Lavoro & Welfare

Enpap, ancora più welfare per la seconda ondata

ENPAP ha ribadito l’importanza di individuare ulteriori strumenti utili a un orizzonte già compromesso dei lavoratori e delle realtà aziendali che non ne risenta ancora di più di quanto non ne abbia già risentito nella prima ondata.

«La crisi economica e sociale collegata all’emergenza sanitaria da SARS-CoV-2 sta ingigantendo le difficoltà del mondo del lavoro. In questo frangente tutte le categorie professionali sono chiamate a dare il loro contributo all’analisi e alla risoluzione dei problemi emergenti: da Psicologi siamo estremamente consapevoli di quanto sia necessario occuparci non solo del nostro futuro professionale ma anche del valore che possiamo rendere alla collettività così in difficoltà. Con il workshop di oggi intendiamo proprio rappresentare le risorse che possiamo mettere a disposizione del rilancio del Paese, partendo da esperienze consolidate ed evidenze scientifiche, con lo scopo di proporre strategie efficaci per affrontare le sfide che ci attendono», sostiene Felice Damiano Torricelli, Presidente ENPAP a guida del Tavolo Tecnico sulla Sicurezza del Lavoro in apertura del seminario promosso dall’Ente dal titolo La Psicologia per il Lavoro all’epoca del Covid.

Evento a cui sono state presentate esperienze professionali e scientifiche d’avanguardia e a cui hanno partecipato anche Carlo Robiglio, Presidente Piccola Industria e Vice Presidente di Confindustria, Fabio Lucidi, Preside della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma, Pier Giovanni Bresciani, Docente di Psicologia del Lavoro all’Università di Urbino e Past President SIPLO (Società Italiana di Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione), Fabio Tosolin, Docente di Health Safety Environment & Quality e Behavior Based Safety al Politecnico di Milano oltre che Presidente di AARBA e AIAMC.

E’ intervenuta anche il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, che ha sottolineato quanto il lavoro stia cambiando, portando l’attenzione ai lavoratori più fragili e a quanto ci sia bisogno di investire in capitale umano valorizzando le competenze di tutti, anche grazie all’aiuto della Psicologia del Lavoro. Passando così da politiche passive a politiche sempre più attive per il sostegno al lavoro.

Il presidente Piccola Industria e Vice Presidente di Confindustria Carlo Robiglio ha sottolineato: «L’evento di oggi è stato uno spunto importante per analizzare la reazione delle aziende al COVID-19 attraverso il Protocollo del 14 marzo 2020. Ringrazio la Ministra Catalfo per aver, insieme al Ministero della salute, attestato pubblicamente come il Protocollo abbia avuto un’importanza decisiva nel ridurre i contagi nelle imprese industriali. Si tratta di un sistema di regole, che privilegia sostanzialità ed efficacia, in linea con la concezione che Confindustria ha delle norme che devono presiedere alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Abbiamo, insieme al sindacato, tutelato la salute dei lavoratori attraverso adeguate misure di precauzione. Tra queste lo smart working, che deve quindi continuare con le modalità semplificate e la cassa integrazione per COVID, da prorogare senza oneri per l’impresa fino al termine dello stato di emergenza, in relazione al blocco dei licenziamenti.

Non ci nascondiamo che il lavoratore-cittadino, in questo frangente, può avere numerosi problemi, anche di natura psicosociale e un adeguato supporto psicologico può essere sicuramente determinante. In linea con la nostra richiesta di revisione del sistema di tutela contro le crisi aziendali, che oggi è incentrato sulle politiche passive, e in direzione di una reale e piena valorizzazione di un sistema di politiche attive, potrebbe risultare utile anche un iter di sostegno e guida sul piano psicologico, che supporti il lavoratore nel processo di profondo cambiamento che spesso è richiesto. Ecco allora che l’impresa – per la sfera lavorativa – e le professionalità mediche, in particolare quella della psicologia – per la sfera sociale- possono cooperare, completandosi, per raggiungere la pienezza della tutela della persona, nella sua duplice figura di lavoratore e cittadino. Tutto questo all’interno di un ecosistema che veda come fulcro la responsabilità sociale dell’impresa e la centralità della persona intesa a 360 gradi».

«Stiamo assistendo a una grande rivoluzione, che potenziata in modo drammatico dall’emergenza sanitaria in corso, determinerà una proporzione sempre più alta di capitale umano sostituito dalle macchine in tutte quelle attività che l’intelligenza artificiale permette di automatizzare. Se finora questo processo ha riguardato prevalentemente le mansioni ripetitive, l’elemento nuovo è che questa sostituzione ormai penetra anche nei posti di lavoro ad alto contenuto cognitivo, quindi tipicamente “umani”», aggiunge Fabio Lucidi, membro del Tavolo Tecnico ENPAP. Ci sono nuove sfide psicologiche all’orizzonte, che è bene affrontare fin da subito: «Dotandosi di strumenti adeguati. Lavorando, quindi, sulle differenze di competenze digitali, le digital divide, che richiedono una nuova formazione e nuovi adattamenti. Occorrerà accompagnare e modulare questi processi di cambiamento trasmettendo ai lavoratori abitudini, atteggiamenti, competenze e conoscenze che questo nuovo mondo del lavoro richiede(rà)», suggerisce Lucidi.

