesso tempo, semplici e rilevanti per i clienti, tenendo sempre al centro il valore della convenienza».
(ITALPRESS).
Itinerari previdenziali, gli investimenti welfare salgono all’88,9%
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Nonostante la crisi mondiale innescata dalla pandemia da COVID-19, si consolida il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani con 953,8 miliardi di euro totali (198 per la sola previdenza complementare), pari a quasi il 58% del PIL nazionale. Questo è quanto emerge dall’Ottavo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2020” a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Positivi anche i rendimenti, a fronte di un forte calo registrato dai mercati finanziari, in particolare azionari, nel primo semestre 2020: tra i migliori, +3,6% per le Fondazioni di origine Bancaria e +3,1% per i fondi pensione negoziali. Per gli investitori istituzionali, soprattutto per i fondi pensione, restano ampi i margini di incremento per gli investimenti in economia reale. Rilevata in particolare la necessità di favorire il reinvestimento di una maggiore quota del TFR confluito ai fondi pensione nel sistema produttivo.
Nonostante le ricorrenti crisi finanziarie degli ultimi anni e la crisi mondiale innescata dalla pandemia da COVID-19, il patrimonio degli investitori istituzionali che operano nel welfare contrattuale (fondi pensione negoziali, preesistenti e forme di assistenza sanitaria integrativa), delle Casse Privatizzate e delle Fondazioni di origine Bancaria è aumentato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 269,84 miliardi di euro del 2020, con un incremento dell’88,9%. In percentuale del PIL, il patrimonio di questi soggetti è quindi pari al 16,3% e, includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami I, IV e VI, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 57,8%. Quello che emerge dal Report è quindi il ritratto di un Paese che negli anni è riuscito a consolidare il proprio mercato istituzionale, raggiungendo ormai una dimensione rilevante.
Dal punto di vista dei rendimenti, nonostante il cigno nero che si è abbattuto sui mercati finanziari, nel 2020 tutti gli investitori istituzionali hanno realizzato buone performance, anche se inferiori a quelle del 2019. In particolare, le Fondazioni di origine Bancaria segnano un +3,6% (6,5% nello scorso anno), seguite dai fondi pensione negoziali con un +3,1% (7,2% nel 2019), dai fondi aperti con +2,9%, dai fondi preesistenti con il 2,6% e dalle gestioni separate con +1,4%; in negativo di 0,2% solo le unit linked. Risultati ancora più apprezzabili se confrontati con i “rendimenti obiettivo” TFR, inflazione e media quinquennale del PIL, che si sono attestati rispettivamente all’1,2%, -0,2% e 2%.
«Il diffondersi della pandemia ha interrotto il trend positivo dei mercati, soprattutto azionari, che aveva contribuito a conseguire ritorni molto positivi nel 2019 recuperando i risultati negativi del 2018 – commenta Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali – anche se i forti ribassi hanno interessato principalmente il primo semestre dell’anno». Una situazione che ha permesso di recuperare terreno nella seconda parte del 2020: «L’allocazione degli attivi investiti ha consentito di superare positivamente un anno che ha complicato le gestioni finanziarie di tutti gli operatori di mercato anche grazie alla diversificazione, attuata sempre più mediante una gestione diretta in private market e con fondi d’investimento a gestione attiva». Pur rimanendo in alcuni casi preponderante, diminuisce invece l’investimento in titoli di Stato e, in linea generale, nel reddito fisso, mentre aumenta per l’appunto l’affidamento delle risorse a gestori sempre più specializzati e con strategie innovative e diversificate. Si consolida, inoltre, la prassi di affidamento delle risorse tramite piattaforme d’investimento dedicate a singoli investitori o condivise tra più soggetti istituzionali e si costituiscono SICAV multicomparto.
Crescono infine gli investimenti in economia reale, anche domestica, finalizzati a generare ricadute positive per il territorio, «investimenti dei quali – ha precisato il Prof. Brambilla nel corso del convegno di presentazione dell’Ottavo Report – il Paese ha grande bisogno, soprattutto in un momento di necessaria ripartenza come quello attuale». In particolare, anche per il 2020, considerando la quota nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione Con il Sud, le Fondazioni di origine Bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia reale nazionale, con il 44,4% del patrimonio investito; seguono le Casse privatizzate dei Liberi Professionisti, con il 22% in aumento rispetto al 21% dell’anno precedente e al 16,31% del 2018. Si conferma invece modesta la percentuale investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 2,58% e al 3,98% del patrimonio destinato alle prestazioni (vale a dire 60,37 e 64,17 miliardi).
