Secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, in Italia i giovani inattivi (Neet) nella fascia d’età 15-29 anni sono pari a 2.116.000, rappresentando il 23,4% del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio. Neet è un acronimo inglese che sta per Not in Education, Employment or Training, e definisce i ragazzi e giovani adulti che non studiano, non lavorano e non seguono alcun percorso di formazione. L’Italia continua a posizionarsi al primo posto nella graduatoria europea, seguita da Grecia (19,5%), Bulgaria (18,1%), Romania (17%) e Croazia (15,6%). Gli Stati con il tasso di NEET più contenuto sono invece Paesi Bassi (5,7%), Svezia (7%) e Malta (7,4%). La media UE si attesta al 12,9%.
Questi sono i principali dati di sfondo della ricerca “Il silenzio dei NEET. Giovani in bilico tra paura e desiderio”, lanciata nell’ambito del progetto di Unicef Italia NEET Equity, selezionato dal Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale nell’ambito dell’Avviso “Prevenzione e contrasto al disagio giovanile”.
Il 47% dei giovani inattivi nella fascia di età considerata ha un’età compresa tra i 25 e i 29 anni, il 38% ha 20-24 anni e il restante 15% è di età compresa tra 15 e 19 anni.
La maggior parte dei NEET italiani ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore (49%), mentre il 40% ha livelli di istruzione più bassi. Emerge inoltre l’11% di giovani totalmente inattivi laureati.
I NEET rappresentano il 15,5% dei giovani di età 15-29 anni nel Nord Italia, il 19,5% al Centro e nel Sud addirittura il 34%.
(ITALPRESS)
UNICEF “IN ITALIA RECORD EUROPEO GIOVANI INATTIVI”
APPROVATO IL PIANO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA
“Eliminare le diseguaglianze territoriali e costruire un percorso condiviso”. Questi gli obiettivi individuati dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, in apertura dell’incontro della Rete per la protezione e l’inclusione sociale in cui è stato illustrato, per la consultazione, il “Piano per la Non Autosufficienza 2019/2021” alle parti sociali e alle organizzazioni del Terzo Settore, rappresentative in particolare delle persone con disabilità. Alla riunione della Rete, che si è svolta nel salone D’Antona della sede di Via Flavia del dicastero, hanno preso parte gli assessori competenti per le politiche sociali delle Regioni e dei Comuni, oltre a rappresentanti del ministero della Salute.
Il Piano è anche un’occasione per fare il punto sul Fondo per le Non Autosufficienze FNA, a circa 13 anni dalla sua istituzione, avvenuta con la Legge finanziaria per il 2007. Dalla dotazione iniziale – 100 milioni di euro per l’anno 2007 – il Fondo è via via cresciuto fino a oltre 573 milioni di euro nel 2019, di cui 550 strutturali. Proprio la strutturalità delle risorse permette oggi, con gli interventi previsti nel Piano, la possibilità di avviare un percorso volto a “garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti”, che era la filosofia originaria del Fondo.
Nell’imminenza del decreto di riparto, che adotterà il Piano, il Ministero ha voluto riunire i protagonisti del settore e offrire per la prima volta una analisi dettagliata della platea dei beneficiari e degli interventi finanziati a valere sul Fondo nei territori, da utilizzare come punto di partenza per l’affermazione di politiche dalle caratteristiche omogenee in tutto il Paese. In particolare, all’interno del sistema dei servizi dovrà essere garantito, in particolare alle persone con disabilità gravissima, un assegno di cura e per l’autonomia che permetta di intensificare sensibilmente i sostegni di cui tali persone necessitano. E dovrà affermarsi un modello unitario di riconoscimento delle persone che esprimono maggiori bisogni.
Pur nei rispettivi punti di vista, i partecipanti all’incontro hanno unanimemente riconosciuto quanto il Piano costituisca un primo passaggio fondamentale per garantire politiche sociali per le persone non autosufficienti più adeguate e inclusive e quanto l’appuntamento di oggi sia importante per puntare alla riduzione delle diseguaglianze territoriali e a una metodologia pienamente condivisa. Inoltre, è stato riconosciuto come il Piano 2019/2021 sia un indispensabile punto di partenza.
Nelle sue conclusioni, il ministro Catalfo ha preso atto delle posizioni e delle istanze emerse durante l’incontro e ha ricordato, ancora una volta, quanto il tema della non autosufficienza sia alla massima attenzione del Governo, anche con il coinvolgimento del premier Conte.