Tra le esperienze professionali, Paolo Campanini, Psicologo del Lavoro e Psicoterapeuta, oltre che membro del Tavolo Tecnico ENPAP, ha riportato il successo ottenuto dal supporto psicologico da remoto allo smart working durante il lockdown, chiesto da tre grandi aziende di tre diversi settori industriali: telecomunicazioni, chimico-farmaceutica e metalmeccanica, e offerto a una platea potenziale di 11mila lavoratori. Dal primo aprile al 30 giugno, hanno colto questa possibilità 203 dipendenti, prevalentemente donne (84%): nel 24% dei casi si sono rivolti allo psicologo per le difficoltà emerse durante il lavoro agile e alla conciliazione dello stesso con gli impegni familiari oltre che per il peso dei maggiori carichi di lavoro; il 20% ha mostrato segni di stress post-traumatico dovuto alle conseguenze del Covid-19, come lutti, o paura verso il futuro o per i contagi, l’11% ha avvertito ansia per la propria salute, l’11% per la gestione dei figli, il 7% per il rapporto di coppia e il 27% per altre problematiche. Tecniche comportamentali e cognitive hanno aiutato la risoluzione dei problemi e le aziende, visti i risultati, hanno stabilito di continuare con il servizio di supporto psicologico per i prossimi due anni indipendentemente dallo stato di emergenza.

Non solo si può ottenere un buon risultato nella gestione dello smart working, ma anche in azienda adottando protocolli ad hoc per contenere i contagi e permettere il normale svolgimento delle attività produttive in sicurezza. Lo ha dimostrato Maria Gatti, segretario generale della società scientifica AARBA, ricercatore e Consulente esperto di Behavior-Based-Safety (B-BS) e Performance Management. «La B-BS risulta essere l’unico approccio metodologico su base empirica in grado di garantire alti livelli di produttività e al contempo una elevata frequenza del comportamento di prevenzione», aggiunge Fabio Tosolin, membro del Tavolo Tecnico ENPAP sulla Sicurezza sul Lavoro. «Virologi ed epidemiologi ci hanno detto cosa serve per contenere i contagi, ma il come fare affinchè i comportamenti siano adottati in modo puntuale e consapevole è una materia che spetta agli Psicologi del Comportamento che si occupano di Behavior Analysis. Il comportamento corretto, infatti, non si ottiene imponendolo, altrimenti, a titolo di esempio, tutti quelli che fumano smetterebbero. Si sa, fumare fa male, lo si è detto, ridetto e ridetto ancora. Eppure non si smette solo perchè sono stati illustrati tutti i rischi a cui si può andare incontro. E vale anche per le misure preventive anti-Covid».

Quindi come si fa, affinchè il lavoro in azienda sia sicuro? «Ogni realtà aziendale è a sè. Ma il metodo scientifico, in generale, è perfettamente noto e identico per tutti. Bisogna seguire tre passaggi: fare una valutazione parametrica dei comportamenti di ogni organizzazione, un’analisi funzionale delle variabili ambientali in cui si applicano i comportamenti disfunzionali, e, successivamente, l’intervento di rimozione degli stessi e l’istituzione delle contingenze atte a promuovere i comportamenti di prevenzione necessari. Perchè la struttura pubblica o l’organizzazione privata che non misurino frequenza e durata dei comportamenti anti-covid sono cieche, incapaci di intervenire come lo sarebbe un medico che avesse a disposizione un antipiretico senza termometro, perchè dovrebbe procedere a tentoni, come procediamo ora con il virus. La misura che conta è quella dei comportamenti, prima di quella dei contagi, cioè dei risultati, che arriva troppo tardi, a danno subito. E dopo la misura va sostituito l’inefficace sistema ispettivo-sanzionatorio dei comportamenti a rischio con il suo contrario, ossia le misure di rinforzo dei comportamenti sicuri». Questo ci dicono centinaia di studi randomizzati in tutto il mondo, aggiunge Fabio Tosolin.

Un ulteriore contributo essenziale che la Psicologia può offrire per affrontare con efficacia lo scenario emergente riguarda l’elaborazione, la programmazione, la gestione e la valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego. Come? «In primo luogo, progettando servizi utili e su misura per le persone e per le imprese, e accompagnandole nei percorsi di fruizione degli stessi – si pensi all’orientamento e all’assegno di ricollocazione, ma anche ai tanti percorsi per migliorare l’occupabilità e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. In secondo luogo, supportando i responsabili dei centri per l’impiego, le agenzie del lavoro e le agenzie formative nel change management necessario – si pensi alla formazione e alla socializzazione dei nuovi operatori in ingresso, ma anche alla progettazione di forme partecipate, ‘sostenibilì e innovative di organizzazione del lavoro, come lo smart working ma non solo. In terzo luogo, supportando i soggetti politico-istituzionali e le parti sociali nella elaborazione di strategie, sistemi e dispositivi all’altezza delle sfide del tempo – si pensi alla integrazione tra politiche del lavoro e politiche sociali, ma anche alla progettazione di metodologie di profilazione degli utenti e di personalizzazione degli interventi che consentano di valorizzare anche il ‘sapere tacitò degli operatori. C’è un know-how e ci sono ottime esperienze che richiedono solo di essere riconosciute, valorizzate e messe a sistema. Abbiamo risorse e competenze per farlo, sarebbe imperdonabile non riuscirci. Perchè dipende solo da noi», conclude Pier Giovanni Bresciani, membro del Tavolo Tecnico ENPAP.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

