Lavoro & Welfare

Vivere nella comunità, a novembre al via la seconda edizione

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Dopo la prima edizione, che si è conclusa ad aprile con la consegna degli attestati a 30 giovani under40, continua il percorso della Scuola Politica ‘Vivere nella Comunità’, fondata da Pellegrino Capaldo insieme a Marcello Presicci, Sabino Cassese, Paolo Boccardelli ed altri, fra cui la ministro Marta Cartabia, Bernardo Mattarella, Carlo Messina, Gabriele Galateri, Francesco Profumo, Giulio Anselmi e Massimo Lapucci. La governance della Scuola Politica si è arricchita con la nomina di Patrizia Sandretto Rebaudengo nel supervisory board, Maurizio Basile (senior advisor di Cdp) nel board esecutivo e Francesca di Carrobio (Ceo di Hermes Italia) nel comitato scientifico. “Siamo davvero lieti di dare il benvenuto nella governance della Scuola ai nuovi membri, ognuno dei quali contribuirà ad accrescere notevolmente il valore della nostra iniziativa con le loro preziose competenze e la loro grande preparazione”, ha detto il presidente del Supervisory Board Boccardelli.
La Scuola Politica ha all’attivo collaborazioni concrete con FEduF, Banca d’Italia e ministero della Pa, in sinergia con i propri studenti. Per la seconda edizione sono previsti protocolli di cooperazione anche con Fondazione CRT e Fondazione Compagnia di San Paolo.
“La nostra è una piattaforma formativa gratuita al servizio del Paese e dei giovani – ha affermato Presicci, segretario generale della Scuola – Vogliamo accrescere la preparazione delle future generazioni non solo nella sfera delle competenze politiche, ma anche in quelle manageriali, economico-finanziarie, civiche e sociali. Questo è il nostro obiettivo primario”.
La prossima edizione prenderà il via a novembre con lezioni previste sia in presenza sia attraverso piattaforma digitale.
Il percorso formativo è gratuito per i partecipanti grazie al sostegno delle aziende coinvolte come Intesa Sanpaolo, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, Generali, A2A, Iren, CITI Group, Fondazione CRT, Fondazione Compagnia di Sanpaolo ed AIMUW.
Per inviare la candidatura è necessario consultare il bando presente sul sito entro il 31 agosto.
(ITALPRESS).

Terziario in crescita con welfare previdenziale e sanitario

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Sono cinque i punti salienti dell’accordo che riguarda circa 24mila dirigenti e 8mila aziende, firmato da Mario Mantovani, presidente Manageritalia, e Donatella Prampolini, presidente della commissione sindacale Confcommercio.
1) La nascita di un sistema bilaterale di politiche attive: alimentato da un contributo di 2.500 euro a carico dell’azienda per ogni dirigente licenziato, destinato alla costruzione di percorsi di supporto alla transizione professionale, in sostituzione del voucher outplacement.
2) L’attivazione di una piattaforma di welfare aziendale: integrata con i Fondi contrattuali per coprire esigenze sempre più personalizzate, che estende le opportunità fiscali e commerciali anche alle piccole imprese con un solo dirigente.
3) Il rafforzamento della long term care: consentirà al fondo sanitario Fasdac d’integrare con servizi e prestazioni di cura la rendita erogata dall’Associazione Antonio Pastore, presente nel contratto dal 2001.
4) Consolidamento della previdenza complementare: in prospettiva, nuove possibili integrazioni derivanti dalla piattaforma.
5) La previsione di una polizza collettiva: per coprire gli infortuni professionali ed extraprofessionali, come già previsto obbligatoriamente dal contratto, ma con maggiori vantaggi pratici ed economici per aziende e dirigenti.
“L’accordo – osserva Mario Mantovani, presidente Manageritalia – siglato valorizza ulteriormente la capacità del Contratto dirigenti del terziario di supportare la professionalità dei manager e la competitività delle aziende utilizzando la leva di un welfare previdenziale, sanitario e occupazionale. L’attenzione riservata anche alle piccole aziende dinamiche e in crescita, che vogliono investire in competenze e managerialità, vuole accelerare il ritorno a un percorso di crescita economica e qualitativa dei nostri settori. Un successo confermato dai numeri, che dal 2008 a oggi hanno visto i dirigenti con il ccnl terziario crescere del 15%, anche negli anni di crisi e nel 2020 (+1,1%), a fronte di un calo del 3% dei dirigenti privati in Italia”.
“Stiamo ancora vivendo una situazione complicata – dice Donatella Prampolini, presidente della commissione sindacale Confcommercio – che vede le imprese alzare faticosamente la testa. C’erano tutte le premesse per evitare qualsiasi confronto. Invece, con senso di responsabilità entrambe le Parti hanno convenuto che una proroga della vigenza con le novità in materia di welfare contrattuale, outplacement, preavviso, getti le basi per un futuro di contrattazione e relazioni sindacali”.
“Per supportare – spiega Daniele Testolin, responsabile relazioni sindacali Manageritalia – la forza del nostro contratto opereremo a livello nazionale, ma ancor più locale, con le nostre Associazioni territoriali per portare, nella logica di sindacato a Km0, consulenza e supporto a manager e aziende. Andremo nelle aziende insieme a Confcommercio per aiutarle a tirar fuori il meglio dal contratto e per valorizzarlo, partendo dal fatto che permette di stringere rapidamente rapporti di fiducia, garantisce un ottimo pacchetto di welfare, è sintetico, flessibile e modulabile sulle singole esigenze, permette di inserire dirigenti anche a termine e lascia ampio spazio alla contrattazione individuale e al variabile legato ai risultati raggiunti. Il tutto inserito in un quadro di tutele solide e di definizioni chiare, che riducono quasi a zero i contenziosi. Insomma, è un fattore determinante per aiutare, dirigente e azienda ad affrontare le difficili sfide del momento in sinergia, ponendo le basi per gestire in modo chiaro e semplice i rapporti di fiducia, che legano dirigente e azienda, nell’intero percorso, dall’instaurazione del rapporto fino alla sua conclusione”.
(ITALPRESS).

