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Cresce la domanda mondiale di latte

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Sta crescendo la domanda mondiale di latte, con importazioni globali fra gennaio e dicembre 2019 nell’ordine del 3,7% su base tendenziale, trainate dall’Asia e dal Sud Est Asiatico (+6,7% rispetto ai 12 mesi precedenti) e con l’Africa, continente al centro della 114ª edizione di Fieragricola, in corso a Veronafiere fino a sabato 1 febbraio, che mostra una domanda in crescita del 4,7 per cento. I dati, affermano gli analisti di Clal.it, portale di riferimento per il settore lattiero caseario, è una premessa positiva per una sostanziale stabilità dei prezzi, almeno per il primo semestre del 2020. Uno scenario che dovrebbe rassicurare i produttori di latte e spingerli a investire non tanto in una maggiore produzione lattiera, quanto a migliorare gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, puntando anche sul benessere animale e sulla riduzione dei costi di produzione, senza intaccare la qualità. Elementi che incideranno sempre più spesso sia nell’approccio ai consumi che, di rimbalzo, nei prezzi riconosciuti agli allevatori. Il futuro, secondo il professor Giuseppe Pulina, professore ordinario di Zootecnica special all’Università di Sassari e relatore al convegno organizzato da Assalzoo con la rivista Allevatori Top, in programma a Fieragricola il 31 gennaio (ore 11, Sala A, Galleria 11/12), va verso la direzione di una più elevata produttività per capo.

«Una vacca che produce molti litri di latte è più sostenibile rispetto a una vacca che produce poco – spiega Pulina -. Se portassimo la produzione per singolo capo a 20mila litri all’anno, obiettivo alla portata, oggi saremmo al 25% di emissioni rispetto alle emissioni globali per i gas climalteranti rilevati nel 1990, saremmo a poco meno della metà per il fosforo e meno della metà per l’azoto». Le strategie per incrementare la resa delle bovine devono, per il professore, «essere inevitabilmente congiunte e passare da un approccio sistemico, prevedendo allo stesso tempo un miglioramento genetico, l’adozione di strumenti di agricoltura e zootecnia di precisione, aumentando il benessere animale e gli spazi in stalla». Si concretizza nel settore del latte la teoria dell’«effetto farfalla», secondo la quale il più piccolo movimento di una farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del mondo. Per il Team di Clal.it la prova sta nei numeri delle produzioni e dell’export in equivalente latte (ME, formula che comprende il latte liquido e condensato, le polveri di latte, il formaggio, lo yogurt). L’Oceania – spiegano a Fieragricola – produce appena il 5% dell’intera produzione mondiale in milk equivalent, eppure le sue esportazioni rappresentano il 31% di tutto il commercio internazionale di latte e derivati.

Ciò significa che l’andamento del mercato in Australia e Nuova Zelanda, alle prese con cali di produzione come conseguenza di calamità o cambiamenti climatici, incendi e siccità, esercita una certa influenza sul mercato globale. Così, se per la Nuova Zelanda la flessione produttiva è stata dello 0,43% fra giugno e dicembre 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’Australia sta facendo i conti con una fase di tensione, con una perdita stimata di almeno 70.000 bovine da latte e una domanda di foraggi di giorno in giorno sempre più assillante, dopo la profonda devastazione del fuoco. I prezzi del latte su scala mondiale, dunque, dovrebbero mantenersi sostenuti (o comunque in equilibrio, ma su un piano soddisfacente per gli allevatori), visto che su scala planetaria mancherebbero all’appello oltre 6 milioni di tonnellate di equivalente latte. Accelerare sulle produzioni significherebbe alterare una situazione positiva per i listini, con una domanda più elevata rispetto alla disponibilità di prodotti. La Cina è il primo Paese importatore di latte e derivati al mondo, con volumi ritirati in costante crescita. La Cina, principale Paese importatore nel settore lattiero caseario a livello planetario, anche nel mese di novembre ha segnato un’accelerazione dell’import di burro (+108% su base tendenziale), latte confezionato (+7%), polvere di latte intero (+55,8%), formaggio (+20 per cento).