Il Covid contagia i fondi pensione, frenata dei contributi

Alla fine di settembre 2020 le forme pensionistiche complementari contano 9,289 milioni di posizioni in essere; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 172.000 unità (+1,9%), continua a essere inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,420 milioni di individui. Più o meno lo stesso degli 8,3 milioni del 2019. Rispetto alla fine del 2019, nei fondi negoziali si registrano circa 90.000 posizioni in più (+2,8%), portandone il totale a 3,250 milioni.
I maggiori incrementi si riscontrano nel fondo destinato ai lavoratori del settore edile, (47.800 unità in più) e nel fondo rivolto ai dipendenti pubblici (12.100 unità in più). Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,593 milioni di posizioni, 42.000 unità in più (+2,7%). Pei i PIP “nuovi” il totale delle posizioni, 3,460 milioni, è in aumento di 41.000 unità (+1,2%), sempre rispetto alla fine del 2019.
I flussi contributivi nei primi nove mesi del 2020 hanno totalizzato 8,2 miliardi di euro; osservandone l’andamento trimestrale “nel corso del 2020 sulla base di analisi preliminari che tengono conto anche della stagionalità, il flusso dei contributi del secondo trimestre appare aver avuto un calo, seppure di ammontare limitato, per lo specifico effetto dell’emergenza pandemica”, spiega la Covip (Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione).
Nel complesso, la differenza del flusso incassato nei nove mesi del 2020 rispetto al corrispondente periodo del 2019 è tornata positiva, nell’ordine dell’1 per cento. Il risultato è frutto di un modesto incremento dei contributi versati nei i fondi negoziali e nei fondi aperti, a fronte di un lieve calo dei contributi versati nei PIP. Negli anni precedenti, il trend di crescita dei contributi era stato nell’ordine del 5 per cento.
“A settembre del 2020, le risorse destinate alle prestazioni – comunica Covip – sono pari a circa 190 miliardi di euro, 5 miliardi in più rispetto a quanto rilevato alla fine del 2019. Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 58,1 miliardi di euro, il 3,6 per cento in più. Per i fondi aperti si attesta a 23,8 miliardi e a 37,2 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, del 4,1 e del 4,9%”.
I rendimenti delle forme complementari di previdenza “hanno proseguito nel recupero iniziato nel secondo trimestre. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti dei fondi negoziali – comunica Covip – rispetto all’inizio del 2020 sono ritornati positivi, risultando pari in media allo 0,2%; i rendimenti sono invece rimasti negativi per i fondi aperti, -0,9%, e per i PIP di ramo III, -4,7%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1%. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, essi restano nel complesso soddisfacenti nonostante la recente crisi.
Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I; la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2% annuo. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi nove mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3,4% per i fondi negoziali, al 3,5% per i fondi aperti, al 3,1 per i PIP di ramo III e al 2,5% i prodotti di ramo I. La rivalutazione del TFR scende all’1,9% annuo”.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

Report premi di produttività, 8 mila per il welfare aziendale

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il Report sull’andamento dei premi di produttività, ricavato dalla procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali attivato a seguito del Decreto Interministeriale 25 marzo 2016.
Il report, aggiornato al 14 ottobre 2020, è disponibile online ed è composto da due parti: nella prima è fornita un’indicazione del trend della misura e della sua diffusione territoriale; nella seconda, invece, è svolto il monitoraggio dei soli contratti “attivi”.
Alla data di chiusura sono state compilate 58.215 dichiarazioni di conformità (moduli). Nello specifico, 13.630 dichiarazioni di conformità si riferiscono a contratti tuttora attivi; di queste, 10.532 sono riferite a contratti aziendali e 3.098 a contratti territoriali. Dei 13.630 contratti attivi, 10.658 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 8.089 di redditività, 6.298 di qualità, mentre 1.578 prevedono un piano di partecipazione e 7.820 prevedono misure di welfare aziendale.
Prendendo in considerazione la distribuzione geografica, per sede legale, delle aziende che hanno depositato le 58.215 dichiarazioni ritroviamo che il 77% è concentrato al Nord, il 17% al Centro il 6% al Sud.
Una analisi per settore di attività economica evidenzia come il 58% delle dichiarazioni si riferisca ai Servizi, il 41% all’Industria e il 1% all’Agricoltura. Se invece ci si sofferma sulla dimensione aziendale otteniamo che il 53% ha un numero di dipendenti inferiore a 50, il 33% ha un numero di dipendenti maggiore uguale di 100 e il 14% ha un numero di dipendenti compreso fra 50 e 99.
Analizzando le dichiarazioni di conformità che si riferiscono a contratti tuttora attivi abbiamo che il numero di Lavoratori Beneficiari indicato è pari a 3.252.618, di cui 2.842.745 riferiti a contratti aziendali e 409.873 a contratti territoriali. Il valore annuo medio del premio risulta pari a 1.330,00 euro, di cui 1.558,11 euro riferiti a contratti aziendali e 583,28 euro a contratti territoriali.
(ITALPRESS).

