In occasione dell’Assemblea annuale dei fondi pensione negoziali, è stato presentato un accordo con la Cassa Depositi e Prestiti per una piattaforma attraverso la quale i fondi pensione negoziali potranno investire in strumenti finanziari a supporto del sistema produttivo del Paese. Secondo il comunicato stampa ufficiale, sono state approvate una serie di iniziative per incentivare le adesioni alla previdenza complementare, anche attraverso l’educazione previdenziale nei luoghi di lavoro. Una ferma richiesta al regolatore politico per una riforma non più differibile del sistema pensionistico e di welfare, a cominciare da una tassazione più coerente con le finalità previdenziali e sociali dei fondi pensione. Nella sua relazione all’Assemblea Annuale il presidente di Assofondipensione Giovanni Maggi ha presentato, davanti a una platea affollata di esponenti ai più alti livelli del governo, delle istituzioni, della finanza pubblica e delle parti sociali, una realtà – quella dei fondi pensione negoziali – ormai matura per assumere un ruolo di pilastro della sostenibilità del sistema pensionistico e del sistema sociale in senso più ampio: “Una piattaforma per gli investimenti dei fondi pensione negoziali in strumenti finanziari di private equity, private debt, ad impatto sociale, con l’obiettivo di favorire la diversificazione/decorrelazione del rischio di portafoglio da un lato e il sostegno all’economia, all’occupazione e alla coesione sociale del Paese dall’altro”. Sono mancate sinora, ha sottolineato il Presidente, “soluzioni di investimento, veicoli funzionali all’ economia italiana e una fiscalità di vantaggio”.
Nata nel 2003 da Confindustria, Confcommercio, Confservizi, Confcooperative, Legacoop, Agci, Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Assofondipensione riunisce 30 fondi istituiti nei principali comparti produttivi, con 3 milioni di lavoratori iscritti. Un patrimonio complessivo di quasi 56 miliardi di euro fa dei fondi pensione negoziali delle più importanti realtà di investimento istituzionale del Paese.
Oggi i fondi pensione italiani investono soltanto lo 0,9% in azioni italiane. Gli investimenti arriveranno al sistema produttivo attraverso i fondi di fondi gestiti da Fondo Italiano di Investimento SGR (FII), come ha spiegato nel suo intervento all’Assemblea l’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti Fabrizio Palermo. L’obiettivo del progetto è raccogliere almeno 500 milioni di euro, in aggiunta alle risorse che CDP mobiliterà accanto a quelle dei fondi pensione. Contestualmente Maggi ha annunciato “un progetto sugli investimenti, portato avanti dall’ Associazione, finalizzato a creare un’iniziativa consortile tra i fondi pensione interessati a realizzare investimenti che possano avere ricadute nell’economia reale, attraverso la creazione di un bando comune per la selezione di advisor/gestori finanziari specializzati in investimenti alternativi e un supporto in termini di funzione finanza aggregata per il controllo del rischio di tali investimenti”.
Per favorire le adesioni sia dei nuovi assunti, sia degli occupati, Maggi ha proposto un semestre di silenzio-assenso, sull’esempio di quanto avvenuto nel 2007 e nel rispetto del principio di volontarietà. Sul tema dell’adesione tramite il cosiddetto contributo contrattuale, Maggi ha sostenuto che “occorre fare un passo in avanti e trovare, anche d’intesa con le parti sociali, le soluzioni per promuovere conoscenza e consapevolezza degli iscritti sull’opportunità di una adesione piena dal punto di vista contributivo (quindi anche con il TFR), senza la quale si generano posizioni modeste che rischiano rapidamente di essere erose dai costi, minacciando così l’efficienza complessiva del sistema”. Soprattutto tra i giovani, ha sottolineato il Presidente di Assofondipensione, la conoscenza della previdenza complementare rimane poco diffusa, e questo fa sì che la percentuale di aderenti under 34 sia minima. È necessario, anche da parte delle istituzioni, un rilancio delle attività di informazione e di educazione previdenziale. “In questo contesto – ha affermato Maggi – come Assofondipensione siamo orgogliosi di collaborare con Edufin, Covip e Università Bocconi al progetto pilota sull’educazione previdenziale nei posti di lavoro”. Sul tema dell’adesione tramite il cosiddetto contributo contrattuale, Maggi ha sostenuto che “occorre fare un passo in avanti e trovare, anche d’intesa con le parti sociali, le soluzioni per promuovere conoscenza e consapevolezza degli iscritti sull’opportunità di una adesione piena dal punto di vista contributivo (quindi anche con il TFR), senza la quale si generano posizioni modeste che rischiano rapidamente di essere erose dai costi, minacciando così l’efficienza complessiva del sistema.
