Lavoro & Welfare

GIMBE “IN MANOVRA PERSONALE SANITARIO E LEA, I GRANDI ASSENTI”

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Il testo della Legge di Bilancio 2020 approda in Parlamento con buone nuove per la sanità pubblica: implicitamente confermati i € 3,5 miliardi di aumento del fabbisogno sanitario nazionale (FSN) standard per il biennio 2020-2021, eliminazione del superticket, aumento di € 2 miliardi per il programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico, in parte destinati alla dotazione tecnologica dei medici di famiglia. Ma è realmente tutto oro quello che luccica? «Al fine di favorire il dibattito parlamentare – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – oltre che il confronto tra Governo e Regioni al fine della stipula del Patto per la Salute, la Fondazione GIMBE ha realizzato un’analisi indipendente degli investimenti previsti per la sanità nella Legge di Bilancio 2020». Dall’analisi sono escluse le misure finalizzate al recupero di risorse (rimodulazione detrazioni fiscali, sugar tax, accise tabacchi, etc.) che non necessariamente saranno reinvestite in sanità.

Fabbisogno sanitario nazionale (FSN) standard 2020-2022. Il testo della manovra non menziona gli aumenti previsti dalla Legge di Bilancio 2019, ovvero € 2 miliardi nel 2020 e € 1,5 miliardi nel 2021. «Un incremento di € 3,5 miliardi in due anni – puntualizza Cartabellotta – rappresenta un grande risultato, tenendo conto che nel periodo 2010-2019 il FSN è aumentato di soli € 8,8 miliardi». Tali risorse, tuttavia, rimangono appese al filo del Patto per la Salute 2019-2021 la cui stipula, con scadenza slittata dal 31 marzo al 31 dicembre, sembra ancora in alto mare: il MEF è infatti molto scettico su due punti che hanno trovato la convergenza di Ministero della Salute e Regioni: il superamento di Piani di rientro e commissariamenti e la maggiore flessibilità dei tetti di spesa per il personale. «Oltre a sollecitare Governo e Regioni ad accelerare la stipula del Patto – rileva il Presidente – la Fondazione GIMBE chiede di mettere nero su bianco il finanziamento del FSN per il 2022 e richiamare esplicitamente gli incrementi 2020-2021».

Il testo della Legge di Bilancio 2020 prevede risorse finalizzate a specifici obiettivi:

Eliminazione del superticket. Dal 1° settembre 2020 sarà abolito l’iniquo balzello applicato dalle Regioni per la compartecipazione alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Per garantire le coperture il FSN standard viene aumentato di € 185 milioni per il 2020 e di € 554 milioni annui a decorrere dal 2021. «Il Ministro Speranza – commenta il Presidente – ha finalmente portato a casa un risultato storico per ridurre le diseguaglianze, anche se il processo di riduzione/eliminazione del superticket era già stato avviato da alcune Regioni».
Programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico. Aumenta di € 2 miliardi il fondo per il programma pluriennale. «Riconoscendo l’impegno del Governo – commenta Cartabellotta – è bene precisare che tali risorse non saranno immediatamente disponibili: ad esempio, i € 4 miliardi messi sullo stesso piatto dalla precedente Legge di Bilancio saranno distribuiti alle Regioni durante un arco temporale che si estende sino al 2033».

