MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – L’accordo tra ANIA e le Organizzazioni sindacali (FIRST-CISL, FISAC-CGIL, FNA, SNFIA e UILCA) rappresenta una cornice di riferimento per le imprese che, una volta terminata la fase emergenziale, vorranno sottoscrivere accordi sul Lavoro Agile in azienda.
A fronte della richiesta sindacale di aprire un tavolo di confronto su questo tema, le parti hanno individuato Linee guida di alto profilo in grado di rappresentare uno strumento di modernità nell’organizzazione del lavoro, flessibilità operativa e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti del settore, nonchè di dare la giusta importanza alla sostenibilità ambientale e al benessere collettivo.
Gli elementi caratterizzanti dell’accordo sono: la gestione flessibile della prestazione sia in ordine ai tempi sia ai luoghi nei quali la stessa viene eseguita; la volontarietà delle parti; l’utilizzo di strumenti tecnologici; forme di organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi, la crescita della produttività e il raggiungimento dei risultati aziendali; e poi formazione, sicurezza sul lavoro e diritti sindacali.
Non è stata prevista una percentuale massima di utilizzo del Lavoro Agile proprio per consentire alle singole imprese – secondo le proprie specificità organizzative e peculiarità anche geografiche del territorio in cui operano – di trovare il giusto contemperamento tra presenza in sede e lavoro svolto all’esterno dell’azienda. Ciò anche al fine di continuare a favorire l’aggregazione e lo sviluppo del senso di appartenenza aziendale.
Le Linee guida prevedono anche misure inclusive importanti quali facilitazioni al Lavoro Agile nelle situazioni familiari complesse, con l’obiettivo di favorire anche in tale contesto la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, così determinante soprattutto per le donne.
La Presidente dell’ANIA, Maria Bianca Farina, esprime il proprio compiacimento: “L’accordo appena sottoscritto è un ulteriore passo per il settore assicurativo verso una costruzione moderna dell’organizzazione del lavoro, anche nella direzione della sostenibilità e delle pari opportunità per tutti. Il modo di lavorare cambia, è necessario adeguarsi, anticipare il cambiamento per supportare il Paese in questa difficile fase che sta vivendo, sempre mettendo al centro le persone”.
(ITALPRESS).
Lavoro agile, accordo “sostenibile” coi sindacati
Adapt e Ubi Banca, verso un welfare state più solido
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – ADAPT e UBI Banca presentano “Welfare for People”, il terzo rapporto sul welfare occupazionale e aziendale in Italia promosso dalla Scuola di alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro di ADAPT e dall’Osservatorio UBI Welfare di UBI Banca (Gruppo Intesa Sanpaolo).
Lo studio promosso da Ubi Banca e ADAPT afferma come il welfare si conferma materia più frequentemente presente al crescere della dimensione aziendale e in base alla collocazione geografica. La terza edizione si è concentrata anche sull’analisi di due settori, la metalmeccanica e la chimico-farmaceutica e sulla dimensione territoriale del welfare occupazionale in tre provincie, tra le più produttive del Paese: Bergamo, Brescia e Cuneo.
L’analisi è frutto di un’attività continuativa di monitoraggio sulla recente evoluzione del welfare aziendale e occupazionale. Si tratta di un aggiornamento del lavoro, avviato da alcuni anni, volto a inquadrare la diffusione del fenomeno alla luce della trasformazione economica, tecnologica, demografica, anche rispetto alle criticità emerse con la diffusione dell’emergenza sanitaria in corso.
Dal terzo Rapporto emerge che il welfare si conferma materia più frequentemente presente al crescere della dimensione aziendale e in base alla collocazione geografica (il 44% delle intese sono state sottoscritte in imprese con oltre 1.000 dipendenti, e si riscontra una netta prevalenza di intese sottoscritte nelle regioni del Nord Italia – 69%).
“La crisi in corso, inizialmente percepita come esclusivamente sanitaria – afferma Gaetano Miccichè, Consigliere Delegato di UBI Banca – sta facendo emergere più ampie criticità a livello di infrastrutture territoriali e di sistema economico-sociale. Nella situazione che il Paese sta affrontando a causa della emergenza epidemiologica, gli attori delle relazioni industriali che non avevano sperimentato il welfare aziendale in senso stretto sono stati colti impreparati, mentre chi aveva già attuato forme di welfare aziendale si è mostrato pronto a gestire una emergenza che porta ora le imprese a dover fare necessariamente i conti con le trasformazioni del lavoro. Le misure e le politiche di welfare aziendale, molte delle quali analizzate approfonditamente in questo Rapporto, si sono rivelate un importante supporto per il sistema produttivo”.