Nella sua Relazione Il Presidente di Assofondipensione si è rivolto anche al Legislatore: “Alla data odierna – ha rimarcato – non sembrano previsti nella manovra di bilancio interventi strutturali per rendere più appetibili i fondi pensione, malgrado le richieste da tempo avanzate dalla nostra come da altre Associazioni di rappresentanza, dalle Parti sociali e dalla stessa Covip. Sarebbe invece auspicabile un provvedimento organico e complessivo in tema di previdenza, sia di primo sia di secondo pilastro”. Maggi ha indicato, tra gli obiettivi di una riforma, la disciplina fiscale, oggi “troppo limitata, inidonea a rispondere alle attuali esigenze prospettate dall’evoluzione della società in generale e del mondo del lavoro in particolare”. E ha fatto riferimento esplicito al regime della tassazione dei rendimenti dei fondi pensione, con calcoli e prelievi penalizzanti e un’aliquota addirittura aumentata negli ultimi anni dall’11% al 20%.
Tutte le categorie di fondi hanno riportato le performance in territorio positivo, con i negoziali che hanno guadagnato il 6,4%, “Risultati in netto rialzo – ha tenuto a sottolineare Maggi – rispetto a quelli registrati a fine 2018: allora infatti nessuno era riuscito a performare meglio non solo rispetto alla rivalutazione del TFR, ma anche agli altri rendimenti-obiettivo, inflazione e media quinquennale del PIL”. Su fronte dei costi, i fondi negoziali si confermano i meno onerosi. Nel periodo da inizio 2009 a fine 2018, ha ricordato il presidente di Assofondipensione, il rendimento medio annuo composto è risultato pari al 3,7% per i fondi negoziali, a fronte di una rivalutazione media annua composta del TFR pari al 2%. Sull’orizzonte decennale, si confermano rendimenti positivi per tutte le tipologie di comparto, con gli azionari, i bilanciati e gli obbligazionari misti che registrano performance superiori rispetto ai garantiti e agli obbligazionari puri.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)
ASSOFONDIPENSIONE, AL CENTRO DEL NUOVO WELFARE UN ACCORDO CON CDP
ALLEANZE INEDITE TRA ATTORI PRIVATI, PROFIT E NON PROFIT
Dal Quarto Rapporto sul Secondo Welfare presentato a Milano, emerge la necessità di interventi ibridi e inediti. Per vincere le sfide socio-demografiche il protagonismo dei corpi intermedi deve continuare a rafforzarsi
Aprendo il convegno Beppe Facchetti, Presidente del Centro Einaudi, ha affermato: “Nel momento in cui il Pubblico registra criticità strategiche e difficoltà applicative per interventi oltretutto molto costosi come il Reddito di cittadinanza, è positivo il sempre più largo coinvolgimento di soggetti privati ed intermediari come imprese, sindacati, fondazioni in forme di welfare più esteso e inclusivo“.
Il volume “Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto Rapporto sul secondo welfare presentato” a Milano presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo, oltre ad aggiornare il quadro analitico relativo al welfare state italiano e fornire una panoramica articolata del peso del secondo welfare, illustra e approfondisce diverse dinamiche assunte dal secondo welfare, focalizzandosi in particolare su alcuni fronti ritenuti particolarmente significativi.