«A impressionare non positivamente – commenta Brambilla – è sicuramente l’esiguità degli investimenti dei fondi di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal TFR “circolante interno” alle aziende e che, quindi, è e dovrebbe essere la prima e principale forma di sostegno all’economia reale, anche se sono ormai diversi i percorsi d’investimento intrapresi aggregando i patrimoni di più fondi. Dal 2007 alla fine del 2020 ai fondi pensione e al fondo gestito dall’INPS sono confluiti circa 155,45 miliardi di TFR sottratti alle imprese italiane, alle quali ne sono tornati mediamente il 3,5% l’anno, che possiamo stimare in circa 36 miliardi di euro. Dati su cui riflettere, anche per le loro ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività e, quindi, sullo sviluppo del nostro Paese».
(ITALPRESS).
Rapporto Welfare Index Pmi 2021 giunge alla sesta edizione
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Arriva la sesta edizione del Rapporto Welfare Index PMI 2021 e Premiazione delle Imprese Welfare Champion, l’indagine sul welfare aziendale rivolta alle PMI da 6 fino a 1.000 addetti di ogni settore – agricoltura, industria, artigianato, commercio e servizi, studi e servizi professionali e terzo settore – e tutte le dimensioni aziendali.
L’indagine è curata da Innovation Team, società di ricerche di mercato, e ha l’obiettivo di analizzare la diffusione del welfare aziendale nelle PMI italiane. Diffondere la cultura del welfare aziendale per incentivare tra le piccole e medie imprese l’utilizzo di buone pratiche di welfare: è l’obiettivo di Welfare Index PMI 2021 promosso da Generali Italia con la partecipazione delle principali Confederazioni nazionali.
La presentazione del Rapporto Welfare Index PMI 2021 e Premiazione delle Imprese Welfare Champion avverrà il 9 Settembre 2021 al Teatro Eliseo, Roma Via Nazionale 183.
(ITALPRESS).
Lucchini “Dobbiamo tornare a una pianificazione economica-sociale”
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – “Le tre grandi emergenze che viviamo oggi – sanitaria, economica e sociale – dovrebbero portarci a riprendere un vecchio concetto, la pianificazione economico-sociale. Il tempo è una variabile ormai fondamentale, lo diceva anche Keynes che prevedeva a 100 anni e ora siamo vicini. Come ha affermato il Papa, non dobbiamo sprecare questa crisi e penso che un modo per non sprecarla sarebbe tornare alla pianificazione economica e sociale, comprendendo e prevedendo quello che è e sarà l’assetto demografico”. Lo ha detto Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa Sanpaolo, al Meeting di Rimini.
“Oggi abbiamo una compagine di governo ben delineata e questo è molto importante. Il mio quindi è un appello alla politica. La scuola deve essere ripresa e rilanciata per diventare l’ascensore sociale che oggi invece manca. Vorrei quindi rivolgermi ai giovani qui presenti in questo auditorium intestato a Intesa Sanpaolo per incoraggiarli a coltivare l’innovazione, la sostenibilità ma soprattutto il loro talento”, ha aggiunto.
“Come Intesa Sanpaolo collaboriamo con la scuola a tutti i livelli e con 60 università in Italia e alcune all’estero come Oxford e Cambridge e sosteniamo con la finanza di impatto gli studenti e gli sportivi. A proposito di mismatch abbiamo un programma di formazione che ha interessato 5.000 colleghi per fornire loro nuove competenze e nuovi ruoli a seguito della digitalizzazione – ha sottolineato Lucchini -. Abbiamo poi un progetto che si chiama “Giovani e Lavoro” nato quattro anni fa con cui formiamo giovani disoccupati nel commercio, nell’informatica, nella ristorazione, e li accompagniamo verso aziende nostre clienti che hanno bisogno di risorse formate ad hoc. Abbiamo donato 120 milioni di euro alla sanità italiana realizzando 36 reparti Covid. Siamo leader nella sostenibilità sociale. Dobbiamo ridare dignità e nobiltà alle professioni tecniche, come è successo con gli chef per esempio, e stiamo pensando a un progetto specifico, anche valorizzando gli istituti tecnici che sono molto importanti per quei mestieri in cui il Paese è leader. “Il futuro è di chi lo sa immaginare”, prendo la citazione di Enrico Mattei per incoraggiare i giovani del Meeting a non aver paura, a concentrarsi sulla propria formazione, sull’etica e a scoprire il proprio talento”.
(ITALPRESS).