Lo studio si è concentrato in particolare sui settori della metalmeccanica e della chimico-farmaceutica. Nei nuovi contratti aziendali della metalmeccanica sottoscritti nel 2019 si conferma e cresce la grande attenzione attribuita nel settore per le misure di conciliazione (52%). Cresce la diffusione di prestazioni di mensa e buono pasto (38%) e di previsioni sulla formazione (38%). Non molto elevata è invece la presenza di misure di previdenza complementare (15%) e assistenza sanitaria integrativa (13%). Dal monitoraggio dei contratti aziendali dell’industria chimico-farmaceutica sottoscritti tra il 2016 e il 2019 emerge che la materia della flessibilità organizzativa e della conciliazione vita-lavoro rappresenta il 71% delle misure di welfare contrattate a livello aziendale. Per contro risultano molto diffuse anche le previsioni sui buoni acquisto e sui flexible benefits (53%).
“Come Gruppo riteniamo che il Welfare aziendale abbia un ruolo di assoluto rilievo nell’integrazione del Welfare State, riuscendo a generare valore per le aziende e per i dipendenti”, spiega Andrea Lecce, responsabile della Direzione Sales & Marketing privati e aziende retail di Intesa Sanpaolo. “Guardando in prospettiva, il Welfare aziendale potrà sempre più diventare elemento di stimolo al sistema produttivo nell’ambito delle relazioni industriali, contribuire al miglioramento del clima aziendale e accrescere il ruolo sociale delle imprese, coinvolgendo i dipendenti per favorire il benessere della persona e lo sviluppo delle comunità e dei territori locali. In Intesa Sanpaolo abbiamo lanciato nel 2017 Welfare Hub, un servizio pensato per implementare e gestire programmi di welfare aziendale attraverso l’accesso ad una piattaforma di relazione digitale e multicanale. L’obiettivo ora è quello di attivare le opportune sinergie per integrare e capitalizzare al meglio la positiva esperienza che Ubi ha maturato nel settore per proseguire il percorso intrapreso, consolidare il nostro posizionamento sul mercato e, soprattutto, confermarci partner affidabile ed efficace delle nostre aziende clienti”.
Tre le analisi territoriali prese in considerazione nel rapporto: oltre ai casi di Bergamo e Brescia, studiati approfonditamente nella prima e nella seconda edizione, l’approfondimento si è arricchito con l’analisi condotta sul territorio di Cuneo, ricostruendone il contesto socio-economico per rilevare la domanda e l’offerta di welfare. Si è cioè tentato di identificare i bisogni del territorio, per i quali il welfare può essere una risposta, a partire dalla ricostruzione delle dinamiche demografiche, produttive e del mercato del lavoro.
“Il Rapporto non vuole limitarsi a una fotografia statica della realtà. Tanto meno cristallizzarsi in un libro chiuso. L’ambizione è quella di essere un laboratorio dinamico di innovazione sociale che vede nel Rapporto una piattaforma aperta di metodi, analisi, sperimentazioni, dialogo e ascolto degli operatori e degli attori dei sistemi nazionali e locali di welfare” spiega il professor Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di ADAPT e curatore del rapporto. “Da qui nasce l’approfondimento sulla contrattazione sociale territoriale sia per le connessioni che si generano con l’ambito del welfare occupazionale e aziendale sia perchè, insieme ad esso, rappresenta uno dei più importanti tentativi delle relazioni industriali di offrire nuove risposte alle esigenze di cambiamento di una società post-fordista individuando un nuovo baricentro nella dimensione territoriale”.
(ITALPRESS).
Più welfare prima e dopo la crisi
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Nella terza edizione del Rapporto curato da ADAPT e UBI Banca è stato ulteriormente rafforzato il lavoro di analisi e mappatura del vasto universo della contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale) secondo una prospettiva metodologica di relazioni industriali che consente di ricondurre a sistema una pluralità di frammenti di welfare che, se visti in modo isolato, offrono una lettura parziale e anche distorta del fenomeno. Al riguardo, della banca dati di fareContrattazione di ADAPT, che contiene, oltre a tutti i principali contratti collettivi nazionali, più di 4.000 tra contratti aziendali e territoriali.