Franca Maino, direttrice di Percorsi di secondo welfare e professoressa dell’Università degli Studi di Milano, presentando i principali contenuti del volume ha sottolineato che “il Quarto Rapporto mette in luce tendenze che i soli dati quantitativi spesso non riescono a riportarci nella loro complessità. Le nostre ricerche evidenziano come a più livelli si stiano sperimentando sinergie e alleanze inedite tra attori privati, profit e non profit, per affrontare alcuni bisogni sociali. E in tutto questo il Pubblico comincia a percepire con maggiore chiarezza il bisogno di essere della partita“.
Ad oggi i fondi sanitari integrativi sono 322, contano 10,6 milioni di iscritti e nel 2018 hanno coperto prestazione per circa 2,3 miliardi di euro; i 33 fondi previdenziali negoziali contano invece circa 3 milioni di iscritti per un patrimonio complessivo di 51,7 miliardi di euro.
Questi nello specifico i campi analizzati nel Rapporto:
Welfare contrattato si contraddistingue per numeri importanti: tra il 27,2% e il 32% dei Contratti Collettivi Nazionali garantiscono forme di protezione sociale messe in campo dalle imprese a favore dei lavoratori, mentre il 53% dei contratti che prevedono premi di risultato permettono la conversione in welfare aziendale. Su questo fronte è inoltre da segnalare la vitalità dei provider di servizi: le società aderenti ad AIWA (Associazione Italiane Welfare Aziendale) nel 2018 hanno servito quasi 2 milioni di lavoratori e (al netto dei contributi per fondi sanitari, fondi pensioni e mense) hanno caricato sulle proprie piattaforme quasi 750 milioni di euro di “budget welfare”.
Welfare assicurativo, sempre più ricorrente nelle offerte di compagnie assicuratrici e istituti di credito, si conferma una parte importante del secondo welfare. Ad oggi sul fronte della sanità integrativa si contato 700 milioni € di polizze individuali e circa 2 miliardi € di polizze collettive, mentre nel campo della previdenza complementare privata (esclusi i sopra citati fondi negoziali) i fondi aperti e preesistenti contano 2,1 milioni di adesioni e un patrimonio di 79 miliardi €; i piani individuali raggiungono invece 3,6 milioni di adesioni per un valore di circa 37 miliardi €.
Welfare comunitario, cioè quelle iniziative messe in campo a livello locale grazie alla sinergia, in particolare, tra organizzazioni del Terzo Settore ed enti locali volte a favorire la coesione sociale mobilitando risorse – economiche e non – presenti sui territori. Il Terzo Settore, in particolare, si conferma ampio e strutturato, con oltre 350.000 istituzioni e circa 850.000 addetti, così come il mondo cooperativo che pur rappresentando solo l’1,3% delle imprese italiane (59.000 realtà) raccoglie oltre il 7,1% degli occupati (1,2 milioni) e rappresenta il 4% del valore aggiunto (28,6% miliardi €) prodotto nel Paese. Da segnalare è anche il ruolo crescente delle 524 Società di Mutuo Soccorso presenti nel Paese: soggetti solo in apparenza appartenenti a un passato lontano e che nel solo 2018 hanno garantito prestazioni sociali di vario genere a ben 953.000 soci.
Welfare confessionale riconducibile a varie diramazioni della Chiesa Cattolica conferma la propria vivacità. Nel 2018 attraverso gli oltre 3.364 centri di ascolto sparsi per tutto il Paese, la Caritas Italiana ha messo in campo 208.000 interventi diretti e garantito oltre 1 milione di erogazioni di beni e servizi grazie a uno stanziamento tutto sommato modesto (39 milioni di €) a cui va però aggiunto l’enorme contributo messo in campo da fedeli e volontari di parrocchie e diocesi. Da richiamare è, in particolare, un’esperienza che in questi anni si è diffusa in tutto il Paese proprio su impulso della Caritas: i 178 empori solidali che lo scorso anno hanno aiutato oltre 100.000 persone in difficoltà economica. Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, nel suo intervento iniziale ha dichiarato: “Lo stiamo sperimentando con i programmi “Welfare in azione” e “QuBì – la ricetta contro la povertà infantile”. “Il primo sta sostenendo nuove forme di welfare locale basate sul rafforzamento della dimensione comunitaria. Tra 2015 e 2018 i progetti avviati da Fondazione Cariplo insieme alle comunità territoriali hanno coinvolto attivamente più di 1.500 enti, 9.000 cittadini e oltre 1.600 aziende per rispondere a vecchi e nuovi bisogni e a creare nuove di governance in stretta sinergia con le istituzioni locali; il nostro “investimento” di oltre 36 milioni di euro ha generato un effetto leva, determinando uno stanziamento di oltre 87 milioni di euro sui 37 progetti realizzati. Con QuBì, programma finalizzato a rafforzare il contrasto alla povertà infantile, è stato attivato un lavoro capillare nei quartieri milanesi che ha coinvolto quasi 600 organizzazioni, ha creato una forte connessione con i servizi sociali territoriali e ha aggregato importanti risorse di altri partner finanziatori. È la dimostrazione concreta di ciò che afferma anche il Quarto Rapporto sul secondo welfare presentato oggi: per un nuovo welfare non servono solo nuove risorse ma è fondamentale la ricomposizione di ciò che c’è e la capacità di connettere i soggetti del territorio”.