Welfare, Ifel e Anci, le esperienze del territorio

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La crisi sanitaria, economica e sociale innescata dalla pandemia di Covid-19 ha rilanciato l’urgenza di un nuovo welfare. A tutti i livelli. Nelle comunità di lavoro, nei territori. In tutto il Paese. Come è accaduto spesso, durante questa crisi, si sono rilanciate le dimensioni “locali”: il globalismo ha fatto un passo indietro, a favore della capacità di risposta ai bisogni che solo la dimensione locale sembra riuscire a produrre. Quando al centro ci sono i bisogni della persona, si riafferma la centralità dell’apparentemente decentrato. È possibile, dunque, ripensare il modello del welfare locale? E che ruolo possono avere gli attori del territorio? Che funzione svolgono, in tutto questo, i tanti innovatori sociali che operano nelle nostre città?

L’innovazione sociale e le esperienze territoriali è il titolo del terzo appuntamento (lo scorso 28 ottobre) delle “Conversazioni sul sociale”, promosse per dar voce ai protagonisti del welfare locale in occasione dei vent’anni dalla Legge 328/2000 istitutiva del sistema integrato di interventi e servizi sociali. L’iniziativa avviata da Penisola sociale, la piattaforma-osservatorio varata da Cittalia-Anci, da Fondazione Ifel e da RomaTre, ha avuto come “discussant” Giovanni Viganò, Istituto ricerca sociale Synergia, Università Bocconi, Gianfilippo Mignogna, Sindaco Comune di Biccari (Fg), Emanuela Losito, Responsabile Unità Sviluppo WeMi e Progetti – Area Diritti, Inclusione e Progetti del Comune di Milano, Silvana Mordeglia, Presidente Fondazione nazionale assistenti sociali, Università di Genova, Paola Dario, Coordinatrice Area Sviluppo di Comunità Servizio Sociale dei Comuni della Carnia e Giorgio Gori, Sindaco Comune di Bergamo. Moderatore Luca Pacini, Responsabile Area welfare e immigrazione Anci e Direttore di Cittalia Fondazione Anci.

Una collaborazione transregionale per costruire assieme una rete di azioni per poter rispondere ai nuovi bisogni di città in continuo cambiamento, è il cuore dell’esperienza raccontata dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori che ha parlato del progetto Will – Welfare Innovation Local Lab – nel quale sono coinvolti diversi Comuni capoluogo di provincia (tra cui, oltre a Bergamo, Mantova, Reggio Emilia, Ravenna, Padova, Parma, Rovigo) per sperimentare, co-progettando, nuove forme di welfare locale puntando sulla valorizzazione delle energie dei corpi sociali delle comunità. Obiettivo è anche quello di creare delle alleanze sul territorio partendo dalla dimensione del quartiere verso un nuovo progetto di revisione del welfare che deve tenere conto di una dimensione più strutturata dei servizi. Si tratta di un modello che deve superare il tradizionale impianto dell’appalto che oggi non corrisponde più ai nuovi bisogni emersi soprattutto in questa pandemia, ma bisogna recepire e trasformare le energie del territorio puntando sulla dimensione del quartiere.

Costruzioni di relazioni sociali ripensando al ruolo attivo del cittadino nella vita della comunità locale è il nuovo approccio che anche il piccolo Comune di Biccari (in provincia di Foggia) sta sperimentando con diversi progetti come ha raccontato il sindaco Gianfilippo Mignogna. Un nuovo modo di guardare al sistema del welfare locale che ha permesso di passare “da servizi a sportello a servizi a campanello” dove i cittadini sono i veri “custodi civici”, coloro che vanno a ricucire il tessuto sociale delle comunità praticando la ‘restanza attiva’. In questa direzione, tra i tanti progetti illustrati, il sindaco ha parlato della nascita di una cooperativa di comunità che coinvolge anziani e giovani del paese, con oltre 200 soci, per sviluppare una strategia di sviluppo locale.

In questa direzione va anche l’esperienza di Milano, raccontata da Emanuela Losito. Con il sistema Wi-Mi, una innovativa piattaforma digitale per connettere la rete dei servizi ai cittadini, il Comune è partito dalla considerazione che per produrre cambiamento in un sistema di risorse frammentate e disperse fosse necessario reinterpretarsi in un modello di rete in cui giocare un ruolo di indirizzo strategico, coordinamento e connessione dei nodi. Per questo il modello sperimentato ha puntato su una nuova governance, su una “regolamentazione leggera” per valorizzare gli enti produttori come partner fuori da una logica di fornitura, investendo di più sulla collaborazione e sulla connessione senza predefinire e standardizzare i servizi con l’intento di creare un “welfare di tutti e per tutti”.