Apparecchiature sanitarie dei medici di medicina generale. € 235,8 milioni del fondo per la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico saranno destinati ad apparecchiature sanitarie per erogare prestazioni di competenza dei medici di medicina generale. «Si tratta – spiega il Presidente – di un segnale storico per il rilancio delle cure primarie nella gestione dei pazienti cronici, anche se l’efficacia di questo investimento per ridurre le liste di attesa è un’avvincente ipotesi tutta da dimostrare. Inoltre, per massimizzarne il ritorno, l’investimento dovrebbe essere accompagnato da misure normative, contrattuali, organizzative e formative. Infine, opportuno rilevare che rispetto ai test diagnostici di primo livello (elettrocardiogramma, spirometria, etc.), eseguibili in qualsiasi ambulatorio, gli innovativi sistemi di tele-assistenza, di per sé efficaci, rischiano di rimanere sottoutilizzati in assenza adeguate infrastrutture, formazione di professionisti e pazienti».
Fondo per la disabilità e la non autosufficienza. Istituito per “finanziare interventi finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità”, prevede una dotazione di € 50 milioni per il 2020, € 200 milioni per il 2021 e € 300 milioni dal 2022. «Vista la parziale sovrapposizione nella denominazione – commenta Cartabellotta – sarebbe opportuno sia esplicitare che queste risorse vanno ad integrare il Fondo nazionale per la non autosufficienza che oggi ammonta a circa € 570 milioni, sia specificarne meglio la destinazione d’uso».

Rinnovi contrattuali 2019-2021. L’art. 13 incrementa le risorse a carico dello Stato da destinare alla contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 con incrementi retributivi (1,3% nel 2019, 1,9% nel 2020, 3,5% dal 2021) per il personale della Pubblica Amministrazione. Invece, per il personale dipendente e convenzionato del SSN gli oneri rimangono carico dei bilanci delle relative amministrazioni ed enti. «Traducendo il politichese – puntualizza il Presidente – non esistono risorse dedicate per i rinnovi contrattuali del personale sanitario e le Regioni dovranno reperirle dal FSN».
Restano fuori dalla manovra alcune rilevanti priorità per la tenuta del SSN.

Personale sanitario. A fronte del grave impoverimento del capitale umano della sanità pubblica, il testo della manovra non contiene alcun investimento dedicato né per i rinnovi contrattuali, né per lo sblocco del turnover secondo i parametri fissati dal Decreto Calabria, né prevede l’incremento del numero delle borse di specializzazione.
Nuovi LEA. A quasi 3 anni dalla pubblicazione del DPCM 12 gennaio 2017 continua l’assordante silenzio sulla mancata esigibilità dei nuovi LEA: i nomenclatori tariffari relativi a specialistica e protesica restano “ostaggio” del MEF per mancata copertura finanziaria, impedendo l’esigibilità delle nuove prestazioni nella maggior parte delle Regioni. Le stime per la copertura oscillano tra € 800 milioni (Ragioneria Generale dello Stato) e € 1.600 milioni (Conferenza Regioni e Province autonome).
Fondi per i farmaci innovativi. Nel testo della manovra non cè traccia del rinnovo dei due fondi destinati a farmaci innovativi e innovativi oncologici, ciascuno di € 500 milioni.

«Vero è – precisa Cartabellotta – che la Legge di Bilancio 2017 istituiva i fondi senza definirne alcuna scadenza, ma dopo il primo triennio è opportuno che la manovra metta nero su bianco la conferma con i relativi capitoli di bilancio (quota premiale vs FSN)».
«Nonostante il seducente vestito confezionato per la sanità – conclude Cartabellotta – il testo della Legge di Bilancio sbarca in Parlamento con incertezze e ambiguità. Dalla mancata esplicitazione dell’incremento del FSN per il 2020-2021 all’omessa definizione delle risorse per il 2022; dal silenzio sui fondi per i farmaci innovativi all’istituzione di un Fondo per “disabilità e non autosufficienza” senza precisare che integra quello esistente. Riguardo alla tutela dell’universalismo, grande merito al Ministro Speranza di aver definitivamente eliminato il superticket: tuttavia, visto che l’articolo 32 della Costituzione rappresenta il faro del suo programma è indispensabile che Governo e Parlamento lo supportino, vincolando almeno € 1 miliardo per sdoganare i “nuovi LEA” e soprattutto, concretizzando un rilancio delle politiche per il personale sanitario che non hanno diritto di cittadinanza nel testo della manovra».
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)