Smart working ai tempi del Covid

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Come abbiamo provato a spiegare nelle due puntate precedenti, il lockdown ha generato un mostro, un piccolo “Frankenstein”, per riprendere il riferimento al film di Mel Brooks con cui avevamo concluso la prima puntata di questa mini-serie di articoli. Mentre era a tutti chiaro che il lavoro da casa (coatto ed imposto dall’emergenza sanitaria) era unicamente una misura di distanziamento sociale di massa (benedetta e necessaria), gli apostoli dello Smart Working (SW) hanno colto la palla balzo per festeggiare l’arrivo del “Messia”, annunciando il compimento di una rivoluzione che avrebbe per sempre cambiato il lavoro e le nostre vite. “Si può fareee!” è il grido liberatorio che si alza in queste settimane, proprio come accadde al grande Gene Wilder nel film di cui sopra. Perchè ciò che la tecnologia permette, va sempre bene.
Si tratta, forse inavvertitamente, della conferma di un processo culturale che abbiamo ormai imparato a conoscere. Come acutamente osservava il sociologo dell’Università Cattolica Mauro Magatti nel suo importante “Libertà immaginarie” (Feltrinelli, 2009), il capitalismo contemporaneo ha definitivamente consegnato alla tecnica (dunque anche alle “tecniche organizzative”) il problema della definizione dei significati. E dunque, se qualcosa è permesso dalla tecnica, allora (per l’appunto) si può fare. Senza la necessità di porsi particolari problemi aggiuntivi. Proprio per questo Magatti ha coniato il termine di “capitalismo tecno-nichilista”: da un lato consegna alla tecnica il problema di decidere ciò che si può o non si può fare, dall’altro apre la strada a una nuova “grande trasformazione” sociale ed economica, nella quale la logica della frammentazione (delle identità, dei luoghi, delle carriere, dei legami) impone un “immaginario della libertà” che è però anche una “libertà immaginaria”.
Da quegli apostoli dello SW, per la verità, hanno preso le distanze alcuni tra i commentatori più attenti, opportunamente distinguendo tra un fenomeno di prevenzione epidemiologica e l’illusione dell’avverarsi di una svolta epocale nell’organizzazione delle imprese e del lavoro. Ricordiamo qui ad esempio Carlo Ratti del MIT, che in un articolo pubblicato sul “Corriere Economia” ha opportunamente richiamato il ruolo fondamentale che rivestono i cosiddetti “legami deboli”, ovvero le relazioni interpersonali e fisiche, nel determinare i processi di innovazione. Oppure possono essere richiamati i ripetuti interventi del giuslavorista Pietro Ichino nel segnalare l’interpretazione burocratica data, nello “stato d’emergenza”, a uno SW che trasformandosi in diritto perde le caratteristiche fiduciarie che dovrebbero contraddistinguerlo (è il rischio della “giuridificazione”).
In mezzo a questo dibattito stanno i milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno sperimentato (e ancora sperimentano) questa modalità di lavoro del tutto eccezionale. Soprattutto le lavoratrici. Per le donne, specialmente per quelle che sono anche mogli, mamme e caregiver informali di qualche familiare anziano non autosufficiente, questo periodo ha coinciso (e spesso ancora coincide) con un sommarsi di fatiche e fonti stressogene (da condividere con i mariti, a loro volta in casa e da lì al lavoro anch’essi). Un piccolo “inferno domestico” fatto di scuole e di strutture chiuse, assenza di centri estivi, di assistenza socio-sanitaria spesso interrotta, di spazi fisici non sempre adeguati.
E’ iniziato, così, quello che per molti degli otto milioni di “remotizzati” si è trasformato in un percorso a ostacoli online: la scuola, il lavoro e quando è andata bene anche l’assistenza si sono materializzati dentro un solo device, spesso il proprio pc personale, non sempre in grado di reggere simili ritmi e da utilizzare nell’assenza di idonee connessioni e di non meno idonei luoghi che in casa potessero consentire di svolgere i propri ruoli tenendoli distinti.