Elaborato nell’ambito del secondo Rapporto, portando a maturazione i ragionamenti sviluppati nel primo Rapporto, si legge come l’indice di welfare aziendale denominato ADAPT-UBI Welfare Index si conferma un utile strumento per misurare in modo sintetico le iniziative di welfare regolate dalla contrattazione collettiva.
L’ADAPT-UBI Welfare Index “consente a imprese, operatori, attori del sistema di relazioni industriali di misurare concretamente e in modo attendibile la vicinanza o lontananza dal concetto di welfare aziendale di un determinato mix di misure che appartengono a un piano di welfare. L’Index può pertanto rappresentare uno strumento progettuale e operativo utile alla messa a punto, alla successiva implementazione e al controllo periodico di piani e percorsi di welfare aziendale tanto in una dimensione aziendale che di territorio o di settore produttivo”.
In questa edizione è proseguito il lavoro di analisi sul welfare aziendale/occupazionale del settore metalmeccanico a cui si è aggiunto uno specifico, e nuovo, approfondimento sulle misure sviluppate nel settore chimico. Le riflessioni, avanzate nei precedenti rapporti sulle trasformazioni del lavoro e della impresa, hanno inoltre l’attenzione verso quanto avviene fuori dalla fabbrica dentro le dinamiche di costruzione dei nuovi ecosistemi territoriali del lavoro e del valore.
Sempre nel documento si approfondisce proprio l’impatto che le previsioni di welfare aziendale introdotte dal CCNL Federmeccanica e Assistal del 2016 hanno avuto sul comparto industriale dei metalmeccanici: “queste disposizioni hanno fatto da apripista per l’introduzione del welfare aziendale a livello di CCNL in altri sistemi di relazioni industriali del settore, oltre che in altri settori. Ciò ha imposto una necessaria integrazione e armonizzazione all’interno di quelle aziende che già erogavano misure di welfare. Progressivamente, anche grazie al crescente utilizzo di piattaforme, le iniziali difficoltà sembrano essersi appianate e oggi è riscontrabile una migliore integrazione tra misure nazionali e aziendali, con quote crescenti come “crediti welfare””.
Da qui nasce l’approfondimento sulla contrattazione sociale territoriale sia per le connessioni che si generano con l’ambito del welfare occupazionale e aziendale sia perchè, insieme ad esso, rappresenta uno dei più importanti tentativi delle relazioni industriali di offrire nuove risposte alle esigenze di cambiamento di una società post-fordista individuando un nuovo baricentro nella dimensione territoriale.
Rispetto al welfare territoriale e di comunità, accanto ai casi della Provincia di Bergamo e di Brescia si è aggiunto l’approfondimento sulla provincia di Cuneo che ha consentito di cogliere ulteriori interconnessioni tra logiche di territorio e logiche di categoria merceologica sempre nei settori della meccanica e della chimica.
“L’indagine condotta sulla contrattazione di questi settori (36 contratti) evidenzia una diffusione del welfare aziendale nel 38,8% delle imprese del campione. Emerge inoltre come il welfare aziendale si sviluppi in buona parte in connessione alla possibilità di welfarizzare il premio di risultato (le clausole di c.d. welfarizzazione del premio di produttività sono presenti nel 33% di casi osservati)”.
Chiude la parte tecnica di supporto analitico al Rapporto una rassegna ragionata della oramai vasta letteratura di riferimento utile, anche in termini definitori e concettuali, a tracciare gli esatti perimetri del fenomeno del welfare aziendale/occupazionale e fornirne una prima rappresentazione attendibile.
(ITALPRESS).
Cida-Adapt, un Osservatorio per il lavoro che cambia
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – CIDA, la Confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, in collaborazione con Adapt, l’associazione di studi e ricerche giuslavoristiche fondata da Marco Biagi, promuovono attraverso un report statistico trimestrale, l’analisi di dati inerenti le dinamiche del lavoro ponendosi l’obiettivo di fornire elementi utili a comprendere il contesto economico-sociale entro il quale si sviluppano. L’analisi della realtà italiana, per alcuni indicatori, avverrà in prospettiva comparata a livello europeo, tentando anche un raffronto a livello regionale e provinciale. I dati verranno raccolti dai database Istat, Eurostat, Ilostat, Etui, Oecd, Inapp, Inps, Infocamere, Ilo e saranno analizzati e rielaborati dal gruppo di ricerca che, attraverso la costruzione di graci, renderà l’indagine di facile lettura.