FONDAZIONE CESARE POZZO, MUTUALITÀ PER WELFARE INCLUSIVO

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La Fondazione Cesare Pozzo per la mutualità, costituita nel 2008 su iniziativa della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, al fine di consolidare la rete per un nuovo welfare inclusivo e solidale, ha lo scopo di promuovere il mutualismo e la cultura mutualistica in tutte le sue forme, nonché di valorizzare il patrimonio storico, documentale e ideale delle società di mutuo soccorso. Lo scorso convegno del 22 ottobre dal titolo I significati della mutualità è stata un’occasione di riflessione interdisciplinare sulla mutualità, e ha visto al centro i temi dell’aumento delle diseguaglianze e della riduzione delle protezioni sociali, la quale ha determinato la crescente impossibilità di molte persone di accedere alle protezioni del welfare state e di acquisirne altre di tipo assicurativo sul mercato. “Il convegno vuole dare uno sguardo a tutto campo su quello che si intendeva ieri e su quello che si intende oggi per mutualità, una parola che ha ripreso tutto il suo vigore ottocentesco nel dibattito del XXI secolo, per la necessità di ritrovarne il significato concreto in un mondo diventato troppo individualista”; queste le parole del professore Stefano Maggi, Presidente della Fondazione Cesare Pozzo.
Considerando il portato storico, è stata ribadita l’importanza della dimensione associativa come “elemento ineliminabile nella costruzione della protezione sociale”. In un orizzonte di cambiamento sociale supportato da un’accelerata innovazione tecnologica, il termine “mutualità” fa oggi la sua comparsa in ambiti inattesi e/o nei quali sembrava essere ormai scomparso. Tema questo ripreso dall’intervento del Prof. Mario Giaccone, docente di Relazioni industriali all’Università di Torino e vicepresidente della Fondazione, il quale ha affermato “Mettere a confronto i suoi vari significati ci aiuterà a leggere meglio le nuove modalità che il mutualismo sta assumendo. Non è da escludere che esso riprenda una posizione centrale nel rigenerare una società e un sistema di protezione sociale inclusivi e solidali”. Proprio questa è stata la finalità programmatica della giornata che ha riunito storici, politologi, economisti, giuristi, sociologi e biologi, i quali si sono interrogati sui significati multidisciplinari della mutualità per poterne individuarne possibili attuazioni in materia di welfare e sostenibilità. Si è parlato inoltre della mutualità integrativa volontaria, intesa come strumento funzionale ad affiancare, l’ormai precario, servizio sanitario nazionale per poter garantire il diritto universale alla salute.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)

ASSITECA, WELFARE È VALORE AGGIUNTO PER I BROKER ASSICURATIVI

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Assiteca è il primo gruppo italiano nel mercato del brokeraggio assicurativo, specializzato nella consulenza sulla gestione dei rischi d’impresa. La società è tra i soci fondatori di Aiwa, l’associazione italiana del welfare aziendale. Analisi, consulenza e intermediazione sono le tre parole chiave del business model di Assiteca, come si legge nel loro company profile: “Un metodo di lavoro che permette la costruzione di un efficiente ed efficace sistema di controllo dei rischi e consente di supportare i clienti in ogni percorso di crescita organizzativa fino al raggiungimento dei target desiderati”. Abbiamo incontrato Lucia Troilo, Responsabile Progetti Welfare della Divisione Employee Benefits & Welfare di Assiteca. Avete chiuso un bilancio 2018/2019 più che positivo. Incominciamo dai numeri? I risultati dell’esercizio chiuso lo scorso mese di giugno (approvati dall’assemblea dei soci dello scorso 5 novembre ndr), sono positivi: 700 milioni di euro di premi intermediati (440 nel 2013), 70,7 milioni di ricavi (44 nel 2013) e un risultato netto pari a 5,4 milioni in crescita di oltre il 18% rispetto al 2018. Ma le dimensioni di Assiteca sono anche rappresentate dalle oltre 4.500 aziende clienti, da più di 5.200 analisi di rischio effettuate per piccole, medie e grandi imprese operanti in ogni settore merceologico e dalla radicata presenza sul territorio con 20 sedi nelle principali città italiane.

