ROMA (ITALPRESS) – Parte da Roma il viaggio nel mondo di Rino Gaetano con la prima mostra dedicata al grande cantautore che ha segnato un’epoca nella musica italiana. Iconico poeta dallo stile unico e tagliente, con la sua voce ruvida e con i suoi testi apparentemente leggeri e disimpegnati ma pieni di contenuti, ha saputo graffiare società e politica senza mai nascondersi dietro etichette e maschere.
Autore innovativo, appassionato e dal forte impegno civile, dopo la prematura scomparsa, le sue canzoni, manifesti da cui traspare tutta la sua umanità, sono state riscoperte e diventate veri e propri inni tra le nuove generazioni, usate in teatro, come colonne sonore di film, sono diventate fiction, compilation, street art e festival. La denuncia sociale celata dietro l’ironia delle sue filastrocche resta ancora attualissima. Non ha mai avuto maestri, rappresentava lui stesso l’onda nuova di una corrente senza eguali.
L’artista, calabrese di nascita ma romano d’adozione, verrà celebrato con la grande mostra Rino Gaetano, che sarà ospitata a Roma dal 16 febbraio al 28 aprile 2024 al Museo di Roma in Trastevere, nel quartiere che amò e frequentò fin dai tempi del Folkstudio. Un viaggio straordinario di memoria collettiva al ritmo delle note delle sue stralunate canzoni e dove la sua arte sarà più viva che mai.
La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura. Con il patrocinio del Ministero della Cultura e la media partner di Rai che conserva la maggior parte dei filmati che riguardano l’artista e con la collaborazione di Universal Music Publishing Group. A cura di Alessandro Nicosia e Alessandro Gaetano.
Una mostra inedita nata da una ricerca di materiali, molti dei quali esposti per la prima volta, che ne documentano l’intero cammino artistico e arricchita da ‘tante rarità’ di assoluto valore, concesse per l’occasione da Anna Gaetano, sorella di Rino: documenti, foto, cimeli artistici, la raccolta dei dischi, video, strumenti musicali, oggetti, abiti di scena come l’accappatoio indossato durante il Festivalbar all’Arena di Verona e la giacca in pelle utilizzata a Sanremo, manifesti, la collezione di cappelli. Nel corso dell’evento sarà possibile assistere alle performance live di Alessandro Gaetano che eseguirà alcuni dei brani dello zio che permetteranno ai visitatori di scoprire e vivere la forza della sua musica. La rassegna offrirà allo spettatore l’opportunità di un incontro talmente unico e speciale con l’artista che farà scoprire come la sua voce ci parli oggi più forte che mai.
La mostra sarà corredata da un prestigioso catalogo edito da Gangemi che contiene storia, immagini e anche un lungo elenco di straordinarie testimonianze che aiutano a comprendere tutte le sfaccettature di un uomo considerato uno dei cantastorie di culto della nostra storia.
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“Rino Gaetano” in mostra a Roma dal 16 febbraio
Mostre, “I Dioscuri tornano a Roma” tra via Veneto e Porta Pinciana
ROMA (ITALPRESS) – Castore e Polluce, i mitici Dioscuri, i “figli di Zeus” dei Greci, venerati anche dai Romani a partire dal V sec. a. C, sono i protagonisti di una grande esposizione dello scultore Gianfranco Meggiato, in programma dal 1° dicembre al 1° febbraio a Roma. Undici monumentali sculture saranno allestite in un luogo emblematico della Capitale, nel cuore del Municipio 1, in strada, a via Veneto e Porta Pinciana.
“I Dioscuri tornano a Roma” è il titolo della mostra, promossa dal Municipio Roma 1 Centro – Assessorato alla Cultura e dall’Associazione Via Veneto. L’esposizione organizzata dalla “Fondazione di Arte e Cultura Gianfranco Meggiato” ha per curatore scientifico Dimitri Ozerkov, già direttore del Dipartimento di Arte Contemporanea dell’Ermitage di San Pietroburgo, dimessosi dalla direzione museale nell’ottobre del 2022 in segno di protesta contro l’invasione russa in Ucraina.
L’inaugurazione è in programma venerdì 1° dicembre alle 10 a Porta Pinciana, alla presenza dell’assessore alla Cultura del Municipio Roma 1, Giulia Silvia Ghia. Sarà presente l’Artista.
Le opere sono realizzate da Meggiato in alluminio, con la tecnica della fusione a staffa, e in bronzo, con la tecnica della fusione a cera persa, tutte le sculture sono poste su basi in acciaio inox. La loro altezza varia da due fino a cinque metri. È possibile percorrere l’itinerario dell’esposizione attraverso il proprio smartphone, seguendo una mappa completa di immagini e descrizione, che si attiva scannerizzando un QR code posto sui cartelli esplicativi che accompagnano ciascuna scultura.
Il catalogo, che sarà presentato a gennaio 2024 in concomitanza con la chiusura della mostra, è pubblicato da Editoriale Giorgio Mondadori.
Partendo proprio dal mito dei Dioscuri, l’esposizione indaga i significati della dualità e della duplicità, degli opposti che tendono all’Uno, così come Castore-Materia (umano) e Polluce-Spirito (Divino) sono realtà opposte e complementari che perseguono l’unione. La rappresentazione mitologica dei Dioscuri, attraverso il loro valore simbolico, per l’artista è, infatti, occasione per sottolineare il significato di unità e fratellanza, di superamento del duale, nella consapevolezza che siamo tutti parte di uno stesso insieme, cellule di un medesimo organismo, siamo tutti Uno. Il riferimento costante alla dimensione trascendente, pur dal piano della materia, ci ricorda come il riconoscersi figli di uno stesso universo e fratelli di un comune destino possa indicare un cammino che porti al superamento dei conflitti, fino all’armonia e alla pace. Il gesto artistico e la visione culturale sono anche contrassegnati dalle dimensioni delle sculture e dal loro esprimersi attraverso la verticalità, che richiama quella naturale tendenza dell’essere umano alla ricerca di una spiritualità che è interiore, alla scoperta di se stessi, e al contempo esteriore, oltre il proprio io.
Il Mito dei Dioscuri presentato in un contesto contemporaneo è sottolineato dalla coppia di sculture poste a Porta Pinciana, che richiama le due divinità: Il Volo (alta 5 metri) e L’Attimo Fuggente (4 metri) sono due opere verticali che dialogano tra di loro, rappresentando idealmente Polluce e Castore. Il Volo rappresenta idealmente Polluce il fratello divino, nella consapevolezza che l’uomo non possa accontentarsi della sola materialità, ma possa “volare alto” per sentirsi vivo, per crescere, anche grazie alle difficoltà. L’Attimo Fuggente simboleggia Castore, il fratello mortale, e ci ricorda che la vita va vissuta appieno, poiché è un attimo e ciò che è perduto non ritorna. Questa scultura con un accenno di afflosciamento rappresenta Castore, colto nell’attimo del passaggio tra la vita e la morte. Nella scena, Il Volo-Polluce allunga dolcemente una sfera di immortalità e consapevolezza da condividere con il fratello mortale L’Attimo Fuggente-Castore. Nel mito greco, quando il fratello mortale Castore fu ucciso dagli Afaridi, Polluce pregò Zeus che gli concesse di rinunciare a metà della propria immortalità in favore del fratello. Così i due vissero insieme alternativamente un giorno nell’Olimpo e un giorno nel regno dei morti.