Laboratori partecipati per analizzare e comprendere i bisogni sociali del territorio con un focus sui giovani è stata invece l’esperienza raccontata da Paola Dario. Grazie ad un processo partecipato che ha coinvolto le scuole del territorio della Carnia e gli insegnanti, si è cercato di intercettare e provare a dare una risposta ai bisogni dei giovani analizzando non solo i comportamenti a rischio ma anche le prospettive future. Un progetto che ha dimostrato – come le altre esperienze raccontate – la forte rete di relazione sul territorio e la necessità di definire politiche di intervento che siano più partecipate per dare risposte concrete ai bisogni emergenti dei cittadini. In questo contesto non bisogna dimenticare il ruolo cruciale degli assistenti sociali, quali attori importanti nel sistema di welfare locale e dell’innovazione sui territori, come rimarcato dalla presidente Fondazione nazionale assistenti sociali, Università di Genova, Silvana Mordeglia.

Sempre più spesso nelle nostre città emergono iniziative economiche, culturali, di rigenerazione urbana che hanno anche un impatto sociale attivando reti, relazioni e favorendo la cooperazione tra gli attori e la partecipazione dei cittadini. Sempre più spesso questi processi sono inglobati sotto l’etichetta di innovazione sociale, che attraverso pratiche creative, sperimentali e condivise, cercano di dare risposta alle istanze delle comunità superando la logica tradizionale del welfare per categorie di utenza e progettando servizi reali in funzioni dei bisogni. Queste pratiche di innovazione sociale portano i Comuni a confrontarsi con nuovi attori, ad attivare nuove relazioni e ad investire, in maniera integrata, sui meccanismi della rappresentanza e della partecipazione e dunque su un modello di governance collaborativa.

(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

School at home, il welfare dei piccoli

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – School At Home è il progetto di didattica integrativa a distanza promosso da Il Nuovo Istituto Bianchi, la scuola paritaria rilanciata come istituto bilingue nel 2019 a Napoli dagli ex alunni con il sostegno della Fondazione Grimaldi. Per i genitori e i bambini rappresenta l’opportunità di integrare la didattica sia il pomeriggio e nel fine settimana che durante i periodi in cui le scuole sono chiuse. L’obiettivo è di permettere ai bambini delle scuole primarie e delle medie di giocare ed imparare da casa in modo coinvolgente grazie alle nuove tecnologie con le metodologie della didattica più avanzata. “L’iniziativa- spiega la dirigente scolastica Angela Procaccini – è nata nell’ultimo anno scolastico come integrazione della didattica in aula e per i bambini ospedalizzati, ma la domanda che veniva dalle famiglie, legata all’emergenza sanitaria e la quarantena, ci ha portato a strutturare un’offerta completa in grado di dare un’alternativa concreta e valida ai bambini e ai genitori di tutta Italia (o anche agli italiani residenti all’estero)”.
“Anche prima della quarantena dovuta alla recente emergenza sanitaria, erano frequenti le interruzioni dovute alle allerte meteo e le famiglie chiedevano sempre più attività stimolanti per i propri figli. ll progetto è un approfondimento delle metodologie tradizionali della scuola primaria ma con un occhio al futuro. SchoolatHome.it permette infatti ai bambini di partecipare a laboratori coinvolgenti come se si stesse in aula, di imparare giocando, di stimolare l’immaginazione nel rispetto del creato e conoscere nuovi amici grazie alle nuove tecnologie”.
Un servizio utile anche e soprattutto per sostenere i genitori lavoratori surante i periodi di smart working e che rientra appieno nelle strategie di responsabilità sociale e welfare.
Tra i laboratori: “Raccontami una storia” nato per offrire ai bambini la possibilità di far emergere le loro emozioni attraverso l’ascolto di racconti, Piano Flash, per sviluppare nei bambini le competenze di base, quali le abilità di lettura e scrittura del pentagramma, anche con l’ausilio del canto corale e familiarizzare con la musica.
“Arte & Immagine” realizzato in collaborazione con la Scuola Italiana di Comix per avvicinare i bambini alle tecniche di disegno, “La mia città”, propone invece lo studio della storia della propria città partendo dalle tracce che il passato ha lasciato nel presente in cui i bambini vivono, “I diritti dei bambini” per supportare i più piccoli nello sviluppo delle competenze e conoscenza del sè e dei propri diritti, “I colori delle emozioni” per aiutare a riconoscere e rispettare le proprie emozioni e quelle altrui. Ed infine due laboratori organizzati in collaborazione con l’associazione Marevivo: “Il mare a casa” laboratorio di educazione ambientale e “Tecnologie sostenibili per l’ambiente”.
(ITALPRESS).