Quali sono ora le future strategie di implementazione dei servizi? La peculiarità di Assiteca sta nel fatto di andare oltre il ruolo di intermediario assicurativo, presentandosi come un consultative broker in grado di rispondere alle esigenze del cliente arricchendo l’attività tradizionale di brokeraggio con specifici servizi di consulenza. Assiteca si sta focalizzando sulla prevenzione perché, oltre alla proposta delle migliori soluzioni assicurative, un broker non può esimersi dal compiere un’attenta analisi e valutazione dei rischi che possa offrire al cliente una loro corretta profilazione con l’indicazione degli strumenti di mitigazione da utilizzare. Assiteca lo fa attraverso un’azione strategica che tutela l’impresa da quattro tipologie di rischi: operativi, di compliance, finanziari e strategici. Sviluppiamo un’attenzione specifica riguardo a temi come l’enterprise risk management, la business continuity, la cyber security e, a protezione del capitale umano delle imprese, gli employee benefits e il welfare aziendale. Brokeraggio e welfare: quale la relazione e perché? Nell’ottica di un aggiornamento dei modelli di welfare sempre più necessario e urgente, la nuova offerta da noi presentata non può che concentrarsi sul capitale umano e i servizi ad esso dedicati, in base ai bisogni delle persone. Il broker, soprattutto grazie alle priorie divisioni dedicate a welfare ed employee benefits, ha una profonda conoscenza dei propri clienti assicurati: ogni anno vengono generate statistiche, anche in base ai sinistri, che danno importanti indicazioni dei loro bisogni legati alla salute e al patrimonio. È proprio da qui che si definisce il valore aggiunto del broker che può arricchire la propria offerta di servizi complementari ai benefits già erogati, con misure di welfare personalizzate costruite sulla base delle esigenze delle famiglie e degli obiettivi aziendali.

Anche in Assiteca, che conta ormai oltre 600 dipendenti e collaboratori di cui il 90% con un contratto a tempo indeterminato, l’introduzione di diverse iniziative di welfare ha fatto registrare una crescita del tasso dei nuovi assunti che per il 2018 si è attestato all’8% a fronte di un turnover molto basso (6%) fornendo quindi un’indicazione sul grado di fidelizzazione del personale Il mercato del welfare aziendale si allarga: come si collocano le compagnie assicurative in questo orizzonte? Lo scenario è quello di una rinnovata e costante apertura del mercato all’interno del quale è possibile rintracciare la nascita di nuovi player e il cambiamento dei ruoli dei consulenti del lavoro e dei provider. Rispetto a ciò, quello del broker è un ruolo strategico in quanto può garantire una puntuale risposta a tutti gli elementi che costituisco un programma welfare: dall’ottimizzazione e potenziamento delle iniziative già presenti nelle aziende, che spesso presentano strumenti e processi obsoleti e poco apprezzati dai dipendenti, alla definizione di nuovi modelli volti a massimizzare gli investimenti grazie anche ai benefici fiscali, fino a diventare il collettore tra le aziende e le compagnie assicurative quando le misure di welfare prevedono componenti di tipo assicurativo. Assiteca si propone di essere l’anello di congiunzione tra le compagnie assicurative, le aziende e i dipendenti per la costruzione di soluzioni dedicate, innovative che possano sfruttare i benefici fiscali pur mantenendo le logiche che contraddistinguono un programma di welfare. Il gap da superare è quello tra la domanda individuale rispetto all’offerta che predilige il modello collettivo. Ci auspichiamo che il processo già avviato con le compagnie assicurative più lungimiranti e sensibili a tali tematiche possa rappresentare un traino per il resto del mercato, favorendo la diffusione di nuovi prodotti a tutela delle famiglie, nel rispetto della normativa fiscale agevolativa per i rischi legati alle gravi patologie ed alla perdita dell’autosufficienza.