Nel bel mezzo di una videocall magari qualcuno accende la PlayStation in modalità condivisa, o Netflix, e così tutto rallenta o s’interrompe. Un urlo, si spegne. Ci si ricollega, ma cosa dire al capo? Beh…ad esempio di darci una connessione decente, se non anche un pc più potente. Al di là di queste notazioni impressionistiche, numerose ricerche scientifiche indipendenti segnalano, con la forza dei grandi numeri, come l’incastro tra lavoro e famiglia vissuto durante il lockdown sia stato, per molti, un concentrato di fatiche e di stress.
Tuttavia, invece di difendere lo SW (il vero SW) sottolineandone – anche fino alla nausea – la differenza abissale che intercorre tra la sua corretta adozione e la devastante realtà venutasi a creare, abbiamo assistito allo sventolare di mille bandiere annuncianti il compimento di una svolta epocale. Fino alla classica frase: “Nulla sarà come prima!”; presto seguita dall’immancabile: “Non si torna più indietro”.
Come già abbiamo avuto modo di scrivere, riteniamo questa posizione un errore fatale: oltre che durante la fase in cui la politica l’ha confuso (ed andava evitato) con una misura di prevenzione sanitaria, lo SW andava difeso facendo comprendere che quello che stava riguardando otto milioni d’italiani posti in “lavoro da remoto forzato” non rappresentava l’upgrade tanto atteso che poteva far gridare alla compiuta metamorfosi del lavoro (almeno) dei colletti bianchi.
Nè giova insistere ancora per sostenere che il Sindaco di Milano si sbaglia quando dice che “è ora di tornare al lavoro” alludendo al rientro negli uffici, perchè questa frase non significa che lo SW (rectius: il lavoro da remoto forzato) è equivalso ad una vacanza.Nella grande maggioranza dei casi non si è certamente trattato di una vacanza. Neppure per buona parte dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, benchè sia probabilmente ragionevole pensare (come ha fatto il Giudice Emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese dalle pagine del Sole24Ore) che in alcuni casi la diffusione dello SW in un ambiente privo di ogni controllo sulle performance sia verosimilmente equivalso ad un periodo di almeno temporanea riduzione delle mansioni. Certamente però, nel lavoro privato e in buona parte di quello pubblico (e nel “privato” di ciascuno), tanto stress, ben poco o nessun work-life balance, semmai tanto impegno per tenere in vita il lavoro, l’azienda, i servizi erogati, le relazioni (insomma, tutto l’armamentario old style, analogico ed offline che però è mancato e manca alla maggior parte delle persone). Nessuna vacanza, d’accordo: ma probabilmente nemmeno quel miglioramento della produttività che alcune ricerche ed un buon numero di interviste che hanno coinvolto gli HR hanno sin qui sventolato, ma che a nostro avviso (anche alla luce dei risultati di ricerche che hanno invece coinvolto i lavoratori e le lavoratrici) avrebbe a dir poco del miracoloso (fatte salve, come sempre, le singole eccezioni).Il Sindaco di Milano (ma ciò sarà nei pensieri di tutti i suoi colleghi) ha inteso anche ricordare che se tutti lavorassero frequentemente in SW l’economia cittadina (fatta di relazionalità, di incontri, di scambi “dal vivo” tra gente viva: proprio come il lavoro negli uffici e nelle fabbriche prima della pandemia) inesorabilmente morirebbe. Chi ha fatto riferimento a Milano come la città regina dello SW e della sua rivoluzione facendo il paragone con i grandi cambiamenti urbanistici che l’hanno caratterizzata negli ultimi anni ed ha citato in proposito la zona Garibaldi e quella di CityLife, dimentica che quelle sono proprio le zone dove sono state realizzate costruzioni arditissime che presuppongono migliaia di persone al lavoro negli uffici, non a casa! Lì dentro e lì fuori, poi, pullula una vita ed un’economia di relazioni che lo SW (di massa e mal interpretato, oltre che inopinatamente rivenduto come soluzione da adottare ‘sempre” e “per sempre”, come alcune multinazionali sostengono) inesorabilmente ucciderebbe.
E’ sufficiente farsi una passeggiata dentro la cerchia dei Navigli di Milano, provando a spostarsi dalla fermata della metropolitana verde di S.Agostino (zona viale Papiniano, per chi conosce Milano), fino alla zona dell’Università Cattolica, per poi girare attorno al Castello Sforzesco e spingersi su via Dante per arrivare a Piazza Duomo, per accorgersi del fatto che una citta di lavoratori (e di studenti) confinati a casa nelle loro attività è semplicemente una città morta, destinata a una inevitabile desertificazione progressiva. Che cosa accadrà al commercio, al mercato immobiliare, al mercato del lavoro di Milano e degli altri grandi centri metropolitani? Dobbiamo pensare a un futuro esclusivamente turistico, senza più city users per motivi lavorativi e a ranghi ridotti anche dal punto di vista dei residenti (perchè uno smart working di massa inevitabilmente spingerebbe molti a trasferirsi altrove)? E che cosa accadrà a chi oggi vaticina un futuro di south working, ovvero di lavoratori e lavoratrici impiegate in aziende del Nord, ma stabilmente residenti nelle città del Sud Italia grazie ancora una volta allo smart working? Quanto ci metteranno le aziende a pensare che, tutto sommato, lontananza per lontananza, sarà per loro molto più conveniente delocalizzare il lavoro d’ufficio assumendo qualcuno a Mumbai o a New Delhli?
Per evitare queste inevitabili (e rovinose) conseguenze di sistema, sarebbe sufficiente distinguere il grano dal loglio: dire apertamente che quello che si è fatto nella “fase1” e in questa lunga “fase2” non dovrà essere quello che si potrà fare nella “fase3”, a pandemia finita.
La difesa che conta è quella della bontà innovativa di questa modalità organizzativa che presuppone un potente impegno sul fronte del cambiamento dell’approccio (dal controllo “qui e ora” alla verifica dell’andamento di progetti), secondo logiche partecipative e snelle che presuppongono l’adozione di un mindset completamente diverso (che è poi ciò che manca nella maggior parte delle aziende nelle quali lo SW corre il rischio di essere solo una diversa modalità di esecuzione di un lavoro comunque basato su dinamiche fordiste: dall’ufficio-fabbrica, magari in open-space, alla propria abitazione, in un restricted-space fattosi succursale del reparto aziendale al quale si è addetti).
In conclusione, la difesa dello SW avrebbe dovuto spingere coloro cui va il merito di averlo studiato, promosso e sin qui sapientemente diffuso (ante Covid-19) ad ergersi a difensori della sua “purezza” evitando di confonderlo con una condizione drammatica, eccezionale, che tutti ci auguriamo dal più profondo del cuore di non rivivere mai più. Così come avrebbe dovuto spingere i più ad assumere un approccio realista, positivo e responsabile, assumendosi la capacità di una rilettura sistemica capace di cogliere le inevitabili (e potenzialmente disruptive) esternalità negative di un repentino processo di remotizzazione di massa del lavoro.
Non c’è nulla di bello da portare con noi dal tunnel buio del lockdown, ma c’è tanto di luminoso da vivere tornando a stare insieme “nel” lavoro e quindi con (e per) le persone con le quali abbiamo sin qui condiviso le nostre esperienze professionali. Ciò non toglie che si possa essere ancor più soddisfatti se, per qualche giorno al mese, si potrà liberamente fruire di una modalità diversa con la quale lavorare, secondo regole, modi e tempi contrattati tra il lavoratore e l’impresa, dentro un rapporto fiduciario che è anch’esso figlio della relazione molto più che dell’astratta logica dei “nuovi diritti”. Ecco allora (tornando alla scoperta di Gene Wilder in Frankenstein jr) la necessità che “i poli” dello SW siano riportati “da positivo a negativo e da negativo a positivo” per mettere in cortocircuito la lettura sbagliata che se n’è data e ridisegnare, con obiettività, la corretta dimensione del fenomeno e soprattutto sostenerne lo sviluppo futuro che è certamente auspicabile nella misura in cui sia anche umanisticamente sostenibile (umanamente lo è certamente).
(ITALPRESS).