Da Alleanza e gruppo Generali formazione finanziaria in 5 incontri

MILANO (ITALPRESS/WEWELFARE.IT) – Rafforzare la cultura finanziaria e la consapevolezza circa un’accurata gestione delle risorse finanziarie e previdenziali rappresenta una priorità per la futura ripresa economica, affinchè tale nuova fase di sviluppo possa essere quanto più condivisa e sostenibile. In tale direzione il Mese dell’Educazione Finanziaria – giunto alla terza edizione – riveste un ruolo strategico nello scenario attuale, che vede affacciarsi una severa fase di crisi economico-finanziaria globale, da un lato per la pandemia da Covid-19 e dall’altro per i crescenti rischi geopolitici. Il Gruppo Generali aderisce al Mese dell’Educazione Finanziaria, promuovendo un ciclo di 5 incontri rivolti a giovani studenti, famiglie e risparmiatori che potranno trovare spunti, riflessioni e proposte per il compimento di consapevoli scelte finanziarie, previdenziali e assicurative. L’iniziativa si inserisce nella strategia di sostenibilità del Gruppo, uno dei presupposti fondanti del piano industriale Generali 2021. L’educazione e l’inclusione finanziaria consentono di accrescere la consapevolezza dei vari stakeholders e favoriscono scelte di investimento, previdenziali e assicurative virtuose, ancora di più in un contesto caratterizzato da crescente regolamentazione, cambi demografici, specificità dei prodotti e incertezza dei mercati. Gli incontri, che avverranno attraverso piattaforme digitali e consentiranno il confronto con gli esperti presenti, avranno un taglio articolato su diversi contenuti: dalla necessità di un tempestivo percorso previdenziale, a contenuti specificamente rivolti ai più piccoli, per una prima presa di contatto con le tematiche del risparmio; da un focus sulle sfide per il settore assicurativo, ad una sessione dedicata ai bonus e alle agevolazioni oggi accessibili per i cittadini italiani.
Per Davide Passero, Ad di Alleanza Assicurazioni, “come Compagnia vogliamo fare la nostra parte al fianco dei nostri clienti e delle comunità: l’educazione finanziaria, la consulenza di valore, le opportunità professionali per i giovani e le innovazioni nell’offerta di soluzioni assicurative sono gli elementi con i quali vogliamo contribuire a una ripresa sostenibile del Paese. Mai come oggi riteniamo fondamentale impegnarci su temi ad alto impatto sociale, in primis sull’educazione finanziaria, un valore per lo sviluppo delle famiglie e del settore assicurativo. Tre italiani su dieci avrebbero oggi difficoltà nel reperire le risorse necessarie per gestire imprevisti, per questo disporre delle conoscenze finanziarie può aiutare a fare la differenza. E’ quindi sempre più necessario promuovere la diffusione di una maggiore educazione finanziaria, tema prioritario dell’Agenda 2030 ONU per lo Sviluppo Sostenibile”.
Francesco Martorana, Ad di Generali Insurance Asset Management, società di gestione del risparmio, ha commentato: “Il 2020 è stato un anno senza precedenti, tra l’incertezza registrata sui mercati e gli interventi straordinari definiti da Governi e banche centrali. Ancor più in momenti di così elevata incertezza e volatilità, si conferma fondamentale avere familiarità con le tematiche del risparmio e della previdenza, per compiere scelte consapevoli e definire obiettivi di lungo termine, in linea con le proprie esigenze. Ciò è ancora più importante e urgente per le giovani generazioni. In tale direzione, siamo molto lieti di aderire al Mese dell’Educazione Finanziaria promuovendo un ciclo di incontri che aiuti giovani, famiglie e risparmiatori in questo percorso di sempre maggiore maturità finanziaria”.
(ITALPRESS).