In via Veneto in esposizione saranno: Sfera Quantica (h 2,20 m), che richiama la forza da cui trae origine ogni grado di materia; Taurus (h 3 m), che indica la componente istintiva in armonia con l’essenza interiore; Cubo con Cubo (lato 1 m), che ricorda le chiusure, esteriori e interiori e la possibilità di guardare a sé stessi secondo una nuova luce; Fiore d’Oriente (d 1,50 m) che può germogliare in noi anche a seguito di esperienze negative; Scorpius (h 3 m) che è protesa verso l’alto a simboleggiare l’attivazione di un’energia in noi; Doppio totem (h 2,60 m), che ci ricorda come le esperienze, positive o negative, possano far apparire la nostra parte luminosa; Cono Energia (h 2,20 m): un cono energetico punto di incontro fra visibile e invisibile; Colonna Energia: una colonna di luce sfida il tempo e tende verso l’Alto (h 2,25 m); Disco Orione (d 1,28 m) che richiama la brillantezza di questa costellazione.
“Con la mostra di Meggiato a Via Veneto – sottolinea l’assessore alla Cultura del Municipio Roma 1, Giulia Silvia Ghia – si sta proseguendo su quanto scritto nelle linee programmatiche di questo Municipio. L’arte contemporanea è un veicolo straordinario per riconnettere le persone ai territori, per ricercare un nuovo senso, una nuova fruizione più rispettosa di questa meravigliosa città”.
“Questo progetto sul ritorno a Roma dei leggendari fratelli gemelli Castore e Polluce – evidenzia il curatore scientifico Dimitri Ozerkov – si apre in un momento difficile per il mondo. Adornando una delle strade principali di Roma, le sculture astratte di Gianfranco Meggiato parlano del nostro tempo attraverso lo spazio che ci circonda. Sono esse stesse la dualità del pieno e del vuoto, della morte e dell’immortalità, della materia e dello spirito. Ma non appena si pronunciano i nomi dei Dioscuri, queste immagini si riempiono di nuova vita, assumono un nuovo contenuto. […] Meggiato parla della necessità di ripristinare l’equilibrio, che per lui come scultore ha un significato sia diretto che figurativo. Ogni sua scultura è individuale e unica, come ognuno di noi. Ma ognuna trova il proprio posto senza invadere l’altra. Come i leggendari fratelli gemelli, queste sculture sembrano sforzarsi di essere inseparabili e ci parlano oggi della necessità di un vero amore fraterno di cui tutti abbiamo disperatamente bisogno”.
“Portare questa grande mostra con 11 opere nel centro della Capitale – spiega Gianfranco Meggiato – ci consente di riferirci alle radici di Roma Antica per trasmettere una visione di estrema attualità: come Castore e Polluce che erano fratelli diversi, l’uno mortale e l’altro divino, così anche noi, oggi, siamo invitati a riflettere sul valore di quello che ci appare diverso da noi stessi, per riconoscerlo come fonte di arricchimento per la comunità, con la consapevolezza che siamo tutti foglie dello stesso albero, siamo tutti onde dello stesso mare. È questa per me l’essenza della vera fratellanza”.
Gianfranco Meggiato, scultore di origini veneziane, dal 1998 partecipa ad esposizioni in Italia e all’estero e ad eventi internazionali. È ospite, nei padiglioni nazionali, a due edizioni della Biennale di Venezia (2011, 2013). L’artista modella le sue sculture ispirandosi al tessuto biomorfo e al labirinto, che simboleggia il tortuoso percorso dell’uomo teso a trovare sé stesso e a svelare la propria preziosa sfera interiore. Meggiato inventa, così, il concetto di “introscultura”, in cui lo sguardo dell’osservatore viene attirato verso l’interiorità dell’opera, non limitandosi alle sole superfici esterne. Cercando di realizzare complicate forme astratte, sceglie non tanto di scolpire la pietra, ma modellare la morbida e fluida cera d’api, per poi fondere a cera persa. Utilizzando la più antica tecnica di fusione del mondo, crea un proprio stile Meggiatesco, riconoscibile e contemporaneo.
Dice l’Artista: “Le mie, sono forme di luce vibranti nello spazio, la mia è una ricerca di sublimazione della materia. Non faccio mai un disegno preparatorio, ma lavoro di getto, attimo per attimo, modellando la cera calda, libero da condizionamenti o progetti precostituiti. Non voglio rischiare di diventare, riproducendo un progetto, un artigiano di me stesso”.
Dal 2017 Gianfranco Meggiato realizza opere urbane e installazioni di grande potenza e nello stesso anno riceve il Premio Icomos-UNESCO “per aver magistralmente coniugato l’antico e il contemporaneo in installazioni scultoree di grande potere evocativo e valenza estetica”. Sue mostre vengono allestite negli anni in diverse città italiane e in varie parti del mondo: Canada, Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Belgio, Olanda, Francia, Austria, Svizzera, Spagna, Portogallo, Principato di Monaco, Ucraina, Russia, India, Cina, Emirati Arabi, Kuwait, Corea del Sud, Taipei, Australia, Londra, Montecarlo, Singapore, e in alcune città degli Stati Uniti. In Italia, fra le altre, si ricorda l’installazione “La Spirale della Vita” (2018), nell’ambito di Manifesta 12 Collateral, allestita nel centro di Palermo (quindi, nel 2022 a Prato e nel 2023 ad Altamura) e dedicata alle vittime innocenti di mafia, con i loro nomi impressi su centinaia di sacchi di juta. Nel 2019, con il progetto ”Il Giardino di Zyz” che parla di fratellanza e unità tra i popoli, l’artista viene invitato a Matera, dove realizza la più grande installazione di “Matera Capitale Europea della Cultura”. Nel 2021, la Valle dei Templi di Agrigento ospita “L’Uomo quantico – Non c’è futuro senza memoria”, grande esposizione personale contrassegnata dalla ricerca dell’Uno oltre spazio e tempo: l’uomo antico e quello contemporaneo accomunati in un’indagine irrisolta da secoli, quel conosci te stesso che già era presente sul frontone del tempio di Apollo a Delfi e che è la medesima domanda dei moderni esperimenti di fisica quantica. Dopo questa grande mostra, nel 2022 dà vita, a Pisa, a “Il Respiro della Forma”, promossa dal Comune, con il patrocinio, fra gli altri della Scuola Normale Superiore, che vede l’esposizione di 14 opere monumentali nel cuore della città. Il 24 febbraio 2023, in occasione del primo anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina, viene posta nella centralissima piazza Cavour di fronte al palazzo di Giustizia di Roma, l’installazione “L’incontro simbolo di Pace”, che si ispira alle parole di Papa Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’e giustizia senza perdono”.