Ma, soprattutto, la titolare del dicastero ha ricordato l’importanza della condivisione tra tutti i soggetti coinvolti per arrivare a soluzioni concrete per quelle numerose famiglie “che entrano in un particolare percorso di vita, un percorso nel quale ritengo che la presenza dello Stato sia necessaria”.
(ITALPRESS).
ANCI “CONDIVISIONE SU PIANO NON AUTOSUFFICIENZA”
“Il Piano nazionale sulla non Autosufficienza arriva al termine di un percorso condiviso e partecipato che ha coinvolto Regioni, Comuni, e nella riunione odierna, anche le parti sociali e gli stakeholder di settore”. Lo ha detto la presidente della Commissione Welfare dell’Anci Edi Cicchi, assessore del Comune di Perugia, al termine della riunione della Rete per la protezione e l’inclusione sociale che si è svolta alla presenza della ministra Nunzia Catalfo, durante cui il Piano è stato varato per il successivo passaggio in Conferenza Unificata. “Si avvia così finalmente il percorso per la definizione dei livelli essenziali da garantire nell’ambito del Fondo non autosufficienza, affinché persone nelle stesse condizioni abbiano garantiti, su tutto il territorio nazionale, gli stessi diritti”, ha continuato la presidente Cicchi. Per la quale “il Fatto che il Fondo sia strutturale e che il Piano sia triennale ci rassicura sulla possibilità di una programmazione di più ampio respiro, seppure riteniamo che le risorse debbano essere incrementate per un’effettiva copertura finanziaria dei livelli essenziali. Si tratta quindi di un punto di partenza e non di arrivo”. “Quello che abbiamo chiesto per la realizzazione di una reale integrazione socio-sanitaria che si traduce in risparmio per le amministrazioni e benessere per le famiglie, è l’apertura di un tavolo sulla disabilità e la non autosufficienza che coinvolga anche il Ministero della Salute”, ha aggiunto l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, anch’essa presente all’incontro.
(ITALPRESS).
ASILI NIDO AZIENDALI NEGLI OSPEDALI, VIA AI PROGETTI
La Regione Campania ha pubblicato sul bollettino ufficiale una manifestazione di interesse per finanziare progetti volti all’avvio ed alla gestione di asili nido aziendali o per favorire servizi di accoglienza temporanea per bambini fino ai 12 anni rivolti ai figli o familiari delle persone degenti e dei dipendenti in strutture ospedaliere della Regione.
“Dopo aver realizzato ed avviato il servizio di nido aziendale presso l’Ospedale Cardarelli, ricorda l’Assessore alle pari Opportunità Chiara Marciani, abbiamo voluto offrire questo servizio anche ad altre aziende ospedaliere della nostra Regione. Si tratta di progetti importanti che permetteranno a tante donne di poter conciliare meglio vita lavorativa e vita familiare, con una attenzione anche agli utenti delle strutture sanitarie che in questo modo avranno una struttura cui poter affidare i bambini durante esami diagnostici o in occasione di visite a familiari degenti”.
“Oltre ad essere un supporto importante per le famiglie, i nidi aziendali e i servizi di assistenza destinati ai bambini fini ai 12 anni, sono uno dei requisiti essenziali per permettere alle donne di lavorare ed aumentare quindi il livello di occupazione femminile che nella nostra Regione resta ancora basso. Abbiamo voluto iniziare dalle aziende ospedaliere ma a brevissimo, con un investimento totale di quasi dieci milioni di euro, sarà pubblicato anche un nuovo avviso volto a finanziare nidi aziendali nelle imprese private al fine di allargare il più possibile questa importante opportunità per le donne della nostra Regione” conclude Marciani.
LAPS E CRI SICILIA INSIEME PER I PIÙ DEBOLI
Un protocollo per sostenere quanti sono in condizioni di difficoltà socieconomica e rischiano di vivere ai margini della società, partendo dai minori. E’ stato sottoscritto a Palermo, nella sede del comitato regionale della Croce Rossa Italiana, dalla fondazione Laps – Libera Accademia Progetti Sperimentali e dal Cri – Comitato Regionale Sicilia. A firmarlo sono stati il presidente della Fondazione Laps, Lapo Elkann, ed il presidente della Croce Rossa Italiana – Comitato Regione Sicilia, Luigi Corsaro.