Welfare filantropico collegato a diverse fondazioni operative nel nostro Paese, come le Fondazioni di origine bancaria – che nel 2018 hanno garantito erogazioni per oltre 1 miliardo €, di cui quasi la metà dedicate all’ambito welfare; alle 111 Fondazioni di impresa mappate da Percorsi di secondo welfare attraverso un’indagine ad hoc svolta insieme a Fondazione Bracco e Fondazione Sodalitas; alle 40 Fondazioni comunitarie operanti a livello locale in varie aree della Penisola.
Uno spazio di rilievo è dato anche all’educazione finanziaria e ai soggetti che se ne fanno promotori – in primis imprese assicuratrici e banche in dialogo con le istituzioni pubbliche e i soggetti del Terzo Settore – evidenziando come in questa fase storica sia necessario intervenire fin da subito per chiarire alle nuove generazioni le grandi sfide che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi anni in tema previdenziale e mutualistico.
In conclusione dell’evento, Maurizio Ferrera, Scientific Supervisor di Percorsi di secondo welfare e professore dell’Università degli Studi di Milano, ha dichiarato: “l’associazionismo dei corpi intermedi impegnati nel campo del secondo welfare non può essere fine a se stesso ma, come indicava Alexis de Tocqueville, deve sempre assumere forme aggregative orientate al raggiungimento di beni collettivi e ispirati a una logica di condivisione sociale. Nel nostro Paese stanno aumentando le realtà che si muovono in questo solco. È una dinamica positiva a cui anche la Politica dovrebbe prestare maggiore attenzione”.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)
A SCUOLA DI RISPARMIO NEL MUSEO DI INTESA SANPAOLO
Italiani popolo di risparmiatori ma non di investitori. Oltre le formule matematiche complesse, il Museo del Risparmio sito a Torino e nato da un’iniziativa di Intesa San Paolo ogni anno rinnova la sua offerta di percorsi didattici (13) e visite guidate dedicati alle scuole di ogni ordine e grado. Il Museo, è un laboratorio multimediale dove economia e arte del risparmio si apprendono in maniera interattiva e ludica, che coinvolge nelle sue attività in sede una media di 6.000 studenti l’anno e ulteriori 7.000 utenti attraverso i progetti realizzati in altre città.
Il Museo si rivolge ad un pubblico diversificato – adulti, adolescenti e bambini – e vuole stimolare la partecipazione attiva dei suoi visitatori puntando sulle strategie di edutainment o Intrattenimento Educativo, finalizzato a facilitare l’apprendimento attraverso il gioco, la tecnologia e l’interattività.