-foto ufficio stampa mostra –
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Webuild, a Melbourne anteprima per mostra immersiva su Leonardo da Vinci
ROMA (ITALPRESS) – Leonardo da Vinci sbarca in Australia in occasione dell’esclusiva anteprima della mostra “Leonardo da Vinci – 500 Years of Genius”, sponsorizzata da Webuild per celebrare il genio del Maestro del Rinascimento. L’evento si è svolto presso The Lume, innovativa galleria d’arte di Melbourne, in Australia, punto di riferimento per l’arte digitale nel mondo.
La mostra, che sarà inaugurata nel mese di marzo 2024 presso The Lume Gallery, consentirà ai visitatori di immergersi nelle opere di Leonardo da Vinci in uno spazio multisensoriale di 3mila metri quadrati. L’esposizione multimediale permetterà un incontro ravvicinato con lo splendore delle opere del Maestro autore di capolavori come la “Gioconda”, che potranno essere goduti in una modalità innovativa rispetto alla tradizionale mostra museale.
Il Gruppo sostiene, tramite la sua “agenda cultura”, mostre ed eventi in alcuni territori in cui opera nel mondo, per creare valore condiviso nelle comunità anche sul piano culturale. Le iniziative che raccontano l’impegno del Gruppo in tema di cultura spaziano dai concerti organizzati negli Stati Uniti per festeggiare i 150 anni dalla nascita del compositore Arturo Toscanini, alle mostre dedicate al genio artistico di Raffaello, fino agli eventi organizzati per ricordare il salvataggio dei Templi di Abu Simbel e alla mostra fotografica sulla Roma deserta durante la pandemia da Covid.La mostra “Leonardo da Vinci – 500 Years of Genius” al The Lume rappresenta l’ultima iniziativa culturale in ordine temporale del Gruppo in Australia, il più grande mercato per Webuild dopo l’Italia, in termini di ricavi e portafoglio ordini, un mercato in costante crescita per Webuild e la sua controllata australiana Clough nei diversi stati. Proprio a Melbourne il Gruppo ha avviato i lavori per il progetto North East Link, tratta della rete autostradale della città. Nel New South Wales, sta realizzando Snowy 2.0, il più grande progetto idroelettrico del Paese. A Sydney, sta sviluppando parte del collegamento Sydney Metro-Western Sydney Airport Metro Line, il più grande PPP dello Stato. In Western Australia, il Gruppo ha avviato i lavori per la realizzazione di uno dei più grandi impianti al mondo per la produzione di urea per la fabbricazione di fertilizzanti e per il potenziamento dei processi di trattamento dei fanghi di un impianto per il trattamento delle acque reflue, il più grande dello stato.
– Foto ufficio stampa Webuild –
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Dal 16 novembre a Roma la mostra su Tolkien
ROMA (ITALPRESS) – A cinquant’anni dalla scomparsa e dalla prima edizione italiana de Lo Hobbit, Roma ospiterà dal 16 novembre all’11 febbraio 2024 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea la grande mostra dedicata a John Ronald Reuel Tolkien, creatore della celebre epopea della Terra di Mezzo che ha plasmato una nuova mitologia per il mondo contemporaneo e lo ha reso uno degli autori più letti del pianeta.
‘TOLKIEN. Uomo, Professore, Autorè ci racconta il percorso umano, il lavoro accademico, la potenza narrativa, la forza poetica: un viaggio senza eguali che permetterà agli appassionati e al grande pubblico di essere introdotti nella grandezza di questo scrittore e di comprendere quanto la sua vita e la straordinaria conoscenza del mondo antico siano alla base del suo processo creativo.
E’ la prima esposizione di queste dimensioni mai dedicata in Italia allo scrittore. Rispetto alle grandi mostre allestite a Oxford (2018), Parigi (2020) e Milwaukee (2022), che hanno esaltato particolari aspetti delle opere letterarie, quella di Roma pone Tolkien al centro di tutto. Per la prima volta viene raccontato l’uomo, padre e amico; accademico, autore di studi e pubblicazioni ancora oggi fondamentali nello studio della letteratura in antico e medio inglese; narratore e sub-creatore della Terra di Mezzo. Ci sarà anche spazio per tutto ciò che ha ispirato nell’arte, nella musica e nel mondo dei fumetti.
L’immersione nell’universo da lui creato si realizza mediante un articolato percorso espositivo tra manoscritti autografi, lettere, memorabilia, fotografie e opere d’arte ispirate alle visioni letterarie di un autore unico e poliedrico. Uomo del suo tempo, romanziere, linguista e filologo, il Professore di Oxford viene raccontato nella sua complessità artistica e umana.
Particolare rilevanza viene data al suo rapporto con l’Italia: “Sono innamorato dell’italiano, e mi sento alquanto sperduto senza la possibilità di provare a parlarlo”, si legge in una sua lettera, e nella rassegna non mancano le testimonianze del viaggio a Venezia e Assisi nel 1955; così come i tanti contatti, diretti e indiretti, con studiosi e intellettuali del nostro Paese.
Spazio anche agli adattamenti cinematografici vecchi e nuovi, dal film d’animazione di Ralph Bakshi alla trilogia de Il Signore degli Anelli del regista Peter Jackson, capace di rappresentare sul grande schermo una delle saghe più ambiziose e popolari della letteratura mondiale conquistando 17 premi Oscar.
Ideata e promossa dal Ministero della Cultura con la collaborazione dell’Università di Oxford, è realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare con la curatela di Oronzo Cilli e la co-curatela e l’organizzazione di Alessandro Nicosia, TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore è la più importante retrospettiva del suo genere in Italia per spettacolarità, dimensioni, materiali inediti esposti e autorevolezza delle istituzioni internazionali coinvolte: l’Archivio Apostolico Vaticano, la Bibliothèque Alpha dell’Università di Liegi, l’Università di Reading, l’Oratorio di San Filippo Neri di Birmingham, il Venerabile Collegio Inglese di Roma, la Tolkien Society, la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, la Biblioteca civica di Biella, le case editrici Astrolabio-Ubaldini e Bompiani, il Greisinger Museum di Jenins e la Warner Bros Discovery.