Il protocollo d’intesa, valido per tre anni e rinnovabile, nasce dalla volontà di “promuovere interventi di sostegno a favore delle fasce deboli, con particolare, anche se non esclusivo, riferimento al benessere e tutela dei minori”, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa.
“La Fondazione Laps attiverà e promuoverà diverse azioni di fundraising per raccogliere le risorse necessarie per la realizzazione di iniziative di utilità sociale e per la promozione dello sviluppo socio-economico del territorio siciliano – è stato sottolineato -. La Croce Rossa, caratterizzata da sentimenti di mutuo soccorso e da azioni di aiuto reciproco, si impegnerà a utilizzare le risorse in modo tale da migliorare in maniera efficace e incisiva il welfare-mix della Regione Sicilia”.
I firmatari guardano a questa iniziativa come al punto di partenza, con l’intento di ampliare la collaborazione in futuro coerentemente con le rispettive missioni. “Il protocollo d’intesa – è stato evidenziato – si pone l’obiettivo di favorire la cooperazione, istituendo un tavolo di lavoro per consentire uno scambio di informazioni rapido ed efficace negli ambiti operativi comuni, con l’obiettivo di raggiungere risultati sempre più importanti e progettare iniziative di valore”.
“Credo che il modo migliore per aiutare gli altri sia sempre il ‘fare’ e il ‘creare’ nuove possibilità – sottolinea il Presidente di Fondazione Laps, Lapo Elkann -. Attraverso questo importante accordo permetteremo di sviluppare ulteriori progetti e fornire servizi alla CRI, che svolge un ruolo chiave nel prevenire e alleviare la sofferenza umana, contribuendo alla cultura della non violenza e della pace. Sono molto felice di poter aiutare le persone di un territorio che amo molto. Promuoveremo, soprattutto, progetti dedicati ai minori perché i giovani sono futuro e ricchezza”.
“Questo accordo – aggiunge il presidente regionale CRI Sicilia, Luigi Corsaro – darà l’opportunità alla Croce Rossa Italiana di implementare iniziative in tutta la regione volte ad aiutare le persone e, soprattutto i bambini e gli adolescenti, ad affrontare problematiche educative e socio-sanitarie con un approccio che prevede la tutela dei diritti e la salvaguardia della dignità. È indispensabile identificare le persone, soprattutto se minori, in situazione di vulnerabilità per poterle assistere e garantire un’efficace risposta. La CRI siciliana si impegna in tal senso a leggere e analizzare i bisogni esistenti e quelli futuri, per costruire piani di azione adeguati e contrastare le forme di vulnerabilità, anche grazie al supporto della Fondazione. Siamo certi che questa collaborazione consentirà di rafforzare l’inclusione, la trasversalità e l’innovazione dei nostri servizi, migliorandone l’accesso e la capillarità a favore dei minori a rischio di marginalità sociale. Gli incontri periodici che avvieremo a partire da oggi con la Fondazione LAPS offriranno l’opportunità di monitorare la qualità delle attività e dei servizi che insieme offriremo e ci consentirà di implementare sempre nuove e più efficaci iniziative”.
Tra i progetti allo studio anche il dono alla Asp di Siracusa di speciali ambulanze alimentate a gasolio e ad elettricità studiate da Garage Italia (una delle aziende di Elkann) e dai partner siciliani i messinesi di Newtron, società che sviluppa kit per rendere elettriche le vetture esistenti.
(ITALPRESS).
EMILIA ROMAGNA, L’AGRICOLTURA DIVENTA SOCIALE
L’agricoltura diventa sociale. Non più solo attività economico-produttiva o presidio ambientale contro il dissesto del territorio, ma anche importante risorsa a disposizione delle comunità per assicurare la continuità dei servizi socio-assistenziali rivolti soprattutto alla popolazione anziana, in particolare nelle zone di montagna a rischio di abbandono. A Vitriola, piccola frazione del comune di Montefiorino, sull’Appenino modenese, nel primo pomeriggio di oggi è stata inaugurata la “Casa famiglia per la longevità attiva e l’abitare collettivo”, grazie a un innovativo progetto pubblico-privato di welfare socio-assistenziale (‘Fattoria sociale contadina’) che vede nascere nell’azienda agricola “Corte di Vitriola” una struttura residenziale destinata ad ospitare fino a sei persone, anziani autosufficienti o parzialmente autonomi, in convenzione con il Comune di Montefiorino e grazie a un contributo di 200 mila euro erogato dalla Regione Emilia-Romagna.