Una crescita verso l’estero: quali driver di sviluppo in Italia, quali in Svizzera o Spagna? La nostra società vanta una dimensione internazionale con uffici diretti in Spagna, a Madrid e Barcellona, in Svizzera a Lugano e già proiettati verso nuovi mercati. L’analisi del mercato di riferimento, delle leggi e delle normative vigenti nei territori in cui operiamo è determinante per poter definire la nostra offerta. Il nostro obiettivo primario è compiere una corretta valutazione dei bisogni per offrire misure adeguate e sostenibili che possano fare da volano per il benessere dell’intera comunità. È fondamentale anche verificare le sinergie attuabili con gli enti e le associazioni presenti sul territorio per comprendere cosa offre lo Stato e come quindi possiamo essere complementari rispetto a ciò che non può essere garantito pubblicamente. In Italia e in Spagna ci siamo preposti obiettivi alti, sostenuti da investimenti in nuove tecnologie e strumenti all’avanguardia con diverse finalità: da una parte applicativi volti ad ottimizzare la gestione dei rischi con la piena autonomia delle aziende, dall’altra l’implementazione di una nostra piattaforma per la gestione dei piani welfare che favorisce anche il potere di acquisto dei lavoratori. La piattaforma è stata progettata con l’intento di fornire strumenti personalizzabili in base alle reali esigenze, di semplice utilizzo per gli utenti ma allo stesso tempo con contenuti di spiccato valore e che garantiscano la gestione full outsourcing per le imprese.

Che valore ha per voi essere soci AIWA? Il fenomeno welfare aziendale negli ultimi anni ha certamente registrato una forte crescita mantenendo tuttavia una diffusione che si espande a macchia di leopardo dovuta alla poca conoscenza, ma soprattutto ad una normativa complessa e tutt’oggi non sufficientemente chiara su diversi aspetti. Sono proprio questi i motivi che hanno spinto Assiteca ad unirsi ai maggiori player per fondare l’associazione AIWA, per fare fronte comune dinanzi alle istituzioni e costruire un modello di welfare che possa rispondere a pieno alle peculiarità che caratterizzano il nostro Paese. È quindi per noi necessario confrontarci e condividere le criticità e i limiti attuali, le possibili soluzioni e quelle che, nell’interpretazione più prudenziale possibile della norma, possano rappresentare la buona prassi.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

BOTTINI “GLI SPECIALISTI INVESTONO IN WELFARE”

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AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani) è presente sull’intero territorio nazionale con quasi duemila soci e 18 sezioni regionali. Fondata nel 2002 per iniziativa di otto avvocati giuslavoristi, quattro dei quali di tendenza pro-labour attivi nella difesa e nella rappresentanza dei lavoratori, e altri quattro attivi nella tutela degli interessi delle imprese; dal giugno 2013 è tra le associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative. Nonostante una recente ricerca svolta da Le Fonti Legal di prossima pubblicazione affermi che “su una platea di 40 law firm italiane e internazionali solo cinque hanno programmi ampi e strutturati di welfare per dipendenti e collaboratori”, il Presidente degli Avvocati Giuslavoristi Italiani Aldo Bottini sembra pensarla diversamente ribadendo la sempre maggiore attenzione dell’Associazione per un welfare tecnico e regolamentato.

In che modalità assistete imprenditori, aziende e lavoratori nei progetti di welfare?

Quello del welfare è un tema che sta prendendo sempre più piede in diversi settori. L’assistenza prestata dagli avvocati giuslavoristi sta nella negoziazione e stipulazione degli accordi aziendali. Da questo punto di vista, i sindacati hanno il brutto vizio di non rivolgersi quasi mai agli avvocati. Partecipo personalmente alla negoziazione perciò ritengo che quello del welfare sia un tema al quale bisogna conferire un regolamento tecnicamente adeguato. Le aziende stanno sempre più acquisendo questa consapevolezza, sono i sindacati invece che stanno ancora indietro ma pian piano si stanno aprendo anche loro verso un maggiore coinvolgimento, per esempio riguardo alla stesura dei testi, che non vanno di certo scritti in “sindacalese”, sia da parte dei lavoratori che delle imprese.