Health and welfare di Generali Italia, 500 mln per le famiglie

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – La Salute è oggi al primo posto per l’80% degli italiani ed è tra gli obiettivi prioritari del Pnrr. Salute e welfare per famiglie, imprese e Paese sono centrali nella strategia di Generali Italia del prossimo triennio che si focalizzerà su tre linee di sviluppo: più prevenzione e educazione per stili di vita sani, più accessibilità e supporto alle cure, active ageing e assistenza per la non auto sufficienza. Con il nuovo modello Health&Welfare, Generali intende rendere salute e benessere alla portata di tutti e vivere sempre al meglio.
Marco Sesana, Country Manager & CEO Generali Italia e Global Business Lines, ha dichiarato: “Il nostro futuro è nella Salute: questa è una delle lezioni del Covid. Prevenzione, stili di vita sani e attivi, le migliori cure devono essere accessibili e alla portata di tutti. Con l’esperienza, la forza innovativa e una visione internazionale, siamo pronti oggi ad aiutare famiglie e imprese a guardare con rinnovato slancio ed ottimismo al domani, attraverso soluzioni nuove, concrete e innovative per salute e benessere. I 20 miliardi di euro del PNRR segnano un punto di discontinuità: come Generali Italia abbiamo deciso di catalizzare e supportare gli sforzi del Paese ed essere vicini alle persone con un investimento di oltre 500 milioni di euro nei prossimi tre anni, sviluppando un modello unico, completo e tecnologico per un impatto sociale positivo sul Paese”.
La costruzione del nuovo modello Health&Welfare parte da 190 anni di esperienza, prossimità a famiglie e imprese con una rete capillare, orientamento ad una nuova qualità di servizio e una visione internazionale sui trend globali attraverso l’osservatorio Generali Employee Benefits (GEB) che opera con il suo vasto network in oltre 100 paesi e serve oltre 400 imprese multinazionali nel mondo. Generali annuncia un piano di investimento di oltre €500 milioni nel prossimo triennio e un nuovo modello integrato e innovativo di soluzioni pensate per la salute delle famiglie e il benessere dei lavoratori.
A consolidare l’approccio olistico del modello di Generali Italia nuove soluzioni concrete e innovative: la nuova offerta Immagina Adesso Salute&Benessere, un unico interlocutore per la salute delle famiglie; la nascita della joint venture Generali Welion- CDP Venture Capital, Convivit, per un nuovo concept abitativo su modello internazionale di Senior Living dedicato agli over 65 autosufficienti; l’istituzione del Fondo di Private Equity per l’erogazione delle cure con elevati standard qualitativi; il life coach digitale Benefit per la promozione di stili di vita sani dedicato alle imprese, da Generali Welion e Generali Vitality; robotica e intelligenza artificiale per prevenzione e riabilitazione con Movendo Technology.
Con il nuovo modello Health&Welfare, il cliente costruisce il proprio percorso che evolve durante tutta la vita: un unico interlocutore per scegliere servizi e garanzie con Immagina Adesso Salute&Benessere. Immagina Adesso amplia e aggiorna la playlist di protezione, prevenzione e assistenza per tutta la famiglia si arricchisce di nuove soluzioni per Salute&Benessere, con un unico contratto. Con Immagina Adesso Salute&Benessere il cliente attiva il proprio piano Salute personalizzato con tanti modi di stare bene in un’unica soluzione ricca di opzioni e servizi: check up, second opinion, accesso a network di eccellenza e rimborso via mobile. E’ inoltre previsto un servizio di orientamento e l’immediato accesso alle migliori cure di qualità con più protezione e coperture per cure oncologiche, dentarie e a vita intera. Il tutto con una formula accessibile sia in termini di prezzo, a partire da 15 Euro al mese, che di contatto con la rete specialisti attraverso canali digitali.
Dalla propria App o dall’area riservata sul sito, in completa autonomia, è possibile accedere alle strutture convenzionate a tariffe agevolate per visite specialistiche ed esami diagnostici. Sempre tramite la App e il sito si potrà effettuare la prenotazione della prestazione nella struttura e con il medico preferito, scegliendo in base al luogo, al costo della singola prestazione e alla propria disponibilità. E’ inoltre sempre a disposizione una centrale medica per entrare in contatto con personale altamente qualificato e preparato per l’assistenza medica da remoto 7/7 H24 in multicanalità (via telefono e video/chat). Prescrizione dei medicinali e visite di controllo dopo il tele-referto garantiscono una assistenza continua e completa sempre in modalità mobile.
Al via entro l’anno, un nuovo fondo di Private Equity che investe in strutture sanitarie per l’erogazione di cure con elevati standard qualitativi con un obiettivo da 400 milioni di euro. Il focus sarà su laboratori, diagnostica, riabilitazione, retail pharma e servizi, salute digitale. Il fondo sarà gestito nell’ambito delle competenze specifiche nei Real Assets di Generali Investments. Un life coach digitale per propri obiettivi di salute che premia chi sceglie di vivere sano.
Per i dipendenti delle imprese un programma digitale che incoraggia la persona a raggiungere gli obiettivi individuali di salute e benessere, fare scelte salutari, e premia stili di vita sani. Attraverso una valutazione online, la persona conosce il proprio stato di salute ed in particolare, scopre quanto le sue abitudini siano prossime o meno al vivere sano. Tale giudizio viene fornito mettendo insieme la corretta alimentazione, l’esercizio fisico, il consumo di bevande alcoliche e lo smettere di fumare. Collegando poi un fitness tracker alla App Benefit, si potrà monitorare la propria attività motoria settimanale, tra cui i passi effettuati o le calorie bruciate nella pratica di ogni sport. Per incentivare i clienti nel migliorare il proprio stile di vita sia le attività di check-up sia l’attività fisica consentono di collezionare punti, crescere in status e quindi ricevere premi sempre più esclusivi. E’ inoltre prevista l’opzione di devolvere parte di questi premi al progetto Ora di Futuro/THSN, un progetto di educazione di Generali Italia rivolto ai bambini e alle famiglie che coinvolge gli insegnanti, le scuole primarie e le reti non profit in tutta Italia.
Con Generali Welion e Movendo Technology programmi su misura per l’utilizzo della Robotica e dell’Intelligenza Artificiale per favorire percorsi riabilitativi e diagnostici totalmente personalizzati: servizi abilitanti che valutano il paziente e creano trattamenti personalizzati misurabili in modo oggettivo; valutazione e trattamento per la predizione e la riduzione del rischio di caduta nell’anziano. Stile di vita attivo e in autonomia per abitare la vita dopo i 65 anni con Convivit. Dalla partnership strategica tra Cdp Venture Capital e Generali Welion per il senior living, nasce la nuova società Convivit: un nuovo modello abitativo con servizi digitali, di assistenza e benessere per over 65 autosufficienti. Entro 10 anni in tutta Italia oltre 20 residenze per 2.500 persone con 2.000 appartamenti moderni basati su un nuovo concept che integra servizi, IoT (Internet of Things) spazi comuni e aree verdi.
I servizi offerti spazieranno da quelli dedicati all’aspetto residenziale, come ad esempio la connettività Wi-Fi illimitata, portineria h24 e lavanderia, a quelli su salute e sicurezza, con la possibilità di indossare dispositivi per il monitoraggio costante dei parametri di salute, assistenza telefonica h24, servizi sanitari da operatori specializzati, fino ai servizi per il benessere e l’intrattenimento con beauty center, parrucchiere, attività ricreative e palestra.
Educazione perchè vivere bene è uno stile che si impara e Generali promuove Benessere e Salute a scuola, nelle famiglie e nelle aziende con programmi per stili di vita sani, dalla consulenza nutrizionale a quella sportiva, per le famiglie con Immagina una vita Più di Generali e i Protection Days Salute di Alleanza Assicurazioni; Percorsi didattici nelle scuole dedicati alla Salute per 160 mila alunni delle classi 3a, 4a, 5a elementare con The Human Safety Net e Ora di Futuro. Promozione cultura welfare per le aziende per oltre 30 mila piccole medie imprese con Welfare Index PMI. Nuova campagna di prevenzione Salute con teleconsulto e check up gratuiti per i clienti.
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Intesa Sanpaolo con Cdp al fianco delle imprese per la ripresa