Oltre ai progetti di formazione finalizzati a ridurre l’analfabetizzazione finanziaria, il progetto di Intesa Sanpaolo risulta ancora più ampio perché basato sui criteri di sostenibilità e le sue implicazioni sul sistema sociale ed economico. Perciò per il secondo anno, è ripartito il SAVE Tour, realizzato da Museo del Risparmio, BEI Institute e Scania con la collaborazione di Intesa Sanpaolo che prenderà il via da Torino e si svolgerà a bordo di un veicolo Scania di ultimissima generazione (il Discovery truck), allestito come un vero e proprio laboratorio interattivo e itinerante: ventuno tappe dal nord alle isole, in sei diverse regioni, quasi duemila chilometri di viaggio.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)
ASSOLOMBARDA “ATTENZIONE A CAPACITÀ GENERATIVA WELFARE AZIENDALE”
Se ne parla tanto, se ne scrive un po’ dappertutto, “ma sul welfare aziendale manca ancora una adeguata e opportuna informazione, continua, autorevole e tempestiva sia per le imprese, sia per i lavoratori”. Ne è convinto Massimo Bottelli, Direttore Settore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Assolombarda: “La crescita è esponenziale. L’interesse delle aziende si fa ogni giorno più acceso. La leva del welfare aziendale è articolata, non riguarda solo i benefit, o la trasformazione del premio di risultato, ma comporta tutte le forme organizzative che consentono un miglior equilibrio tra vita e lavoro. Come lo smart working”.
Si tratta di uno sviluppo che deve essere guidato o che deve essere semplicemente assecondato?
I servizi sviluppati dal welfare aziendale, così come le forme di smart working, richiedono una partecipazione attiva dell’impresa e dei lavoratori. Un piano di welfare aziendale per ottenere successo deve partire dall’ascolto dei bisogni e delle domande dei lavoratori. La difficoltà di fare una adeguata analisi della situazione, soprattutto nelle Pmi, dove delle volte non esiste una funzione di Hr, induce a scegliere i buoni spesa o i buoni benzina come unico strumento di flexible benefit. Analogamente lo sviluppo dello smart working richiede un impegno forte e attivo del management aziendale. Lo smart working, infatti, è uno strumento prezioso per aumentare la produttività in azienda e per assecondare le esigenze di flessibilità dei lavoratori, così come una modalità che aiuta l’ambiente, riducendo spostamenti ed inquinamento da trasporto. Ma serve la capacità di dare obiettivi ai dipendenti e una altrettanto adeguata competenza nella valutazione dei risultati.
Lo smart working rappresenta uno dei mutamenti più radicali dell’organizzazione del lavoro; così come, d’altro canto, i servizi di welfare aziendale si sono dimostrati uno dei volani più efficienti per migliorare il rapporto tra azienda e dipendenti; molte imprese ci scommettono: i dipendenti sono i primi testimonial dell’azienda…
Verissimo. Io vedo solo positività dallo sviluppo del welfare aziendale. Non condivido le preoccupazioni che qualcuno manifesta: il welfare aziendale non danneggia il welfare universalistico e pubblico.
Eppure c’è chi come il presidente del Cnel, Tiziano Treu, ma anche come il professor Luca Pesenti nel suo ultimo libro, aveva eccepito qualcosa sul costo per la fiscalità generale e per talune scelte di benefit ludici…
Credo che vada anche posta adeguata attenzione alla capacità generativa del welfare aziendale. Le società di servizi che assistono le aziende nella consulenza, o nella costruzione e nella gestione delle piattaforme, danno occupazione a giovani e donne. Producono fatturato, e nuova tassazione per lo Stato.
È la tesi sviluppata dal presidente di Aiwa, Emmanuele Massagli. Il welfare aziendale genera sviluppo. Ma non sono troppi 92 provider per questo mercato?
La concorrenza fa bene. E l’occupazione cresce.
Che cosa servirebbe a livello normativo per mantenere lo sviluppo del mercato del welfare aziendale?
Con la legge di bilancio del 2016 è cambiato tutto. Bisogna riconoscere l’impegno profuso da Tommaso Nannicini e da Marco Leonardi…
Proprio Leonardi si augurava che almeno non si perdessero le novità positive introdotte nel 2016.
Ha ragione. Sarebbe importante conservare l’esistente, a livello normativo. Magari con un supplemento di rassicurazione, che la strada imboccata non verrà cambiata. Inoltre, sarebbe opportuno consentire l’utilizzo del credito welfare sia per favorire lo sviluppo della previdenza complementare, magari superando il contributo di solidarietà obbligatorio che penalizza questa destinazione, sia creando nuove opportunità per sviluppare welfare territoriale, mettendo in contatto, come vasi comunicanti, le opportunità di servizio generate nelle imprese e la possibilità di convertire quote di credito welfare, a favore della comunità territoriale. In questo potrebbe esserci un ruolo nuovo e attivo anche del Terzo Settore.