Il tema del welfare quanto conta e quanto è destinato a contare nella consulenza rivolta alle imprese italiane?

Conta tantissimo. Il tema del welfare si sta espandendo in tutti i settori arrivando a comprendere una serie di questioni che vanno dai flexible benefits fino ad arrivare a quelle relative all’aumento del potere d’acquisto: 100 euro dati al welfare sono 100 euro, netti, dati al lavoratore. Un dato che accresce nettamente il salario del dipendente facilitando la conversione del premio di risultato in welfare, che non prevede tassazione. Attenzione a questo orizzonte di cambiamento e a come sia importante investire in welfare, è stata dimostrata per esempio dal bando #Conciliamo, che speriamo possa essere riaperto dopo la recente sospensione.

Quali sono gli obiettivi dell’AGI e l’associazione che supporto offre agli avvocati?

Innanzitutto valorizzare la specializzazione della professione forense nel campo del lavoro. Quindici anni fa, ricordiamo, dirsi avvocati specialisti era vietato, lo impediva lo stesso codice deontologico forense, per questo nel 2002 abbiamo fondato l’associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani per affermare che in questo settore è necessaria un tipo di formazione specialistica, e la riforma della legge forense, approvata dieci anni dopo, ha accolto questa indicazione e finalmente prevede le specializzazioni. L’iter legislativo è tuttavia molto travagliato in quanto il D.M. è ancora in fase di approvazione. Oltre alla specializzazione che è il valore principale, il nostro supporto risiede nell’approccio pluralista, nella difesa sia di imprese che di lavoratori. I 2000 soci sono attivi nella difesa dei due fronti per poter affrontare da ambo le parti le rispettive controversie e prendere posizione nei processi relativi al mondo del lavoro. Stiamo infatti lavorando per l’abolizione del “Rito Fornero” relativo ai licenziamenti e per estendere alle controversie di lavoro la negoziazione assistita dagli avvocati, oggi esclusa.
Il lavoro e i suoi luoghi. Come stanno cambiando e come cambieranno in relazione alle sempre più necessarie politiche di smart working?

Il cambiamento è radicale ed è di certo sostenuto dall’innovazione tecnologica che incide sulle abitudini delle persone scardinando gli stessi concetti di tempo e luogo. Non esiste più il luogo di lavoro come meta dove ci si reca quotidianamente. Molte aziende, compresa la nostra Associazione, hanno iniziato a introdurre lo smart working e si stanno man mano superando le relative diffidenze, per coloro che lo hanno attuato si è rivelato da subito un successo: aumentano la produttività e la soddisfazione e diminuisce l’assenteismo.

Lei è partner di un grande studio associato. Quanto conta essere socio dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo per poter guidare AGI? Che contributo attinge dalla storia dello Studio per affermare il ruolo di AGI?

Sono il primo presidente “datoriale” di AGI, nel cui DNA stanno certamente anche la storia e il contributo dello Studio: all’epoca della fondazione dell’associazione eravamo in otto: 4 avvocati a difesa delle aziende, quattro dei lavoratori, confermando l’eterogeneità di formazione e anche le opzioni ideali e personali come elemento caratterizzante di un’associazione molto pluralista: i soci AGI sono diversi tra loro, in comune hanno la competenza, ma ognuno contribuisce ad arricchire il dibattito tra i giuslavoristi e con il mondo del lavoro.