All’apertura, presente l’assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, Simona Caselli, e il sindaco di Montefiorino, Maurizio Paladini, è seguita una tavola rotonda sul tema dell’agricoltura sociale, con altri amministratori locali.
Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, “non ha potuto partecipare – fa sapere la Regione – perché impegnato a Bologna per la visita del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ma ha voluto comunque esprimere la propria soddisfazione per un progetto così innovativo e importante per la comunità montana”.
“La casa famiglia di Vetriola è davvero un esempio virtuoso di agricoltura sociale al servizio della comunità – ha affermato Bonaccini -, una struttura che contribuisce al fatto che la nostra montagna sia un luogo di benessere e da vivere a tutte le età. La crescita del nostro Appennino è una delle priorità della Regione perché da qui passa anche il contrasto al cambiamento climatico e la lotta contro il dissesto idrogeologico. Dal 2016 ad oggi abbiamo attivato quasi un miliardo di euro di risorse – tra fondi regionali, nazionali ed europei – su progetti che abbracciano tutti i settori vitali per le comunità: dal territorio alla viabilità, dalle imprese al lavoro, dalle infrastrutture alla banda larga e dalla sanità al sociale. E vogliamo continuare a investire, come dimostra il dimezzamento dell’Irap per aziende, commercianti, artigiani e liberi professionisti dei comuni montani e il fondo da 10 milioni di euro per le giovani coppie che risiedono o che decidono di vivere in Appennino che potranno ottenere contributi fino a 30mila euro per l’acquisto e la ristrutturazione della casa”.
“Misure concrete – ha sottolineato – per sostenere zone vitali per l’intera Emilia-Romagna”.
Quello di Vitriola è uno dei 15 progetti di agricoltura sociale finanziati da Piacenza alla Romagna grazie a un bando del Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020 che ha messo a disposizione complessivamente oltre 1,8 milioni di euro di contributi, su un importo ammissibile pari a 3,5 milioni di euro. Un secondo bando, con una dotazione di 1,4 milioni di euro, è ancora aperto; la scadenza è fissata per il 15 novembre prossimo.
L’edificio, costruito per essere abitato anche da persone con ridotta capacità motoria, è strutturato su due piani, di cui quello superiore, di circa 200 metri quadrati, allestito per accogliere fino a sei ospiti, mentre il piano terra, una volta completato, sarà adibito a laboratorio per la preparazione di farine, pasta e torte artigianali con l’impiego di materie prime aziendali (cereali, frutta, orticole, uova, e così via).
Un immobile particolarmente connotato anche sul piano della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico. Si tratta infatti di un prefabbricato con struttura in legno adeguatamente coibentata e dotata di una pompa di calore con pannelli solari e impianto di ventilazione meccanica controllata per fornire ad ogni ambiente la climatizzazione ideale sia d’estate, sia nel periodo invernale.
Il progetto della casa famiglia “Corte di Vitriola” è nato su iniziativa di Gino Facchini e Barbara Lanzotti, titolari dell’omonima azienda agricola, e ha come obiettivo quello di dotare il territorio di un nuovo strumento di welfare finalizzato a dare risposta alla crescente richiesta di cure e assistenza da parte delle fasce di popolazione più anziana e delle persone “fragili”: un bisogno avvertito soprattutto nei territori di montagna. Oltre a anziani autosufficienti o parzialmente autonomi la struttura potrebbe ospitare altri soggetti “deboli” come, ad esempio, ragazze madri.
SANOFI, AL LAVORO CON MAMMA E PAPÀ… SULLE ORME DI GRETA
Vacanze finite, è tempo di rientro! E anche quest’anno in Sanofi c’è un programma di attività dedicate ai figli dei collaboratori. Per un rientro “dolce” dei genitori e un supporto concreto alla conciliazione vita-lavoro nelle settimane in cui, scuole ancora chiuse, i servizi sul territorio non sempre sono sufficienti.