È una strada che Assolombarda ha già intrapreso?
Sì. Ad esempio, pochi giorni fa abbiamo siglato un accordo con le organizzazioni sindacali per stabilire un collegamento con l’Azienda speciale consortile servizi alla persona di Magenta. Crediamo che l’attento monitoraggio sul territorio degli strumenti di welfare esistenti nel tessuto produttivo consenta di sviluppare sinergie che creano valore aggiunto, rendendo possibile la fruizione di servizi da parte di cittadini del territorio medesimo, in una logica di valorizzazione dell’esistente e di ottimizzazione delle risorse.
Alle aziende associate ad Assolombarda quali servizi assicurate per promuovere la cultura del welfare aziendale?
Cultura e servizi insieme. Abbiamo un team di consulenza sindacale, previdenziale e fiscale, attraverso il quale c’è anche la possibilità di accedere, tramite la nostra società di servizi, a una delle quattro piattaforme di welfare con cui abbiamo stipulato una convenzione.
Un’ultima domanda su uno dei contratti nazionali aperti più “importanti” non foss’altro per il numero delle aziende e dei lavoratori coinvolti: i sindacati dei metalmeccanici hanno manifestato l’intenzione di realizzare una piattaforma nazionale per erogare i servizi di welfare aziendale. Ci sono stati malumori tra le imprese, che si vedrebbero costrette a rivolgersi a un nuovo player di mercato?
Le trattative negoziali si sono appena aperte. Siedo nella delegazione di Federmeccanica e quindi non mi sembrerebbe corretto anticipare commenti e considerazioni.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)
RBM, IL MONDO ASSICURATIVO SOSTIENE UNA SANITÀ PIÙ INCLUSIVA
“Il settore assicurativo è uno strumento che consente ai cittadini di avere una maggiore accessibilità e una migliore redistribuzione delle risorse rispetto all’acquisto individuale di prestazioni sanitarie nella sanità privata, basato solo sulla capacità reddituale del singolo cittadino. In quasi tutti i principali Paesi europei esiste, in affiancamento al sistema pubblico della sanità, un sistema privato che in termini di finanziamento attinge risorse dal mondo assicurativo, redistribuendo in questo modo il costo tra i cittadini e rendendolo individualmente più sostenibile”. Lo spiega Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute, intervenuto all’incontro “Valore della Sanità e Sanità di Valore. Sanità e Scienze della Vita fattore di sviluppo e crescita per l’Italia” nel corso del 14° Forum Risk Management di Firenze. “Per questo – prosegue Vecchietti come si legge nel comunicato stampa diffuso da Rbm – sottolineiamo da tempo come una migliore regolamentazione del Sistema Sanitario del nostro Paese, più che favorire il sistema assicurativo, potrebbe garantire un surplus ai cittadini italiani. Serve modificare l’attuale assetto, nel quale le assicurazioni sono accessibili soprattutto ai lavoratori dipendenti o a coloro che hanno redditi più elevati, ma non riescono a garantire quella funzione di maggiore inclusività sociale, proprio perché non sono impiegate in un’ottica di integrazione organica al Sistema Sanitario Nazionale”.
“La ricetta per evitare questo genere di diseguaglianze tra i cittadini, garantendo la sostenibilità del nostro Sistema Sanitario e ottemperando al dettato costituzionale dell’art. 32, come sottolineato dal professor Walter Ricciardi con la mia piena e totale condivisione – argomenta Vecchietti – si compone di tre direttrici: l’empowerment del cittadino, una migliore organizzazione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie e una gestione delle risorse finalizzata in particolare alla prevenzione. Se noi applicassimo questa ricetta al sistema italiano, apparirebbe chiaro a tutti come il ruolo della sanità privata sia di supplemento a quello che il modello dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) non riesce a garantire. Prestazioni come la prevenzione o cure erogate compatibilmente con lo stile di vita o i bisogni familiari spesso non possono essere erogate con un modello rigido: richiedono un’integrazione privata, e se quest’integrazione non è alla portata delle tasche di tutti, ovviamente si ha poi una riduzione del diritto alla salute effettivo. Per eliminare questo genere di disuguaglianze in sanità – conclude Vecchietti – è necessaria un’integrazione tra Sanità Pubblica e Sanità Integrativa”.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).