Intesa Sanpaolo, il welfare rosa del premio Woman Value Company

La Fondazione Marisa Bellisario ha assegnato le «Mele d’Oro» della XXXII edizione del Premio Marisa Bellisario, quest’anno intitolato «Donne che fanno la differenza», nato nel 1989 e ispirato alla memoria della prima donna top manager del nostro Paese. Per il quarto anno, uno speciale riconoscimento è stato conferito a due imprese, una piccola e una di medie dimensioni, che si sono distinte nella gestione della gender diversity, nella valorizzazione del talento femminile e per azioni innovative ed efficaci di welfare aziendale: è il Premio Women Value Company – Intesa Sanpaolo, istituito dalla Fondazione Marisa Bellisario in collaborazione con il Gruppo Intesa Sanpaolo con l’obiettivo di coinvolgere le imprese in un percorso di empowerment femminile e dare visibilità alle pratiche più virtuose e innovative.
Ad aggiudicarsi il premio sono state Icma, con sede a Mandello del Lario (LC), azienda che opera nel settore della produzione, lavorazione e trasformazione della carta, i cui prodotti sono simbolo di esclusività, design e qualità tutta italiana; e Tecnologie d’Impresa, con sede a Cabiate (CO), che offre sia agli enti pubblici che ai privati un’ampia gamma di servizi di qualità nei settori sicurezza, ambiente, qualità, formazione e medicina del lavoro.
Nell’iniziativa Women Value Company Intesa Sanpaolo, ICMA si è distinta per l’erogazione di servizi welfare volti a migliorare il benessere dei dipendenti e dei loro nuclei familiari e ampia flessibilità dell’orario lavorativo. Tecnologie d’Impresa si è distinta per la molteplicità di iniziative adottate, volte a sviluppare un clima di benessere per tutti i lavoratori e le loro famiglie: ad esempio, un nido aziendale dedicato da 10 anni a tutti i dipendenti; bonus per supportarli nei vari momenti della vita (nascita, Natale, matrimonio, scuola etc.); ampia flessibilità dell’orario lavorativo; corso di leadership femminile. Ha inoltre istituito «la giornata della mamma e del papà che lavorano» in cui i figli dei dipendenti passano una giornata in azienda con i propri genitori.
Il successo dell’iniziativa Women Value Company – Intesa Sanpaolo è certificato, anche quest’anno, dai numeri: 900 le imprese che si sono autocandidate al premio da tutta Italia, 90 quelle che
hanno superato la selezione e che, lo scorso 16 settembre, sono state celebrate come esempi di eccellenza per cultura aziendale inclusiva in un webinar organizzato da Intesa Sanpaolo e dalla
Fondazione Marisa Bellisario, ricevendo tutte un primo riconoscimento che attesta la loro peculiare capacità di valorizzare il merito e il talento femminili.
Proprio le 90 finaliste di Women Value Company sono state intervistate in un’indagine ad hoc della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, con l’obiettivo di approfondire gli effetti
dell’emergenza sanitaria e della crisi economica sulle attività delle imprese e valutare come si stanno organizzando per affrontare e gestire l’emergenza.
La crisi innescata dal virus, evento senza precedenti storici, ha prodotto shock multipli e diffusi ed effetti significativi sull’economia mondiale ed italiana; tuttavia, offre un’opportunità di ripensamento generalizzato dei fattori strutturali alla base della ridotta partecipazione femminile al lavoro e all’imprenditoria, come i tempi di lavoro, l’accesso all’istruzione, la formazione continua, la parità salariale, il precariato.
In questa direzione, le imprese selezionate per il premio Women Value Company costituiscono un esempio importante: hanno evidenziato una maggiore resilienza, grazie anche a una quota più
elevata rispetto al resto dell’economia italiana di aziende che hanno potuto rimanere attive durante il lockdown, ma anche una forte capacità di reazione.
E’ emersa un’elevata attenzione alle misure per garantire la sicurezza delle persone, inclusa una maggior sensibilizzazione e informazione dei lavoratori, anche attraverso attività di formazione aggiuntiva (nel 42% dei casi). Il personale è stato interessato da importanti processi riorganizzativi, tra i quali il più diffuso ha riguardato lo smart working che ha interessato un lavoratore su tre nel periodo di lockdown ed è previsto assestarsi nel 2021 su livelli superiori al pre-crisi. Più in generale, grande attenzione delle imprese intervistate al digitale che le ha viste impegnate su più fronti: l’introduzione e il potenziamento di soluzioni digitali (61%), la riorganizzazione dei processi (52%) e la modifica e l’ampliamento dei canali di vendita (44%).
Nel medio termine, sono quattro le priorità individuate dalle imprese a guida femminile intervistate per rispondere agli shock: la digitalizzazione, da accompagnare con nuove modalità
organizzative; la solidità patrimoniale, con la giusta attenzione al risk assessment; il capitale umano, valorizzato attraverso la formazione, la selezione e il welfare aziendale; la sostenibilità.
Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo: «Abbiamo creato quattro anni fa questa iniziativa, che abbiamo il privilegio di condividere con la Fondazione Marisa Bellisario, e ogni edizione è stata sempre più un successo. Anche quest’anno, in un contesto inusitato e avverso, abbiamo raccolto quasi un migliaio di autocandidature. 90 imprese sono arrivate alla finale, tutte meriterebbero un posto d’onore, per l’intraprendenza, la determinazione, la passione, la resilienza che esprimono. Crediamo sia giusto, per una banca come la nostra, investire nell’imprenditoria femminile e stimolare la partecipazione al lavoro da parte delle donne, perchè questo è senza dubbio uno degli elementi che aiuterà la ripartenza e la crescita di questo Paese. Il gap è ancora importante e per questo partecipiamo e parteciperemo anche in futuro a questa iniziativa, che sono convinto darà ancora grandi soddisfazioni».
Oltre alla consolidata collaborazione con la Fondazione Marisa Bellisario, Intesa Sanpaolo si distingue per le numerose iniziative che promuovono la parità di genere, tanto da essere stata inserita nell’indice 2020 “Bloomberg Gender-Equality Index” (GEI), che valuta l’impegno e le azioni delle principali società quotate a livello globale. E’ inoltre riconosciuta da Equileap Research al secondo posto nella top 5 del FTSE MIB 40 nella classifica “2020 Gender Equality in Spain, Italy and Greece” e inserita al 76° posto nel Diversity & Inclusion Index di Refinitiv, indice internazionale che identifica le 100 aziende al mondo quotate in borsa – su 7000 analizzate – con i luoghi di lavoro più inclusivi, sulla base dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG).
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