Ed ecco allora che i bimbi vanno in ufficio con mamma e papà al mattino, per poi vivere un percorso speciale. Quest’anno alla scoperta degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile dell’ONU, i Sustainable Development Goals, siglati dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite con l’impegno di traghettare il pianeta al 2030. Tra questi, il rispetto per l’ambiente e le risorse naturali, i diritti fondamentali come giustizia, accesso alla salute, pari opportunità e valorizzazione delle differenze. Perché, come l’esperienza di Greta Thunberg ci sta mostrando, i bambini hanno un ruolo importante nel risvegliare la coscienza di adulti e governi per un futuro migliore.
Raccogliere i frutti di stagione in un frutteto urbano con la guida di un agronomo e scoprire la biodiversità e l’avvicendarsi delle stagioni; costruire strumenti musicali partendo da materiali di riciclo e trasformare i giochi più classici in occasioni per riflettere su come è possibile ridurre il nostro impatto, ogni giorno; visitare un orto comunitario per comprendere il valore della coltivazione biologica a km zero, del volontariato e dell’economia equo solidale a favore dei Paesi emergenti.
Queste alcune delle attività, dei giochi, delle visite e dei percorsi esperienziali che hanno coinvolto bambini e ragazzi dai 4 ai 14 anni. Tutte improntate ad aiutarli a diventare cittadini consapevoli e a imparare a costruire un futuro sostenibilie, per se stessi e la collettività di cui facciamo parte.
La risposta? Numeri da record! Più di 80 bambini e ragazzi a settimana, per le due settimane che vanno dal 26 agosto al 6 settembre, vale a dire per le due settimane che li accompagnano al giorno di riapertura ufficiale della scuola.
Questa iniziativa nasce nell’ambito delle attività di welfare aziendale, supporto alla genitorialità e alla conciliazione vita-lavoro di Sanofi. E’ coerente con il progetto globale Planet Mobilization dell’azienda, i cui punti e obiettivi principali si concretizzano nella riduzione delle emissioni, nella razionalizzazione dei consumi di risorse naturali e nella gestione dei rifiuti per limitare l’impatto ambientale delle attività aziendali. Nell’ambito dei Sustainable Development Goals, come azienda farmaceutica, Sanofi contribuisce attivamente all’obiettivo sulla buona salute “Good health and well being”, così come alla crescita economica del Paese, alla tutela ambientale, all’innovazione, alla parità di genere e alla diffusione dell’educazione.
ASILI NIDO PUBBLICI, MAGLIA NERA AL SUD
Le disuguaglianze tra i bambini, per quanto riguarda l’acquisizione di capacità e competenze, si formano già nei primissimi anni di vita, ben prima dell’ingresso a scuola. Non si tratta, tuttavia, di disuguaglianze inevitabili: frequentare l’asilo nido, così come trascorrere del tempo di qualità con i propri genitori, si dimostra un fattore determinante in grado di ridurre il gap. Eppure, in Italia, solo 1 bambino su 10 può accedere a un asilo nido pubblico, con picchi negativi che si registrano in regioni come Calabria e Campania, dove la copertura è pressoché assente e, rispettivamente, solo il 2,6% e il 3,6% dei bambini frequenta un nido pubblico. Uno scenario in cui le ripercussioni negative riguardano soprattutto i minori provenienti da famiglie economicamente svantaggiate e che hanno dunque maggiori difficoltà nell’accedere alla rete degli asili privati non convenzionati.
È quanto emerge dal rapporto “Il miglior inizio – Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita” diffuso da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico nel nostro Paese. Il rapporto contiene i risultati di una indagine pilota condotta tra marzo e giugno 2019 in 10 città e province italiane – Brindisi, Macerata, Milano, Napoli, Palermo, Prato, Reggio Emilia, Roma, Salerno e Trieste – realizzata in collaborazione con il Centro per la Salute del Bambino, che ha anche fornito una supervisione scientifica insieme all’Istituto degli Innocenti e all’Università di Macerata.
L’indagine, di carattere esplorativo, ha coinvolto direttamente 653 bambini di età compresa tra 3 anni e mezzo e 4 anni e mezzo, ai quali, nell’ambito di incontri individuali a scuola con educatori appositamente formati, sono stati sottoposti i quesiti dello strumento IDELA (International Development and Early Learning Assessment), sviluppato da Save the Children International nel 2014 e utilizzato in più di 40 Paesi al mondo, che opera una valutazione su quattro aree di sviluppo: fisico-motorio, linguistico, matematico e socio-emozionale. La valutazione, in particolare, avviene attraverso compiti e giochi, quali ad esempio identificare una lettera o un numero o fare dei raffronti e delle misurazioni. Sono stati inoltre analizzati 627 questionari compilati dai genitori dei bambini coinvolti.