Il catalogo che accompagna la mostra si avvale dei contributi di Adriano Monti Buzzetti Colella, Giuseppe Pezzini, Emma Giammattei, Francesco Nepitello, Chiara Bertoglio, Gianluca Comastri, padre Guglielmo Spirito, Fabio Celoni, Davide Martini, Roberta Tosi, Salvatore Santangelo, Stefano Giuliano, Claudio Mattia Serafin, Gianfranco de Turris, Paolo Paron e Domenico Dimichino.
La Capitale sarà la prima tappa di un percorso che proseguirà nel 2024 in altre città italiane. Grazie al MiC, che ne ha promosso e sostenuto la progettazione con l’obiettivo di incentivare la partecipazione di tutti alla vita culturale, sarà possibile visitare la mostra senza alcun costo aggiuntivo, semplicemente esibendo il biglietto d’ingresso alla GNAM.
“In un buco nel terreno viveva uno Hobbit”. Con queste parole l’autore ha dato inizio alla bellissima avventura di Bilbo Baggins e acceso una fervida scintilla in generazioni di lettori, svelando la Terra di Mezzo e i suoi abitanti: Hobbit ed Elfi, Nani e Uomini. Gli stessi che non hanno mai smesso di accompagnarci in quella storia che è diventata leggenda e si è poi trasformata in Mito: TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore è la loro casa. E la vostra Mostra.
‘Un pò come avviene nell’ampliarsi dei cerchi concentrici sulla superficie dell’acqua colpita da un sasso – afferma il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – il tempo che via via ci allontana dalla parabola terrena di John Ronald Reuel Tolkien, dilata progressivamente anche la portata del suo lascito alla cultura contemporanea, divenuto ormai così interdisciplinare da travalicare ampiamente i limiti della letteratura strictu sensu.
La mostra “Tolkien. Uomo, Professore, Autore”, fortemente voluta dal Ministero della Cultura, è la prima del suo genere in Italia per dimensioni e autorevolezza delle istituzioni internazionali coinvolte. Nella narrazione visiva e testuale offerta al visitatore, essa si propone di illustrare le diverse anime di questa straordinaria e poliedrica figura di accademico, uomo di lettere, romanziere, linguista, filologo e mitopoieta. La sua ricchezza culturale e umana viene accuratamente ricostruita in un inedito itinerario espositivo che si snoda tra manoscritti autografi, immagini rare, memorabilia e opere d’arte ispirate alle sue visioni letterarie; un risultato reso possibile dalla prestigiosa collaborazione con l’Università di Oxford, alma mater dello scrittore.
Il riferimento nel titolo della rassegna alle tre principali direttrici del “fenomeno” Tolkien, da tempo divenuto crossmediale e addirittura di costume – aggiunge – ci fa implicitamente capire che le ragioni del suo ascendente su almeno cinque generazioni di lettori d’ogni latitudine risiedono anche nella variegata natura delle fascinazioni generate dal suo immaginario sulla platea, sempre più estesa, dei suoi estimatori. Tra i punti di forza c’è anzitutto l’intrinseca vitalità del racconto e dell’intero Mondo Secondario partorito dalla fantasia dell’Autore, i cui rivolgimenti ora luminosi e ora oscuri vengono mirabilmente descritti e narrati con la forza evocativa di un aedo moderno; ma c’è anche l’acume introspettivo del Professore, il Tolkien pensatore e saggista che in un originalissimo orizzonte insieme teologico e teleologico diede dignità alla fiaba e alla letteratura fantastica quali forme di “sub-creazione” – termine coniato da lui – nel solco fondativo della Legge divina. Infine, c’è l’Uomo, cioè il personaggio e il suo itinerario biografico, entrambi sostanzialmente privi di elementi avventurosi o intriganti e tuttavia capaci, nella loro apparente ordinarietà borghese, di ispirare e coinvolgere. Dall’unione di queste diverse fisionomie tolkieniane origina una notorietà di dimensioni mondiali, che a ben vedere si fonda su ingredienti all’apparenza casuali e un pò bizzarri: un tranquillo e riservato docente di letteratura presso la più austera e prestigiosa università inglese si realizza scrivendo in età contemporanea e per la propria intima soddisfazione una saga epica di millecinquecento pagine (senza contare gli altri innumerevoli testi a essa connessi) e mediante ciò riesce a offrire una mitologia nuova non solo alla sua natia Inghilterra – come era sua esplicita intenzione, visto che ne era priva – ma al mondo intero. E ciò si spiega con la sua teoria di base che spesso si dimentica, o si vuol dimenticare: la sua non era una “fuga del disertore”, come già allora certi intellettuali accusavano, bensì la legittima “evasione del prigioniero” dal carcere di una Realtà che lo segregava e opprimeva. Il che spiega molto, se non tutto.
Insieme l’Uomo, il Professore e l’Autore, a dimostrazione del profondo potere simbolico ma anche dell’intrinseca “vita” del suo mondo letterario, hanno seminato ispirazioni feconde in campi che spaziano dalla cinematografia alle arti visive, dall’industria dell’intrattenimento alla saggistica, dalla riflessione filosofica al fiorente mercato degli accessori commerciali. Come si è detto – e con l’eccezione della terribile esperienza del soldato Tolkien nelle fangose trincee della Somme, durante la più sanguinosa battaglia della Grande Guerra – quella del mite accademico di Oxford fu una vita senza scosse, definita da pochi e semplici riferimenti: gli affetti familiari e le amicizie, la fede, gli studi e naturalmente la feconda interiorità profusa nella lenta ed elaborata edificazione del suo universo meta-reale. Nulla di conturbante o bohèmien avvicinò neppure lontanamente quella sua ordinata e tranquilla esistenza di uomo di cultura, medievista e filologo con il “vizio segreto” di inventare dapprima lingue e in seguito geografie e culture dove collocarle (se ci sono delle lingue, si chiese pressappoco, ci sarà anche chi le parlerà e dove), alle sregolatezze e trasgressioni pubbliche e private di tanti personaggi odierni che pure riempiono le platee e gli stadi con decine di migliaia di fan scatenati; e tuttavia come e forse più durevolmente di tanti di loro, Tolkien e la sua opera sono oggi a buon diritto icone del nostro tempo, i suoi libri tra i più letti in assoluto dopo la Bibbia e tradotti nelle principali lingue del pianeta.