“La scelta di CIDA e Adapt è stata quella di partire dai numeri per risalire alla spiegazione dei fenomeni che interessano il mondo del lavoro senza posizioni precostituite e, soprattutto, senza cadere nella demonizzazione delle nuove tecnologie – pur se stanno sconvolgendo i processi produttivi – o nella suggestione di un mondo del lavoro ordinato, caratterizzato da categorie professionali statiche e francamente obsolete”, ha spiegato il presidente di CIDA, Mario Mantovani.
“La nostra iniziativa ha avuto una gestazione non breve per l’ambizione di presentare punti di vista inediti del mercato del lavoro, con particolare attenzione al mondo della dirigenza, pubblica e privata e dei professionisti, anche per sdoganare queste categorie da vecchi ‘clichè’ ormai datati e certamente lontani dalla realtà. Una fase di elaborazione sulla quale si è poi abbattuta la pandemia, che ha sconvolto il quadro di riferimento e fatto ‘impazzirè gli indicatori statistici. Ma è proprio questo ‘tsunamì economico e sociale ad averci spinto a concentrare l’analisi sugli effetti vericatisi nel mondo del lavoro, perchè a ben guardare si è trattato di un potente ‘acceleratorè di dinamiche già in atto.
“Questo primo numero dell’Osservatorio ‘Labour Issues’ è il risultato di questo impegno: da un lato cercare di comprendere quali effetti, quali interazioni avvengono tra fenomeni di natura diversa, quali risposte diamo a sde straordinarie e con quali strumenti; dall’altro vericare l’obsolescenza del diritto del lavoro e di alcune forme organizzative che direttamente ne derivano”, ha aggiunto.
“Gli esempi non mancano: la dipendenza da alcune tecnologie (nel caso, ad esempio, del lavoro a distanza) si è fatta più marcata, e le prospettive di un suo utilizzo di massa più concrete. Da questa cornice di riferimento – ha aggiunto il presidente di CIDA – siamo poi passati ai casi concreti. E abbiamo pensato che fosse utile aprire i lavori dell’Osservatorio con un focus sul lavoro dipendente e su quello autonomo: nell’anno in cui questa distinzione concettuale si è notevolmente afevolita, è interessante vedere gli effetti di norme che sono ancora pienamente calate in quello schema. I dati necessari non sono ancora tutti disponibili, comprenderemo meglio alcuni aspetti nel corso dell’anno e in quello prossimo. L’obiettivo di fondo è certamente sdante: se comprendiamo come può cambiare il lavoro possiamo avere un ruolo attivo nella trasformazione, coniugando produttività e realizzazione umana, coesione sociale e redditività”, ha concluso Mantovani.
“I dati contenuti nell’Osservatorio – ha spiegato a sua volta il presidente della Fondazione Adapt, Francesco Seghezzi – mostrano con chiarezza il profondo mutamento della variegata composizione del lavoro subordinato che è molto meno uniforme rispetto al passato, soprattutto in virtù dell’aumento delle tipologie di lavoro subordinato non standard, intendendo come standard il contratto a tempo indeterminato full time. Di fatto ci si trova di fronte ad una forma cristallizzata di dualismo lavoro subordinato-lavoro autonomo, che ha a lungo giusticato diversità di tutele. Ad esempio, difcilmente si sarebbero avanzate richieste di ammortizzatori sociali per il lavoro autonomo che, invece, il lockdown provocato dal Covid-19 ha reso necessari. Oggi il contesto è completamente cambiato a causa di trasformazioni tecnologiche, demograche e globali. Trasformazioni che hanno mutato profondamente la natura del lavoro che si è frammentato, alimentando aree grigie tra autonomia e subordinazione da un lato, e cambiando la struttura stessa del lavoro subordinato e del lavoro autonomo dall’altro. Ecco i motivi alla base dell’Osservatorio applicati ad un caso concreto: fornire un inquadramento quantitativo e qualitativo della struttura del mercato del lavoro italiano e della sua evoluzione negli anni recenti, come strumento utile per giungere ad una conclusione dalla quale può scaturire un dibattito che ancora resta nell’ombra: sia il lavoro autonomo che quello subordinato stanno cambiando volto”, ha concluso Seghezzi.
(ITALPRESS).
Le giovani start up guardano al welfare, della persona e non solo
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Sulla scia del diffondersi dello smart working e il conseguente boom di startup digitali (nel 2020 + 25,1%), nell’ultimo anno è nata anche ShoesOff Club. Creata da un gruppo di under 30 è la nuova piattaforma di servizi per la casa e la cura personale pronta ad allargarsi anche all’ambito del welfare aziendale. Ne abbiamo parlato con uno dei founders, Giulio Graziani classe 1994.