Cnel, associazionismo indispensabile per lo Stato sociale

Il 70% degli italiani considera il ruolo dei corpi intermedi importante per uscire dall’emergenza sanitaria e nella fase di ripartenza del Paese. La fiducia maggiore è riposta nelle associazioni di volontariato (72%) seguite dalle associazioni di tutela dei consumatori (61%) e nelle fondazioni culturali (58%). Al quarto posto, a sorpresa, si collocano le amministrazioni pubbliche locali (49%) che escono rafforzate dall’emergenza sanitaria. Secondo la maggioranza (54,8%) la pluralità nel mondo associativo è un elemento positivo a livello di rappresentatività. Questi sono i dati che emergono dalla prima indagine sui corpi intermedi realizzata da Ipsos e promossa dalla Fondazione Astrid e dalla Fondazione per la Sussidiarietà, per fornire materiali conoscitivi inediti in vista dello studio su “Ricerca su ruolo, problemi e compiti dei corpi intermedi nella società e nella democrazia italiana”, che sarà pubblicata nei primi mesi del 2021, e che è presentata al CNEL da Nando Pagnoncelli e Andrea Scavo e commentata da Tiziano Treu, presidente CNEL; Giuditta Alessandrini, professore ordinario Università RomaTre e Fondazione Astrid; Franco Bassanini, presidente Fondazione Astrid; Lorenza Violini, costituzionalista, dipartimento PA Fondazione per la Sussidiarietà; Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
I corpi intermedi hanno “la funzione fondamentale di collegamento tra le istituzioni e la cittadinanza nella rappresentanza di interessi altrimenti inascoltati”, e sono chiamati a “contribuire alla crescita e al benessere sociale dell’intero Paese” (41%) e a “Supplire alle carenze delle politiche pubbliche e dei servizi pubblici” (34,2%).
Il Terzo settore è ritenuto ormai indispensabile al buon funzionamento dello Stato sociale e dei servizi ad esso correlati. Sul sindacato si registrano, invece, posizioni diverse: per alcuni è tuttora decisivo, per altri troppo indebolito nel corso del tempo.
Ordini professionali, Camere di commercio, organismi dell’autonomia scolastica sono poco noti al di fuori di chi ha con essi contatti diretti per lavoro. Più di un terzo degli italiani si dichiara “socialmente attivo” (34,5%) iscritto, cioè, ad almeno un corpo intermedio tra associazioni, sindacati (le voci più frequenti), ordini professionali, movimenti, partiti o associazioni imprenditoriali. La sussidiarietà è un concetto poco noto alla maggioranza degli italiani.
“Per i corpi intermedi i social hanno assunto un peso crescente: canale di informazione, strumento di ascolto delle esigenze e di erogazione diretta di servizi. Tuttavia, se da un lato se ne riconoscono i meriti in termini di una partecipazione più diffusa e veloce, si sottolinea il rischio che ai social venga attribuito un ruolo sproporzionato, con l’illusione che essi possano sostituire in toto altre forme di condivisione e di rapporto diretto”.
Il quadro della partecipazione politica e sociale nel nostro Paese che fotografa l’indagine presenta dunque luci ed ombre. Sul fronte dell’attività degli enti pubblici, nazionali e regionali, sono soprattutto la lentezza dei processi decisionali (26,4%) e il costo economico percepito per il mantenimento delle istituzioni rappresentative a suscitare malcontento mentre dell’ordinamento democratico viene apprezzata soprattutto la tutela delle libertà fondamentali. Guardando alla partecipazione nella fase post-crisi, poi, tende a prevalere un certo pessimismo: la quota di chi ritiene che la partecipazione dei cittadini alla vita politica e sociale del Paese aumenterà non raggiunge il 25%, mentre più del 30% prevede invece una riduzione.
L’elemento più critico posto dall’emergenza è senza dubbio rappresentato dalle conseguenze economiche del lockdown e dalle tensioni sociali che una crisi duratura e un aumento della disoccupazione potrebbero acuire. Ai corpi intermedi viene chiesta “La capacità di farsi portavoce di bisogni ed esigenze dei cittadini che altrimenti rimarrebbero inascoltate” (35,3%) nonchè “La capacità di integrare l’azione delle istituzioni e amministrazioni pubbliche o di supplire alle loro carenze, mediante interventi diretti a favore delle famiglie e dei cittadini in difficoltà” (28,3%) e “la capacità di mediazione tra le autorità di governo e i cittadini” (22,2%). Dallo Stato, anche attraverso la mediazione dei corpi intermedi, gli italiani si aspettano “Aiuti alle famiglie in difficoltà economica (52,9%)”, “assistenza agli anziani” (39,7%), “sostegno alla ricerca di un lavoro” (34,3%).
“La grave crisi sanitaria ci ha fatto comprendere che la società non può fare a meno dei corpi intermedi, sindacati, associazioni di categoria, rappresentanza di interessi e soprattutto del Terzo settore, il cui ruolo e funzione escono rafforzati – ha dichiarato il presidente Treu – La nostra esperienza dimostra che i Padri costituenti, con l’istituzione del CNEL, e coloro che hanno portato avanti la riforma, tra cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, relatore della legge 936 del 1986, avevano visto lontano”.
Per il presidente Vittadini, “La parola sussidiarietà è ancora sconosciuta ai più, ma il suo valore non lo è. Infatti, dall’indagine emerge che gli italiani sentono il bisogno di una società organizzata che non aspetta risposte solo dallo Stato o dal mercato. I corpi intermedi sono il luogo che meglio valorizza l’iniziativa dei cittadini per il bene comune”. Il presidente Bassanini ha sottolineato che: “La pandemia e i suoi effetti mettono ogni Paese di fronte a sfide molto impegnative: è oggi più che mai necessario integrare l’azione delle istituzioni e il contributo dell’iniziativa economica dei privati con l’apporto dei corpi intermedi. Il loro ruolo è decisivo di fronte ai fallimenti dello Stato e a quelli del mercato. Ed anche per rivitalizzare dal basso il funzionamento di istituzioni democratiche in crisi di legittimità”.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).