Ciò probabilmente anche perchè, al di là del pur stratosferico successo editoriale, le saghe e il legendarium del “Professore che amava i draghi” – secondo una felice definizione di qualche decennio fa – hanno avuto il pregio incontestabile di rinnovellare quasi per gemmazione dal fusto dell’antica tradizione epica i suoi ideali archetipici eterni, restituendo allo spirito immemore della modernità il retaggio universale del Mito. Eredità atemporale, antica come l’uomo stesso, che dal Gilgamesh sumero agli immortali versi omerici, dal Beowulf sassone (che Tolkien amava particolarmente) fino al ciclo arturiano e alla chanson de geste carolingia, ha accompagnato gli aneliti e le aspirazioni più elevate di popoli e culture. Molti di questi topoi ancestrali si ritrovano iscritti nell’ontologia stessa del mondo tolkieniano: la queste della Compagnia dell’Anello ricalca (con la differenza che non c’è un oggetto magico da ritrovare, ma uno di cui al contrario sbarazzarsi a ogni costo) quella delle saghe nordiche e dei cicli cavallereschi altomedievali, le migliori motivazioni dei protagonisti sono in gran parte sovrapponibili al sostrato etico dei romanzi cortesi. Inoltre con ogni evidenza quello dell’eroe e dei suoi comprimari è anche un cammino spirituale ed iniziatico, un alchemico solve et coagula che porta ognuno di loro a riconfigurarsi in un nuovo sè congruente con il proprio destino: il quieto e provinciale Frodo chiamato a sobbarcarsi il ruolo di salvatore di un mondo, il guerriero Aragorn a diventare sovrano portatore di pace e ritrovata unità, il mago Gandalf il Grigio a morire in battaglia e risorgere come Gandalf il Bianco in una trasmutazione esistenziale che ne accresce facoltà e consapevolezzà.
‘Il tutto permeato, è necessario aggiungere – prosegue – da valori personali ma anche collettivi che all’epoca e ancor più oggi in Occidente si sono dimenticati o addirittura si disconoscono: il senso della comunità e della natura, la tradizione, l’opposizione agli aspetti più controversi e disumanizzanti della modernità, il sacrificio di sè, il vincolo dell’amicizia, il coraggio, la dedizione, il senso dell’onore. Tratti tipici di tutti i personaggi positivi dell’opera tolkieniana. Fin qui i legami con le radici, cioè con il passato. Guardando invece alle ultime propaggini dell’albero, ovvero alla società contemporanea e ai suoi mutamenti, si può dire che la testimonianza controcorrente del Professore di Oxford sia giunta al momento giusto per rimettere in qualche modo la barra a dritta, riaffermando il valore spirituale e salvifico della fantasia, della creatività e più in generale delle migliori qualità umane in un’epoca la cui Weltanschauung, sembrava averle declassate al rango di orpello desueto, addirittura da dimenticare. Merito questo non solo di una prosa capace di rivitalizzare felicemente – e soprattutto in maniera credibile per il lettore moderno – gli accenti alti e solenni dell’epos delle saghe celtiche, scandinave o mediterranee, ma anche di quella sua inimitabile, suggestiva e coinvolgente “arte di sognare”: talento innato che sposandosi a una sensibilità culturale profonda ed eclettica riuscì a distillare dall’orizzonte delle suggestioni folklorico-leggendarie preesistenti una realtà letteraria “altra”, originale e intrinsecamente coerente fin nei più minuti dettagli.
Anche in questo sta la distanza fra Tolkien e i suoi spesso inadeguati epigoni nel moderno genere fantasy, dove talora il fondale storico- culturale e ambientale diventa mero supporto per sostenere un qualche più o meno esile canovaccio di cappa e spada. Questo anche perchè la struttura narrativa della Terra di Mezzo tolkieniana si è imposta – pur non essendo questa l’intenzione del suo creatore – come una specie di “canone” che si tende magari inconsciamente a ricalcare e dai cui è difficile svincolarsi proponendo ambienti, personaggi e trame totalmente inediti.
Più significativi ancora, però, sono i valori di perenne freschezza e attualità che percorrono, illuminandola, la sua saga. Tolkien, intellettuale innamorato delle fairy-stories ma anche testimone partecipe degli eventi della propria epoca, nemico dei totalitarismi, intimamente conservatore nella sensibilità seppur incline a guardare non tanto a “destra” e a “sinistra” quanto piuttosto “in alto”, era notoriamente avverso a letture semplicistiche, omologanti o addirittura “politiche” della sua creazione. Respinse infatti sempre con garbo al mittente non solo i tentativi della critica di ridurre la Terra di Mezzo a una grande allegoria dell’attuale geopolitica, ma anche quelli di operare sterili dissezioni filologiche della sua opera per rintracciarvi echi e influenze presuntive, invitando con una celebre metafora ad accontentarsi della zuppa offerta “e non desiderare di vedere le ossa del bue da cui è stata bollita”. Al netto di ciò è facile leggere in controluce nelle trame che intrecciano gli annali di Elfi, Uomini, Nani e Hobbit, esseri semidivini e creature dell’oscurità, una grande e composita lezione esistenziale. Non è infatti solo l’immanente dicotomia tra il faticoso e impervio sentiero del Bene e la parallela, seducente scorciatoia del Male che troviamo incastonata nel suo grande affresco di storia alternativa.
Le pagine tolkieniane parlano anche di scelta e responsabilità, di amicizia e di amore, dell’auctoritas giusta di un sovrano predestinato, Aragorn, in contrapposizione alla sfrenata volontà di potenza dell’Oscuro Signore, contro il quale l’altruismo e lo spirito di sacrificio del piccolo, fragile e indifeso antieroe Frodo Baggins potranno a conti fatti più di interi eserciti e convenzionali paladini dalle scintillanti armature. A ben vedere è proprio questa prospettiva a rendere Il Signore degli Anelli, come affermava lo stesso Tolkien, “un’opera religiosa e profondamente cattolica”, seppure ambientata in un universo avulso dalla Rivelazione cristiana (anzi a ben vedere con molte contaminazioni “pagane”) e che l’autore ribadiva tetragono a “valenze allegoriche, morali, religiose o politiche”.
Lungi, pertanto, dal potersi definire il terminale simbolico di un lungo (e noioso) sermone o parabola edificante a misura di romanzo, l’Anello che catalizza su di sè bramosie e bassezze dei suoi adepti di ogni ordine e grado, dall’infimo e strisciante Gollum al sovrumano Sauron, ma anche le parallele speranze dei virtuosi impegnati a distruggerlo diventa monito perenne sulle insidie un Potere corrotto e corruttore capace di schiavizzare e distruggere non solo gli altri, ma anche se stessi. Rispettosi delle intenzioni del Professore, non tenteremo anche noi assonanze spericolate tra gli accadimenti descritti nelle cronache della Terra di Mezzo e i travagli della nostra realtà. Tuttavia, uno dei motivi del consenso trasversale e consolidato nei decenni di un’opera che un tempo venne bollata grossolanamente come “roba da bambini”, è forse anche questo: che dalle pagine de Il Signore degli Anelli e delle altre opere tolkieniane affiorano non solo indizi di alcuni grandi mali del nostro tempo, ma anche della loro possibile cura. In quelle pagine dallo stile aulico e apparentemente desueto, ambientate in terre remote della fantasia, noi e il nostro vivere ci rispecchiamo: anche in ciò sta il perenne valore di quella che fu definita, senza troppo sminuirla, “la fiaba più lunga del mondo”.