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Nell’ambito della più ampia collaborazione fra Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo, volta a promuovere lo sviluppo di iniziative congiunte per il supporto alle imprese italiane, è stata sottoscritta da CDP un’obbligazione senior unsecured preferred, della durata di 7 anni emessa da Intesa Sanpaolo del valore nominale di 1 miliardo di euro, che sarà integralmente impiegata dalla Banca per erogare nuovi finanziamenti a MidCap e PMI italiane finalizzati ad investimenti sul territorio nazionale.
L’iniziativa consolida la partnership tra CDP e Intesa Sanpaolo e consente di mettere a disposizione ulteriori risorse nell’ambito di “Motore Italia”, il programma strategico di interventi di Intesa Sanpaolo volti a consentire a MidCap e PMI di superare la fase di difficoltà, ricostituire progressivamente i propri cash flow e rilanciarsi attraverso nuovi progetti di sviluppo e crescita. In particolare, in coerenza con le linee del programma, l’iniziativa consentirà alle PMI un miglior accesso al credito riducendo il costo del finanziamento e contribuendo a ottenere nuova liquidità al fine di superare la fase ancora critica post pandemia o di finanziare nuovi investimenti per la crescita e il recupero della competitività sui mercati nazionali e internazionali, facendo leva sulle filiere produttive.
Tali agevolazioni sono infatti indirizzate a sostenere nuovi finanziamenti per gli investimenti nella transizione digitale e sostenibile del tessuto produttivo italiano, anche in logica di filiera, oltre che per l’allungamento delle scadenze di finanziamenti esistenti, fino anche a 15 anni. I finanziamenti alle imprese potranno avere un importo massimo di 25 milioni di euro e scadenza minima non inferiore a 24 mesi incluso il preammortamento. In questo contesto di ripartenza, CDP e Intesa Sanpaolo hanno rafforzato le iniziative a supporto della crescita e della competitività del tessuto imprenditoriale del Paese, favorendo progetti di innovazione e sostenibilità per superare la fase di difficoltà causata dall’emergenza sanitaria e per cogliere le opportunità e le nuove sfide dell’attuale e futuro contesto economico.
Paolo Calcagnini, Vicedirettore Generale e Chief Business Officer di CDP, ha dichiarato: “Il finanziamento sottoscritto rappresenta una conferma dell’impegno di CDP, in sinergia con Intesa Sanpaolo, per il sostegno al tessuto imprenditoriale del Paese. La collaborazione permetterà di favorire l’accesso al credito delle MidCap e delle PMI italiane con l’obiettivo di rilanciarne produttività e competitività, in questa fase di ripartenza post COVID-19. Le risorse saranno orientate, in particolare, a sostegno di progetti di investimento per la transizione digitale ed ecologica delle imprese e su iniziative di crescita domestica e internazionale delle stesse”.
Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo ha commentato: “Questo accordo con CDP, che si aggiunge a tante altre iniziative congiunte in corso, conferma la nostra volontà di creare una rete insieme con i maggiori operatori del sistema economico italiano, per individuare soluzioni e risorse da mettere a disposizione delle PMI italiane in questa fase di rilancio dell’economia, in linea con il nostro programma Motore Italia e con il Piano strategico di ripartenza del Paese. Filiere e transizione digitale ed ecologica sono alla base del rilancio della nostra economia; nei primi cinque mesi dell’anno, Intesa Sanpaolo ha già erogato 11 miliardi di euro a favore delle PMI, di cui oltre 1,5 miliardi a sostegno della transizione sostenibile e intendiamo rafforzare ulteriormente il nostro impegno in questa linea di sviluppo e di crescita”.
(ITALPRESS).