La vostra mission in che modo incontra il welfare?
La mission di ShoesOff Club è quella di semplificare la vita delle persone. Per farlo abbiamo creato una piattaforma di servizi on-demand che ha come obiettivo quello di fornire la soluzione ideale a qualsiasi problema domestico e relativo alla cura personale in pochi semplici passi. Oggi risolvere un problema domestico anche banale è un processo macchinoso ed inefficiente per il quale spesso si finisce a passare ore su internet alla ricerca del professionista giusto senza trovare soluzione. Allo stesso tempo però problemi in ambiti diversi hanno trovato soluzioni semplici ed economiche: i servizi di food delivery ci danno la possibilità di scegliere tra centinaia di opzioni quella più adatta a noi, Amazon ci consegna direttamente a casa una vasta gamma di prodotti, il Car Sharing, ci permette di avere accesso ad una macchina senza doverne essere proprietari. Ci siamo domandati perchè nessuno aveva fatto la stessa cosa con i problemi domestici. Un sito o una App dove con un click, il cliente prenota qualsiasi servizio relativo alla cura della casa e della persona, in modo semplice e sicuro. Proprio come acquistare un prodotto su Amazon. Oggi le aziende stanno puntando molto sul benessere dei propri dipendenti. E siccome gestire la propria casa è a tutti gli effetti un secondo lavoro, il servizio offerto da ShoesOff Club può rappresentare un benefit non indifferente per i dipendenti.
Un anno di cambiamenti il 2020: come si sono modificati i bisogni delle persone?
Nel 2021 si prevede che il 16% degli italiani lavorerà in smart working. Le persone avranno quindi necessità di sentirsi a proprio agio nell’ambiente casalingo, che assumerà un’importanza sempre maggiore. Si farà più caso alla lampadina fulminata, alla maniglia della porta difettosa, o alla macchia di umidità nel bagno. Nel periodo Post COVID abbiamo registrato un importante aumento delle richieste sulla nostra piattaforma. La maggior parte delle quali rientrano nella categoria tinteggiature e nella categoria interventi idraulici. Riteniamo che questo sia dovuto a due driver principali: da un lato chiaramente, lo smart working ha portato un’usura maggiore della casa, portando quindi un incremento degli interventi di manutenzione. Dall’altro lato, il fatto di dover passare più tempo a casa, ha portato negli Italiani il desiderio di rinnovare le proprie abitazioni.
Pensate di ampliare il vostro target di riferimento anche a aziende e coworking?
Sicuramente sarà uno dei prossimi passi che faremo, ci siamo resi conto in questo primo anno di attività, che la cura della casa da un lato è un aspetto imprescindibile dall’altro richiede molto tempo e dedizione, dalla ricerca della figura al coordinamento del lavoro alla gestione di eventuali controversie per lavori non svolti secondo gli standard. Oggi la cultura di molte grandi aziende è sempre più rivolta alla tutela ed al benessere dei propri dipendenti, per questo crediamo che il nostro servizio possa rappresentare un sostegno importante alle misure messe in atto dalle aziende per salvaguardare il benessere dei propri dipendenti.
Orizzonte smart working oppure no. Come pensate evolverà il rapporto con il luogo di lavoro per i dipendenti di un’azienda e cosa si aspetteranno di trovarvi?
Sicuramente, questo periodo ha messo in risalto sia aspetti positivi che negativi sul lavoro da remoto: da un lato, sicuramente la chiusura degli uffici ha creato un senso di solitudine ed un forte bisogno di socialità, dall’altro le persone hanno risparmiato tempo e denaro non dovendosi recare sul posto di lavoro, non pagando il parcheggio e non dovendo acquistare il pranzo. Anche se questo periodo è stato generalmente negativo per la maggior parte dei settori e delle aziende, la diffusione dello smart working ha permesso e permetterà a queste ultime di risparmiare sui costi di affitto, pulizia, consumi e corsi sulla sicurezza, per via di un afflusso ridotto alle proprie sedi. Crediamo quindi che il prossimo passo per tante aziende sarà quello di investire nuove risorse economiche nel welfare aziendale con servizi dedicati alla cura della casa e della persona.
In un momento storico così complesso, cosa vuol dire per un gruppo di giovani imprenditori creare una nuova start up e investire in un progetto?