(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

QUOTA 100, TRE MILIARDI DI RISPARMI IN DUE ANNI

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Per Quota 100 “fino a ottobre sono arrivate 193 mila domande. Quasi 100 mila meno del previsto, ciò consente un risparmio, già accantonato per il 2019, di oltre 1 miliardo, sui 4 stanziati. Nel 2020, con lo stesso tasso di adesione, l’Inps stima non meno di 2 miliardi di risparmi su circa 8 di spesa prevista. Cosa bisogna fare dei risparmi compete alla politica. Mi aspetterei una riallocazione nel settore pensionistico. I campi non mancano: riprendere la perequazione piena, o comunque rafforzarla o pensare ad un fondo di garanzia per giovani con carriere instabili e precarie”. Lo afferma il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in un’intervista al Corriere della Sera.
Per lo scenario post-Quota 100 “ci sono 2 anni per riflettere e condividere proposte con le parti sociali, una grande occasione – spiega Tridico -. Si può pensare ad una revisione più complessiva del sistema, al fine di inserire la necessaria flessibilità in uscita. Inoltre, si può iniziare a riflettere su un argomento molto più complesso e delicato: il nostro sistema pensionistico è fondato su contributi versati da imprese e lavoratori, in base ai salari. Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad una progressiva riduzione della quota lavoro sul Pil, di 10 punti percentuali. Sono altre invece le remunerazioni in forte aumento e che spesso sfuggono al sistema fiscale e previdenziale. Pensiamo alle rendite finanziarie, ai grossi capitali internazionali che si muovono con molta velocità, ai giganti del web, all’utilizzo di robot che sostituiscono lavoro. A mio parere il sistema pensionistico deve potersi reggere anche sulla partecipazione fiscale che deriva da queste nuove fonti”.
(ITALPRESS)

AVIVA E JOINTLY, WELFARE A SOSTEGNO AUTOSUFFICIENZA

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L’accordo nasce anche grazie all’impegno delle Aviva Communities, gruppi di lavoro interni ad Aviva che puntano a sviluppare un ambiente inclusivo e paritario nel rispetto della diversità di genere, anagrafica e di abilità. L’iniziativa permetterà alle persone che lavorano in Aviva di accedere ad un servizio di consulenza gratuita telefonica, online e tramite sportello fisico per ascoltare e orientare il dipendente, fornendogli un aiuto mirato sul suo bisogno e su quello del suo familiare. Si tratta di una sorta di guida gestita da operatori sociali qualificati e appositamente formati per strutturare un piano assistenziale personalizzato; inoltre, dopo una settimana dal primo contatto lo stesso operatore effettuerà una chiamata di follow up per fornire eventuale altro supporto. Il servizio prevede inoltre un portale online dove le persone che lavorano in Aviva potranno acquistare servizi rivolti alla cura della persona forniti da partner qualificati e a tariffe convenzionate e omogenee su tutto il territorio. Siamo orgogliosi di poter annunciare il via di un progetto che per noi è particolarmente importante. In Aviva Italia siamo convinti che le persone siano il patrimonio aziendale più prezioso e per questo ci impegniamo ad offrire loro benefit concreti che possano sostenere tutti i nuclei familiari, senza alcuna discriminazione – Ha commentato Enrico Gambardella, People Lead di Aviva in Italia – Il progetto che lanciamo grazie alla collaborazione con Jointly si aggiunge dunque a tutte le altre iniziative di welfare aziendale come il congedo parentale fino a 11 mesi sia per le mamme che per i papà – Aviva è l’unica azienda in Italia ad aver concesso un periodo così lungo – e l’Aviva for Children, centro ricreativo a disposizione dei più piccoli. L’iniziativa si inserisce all’interno di un contesto che in Italia riguarda una fetta di popolazione sempre più ampia. Secondo una ricerca condotta da Jointly – Il welfare condiviso in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, nel nostro Paese ci sono infatti 8 milioni di caregiver e un lavoratore su tre si fa carico di un familiare anziano o non autosufficiente. Di questi, circa l’80% organizza le attività di assistenza in maniera “fai da te” e nel 15% dei casi viene valutata l’uscita dal mondo del lavoro per almeno uno dei due familiari impegnati in queste pratiche di sostegno.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