Riforma Terzo Settore, 87% vuole iscriversi a registro unico nazionale

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Dopo la presentazione in Senato del primo rapporto sul Terzo Settore, sono stati presentati i principali risultati della survey digitale promossa da Terzjus e Italia non profit in forma estesa e liberamente scaricabili. Attraverso la voce delle principali reti associative, cooperative e di volontariato, si è cercato di capire quale percezione hanno della riforma queste organizzazioni e che impatto ha avuto sulla loro struttura e sul loro vissuto quotidiano.
1671 organizzazioni partecipanti, 2 mesi di indagine, 24 partner coinvolti. A oltre tre anni dall’avvio della Riforma del Terzo Settore, Terzjus e Italia non profit hanno domandato agli enti quali difficoltà hanno incontrato con la Riforma, le innovazioni riscontrate, in che modo si sono informati, cosa hanno già applicato dei cambiamenti previsti e quali suggerimenti hanno per i policy makers. Il risultato è un dossier di grande interesse dove i veri protagonisti della Riforma hanno condiviso la loro esperienza concreta rispetto a questo grande cambiamento che incide su molti ambiti di vita del Paese: dai rapporti tra enti e Pubblica Amministrazione ai legami con i donatori; dal regime fiscale per le attività senza fine di lucro fino allo sviluppo del Servizio civile universale e agli impatti dei servizi sui territori.
Cosa pensano gli enti della Riforma e come hanno vissuto questo cambiamento? Considerando l’iter legislativo la maggioranza dei rispondenti è concorde nel giudicarlo come eccessivamente lungo (86%). Questo ritardo è dovuto per il 33,1% ai troppi decreti attuativi, per il 24,5% alla struttura stessa della riforma, per il 19,6% ad una lentezza del Parlamento. Positiva l’opinione sul Registro Unico Nazionale del Terzo Settore che viene considerato uno strumento di apertura verso l’esterno da più della metà degli intervistati (56,7%). Nonostante il Registro sarà in grado di rendere accessibili a tutti i dati essenziali degli enti, 1 organizzazione su 3 segnala di non essere a conoscenza di questa opportunità. Tra le maggiori novità introdotte dalla Riforma vi è la possibilità di svolgere, da parte degli enti, attività commerciali diverse da quelle di interesse generale. La novità viene percepita da quasi il 60% dei rispondenti, mentre il 22,2% non ne è a conoscenza e il 18% risponde “non saprei”.
Singolarmente, per quanto riguarda il 5×1000: soltanto 1 ente su 4 è a conoscenza delle novità principali che riguardano una delle fonti di entrata di rilievo per una parte degli enti non profit; e, soltanto il 57% è consapevole delle nuove agevolazioni fiscali previste per le donazioni. Di questi solo il 36,6% le ha comunicate ai donatori. Di particolare rilevanza il dato per cui l’87% degli enti dichiara di voler iscriversi al RUNTS. Considerando il tema dell’adeguamento dello Statuto, 1 ente su 2 ha colto questa occasione per riscrivere le regole fondamentali della propria organizzazione, in modo da essere pronto ad affrontare meglio le sfide future. Rispetto ai nuovi schemi di bilancio, non si registrano particolari difficoltà nell’adottarli e comunque si è cominciato ad esaminarli. Il bilancio sociale viene vissuto come un obbligo dalla maggioranza delle organizzazioni che hanno partecipato all’indagine e il 48% dichiara di essere toccata da questo adempimento, anche se, per legge, l’obbligo è previsto solo per le organizzazioni con entrate superiori al milione di euro.
Una lettura interessante di come gli enti vivono la Riforma viene data paragonando le risposte ricevute dagli enti considerando le loro dimensioni. Le organizzazioni di medie dimensioni (entrate tra i 30.001 Euro e 500.000 Euro) e grandi dimensioni (entrate uguali o superiori a 500.001 Euro) appaiono più consapevoli rispetto alle opportunità previste dalla Riforma. In particolare, quelle di medie dimensioni sono anche quelle che sembrano aver colto maggiormente l’occasione dell’adeguamento dello Statuto per rivedere nel complesso le regole che guidano la loro organizzazione, e sono anche quelle più pronte a redigere il bilancio secondo i nuovi schemi. Quelle di dimensioni piccole (con entrate inferiori o uguali a 30.000 Euro) appaiono ben informate rispetto agli adempimenti.
“Gli enti del Terzo Settore stanno dando grandi segnali alle istituzioni: la volontà di aderire al Registro Unico ci dice molto rispetto alla necessità di accessibilità e desiderio di aprirsi al mondo esterno, la confusione rispetto agli adempimenti da compiere è un segnale del percorso travagliato della Riforma, la grande partecipazione a questa ricerca e gli stimoli che gli enti hanno dato alle istituzioni riassumono la spinta che il Settore ha di essere parte attiva di questo cambiamento” – dichiara Giulia Frangione, CEO e Amministratore Unico di Italia non profit. “Il coinvolgimento di chi si occupa dei bisogni sociali, di chi lavora sui servizi, di chi disegna le risposte alle nuove necessità è fondamentale per strutturare politiche e nuove forme di sostegno alle organizzazioni. Per questo, la restituzione dei dati è resa disponibile gratuitamente. Sono indicazioni utili non solo per i policy makers ma per tutte le realtà filantropiche (fondazioni e aziende) che con il Settore collaborano e che ne supportano lo sviluppo”.
“La survey digitale “Riforma in Movimento” – dichiara Luigi Bobba, presidente di Terzjus – è stata la prima occasione per dare la parola ai destinatari della Riforma del Terzo Settore, ovvero tutte quelle organizzazioni che, iscrivendosi al Registro assumeranno l’acronimo ETS: enti del Terzo settore. Attraverso le loro parole, si evidenziano luci e ombre della riforma. Molti hanno percepito la novità rilevante nell’avere finalmente un corpus unitario di norme che regola questo mondo alquanto variegato. Ma altrettanti sottolineano la lentezza con cui si è proceduto nella attuazione della riforma stessa.” Colpisce – continua Bobba – che la riforma sia conosciuta più per gli aspetti regolamentari e gli adempimenti, che per le norme promozionali e le opportunità che offre. Dato che si spiega anche per il fatto che diverse norme di attuazione non sono ancora state emanate. A questo scopo” – conclude Bobba – “abbiamo consegnato al Ministro del Lavoro Andrea Orlando un decalogo (10 azioni per non sprecare una buona riforma) che vuole essere uno stimolo affinchè le istituzioni preposte accelerino il passo e mettano in campo azioni informative e promozionali rivolte in particolare alle organizzazioni di piccole dimensioni. In sintesi, la ricerca ci dice che gli enti, per più dell’80%, guardano positivamente alla riforma, ma si aspettano un’azione delle istituzioni più incisiva e chiedono altresì un monitoraggio costante della stessa. E’ proprio quello che Terzjus si è proposto di fare”.
All’indagine hanno partecipato 1671 persone che a diverso titolo rappresentano le organizzazioni del Terzo Settore. La survey si è conclusa con 1161 questionari completi e adeguati ai fini dell’analisi. Le tre tipologie di enti più presenti sono le APS, le ODV e le associazioni Onlus, che rappresentano più dei due terzi dei rispondenti. Il settore di attività prevalente è quello dei servizi alla persona e ricreativo culturale e educazione, istruzione e formazione. Interessante è rilevare che il campione risulta in linea con quello del Censimento ISTAT delle Istituzioni non profit: sia per quanto riguarda i profili giuridici (la stragrande maggioranza di Associazioni riconosciute e non riconosciute), sia rispetto alla distribuzione geografica (leggermente spostata sul Nord Ovest).
(ITALPRESS).