WELFARE AZIENDALE, AUMENTANO I PROVIDER
“Rispetto ai dati presentati nell’ottobre 2018, si conferma l’evidenza di un mercato ancora in fase di robusta espansione: i soggetti censiti sono aumentati di 14 unità (+17,9%).
Un anno fa i provider erano infatti 78, di cui soltanto 30 proprietari di piattaforme (egualmente distribuiti tra puri e ibridi). In crescita tutte le tipologie”, si legge nel rapporto curato da Luca Pesenti, docente alla Cattolica e autore del volume ‘Il welfare in azienda’ (Vita e Pensiero), e da Giovanni Scansani di Valore Welfare by Cirfood. Il censimento realizzato sulla base delle informazioni raccolte dall’advisor Valore Welfare (aggiornato a ottobre 2019) evidenzia la presenza sul mercato di 92 provider dei quali 37 sono proprietari della piattaforma (18 “puri” e 19 “ibridi”), i restanti 55 sono di tipo “reseller”. Per provider puri si intendono quelli proprietari della piattaforma con core business concentrato sui servizi di supporto al welfare aziendale; per provider ibridi quelli sempre proprietari della piattaforma, ma con core business concentrato su altre attività anche se sinergiche con quelle afferenti il welfare aziendale. I “reseller” sono quelli che utilizzano piattaforme non di proprietà. Le piattaforme proprietarie sono dunque il 40,2% del totale (19,6% di “puri” + 20,6% di “ibridi”). Dunque la maggior parte degli operatori (59,8%) ha scelto la strada del “reselling”, pur non essendo affatto escluso (come in effetti già sta accadendo) che una parte di essi, dopo un periodo di “rodaggio” ed acquisito il necessario know-how possa in futuro mettersi “in proprio” e trasformarsi, a sua volta e a tutti gli effetti, in un provider (di tipo “ibrido”). Nel report si evidenzia la fortissima concentrazione geografica (nel Nord del Paese) degli operatori. “Quali sono le tendenze rispetto al 2018? Al di fuori dei 16 provider puri di natura profit in crescita di 4 unità (cui si possono aggiungere anche i 2 “puri” di tipo non-profit), queste le tendenze più significative: le associazioni datoriali si segnalano come i soggetti più dinamici nel periodo e in valori assoluti: 10 soggetti attivi, +5 rispetto all’anno precedente; il terzo settore (comprendendo anche i 2 soggetti “Puri” già segnalati) entra in questo mercato con maggior convinzione, con 2 nuovi soggetti divenendo il terzo cluster più numeroso (insieme alle società di consulenza, anch’esse in crescita di 2 unità); si riduce la presenza di reseller specializzati (-3), categoria che probabilmente è destinata a divenire marginale a causa delle dinamiche del mercato; infine entrano nel mercato dei Provider una società finanziaria e una rete di servizi sanitari.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).
TORNA IL BANDO #CONCILIAMO PER LE FAMIGLIE
Dopo la sospensione degli scorsi mesi, sono tornati i tanto attesi 74 milioni di euro per progetti di conciliazione famiglia-lavoro che promuovano un welfare su misura per le famiglie e per migliorare la qualità della vita di mamme e papà lavoratori.