Il Segretario Generale del Ministro della Cultura, Mario Turetta, sottolinea: ‘Cinquant’anni fa, il 2 settembre 1973, moriva John Ronald Reuel Tolkien, scrittore e autore dalla grande potenza evocativa che, attraverso i suoi romanzi, osservava la realtà in maniera autentica e vera. E’ considerato, a buon diritto, un innovatore di generi e padre assoluto della favola contemporanea, nonchè conoscitore dei pensieri che scuotono l’animo umano e cantore della bellezza di cui l’uomo è capace e da cui è circondato. Per i grandi valori umani di cui è stato portatore nella vita e che si rispecchiano nelle sue opere, abbiamo deciso di organizzare una mostra, di ampio respiro, che partirà da un luogo unico della Capitale, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, custode di un ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte degli ultimi due secoli. Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto, sapevo quanto fosse importante curare e coordinare al meglio l’organizzazione generale per fare conoscere al grande pubblico la parabola di un vero gigante della scrittura, non solo fantasy, in occasione del cinquantesimo dalla morte. Grazie all’intuizione del Ministro Gennaro Sangiuliano che ne ha deciso e sostenuto la realizzazione, al curatore Oronzo Cilli, al co- curatore e organizzatore Alessandro Nicosia che ne hanno seguito nei minimi dettagli lo sviluppo, e alla direttrice del Museo Cristiana Collu che si è subito resa disponibile a ospitare la rassegna, sarà possibile visitare il percorso espositivo senza alcun biglietto extra, ma semplicemente con il classico biglietto della GNAM.
Avvicinarsi al mondo di Tolkien è quanto di più semplice e immediato possiate immaginarvi. Grazie ai suoi studi e alle sue letture, l’autore ha creato il mondo magico della Terra di Mezzo, per il quale ha ideato nuove lingue allo scopo di renderlo più realistico e ha narrato le straordinarie avventure degli Hobbit e degli altri abitanti di questo regno fantastico. Innamorato dell’Italia e dell’italiano, dalla sua incisiva penna e dall’inesauribile fantasia sono nati racconti di successo planetario come Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e Il Silmarillion, titoli impressi nella memoria collettiva, alcuni trasposti sul grande schermo e in televisione. La mostra è il frutto di un lavoro lungo, complesso e difficile ma allo stesso tempo entusiasmante, necessario per rivelare quanto
i suoi romanzi siano fedeli al suo ideale estetico che lo ha portato a individuare nel mito la via poetica privilegiata per osservare la realtà in maniera più autentica e piena.
Per poterlo raccontare al meglio, sin dall’inizio abbiamo scelto come titolo “Tolkien. Uomo, Professore, Autore”: non ci siamo limitati a delineare le peculiarità di un autore immortale e moderno, che ha lasciato un segno nella letteratura, ma ci siamo soffermati sull’uomo visto in tutte le sue sfaccettature. Ed è proprio la centralità delle cose che sono “più permanenti e fondamentali” che permette alla sua opera di resistere brillantemente alla prova del tempo. Uno spazio significativo della mostra è poi dedicato all’uomo, insieme ai tanti documenti, immagini, testimonianze, proiezioni dei film ispirati alla sua narrativa e ricostruzioni virtuali. Si potranno vedere anche prime edizioni dei suoi libri e poi fumetti, serie animate e giochi a lui dedicati. Il pubblico potrà esplorare l’universo unico e spettacolare di un autore che ha plasmato la nostra culturà.
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Arte, Marco Gallotta vince a New York il MvVoart Award
NEW YORK (ITALPRESS) – L’artista italo-americano Marco Gallotta è uno dei vincitori del MvVoart Award.
MvVO ART è un’iniziativa artistica innovativa, che riunisce esperti d’arte e un team di professionisti della pubblicità, marketing, media, branding, comunicazione e tecnologia per creare opportunità per gli artisti. L’obiettivo è offrire una nuova prospettiva alla scena artistica emergente di New York City mettendo insieme arte e commercio. La mostra del 2023 si è svolta nella Powerhouse Arts, nell’ex centrale elettrica di Brooklyn Rapid Transit.
Marco Gallotta è un artista di origini italiane, noto a livello mondiale per le sue tecniche di taglio della carta, disegno, pittura e incisione. Classe 1974, vive a New York dal 1998.
“L’arte gioca un ruolo vitale nella nostra quotidianità e MvVO ART AD ART SHOW la celebra attraverso premi, dibattiti e mostre”, afferma.
Foto fornita dall’artista
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Il magico mondo di Tim Burton in mostra a Torino
TORINO (ITALPRESS) – Il magico mondo di Tim Burton arriva a Torino. Per la prima volta in Italia, dall’11 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, il museo del Cinema all’interno della Mole Antonelliana ospiterà un percorso espositivo dedicato al regista americano. “Amo il modo in cui è stato preparato l’allestimento – ha detto Tim Burton – è come entrare in un parco di divertimenti. Ci ho messo due anni a ritrovare materiale che non sapevo più di avere. E’ un’esperienza incredibile che mi permette di connettermi con le persone. La Mole, poi, è un luogo iconico e fonte di ispirazione”. La visita alla mostra parte dalla grande aula del Tempio e si dirama sulla rampa elicoidale del monumento più rappresentativo di Torino.
“Abbiamo pensato – ha detto il Presidente del Museo del Cinema, Enzo Ghigo – che questo luogo realizzato da un visionario come Antonelli avesse tanti elementi di affinità con un visionario come Tim Burton. L’allestimento a spirale ha fatto dire al regista che questa è la mostra più bella a lui dedicata: un motivo di grande orgoglio per noi”. La curatrice, Jenny He, ha suddiviso il percorso in 9 sezioni tematiche arricchite da oltre 550 opere d’arte originali del regista, alcune delle quali inedite, che raccontano l’immaginario di Tim Burton attraverso disegni, dipinti, fotografia, concept art, costumi, maquette, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale. “Quando pensiamo ai grandi registi – ha detto il Direttore del Museo del Cinema, Domenico De Gaetano – ci soffermiamo sui loro film. Ma c’è tutto un mondo preparatorio fatto di schizzi, bozze, disegni, fotografie e progetti non realizzati. Tutto questo lo ritroviamo in questa mostra”. Un modo per scoprire, quindi, non solo i film ma tutta la vita artistica di Tim Burton con tante iniziative collaterali che il Museo ha preparato per tutta la durata dell’evento. Tra queste, una Masterclass dove Burton riceverà il premio “Stella della Mole” come riconoscimento al suo contributo innovativo alla storia del cinema.