Family Audit premia il welfare per la famiglia

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – La certificazione ministeriale Family Audit ottenuta da HRCOFFEE attesta il suo impegno verso le esigenze famiglia – lavoro dei propri dipendenti.
La startup, compartecipata da Exprivia S.p.A., ha definito una serie di misure welfare di conciliazione vita – lavoro: tra cui migliorare l’organizzazione del lavoro, favorire un clima aziendale di confronto, offrire corsi di formazione e benefit ai collaboratori. Attenzione anche alla promozione del welfare territoriale con la creazione di una biblioteca a servizio dei propri dipendenti e delle comunità di prossimità, oltre che di uno sportello informativo e di supporto sui temi della conciliazione famiglia e lavoro.
HRCOFFEE è una realtà innovativa con sede a Molfetta (BA), compartecipata da Exprivia S.p.A. che dà voce ai propri dipendenti coniugando i loro bisogni con quelli dell’azienda. Per farlo, la startup ha sviluppato una tecnologia che favorisce e stimola l’interazione tra i collaboratori creando un ambiente di lavoro, inteso come luogo digitale, fatto di connessioni e condivisione. Mettere al centro persone per HRCOFFEE non è solo il core business, ma un impegno costante e quotidiano: per questo, i suoi fondatori, Maria Cesaria Giordano, CEO di HRCOFFEE e Davide De Palma – moglie e marito e genitori di due bambini, entrambi co-founder e laureati in Psicologia del Lavoro e Organizzazioni all’Università di Bari – hanno ottenuto la Certificazione Family Audit che qualifica HRCOFFEE come realtà attenta alle esigenze di conciliazione Famiglia-Lavoro dei propri dipendenti.
“Siamo genitori e sappiamo quanto sia difficile conciliare il lavoro e gli impegni familiari. Per questo motivo abbiamo deciso di lavorare a questa certificazione, per offrire ai nostri collaboratori che sono o saranno genitori, delle agevolazioni che vanno in questa direzione, prima tra tutte la possibilità di poter usufruire di un servizio di baby sitting nei giorni festivi lavorativi. Non solo però servizi per chi ha una famiglia con la certificazione Family Audit certifichiamo il nostro impegno per implementare politiche di conciliazione vita – lavoro che migliorino anche benessere individuale dei nostri collaboratori , commenta Cesaria, CEO di HRCOFFEE.
La certificazione Family Audit è uno standard di qualità che innesca all’interno dell’organizzazione aziendale un processo culturale virtuoso, di miglioramento continuo sui temi della conciliazione vita – lavoro, della valorizzazione delle competenze di genere, dell’age management e dell’occupazione giovanile, della sostenibilità, della promozione del benessere degli occupati e loro famiglie, anche a livello territoriale. Per ottenere il marchio Family Audit, HRCOFFEE ha dovuto attivare, con il supporto di un consulente accreditato Family Audit, un processo interno di auditing con un ampio coinvolgimento dei lavoratori sia per la rilevazione dei bisogni, che per la relativa individuazione degli interventi family oriented.
Sulla base di questa indagine, HRCOFFEE ha definito un piano di una serie di misure di conciliazione vita – lavoro calibrate sulle esigenze dell’azienda e dei suoi dipendenti. Molteplici gli obiettivi che la startup si è posta, come quello di migliorare l’organizzazione del lavoro offrendo flessibilità sia in entrata che in uscita, di favorire un clima aziendale di confronto, promuovendo momenti di incontro per aumentare la motivazione e il benessere aziendale e le pari opportunità. Massima attenzione, inoltre alla fidelizzazione dei collaboratori proponendo corsi di formazione durante l’orario lavorativo e benefit, come la baby sitter durante i giorni festivi lavorativi.
Oltre agli obiettivi interni, lo standard Family Audit prevede anche la promozione del welfare territoriale che comporta, ad esempio, la promozione del benessere delle famiglie del territorio in cui l’organizzazione opera. In questo ambito HRCOFFEE ha in programma di creare da un lato una biblioteca a servizio dei propri dipendenti e delle comunità di prossimità per favorire una cultura legata alla lettura a livello territoriale; dall’altro uno sportello digitale, creando una sezione apposita sul sito, d’informazione e di supporto sui temi della conciliazione famiglia – lavoro.
L’iter di certificazione avrà una durata di 3 anni, durante i quali verrà fatto un costante processo di analisi, monitoraggio e valutazione dello stato di attuazione e dell’impatto degli interventi messi in atto.
“Non vogliamo che la certificazione sia una pratica calata dall’alto e, per questo, abbiamo voluto che la referente del progetto fosse la nostra collega Ylenia Tattoli. Insieme abbiamo condiviso le misure da mettere in atto in un’ottica di benessere, coinvolgimento e arricchimento dei colleghi. Abbiamo fatto incontri per sensibilizzare tutto il team e per confrontarci sulla luce delle loro esigenze – spiegano Davide e Cesaria – Una delle misure che ci sentiamo di promuovere a gran voce, nell’ambito della Comunicazione, è la creazione di un Manifesto contro le molestie nei luoghi di lavoro, che indichi linee guida ed evidenzi comportamenti virtuosi da assumere. Vogliamo trasmettere all’esterno l’idea di ambiente di lavoro sicuro e trasparente”.
(ITALPRESS).