Il deficit di carne suina provocato dall’impatto della peste suina africana, con la stima di non ritornare ai livelli produttivi pre-crisi prima del 2025, impone alla Cina di cercare altre fonti proteiche di origine animale. L’import nel settore lattiero caseario, pertanto, dovrebbe mantenersi su livelli sostenuti e crescenti, tenuto conto che il tasso di autoapprovvigionamento ha segnato una curva discendente fra il 2015 e il 2017 (ultimi dati disponibili). Resta da vedere che impatto avrà sulle rotte commerciali la questione sanitaria, ad oggi argomento caldo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I produttori di latte lombardi sono in attesa di rinnovo del contratto che, per l’importanza, di fatto rappresenta un punto di riferimento su base nazionale. La Lombardia, infatti, è la prima regione lattiera d’Italia con una produzione di 4.862.436 tonnellate (dato gennaio-novembre 2019, fonte: Clal.it) pari al 44% del totale nazionale. L’accordo che si raggiungerà nelle prossime settimane sarà influenzato anche dai trend mondiali. Anche in questo caso, le premesse fanno ipotizzare a una sostanziale tranquillità per i produttori, anche alla luce di produzioni ribassiste non soltanto in Italia (-0,3% fra gennaio e novembre 2019). Nell’Area Forum del padiglione 9 (ore 14:30), riflettori accesi sul 2° Milk Day, evento dedicato alla multifunzionalità nell’azienda agricola a indirizzo lattiero. Il focus, organizzato da Edagricole – Gruppo Tecniche Nuove, è incentrato sulla «Opportunità del caseificio aziendale: strutture, attrezzature, igiene, normative, possibili produzioni e mercato». Sabato 1 febbraio, alle ore 9:30 al Bovine Forum nel padiglione 9: B/Open Labs, organizzato da Ruminantia: «La carta dei valori dei produttori di latte europei tra sostenibilità sociale e sostenibilità ambientale». A seguire (ore 11:30) la Premiazione del 10° Concorso Agri Yogurt, organizzato dall’Accademia Italiana del Latte in collaborazione con FD Store e Bevilatte. Una soluzione multifunzionale di valorizzazione della materia prima che risulta premiante in chiave di redditività e di tradizione artigianale.

(ITALPRESS).

QUATTRO GIORNATE TRA SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE

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“Follow me” è stato lo slogan della 114^ edizione di Fieragricola a Verona: sostenibilità, economia circolare e innovazione tecnologica sono stati i punti cardine su cui si sono sviluppate le quattro giornate di esposizione. Affollatissima, come da tradizione, la giornata di chiusura, che ha portato il totale dei visitatori a 132mila, dei quali il 15% esteri; significativa tra i 900 espositori anche la presenza di moltissimi giovani. Del non facile ricambio generazionale nel primo settore ha parlato Francesco Mastrandrea, presidente nazionale dei Giovani di Confagricoltura: “C’è un problema di invecchiamento della popolazione e difficoltà relative all’accesso alla terra, al credito, la lentezza della burocrazia; inoltre i giovani faticano a entrare nelle aziende agricole soprattutto se non hanno un passato familiare nel settore. Noi lavoriamo per accorpare le piccole aziende per poter essere competitivi nel mercato internazionale. Facciamo un plauso al Governo per l’ultima legge di bilancio che ha dato strumenti importanti come il credito d’imposta per gli investimenti”. Un esempio di passaggio generazionale lo ha dato Simone Arnoldi, che con l’azienda fondata dal nonno, proseguita dal padre e oggi condotta con i fratelli, ha vinto il premio come miglior allevatore di bovine da latte, grazie all’innovazione tecnologica: “E’ una bella soddisfazione per noi che abbiamo lavorato al progetto e siamo tutti i giorni in stalla, un premio alla carriera anche per mio padre e che ci spinge a fare sempre meglio”. Al veterinario milanese Pietro Pizzagalli il riconoscimento nella categoria suini: “La mia professionalità mi ha consentito di sviluppare il tema del benessere animale e la riduzione degli antibiotici che oggi sono importanti per la competitività dei prodotti”. Nella categoria bovini da carne il premio è andato alla ravennate Laura Cenni per la difesa della razza romagnola: “Il nostro è un allevamento a ciclo chiuso con un centinaio di capi, seguiamo il processo dalla fecondazione fino alla consegna del prodotto finito, specialmente nel mercato italiano”. Dati positivi sono arrivati dal settore avicolo, l’unico zootecnico autosufficiente in Italia, che ha registrato una crescita di produzione e consumi.
Il professor Angelo Frascarelli, docente di Economia e Politiche Agrarie all’Università di Perugia, ha approfondito il tema del Green Deal, stretto tra ottime intenzioni e difficoltà di bilancio. “La scelta delle istituzioni comunitarie è in linea con quello che già i consumatori e i cittadini vogliono: economia sostenibile, cibi più sani, meno chimica e antibiotici. La nuova Pac sarà orientata in questa direzione e sicuramente avrà bisogno di nuove risorse economiche. I costi di produzione saliranno, ma con l’innovazione tecnologica saranno compensati”. Fieragricola torna fra due anni, quando la Brexit sarà del tutto effettiva e anche la Pac sarà nero su bianco.
(ITALPRESS).