ENPACL, SISTEMA PENSIONISTICO SEMPRE PIÙ SOSTENIBILE

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La relazione sull’esercizio dell’Ente, depositata il 14 ottobre scorso, non presenta alcun rilievo da parte dei Giudici contabili ed è stata, per questo, approvata e trasmessa ai presidenti della Camera e del Senato. Dalla relazione è emerso, inoltre, che nel 2017 la spesa previdenziale complessiva sostenuta dall’ENPACL è stata di 110,8 milioni mentre le entrate contributive corrispondenti hanno raggiunto un ammontare di 171,4 milioni.
Il patrimonio mobiliare, inoltre, ha generato ricavi per 34,5 milioni attestandosi, al netto dei relativi oneri, sui 25,9 milioni con un rendimento del 4%.
“La relazione 2017 della Corte dei Conti conferma la sostenibilità del sistema pensionistico dei Consulenti del Lavoro – ha commentato il presidente dell’ENPACL Alessandro Visparelli – nonché l’attenta gestione amministrativa e l’efficacia dei nostri investimenti finanziari. Tutto questo è frutto di un lavoro avviato nel 2012 con la riforma strutturale della nostra previdenza, a cui oggi possono guardare con fiducia anche le giovani generazioni di professionisti. Va messo in evidenza – ha proseguito Visparelli – che l’ENPACL ha a cuore soprattutto l’adeguatezza delle pensioni dei Consulenti del Lavoro: ben il 75% dell’intero gettito per contribuzione integrativa, oltre all’intero contributo soggettivo, viene riversato sui montanti degli iscritti. E questa è una particolarità tutta nostra, che non sempre viene messa nella giusta evidenza”. Si aggiunga inoltre che il bilancio consuntivo 2018 è caratterizzato dall’avanzo di gestione di 96 milioni – il più elevato dei 50 anni di storia dell’Ente – e a quelli registrati nel report del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che vedono l’ENPACL 1° Ente previdenziale per puntualità nei pagamenti delle fatture e 12° tra 500 enti pubblici virtuosi (tra le 13.500 pubbliche amministrazioni), con un tempo medio di pagamento di 10,3 giorni dal ricevimento al pagamento della fattura.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

BARETTA E DAMIANO PER NUOVO WELFARE GRAZIE A TECNOLOGIA

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Il nuovo welfare dipenderà molto dal peso che avrà l’intelligenza artificiale nell’organizzazione dei servizi, soprattutto in ambito sanitario o assistenziale. È la previsione che il sottosegretario al Mef, Pier Paolo Baretta, ha svolto nel corso del suo intervento al Cnel, durante la presentazione del Secondo Rapporto Aidp-Doxa su “Robot, intelligenza artificiale e lavoro in Italia”. Ma oltre al ruolo attivo della tecnologia, in favore di un welfare più efficiente e “taylormade”, c’è il peso che robot e AI avranno sull’erosione contributiva e fiscale del lavoro. Quindi danneggeranno il nuovo welfare, diminuendo le risorse, proprio mentre potrebbero favorirlo in termini di fruizione?
Sullo sfondo c’è il tema della nuova base impositiva (e contributiva): la fiscalità e la contribuzione previdenziale dei lavoratori potrà essere condivisa con quella generata dai robot e dalla massimizzazione dell’intelligenza artificiale?

L’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano – oggi consulente attivo e promotore di welfare aziendale – si spinge a suggerire l’introduzione di una rinnovata formula delle “150 ore” come elemento di formazione obbligatoria per i lavoratori. “Negli anni Settanta le 150 ore consentirono ai lavoratori di acculturarsi, provenendo per lo più da un’Italia rurale e poco alfabetizzata; oggi le nuove 150 ore potrebbero essere il volano di una nuova formazione rivolta alle nuove tecnologie”. I temi della formazione, dello smart working, del work-life balance costituiscono contenuti essenziali del nuovo welfare favorito dall’AI e dalla robotizzazione della catena produttiva.
Damiano ha rilanciato anche la necessità di rendere obbligatoria la previdenza complementare e la sanità integrativa per attrezzare un nuovo welfare integrativo che tenga conto delle nuove esigenze del mercato del lavoro e dei lavoratori.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)