“La prima infanzia è un periodo cruciale della vita, quando si inizia a scoprire il mondo, se stessi e gli altri. È fondamentale che il prossimo Governo assuma tra le proprie priorità quella dell’investimento nell’infanzia a partire dai primi anni di vita, promuovendo in Italia un’Agenda per la prima infanzia, che preveda un piano organico di interventi di sostegno alla genitorialità, servizi educativi di qualità e accessibili a tutti, misure di welfare familiare, lotta alla povertà economica ed educativa, sostegno all’occupazione femminile e conciliazione tra lavoro e famiglia”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children.
“L’indagine pilota svolta da Save the Children mostra come diseguaglianze educative che possono avere sui bambini un impatto di lunga durata si manifestino molto prima dell’accesso alla scuola dell’obbligo. La povertà educativa va dunque combattuta a partire dai primi anni di vita, attraverso solide politiche di sostegno alla prima infanzia e alla genitorialità, oggi assolutamente carenti nel nostro Paese, evitando che siano proprio i bambini delle famiglie più svantaggiate a rimanere esclusi dalle opportunità educative di qualità”, ha proseguito Raffaela Milano.
I bambini che hanno frequentato l’asilo nido – mettono in evidenza i risultati della ricerca – hanno risposto in maniera appropriata a circa il 47% dei quesiti proposti a fronte del 41,6% di quelli che hanno frequentato servizi integrativi, che sono andati in anticipo alla scuola dell’infanzia o che sono rimasti a casa e non hanno quindi usufruito di alcun servizio. Una differenza che si fa ancor più marcata per i minori provenienti da famiglie in svantaggio socio-economico. Tra questi, infatti, coloro che sono andati al nido hanno reagito appropriatamente al 44% delle domande contro il 38% dei bambini che non lo hanno frequentato.
Per quanto riguarda l’ambito matematico, ad esempio, i bambini tra i tre anni e mezzo e i quattro anni e mezzo in condizioni di svantaggio socio-economico che non hanno riconosciuto alcun numero sono stati il 44% tra coloro che sono andati al nido, percentuale che arriva al 50% per i bambini che non lo hanno frequentato.
Allo stesso modo, se più del 14% dei bambini che hanno frequentato il nido riconosce tra 6 e 10 numeri, la percentuale scende al 9,6% per chi non ci è andato. Inoltre, l’indagine dice che i bambini in svantaggio socio-economico che hanno frequentato il nido riconoscono più lettere rispetto agli altri: quasi il 25% dei primi, infatti, ha riconosciuto tra 1 e 5 lettere a fronte di quasi il 20% di quelli che non hanno frequentato il nido.
Determinante per prevenire la povertà educativa, dall’indagine di Save the Children, risulta essere la durata della frequenza dell’asilo nido. I bambini appartenenti a famiglie in svantaggio socio-economico che hanno frequentato il nido per tre anni, infatti, hanno risposto appropriatamente al 50% delle domande, a fronte del 42,5% per coloro la cui frequenza è stata tra i 12 e i 24 mesi e del 38% per un solo anno o meno (una percentuale del tutto simile a quella di chi non ha frequentato il nido).
I dati sulla copertura dei servizi per la prima infanzia dicono che l’Italia è ancora molto lontana dal target stabilito dall’Unione europea di garantire ad almeno il 33% dei bambini tra 0 e 3 anni l’accesso al nido o ai servizi integrativi. Nel nostro Paese, infatti, solo 1 bambino su 4 (il 24%) ha accesso al nido o a servizi integrativi per l’infanzia e, di questi, solo la metà (12,3%) frequenta un asilo pubblico. Copertura garantita dal servizio pubblico che è quasi assente in regioni come Calabria (2,6%) e Campania (3,6%), seguite da Puglia e Sicilia con il 5,9%, a fronte delle più virtuose Valle d’Aosta (28%), Provincia autonoma di Trento (26,7%), Emilia Romagna (26,6%) e Toscana (19,6%).
Risultati decisamente migliori riguardano invece l’accesso alla scuola dell’infanzia, che in Italia accoglie il 92,6% dei bambini dai 3 ai 6 anni, superando pertanto l’obiettivo europeo del 90% di copertura.