E’ sicuramente un momento storico delicato anche se la nostra generazione non è nuova a momenti simili. Quando abbiamo iniziato il liceo nel 2008 era appena scoppiata la “crisi” che ci ha accompagnato fino ad oggi. Ma questo non deve abbatterci, anzi è importante impegnarsi ora al 100% per uscirne ancora più forti. Essere giovani imprenditori e lavorare ogni giorno per costruire qualcosa di nostro è avvincente. Anche se il periodo è piuttosto difficile, perchè è complicato trovare investitori pronti a rischiare su una start up e trovare clienti disposti a spendere, non possiamo che avere coraggio e andare avanti con la convinzione che i primi successi non tarderanno ad arrivare. L’importante è partire dalla base cercando di vedere anche le cose più difficili in maniera semplice per poi implementare cambiamenti quando si è in grado di farlo.
Possibile avere una stima dei risultati finora raggiunti tra dati
confermati e, se ce ne sono, di inattesi?
In questo primo anno, nonostante l’emergenza Coronavirus, possiamo dire di aver ricevuto una risposta molto incoraggiante dai nostri utenti. Abbiamo registrato più di mille servizi effettuati, un ottimo tasso di ritorno dei nostri clienti a testimoniare che il valore aggiunto che creiamo è chiaro e misurabile ed infine siamo stati un’opportunità per molte figure di rimettersi in gioco lavorativamente durante quest’emergenza economica. Al momento ci stiamo avviando verso un aumento di capitale che ci consentirà di estendere il nostro servizio in più città. Il nostro obiettivo è di espanderci città per città e diventare un punto di riferimento per la rete di servizi a domicilio. Noi vogliamo svilupparci seguendo i driver della semplicità e della tutela del cliente. Il nostro obiettivo è quello di rendere l’home service semplice e sicuro come acquistare un prodotto su Amazon.
(ITALPRESS).
People Centricity, il lavoro e gli Hr dopo il Covid-19
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – L’emergenza Coronavirus ha impresso una forte accelerazione al percorso di trasformazione già in atto nel mondo del lavoro. E le direzioni Hr stanno cercando le nuove strade che porteranno alla “nuova normalità”. E’ stato questo l’oggetto della giornata Hrc Trends, il Barcamp 2021, promosso dall’Osservatorio del network Hrc, per approfondire le tendenze in atto lungo sei driver di cambiamento: welfare, labour, talent, training, digital e organization. Il confronto si è svolto nei giorni scorsi (il 28 gennaio) coinvolgendo buona parte della comunità professionale connessa da Hrc, in collaborazione con Vodafone Italia e Workday, e con il contributo di Allos, CRIF, KPMG, Dentons, Goodhabitz, Indeed, Speex e Up Day.
“Il Barcamp assume quest’anno un significato particolare, mai come adesso infatti il mondo Hr è chiamato a un profondo ripensamento e a mettere in campo le migliori strategie per assicurare alle aziende quella flessibilità, capacità di rinnovamento e di far fronte alle emergenze che la fase attuale richiede. Con quest’incontro, il network di HRC vuole dare il suo contributo attraverso la condivisione di esperienze e best practice che aiutino a ridisegnare insieme il futuro del lavoro, nella consapevolezza che ciò può avvenire solo mettendo al centro e investendo sulle persone”, ha sottolineato, introducendo i lavori Giordano Fatali, presidente e fondatore di Hrc Group.
Prima che i lavori si articolassero sui sei tavoli di approfondimento (uno per ogni driver: welfare, labour, talent, training, digital e organization) c’è stata una sessione plenaria con la partecipazione di cinque “top” Hr manager: Ilaria Maria Dalla Riva di Vodafone Italia, Paola Boromei di Snam, Peter Durante di Italgas, Gianluca Perin di Generali Italia, e Guido Stratta di Enel.
Prima dei loro interventi Stefano Carone, della società immobiliare “Il Prisma”, ha comunicato l’esito di una ricerca condotta sull’impatto atteso dallo smart working sull’evoluzione del mercato immobiliare. “E’ emerso che gli spazi richiesti dalle organizzazioni aziendali potrebbero calare, rispetto ai bisogni pre-Covid, del 40-60%. Ma è pur vero – ha aggiunto Carone – che emerge una grande voglia di tornare in ufficio, sia nelle grandi aziende (il 97% dei dipendenti è o è stato in smart working), sia nelle Pmi (la percentuale di smart working in questo caso è intorno al 58%). Questa voglia di tornare in ufficio deriva da una voglia di socializzazione (per i dipendenti) e di maggior controllo (per i dirigenti)”.