“E’ una visione completamente diversa rispetto a tutte le altre mostre – ha continuato De Gaetano – abbiamo delle sezioni totalmente inedite come quella sulla serie tv ‘Mercoledì’, che abbiamo chiesto appositamente a Burton, e quella sui giardini. Ispirandoci al film “Edward Mani di Forbice”, abbiamo infatti creato un cervo e un drago che emergono dal giardino della Mole”. Burton ha rivelato poi di star lavorando alla seconda stagione della serie ‘Mercoledì’ e che il film che ha scelto per la proiezione alla Masterclass alla sua presenza sarà “Beetlejuice”: “Ho quasi finito di girare il sequel – spiega Burton – ho pensato fosse il film più adeguato per rovistare i personaggi dopo 35 anni, non l’avevo più visto”.
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Stati Generali della Cultura, Sangiuliano “Anno eccezionale per i musei”
TORINO (ITALPRESS) – Il combattimento tra Elon Musk e Mark Zuckenberg al Colosseo, oppure il raddoppio di Brera, Uffizi e Museo archeologico nazionale di Napoli? La cultura italiana vive a volte in una sindrome bipolare, tra piacionismo ed eccellenze. A questa confusione stanno provando a porre rimedio gli Stati Generali della Cultura che si concludono oggi a Torino. “E’ stata un’estate positiva. I turisti una volta trovavano chiuso, ora non accade più. A Ferragosto i musei erano aperti, e anche il Pantheon va benissimo: solo ad agosto abbiamo incassato oltre un milione, con 200mila visitatori” ha annunciato Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura, parlando di “anno eccezionale”. L’auspicio è proseguire in questa direzione anche pensando ad alcuni grandi eventi: l’anno prossimo il bicentenario del Museo Egizio di Torino, nel 2025 il Giubileo e nel 2026 gli ottocento anni dalla morte di San Francesco. Ma non mancano le incognite.
“La frammentazione porta a inerzia” spiega Ivan Drogo Inglese, Presidente Stati Generali del Patrimonio Italiano, sottolineando come “ciò che non è economicamente sostenibile è destinato all’incuria”. Ecco perchè il nostro patrimonio deve diventare come “un film o un romanzo, dove ogni scena è attrattiva” spiega ancora. Filippo La Rosa, Direzione Generale Promozione Culturale e Istituti Italiani di Cultura, pone un interrogativo ancora più ampio: “Dobbiamo interrogarci se siamo attrattivi. Dobbiamo andare oltre i soliti luoghi noti, serve un’attività profonda, chiediamoci quante persone tornano nei musei. Serve più pubblico e un approccio diverso, dobbiamo saperci adeguar al pubblico”. Parole condivise anche da Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino: “Abbiamo un grande patrimonio, ma quanto ci investiamo? Dobbiamo diventare un laboratorio, non basta il patrimonio. Dobbiamo raccontare anche agli italiani l’Italia, solo il 26% di loro va in un museo. Chiediamo agli studenti di partecipare, i musei siano la casa italiani, smettiamola con le deportazioni nei musei, portiamo studenti a imparare matematica nei musei, che le sale dei musei diventino classi dove apprendere. I musei non vanno aperti, ma forzati per portare studenti con programmi ad hoc”.
Insieme agli studenti secondo Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, va anche valorizzato il ruolo “degli italiani nel mondo che sono i nostri migliori ambasciatori” di un viaggio “multisensoriale, dalla vista alla musica, il gusto… sono modi di narrare il nostro Paese. E poi olfatto e tatto, guardando ai nostri paesaggi e parchi, penso anche alle grandi vie francigene”. Tutto questo per dare un sempre maggiore sviluppo socio-economico legato alla cultura. Sangiuliano cita tra le varie iniziative avviate il pagamento dei diritti d’immagine sui nostri beni, ma soprattutto la riforma dei musei: “Abbiamo aumentato i musei che lavorano in autonomia, che da 44 sono passati a 60. Così hanno maggiori risorse e capacità di spesa, e il direttore museo diventa manager” spiega il ministro. “Le cose stanno avvenendo, nei prossimi mesi apriremo il raddoppio di Brera, previsto a gennaio 2024, c’è poi il raddoppio degli Uffizi e del museo archeologico nazionale di Napoli. Sono cose concrete” spiega ancora Sangiuliano.
“Siamo superpotenza in campo culturale – conclude – siamo il prodotto di una lunga storia e dobbiamo essere all’altezza di questo lascito. Ecco perchè va promosso un nuovo immaginario del Paese, un soft power, affinchè nel mondo si sappia che qui ci sono cose che non si trovano altrove”. Parole su cui poi si sono alternati a parlare Maria Porro, Presidente Salone del Mobile e Charley Vezza, CEO di Italian Radical Design, Carlo Freccero, massmediologo, ex direttore di Rai 2, Giulio Base, Direttore artistico 42° Torino Film Festival, Nicola Campogrande, Mario Turetta, Segretario Generale Ministero della Cultura sugli investimenti privati, Alberto Anfossi, Segretario Generale Fondazione Compagnia di San Paolo, Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo, Direttore Gallerie d’Italia, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
– Foto: Agenzia Fotogramma –
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Vanvitelli, convegno di studi ad Ancona dal 7 al 9 settembre
ROMA (ITALPRESS) – E’ stato presentato questa mattina a Roma, nella sede del Ministero della Cultura, alla presenza del sottosegretario Vittorio Sgarbi, il Convegno internazionale di studi dedicato a Luigi Vanvitelli, in programma dal 7 al 9 settembre ad Ancona, alla Mole Vanvitelliana, luogo simbolo realizzato da questo indiscusso genio del Settecento che è stato architetto, ingegnere, scenografo. Luigi Vanvitelli è una figura fondamentale del panorama artistico e culturale del suo secolo ed ha lasciato un’impronta indelebile nei molteplici luoghi in cui ha operato. Per celebrare i 250 anni dalla morte e sancire la preziosa eredità e il ruolo di Maestro, la Regione Marche ha inteso sostenere questo Convegno internazionale di studi a cui parteciperà il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il sottosegretario della Cultura, Vittorio Sgarbi. L’evento rientra nel progetto ‘Luigi Vanvitelli, il Maestro e la sua eredità 1773-2023’, un programma di iniziative di rilievo nazionale e internazionale attivato dal Museo Reggia di Caserta in diversi territori, topici nella biografia personale e artistica di Luigi Vanvitelli.
Il programma vede coinvolti una pluralità di Istituzioni e soggetti pubblici e privati intenzionati a chiarire il valore dell’eredità di Luigi Vanvitelli e il suo ruolo di grande architetto e maestro, diffondendo capillarmente mostre, itinerari vanvitelliani, studi e ricerche, stimolando la partecipazione e la promozione delle attività del territorio.
Il Convegno Internazionale di Studi, rivolto a tutti gli studiosi, si fonda su una molteplicità di argomenti volti a ritrarre l’uomo, l’architetto, l’ingegnere, il musicologo, l’inventore, il padre, il religioso e ogni elemento che possa chiarire il valore e la trasversalità della sua eredità.