Previdenza complementare, riprendono i flussi contributivi

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Continua il trend positivo dei Fondi pensione. Dopo i risultati comunicati dall’ultima Relazione annuale di Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione), arrivano i primi dati del 2021. “Nel primo trimestre dell’anno il quadro economico globale è migliorato in coincidenza con l’accelerazione delle campagne di vaccinazione e con la prosecuzione delle politiche monetarie e fiscali espansive adottate dai governi e dalle banche centrali”, si legge nel comunicato diffuso da Covip.
“I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine hanno fatto segnare un deciso rialzo negli Stati Uniti, interessati da un consistente programma di stimoli fiscali; l’aumento è stato invece contenuto nei paesi dell’Area dell’euro nei quali il pacchetto articolato di misure di sostegno messe in atto dalla BCE è stato riconfermato. Anche l’inflazione ha mostrato segnali di ripresa. I corsi azionari sono saliti in tutte le principali economie avanzate in un contesto che rimane di volatilità contenuta. I risultati delle forme complementari sono stati in media positivi, soprattutto per le linee di investimento caratterizzate da una maggiore esposizione azionaria. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti si sono attestati, rispettivamente, all’1 e all’1,9 per cento per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari al 3,6 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari allo 0,3 per cento. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziali, nei dieci anni da inizio 2011 a fine marzo 2021, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti, al 3,6 per i PIP di ramo III e al 2,3 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,8 per cento annuo”.
Alla fine del primo trimestre del 2021, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 9,421 milioni; la crescita rispetto alla fine del 2020 è pari a 79.000 unità (0,8% in più). A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,515 milioni di individui. Nelle singole tipologie di forma pensionistica, i fondi negoziali crescono di 33.000 posizioni (1% in più), per un totale a fine marzo di 3,294 milioni; oltre la metà della crescita (18.000 unità in più) è formata da adesioni contrattuali al fondo rivolto ai lavoratori del settore edile. Nelle forme pensionistiche di mercato, si registrano 27.000 posizioni in più nei fondi aperti (+1,6%) e 22.000 posizioni in più nei PIP nuovi (+0,6%); alla fine marzo del 2021, il totale delle posizioni in essere è, rispettivamente, pari a 1,654 milioni e 3,532 milioni di unità.
“A marzo 2021, le risorse destinate alle prestazioni sono 202,2 miliardi di euro, 4,3 miliardi in più rispetto alla fine del 2020. Il patrimonio dei fondi negoziali – si legge nel comunicato – risulta pari a 61,6 miliardi di euro, il 2,1% in più. Per i fondi aperti si attesta a 26,3 miliardi e a 40,3 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, del 3,8 e del 3,3 per cento. Nel primo trimestre del 2021 le forme pensionistiche di nuova istituzione hanno incassato 3,2 miliardi di euro di contributi. Rispetto al corrispondente periodo del 2020, segnato dall’insorgere dell’emergenza epidemiologica, i flussi contributivi registrano una decisa ripresa, aumentando di circa 220 milioni di euro; l’incremento percentuale, 7,5%, torna in linea con quanto registrato negli anni immediatamente precedenti la crisi pandemica. Il forte recupero si riscontra in tutte le forme pensionistiche, con variazioni tendenziali che vanno dal 5,4% dei fondi negoziali, al 7,9% dei PIP fino al 13,2% dei fondi aperti”.
(ITALPRESS).