Il tema della connessione è stato sottolineato da Dalla Riva, “con la mente e con il cuore”, in una fase di rapidissima e imprevedibile trasformazione delle organizzazioni. Fondamentale si è rivelato il “digital learning”: “Abbiamo dovuto ripensare tutti i sistemi di formazione e di comunicazione tra le persone, perchè la differenza fa la differenza”. La componente digitale si è rivelata fondamentale anche “per la gestione dei dati – ha spiegato Perin – e anche per una sorta di automazione dei processi e delle competenze della direzione risorse umane. Gestire in dati vuol dire anche per noi trasformare ogni monitoraggio in possibile fonte di nuove soluzioni organizzative. Bisogna saper customizzare le persone come i clienti”.
“Di fronte a una forte richiesta di rientro in ufficio – ha aggiunto Durante – abbiamo dovuto gestire la mancanza dell'”azienda chioccia”. E in questo caso la grande azienda ha sopportato meglio questo trauma. Ci stiamo chiedendo che cosa cambierà stabilmente e che cosa invece non cambierà, tornando al pre-Covid. Di sicuro non cambierà la caccia al talento”. Ma assieme al tema dei “talenti” in azienda deve nascere un ripensamento complessivo della leadership. Stratta ha sposato la tesi della “leadership gentile”, cioè quella leadership che “sa estrarre valore da tutti i collaboratori; che capisce il gap di ciascuno assicurando il team nel quale diventare complementari; che sa lavorare insieme, affermando il noi dell’azienda; che sa ascoltare, perchè gentilezza non è mai sinonimo di debolezza. E solo i forti sanno ascoltare”. Per Boromei siamo nel tempo della “people centricity”, che vuol dire poi “saper armonizzare in azienda le 4 P: people, purpose, profit, planet. Dove planet sta per la nuova e imprescindibile consapevolezza della sostenibilità”.
(ITALPRESS).
Nel 2020 frena la crescita dei fondi pensione
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Quasi 200 miliardi di risorse destinate alla previdenza complementare e poco meno di 8,5 milioni di iscritti ai fondi vigilati dalla Covip (la commissione di vigilanza sui fondi pensione). Sono alcune dei dati di sintesi che emergono dai dati statistici di fine 2020, pubblicati sul sito Covip.
Nella nota diffusa si legge che “alla fine di dicembre 2020, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 9,353 milioni; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 236.000 unità (2,6 per cento), risulta inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,480 milioni di individui”.
In sostanza il numero di iscritti alle diverse forme di previdenza complementare è rimasto stabile. Il che, per le condizioni del sistema italiano, vuol dire poche adesioni. Ancora troppo poche. Mentre ancora troppi i soggetti che raccolgono le risorse, che complessivamente, a dicembre 2020, hanno raggiunto quota 196 miliardi di euro, 11 miliardi in più rispetto alla fine del 2019, da dividere per circa 400 fondi. Troppi per troppo poco: una media di solo mezzo miliardo di patrimonio per fondo.
“Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 60,4 miliardi di euro, il 7,5 per cento in più. Per i fondi aperti – continua la nota Covip – si attesta a 25,4 miliardi e a 39,2 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, dell’11,1 e del 10,4 per cento. I flussi contributivi nel 2020 hanno totalizzato 12,4 miliardi di euro, (3 per cento in più rispetto al 2019) attenuando la propria crescita rispetto al trend degli anni precedenti (poco sopra il 5 per cento annuo) ma mantenendosi comunque in territorio positivo nonostante la crisi determinata dalla pandemia. Il calo dei contributi osservato nel secondo trimestre, in corrispondenza della fase più acuta della crisi, è stato quindi recuperato”.
La pandemia non sembra avere inciso in modo significativo. Restano i trend consolidati ormai da tempo. “Un’analisi che tiene conto della stagionalità in effetti – prosegue il comunicato Covip – conferma che il calo dei contributi specificamente imputabile all’emergere della pandemia sia comunque stato di ammontare limitato. La differenza tra il flusso complessivo incassato nel 2020 e quello del 2019 è positiva per circa 350 milioni di euro a livello di sistema; nelle diverse tipologie di forma pensionistica è positiva sia per i fondi negoziali e per i fondi aperti sia, seppure in misura marginale, per i PIP”.
Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono stati positivi per i fondi negoziali e per i fondi aperti: rispettivamente, 3,1 e 2,9 per cento; sono risultati negativi, ma solo marginalmente (-0,2 per cento), per i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,4 per cento. “Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale – si legge nella nota Covip – essi restano nel complesso soddisfacenti. Nei dieci anni da inizio 2011 a fine 2020, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,7 per i fondi aperti, al 3,3 per i PIP di ramo III e al 2,4 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,8 per cento annuo”.
(ITALPRESS).
Intesa Sp e Cattolica di Milano, welfare forma nuove competenze
MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Intesa Sanpaolo e Università Cattolica del Sacro Cuore – CeTIF annunciano l’avvio della Digital Corporate&Transaction Banking Academy, per accompagnare imprenditori e manager verso la trasformazione digitale e verso l’internazionalizzazione. Due i corsi in partenza frutto di un accordo di collaborazione siglato tra Intesa Sanpaolo, Università Cattolica – CeTIF, CeTIF Advisory e Intesa Sanpaolo Formazione: International Trade & Export Management e Modelli di Business e Strategie Digitali per le Imprese al via rispettivamente il 1° marzo e il 7 aprile. L’offerta formativa, di tre edizioni scaglionate nel corso del 2021 della durata di cinque settimane, è stata formulata unendo le competenze accademiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’esperienza sul campo dei manager di Intesa Sanpaolo.
“Abbiamo la chiara consapevolezza che in un momento così complesso occorra concentrarsi su innovazione e sviluppo delle competenze. Nuovi modelli organizzativi basati su digitalizzazione e internazionalizzazione generano opportunità e sono un fattore abilitante per rendere sostenibile il modello di business delle imprese”, osserva Elisa Zambito Marsala, Amministratore Delegato di Intesa Sanpaolo Formazione, società di formazione del Gruppo dedicata in particolare alle PMI e alle imprese. “Con i nostri percorsi formativi intendiamo venire incontro alle esigenze delle PMI e aiutarle a rimanere competitive sia dentro l’azienda con le nuove opportunità date dalla digitalizzazione, sia verso l’esterno, con competenze adeguate ad affrontare i mercati internazionali. Tutto con il contributo qualificante dell’Università Cattolica del Sacro Cuore”.
I corsi sono costruiti integrando il contributo concreto e di esperienza sul campo della Divisione IMI Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo, attraverso la Direzione Global Transaction Banking, il cui responsabile Stefano Favale ha commentato: “In un momento di discontinuità e con scenari di mercato in continua evoluzione, le imprese sono sempre più impegnate in processi di trasformazione digitale e di sviluppo internazionale che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze a tutti i livelli dell’organizzazione. L’investimento in questa area chiave consentirà alle aziende di supportare al meglio la ripartenza del business nel breve termine e di costruire un vantaggio competitivo nel medio periodo. I programmi di alta formazione che prendono il via con la ‘Digital Corporate & Transaction Banking Academy’ in collaborazione con CeTIF e Intesa Sanpaolo Formazione sono un’opportunità concreta per le imprese di avviare questo percorso di riposizionamento strategico delle competenze”.
Ad affiancare Intesa Sanpaolo Formazione, l’Università Cattolica Sacro Cuore con CeTIF – Centro di Ricerca su Tecnologie innovazione e Servizi Finanziari – che apporta competenze accademiche sui percorsi di studio che si svolgeranno in modalità digitale. E fondamentale l’apporto al progetto della Divisione IMI Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo, guidata da Mauro Micillo, attraverso la Direzione Global Transaction Banking.
“L’avvio della Digital Corporate&Transaction Banking Academy con Intesa Sanpaolo – commenta Federico Rajola, Direttore del CeTIF – realizza l’opportunità ideale nella quale l’Accademia ha la possibilità di portare il proprio contributo di valore all’interno dell’impresa, favorendo lo sviluppo della Digital Culture e fornendo una visione strategica della Digital Transformation. Questo accordo si concretizza in un contesto particolarmente sfidante e le competenze acquisite nei diversi percorsi formativi che saranno organizzati forniranno alle Imprese, strumenti per innovare e per competere con maggiore efficacia nel mercato, anche globale”.
Lo studio di casi e le testimonianze aziendali rappresentano il valore aggiunto di entrambi i percorsi che in questo modo, anche se svolti in modalità pienamente digitale, sono calati nella quotidianità della gestione d’impresa. Inoltre, i manager partecipanti avranno l’occasione di usufruire di un assessment individuale per approfondire aspetti d’interesse specifico.
(ITALPRESS).