“Un convegno di grande spessore che amplia la visibilità del grande architetto autore della splendida Reggia di Caserta”. Così ha commentato l’iniziativa Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura Bellissimo. “Un convegno – ha specificato – che mette in evidenza la sua complessa personalità di architetto-ingegnere. Certamente in lui si sente l’influenza di un altro grande architetto classico come Palladio ma risuonano allo steso tempo anche echi barocchi. Quando osserviamo questa figura vediamo Palladio e vediamo Bernini, vediamo l’immagine di una Roma pontificia che Vanvitelli ha portato ad Ancona e nelle Marche. Un’Ancona che egli vede come una seconda Venezia per questa sua apertura sul mare. Un grande artista nazionale che culmina a Caserta con un’opera degna di Versailles. Vanvitelli è stato anche pittore e figlio di un grande pittore che ha posto a centro della sua opera la centralità di Roma e lui ha tradotto la pittura in architettura”.
Prima del sottosegretario Sgarbi, in apertura è intervenuta Tiziana Maffei, direttore generale Reggia di Caserta: “Il Museo Reggia di Caserta – ha detto – per rendere omaggio a Vanvitelli, in occasione dei 250 anni dalla morte, ha promosso nel 2023 le Celebrazioni Vanvitelliane che sono frutto di un articolato progetto su scala nazionale ed europea, elaborato per dare nuovo impulso alla conoscenza non solo del grande Maestro e delle sue opere ma anche della sua fortuna artistica. Luigi Vanvitelli è stato un architetto pontificio e reale che ha disseminato il suo genio su buona parte del territorio italiano. Merita, oggi più che mai, di essere riconosciuto soprattutto nella veste di grande professionista, capace di gestire più cantieri contemporaneamente e di generare una tendenza di stile attraverso i suoi allievi e collaboratori, che esportarono anche all’estero il suo linguaggio creativo. In questa prospettiva, il Convegno Internazionale di Studi rappresenta un’importante occasione per promuovere una maggiore conoscenza e tutela delle opere del Maestro, una rilettura delle fonti antiche, della letteratura artistica coeva e degli studi specialistici fioriti nel tempo sulla sua personalità ed eredità”.
“Questo convegno – ha dichiarato in video collegamento Chiara Biondi, assessore alla Cultura della Regione Marche – ha come presupposto il protocollo d’intesa siglato fra la Regione Marche e la Reggia di Caserta che prevede iniziative integrate come la realizzazione di attività di studio, la valorizzazione, promozione e sviluppo del territorio per la diffusione dell’opera del grande Maestro. Ci rivolgiamo senz’altro agli studiosi, con una specifica sezione ‘Giovani Ricercatorì, finalizzata a mappare gli studi attuali e le direttrici di ricerca su questa fondamentale figura del panorama artistico e culturale del Settecento che ha lasciato diverse tracce importanti nelle Marche tra cui spicca certamente la Mole. Le risultanze attese però non sono soltanto in ambito specialistico: approfondendo Vanvitelli impariamo anche un altro modo di raccontare il territorio, ad esempio attraverso itinerari possibili a tema Vanvitelli che potranno arricchire l’offerta della nostra regione. Grazie al poliedrico Vanvitelli e a una collaborazione proficua con la Reggia di Caserta possiamo riaffermare il ruolo che la cultura riveste nell’ideazione di nuove strategie per lo sviluppo e la crescita”.
Per la città di Ancona è doveroso onorare la memoria di Vanvitelli: “Luigi Vanvitelli – ha affermato Anna Maria Bertini, assessore alla Cultura del Comune di Ancona – è l’architetto dell’acqua che ridisegnò la città di Ancona verso il mare per legarla al porto, poichè Ancona è il suo porto: dal molo Nord, dove raddoppiò l’arco di Traiano con il ‘suò arco Clementino, al molo Sud dove realizzò un’isola pentagonale artificiale di 20.000 metri quadri, appunto la Mole. Una visione e un’opera che lasciano un segno architettonico e paesaggistico fortissimo nella città che si configura come vera ‘Porta d’orientè, prefigurando così quella rete di relazioni con l’altra sponda dell’Adriatico. Percorrendo la città antica, troviamo una ricca serie di opere che testimoniano la fervida attività dell’artista ad Ancona dove, per la prima volta ha utilizzato la conchiglia che è una sorta di firma del Vanvitelli. Le celebrazioni vanvitelliane, ispirate alla cooperazione interistituzionale, all’attivazione di processi di rete e alla diffusione di partenariati pubblico-privati, intrecciano sapientemente ricordi, emozioni, riflessioni promuovendo una rinnovata attenzione ai temi del nostro tempo coniugando l’esperienza del passato con l’insegnamento al presente per affrontare più responsabilmente il futuro”.
“Le Celebrazioni di Luigi Vanvitelli – ha affermato Daniela Tisi, dirigente Settore Beni e Attività culturali della Regione Marche – sono state inserite a pieno titolo nella programmazione regionale. La realizzazione ad Ancona del Convegno Internazionale di Studi rappresenta un evento di particolare rilievo, ricco negli interventi e dall’alto valore scientifico per i contributi pervenuti, che, oltre ad onorarci, costituisce un ottimo esempio di buone pratiche in quanto si è attivata una sinergia ed una collaborazione istituzionale tra il Ministero della Cultura, la Reggia di Caserta, il Comune di Ancona, il Museo Tattile Statale Omero, il Fondo Mole Vanvitelliana e numerosi enti ed associazioni del territorio”.
Il convegno sarà inaugurato giovedì 7 settembre alle ore 15.30 nell’Auditorium Tamburi della Mole Vanvitelliana, con i saluti istituzionali del sindaco di Ancona, Daniele Silvetti, dell’assessore regionale alla Cultura, Chiara Biondi, dell’assessore alla Cultura del Comune di Ancona, Anna Maria Bertini, del rettore UNIVPM, Gianluca Gregori, della soprintendente per le Provincie di Ancona e Pesaro e Urbino, Cecilia Carlorosi, e di Rossella Bellesi, componente del Comitato di direzione del Museo Tattile Statale Omero di Ancona.
L’apertura dei lavori, introdotti da Tiziana Maffei, è prevista alle ore 16.30. Quattro le sessioni tematiche: Poliedricità del Maestro tra formazione ed esperienze; Il professionista tra committenza e collaborazioni; La narrazione dell’opera Vanvitelliana; L’eredità: la diffusione del linguaggio vanvitelliano.
Venerdì 8 settembre alle ore 14.10, interverrà per i saluti istituzionali il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Chiuderanno il convegno, sabato 9 settembre alle ore 11,30, il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, e il sottosegretario della Cultura, Vittorio Sgarbi.
-foto ufficio stampa Regione Marche –
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