L’avviso aggiornato gli scorsi giorni dal sito ufficiale ha come obiettivi specifici il rilancio demografico, incremento dell’occupazione femminile, riequilibrio dei carichi di lavoro fra uomini e donne, sostegno alle famiglie con disabilità, tutela della salute, contrasto all’abbandono degli anziani. Possono partecipare le imprese di cui agli articoli 2082 e 2083 del Codice civile, nonché i consorzi e i gruppi di società collegate o controllate, anche in forma associata. Il termine per la presentazione delle domande è fissato per il 18 dicembre ore 12.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)
ASSOLOMBARDA, WELFARE CHE PROMUOVE PARTECIPAZIONE
Promuovere la cultura della partecipazione dei lavoratori all’interno della vita aziendale, con l’obiettivo di rispondere alle nuove esigenze portate dall’innovazione tecnologica, da una sempre maggiore competizione internazionale e dalla necessità di una migliore conciliazione di vita e lavoro. È questo uno dei principali obiettivi dell’accordo tra Assolombarda e Cgil, Cisl, Uil milanesi presentato da Mauro Chiassarini, Vicepresidente di Assolombarda alle Politiche del Lavoro, Sicurezza e Welfare; Massimo Bonini, Segretario Generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano; Carlo Gerla, Segretario Generale CISL Milano Metropoli; Danilo Margaritella, Segretario Generale Uil Milano e Lombardia.
“Il coinvolgimento attivo e diretto dei lavoratori in azioni finalizzate ad obiettivi di miglioramento delle prestazioni aziendali e del rapporto vita-lavoro costituisce un’opportunità per le imprese, per gli stessi lavoratori e complessivamente per il Paese – ha dichiarato Mauro Chiassarini, Vicepresidente di Assolombarda -. In questa logica abbiamo pensato insieme a CGIL, CISL e UIL di iniziare un percorso condiviso, indirizzato in particolare alle piccole e medie imprese, per promuovere esperienze di partecipazione organizzativa, che possano anche avvalersi dei benefici di legge”.
“Si tratta di un accordo strategico che sottolinea il ruolo dei lavoratori e il contributo che possono offrire per favorire il buon andamento e il miglioramento delle aziende. La parola chiave ‘partecipazione’ non può essere più basata su fattori ideologici ma bensì su fattori strutturali, per questo, servono forme di coinvolgimento più attuali e moderne. È questa la sfida che dobbiamo affrontare. La Contrattazione decentrata, il Welfare aziendale e la Bilateralità sono straordinarie palestre di partecipazione, oggi occorre però un forte supporto legislativo che dia attuazione alle previsioni dell’Art.46 della Costituzione, il confronto aperto con Confindustria deve rappresentare su questo tema una grande opportunità di sviluppo. Questo protocollo può avere rilevanza anche a livello nazionale per i risultati che consentirà di raggiungere” – hanno commentato Massimo Bonini, Segretario Generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano; Carlo Gerla, Segretario Generale CISL Milano Metropoli; Danilo Margaritella, Segretario Generale Uil Milano e Lombardia.
Tra le azioni previste dall’accordo, l’impegno a promuovere workshop formativi rivolti alle organizzazioni sindacali, ai funzionari associativi, alle rappresentanze sindacali aziendali, agli imprenditori e ai dirigenti d’azienda. Gli incontri, nei quali saranno coinvolti esperti della materia, costituiranno importanti momenti di confronto e di condivisione dei casi di successo in materia di innovazione organizzativa aziendale. ‘Best cases’ che, attraverso la valorizzazione di buone pratiche rispetto alla partecipazione dei lavoratori, hanno portato miglioramenti alla produttività delle imprese e un maggior benessere per le persone.
Inoltre, grazie al protocollo viene costituita una Commissione territoriale con l’obiettivo di individuare, incentivare e diffondere le best practices esistenti in materia. Sarà così più facile promuovere, nella contrattazione decentrata, percorsi sperimentali per favorire il coinvolgimento effettivo dei lavoratori e delle loro rappresentanze nell’organizzazione del lavoro, andando oltre le attuali modalità di consultazione ed informazione.
Infine, con l’intesa tra le parti viene avviato un confronto per individuare gli strumenti attraverso i quali la contrattazione decentrata può contribuire ad accrescere la partecipazione dei lavoratori nelle scelte delle imprese, attraverso le proprie rappresentanze aziendali, con particolare riferimento agli aspetti di rilevante impatto tecnologico, ambientale ed occupazionale.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).