FIERAGRICOLA CHIUDE CON 132 MILA VISITATORI

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Oltre 132 mila visitatori, dei quali il 15% esteri, 900 aziende da 20 nazioni su 67 mila metri quadrati espositivi netti, delegazioni commerciali da 30 Paesi, 800 capi di bestiame e 130 convegni tecnici in calendario. Sono i numeri con cui ha chiuso oggi la 114^ Fieragricola di Verona: il salone dedicato al settore agricolo, punto di riferimento nazionale ed europeo. Protagonista nelle quattro giornate di rassegna l’intera filiera legata all’agricoltura che ha richiamato visitatori da tutta Italia, con un sensibile aumento dal sud e dal nord ovest del Paese.

Dieci i padiglioni occupati, suddivisi tra meccanizzazione, zootecnia, mangimistica, colture specializzate, energie rinnovabili, agrofarmaci, fertilizzanti e sementi, con il potenziamento delle aree per avicoltura, allevamento dei suini e zootecnia da latte.

“L’edizione di quest’anno ha ribadito la validità del format traversale – dichiara Maurizio Danese, presidente di Veronafiere -. Merito anche dell’offerta sempre più completa, grazie a nuove importanti partnership di sistema con le associazioni di filiera, come quella avicola. Inoltre, Fieragricola si è confermata luogo di discussione internazionale dove affrontare le sfide che riguardano il futuro dell’agricoltura in Europa, sul fronte di innovazione, sostenibilità ed economia circolare”.

Il nuovo Green Deal europeo con le sue ricadute sul mondo agricolo e sulla Pac è stato infatti il tema portante di Fieragricola 2020, insieme ad un approfondimento sulle opportunità di sviluppo dell’agribusiness in Africa. Su questi argomenti si sono confrontati imprese, sindacati agricoli, associazioni e istituzioni. Un dibattito che ha visto la partecipazione della ministra alle Politiche agricole Teresa Bellanova e la ministra dell’Agricoltura della Croazia Marija Vuckovic che presiede il Consiglio dei ministri agricoli dell’Unione europea nel primo semestre 2020. Proprio la Croazia è stata il paese ospite di questa 114^ Fieragricola, che ha puntato sull’aumento dell’internazionalità.

“Quest’anno, Veronafiere ha investito molto sulle attività di incoming di buyer internazionali in collaborazione con Ice-Agenzia e Federunacoma, focalizzandosi sulla regione dell’Alpe-Adria, sui Balcani e su 17 stati africani – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere -. Accanto al ruolo più tradizionale di fiera dell’offerta, vogliamo infatti che Fieragricola si sviluppi sempre più come piattaforma per la domanda, rappresentata da operatori stranieri attentamente selezionati dai mercati target. Allo stesso tempo ci impegniamo per accompagnare all’estero le imprese italiane e infatti siamo già al lavoro su Fieragricola Marocco, in programma ad aprile al Siam di Meknés, dove debutterà anche la formazione per i professionisti locali con i corsi della Fieragricola Academy”.

A Fieragricola 2020, infine, l’internazionalità è andata in scena anche con gli eventi e i premi zootecnici, grazie al ritorno del Confronto europeo della razza Bruna e al 19^ Dairy Open Holstein Show. Fieragricola dà appuntamento alla prossima edizione nel 2022.
(ITALPRESS).

PER L’AGRICOLTURA SFIDA SU INNOVAZIONE E NUOVA PAC

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L’agricoltura cresce per valore e posti di lavoro, ma deve affrontare le sfide dell’innovazione e della stesura del nuovo Pac. Lo ha detto, nel corso della terza giornata di Fieragricola, il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe L’Abbate.

“Il Governo non poteva mancare a una fiera importante come questa. Fieragricola è stata capace di internazionalizzarsi ed è un grande momento di confronto per tutti gli operatori del settore per portare avanti la nostra agricoltura e farla crescere sempre di più. Dobbiamo superare molte criticità che attanagliano il primo settore ed essere bravi tutti, come sistema Paese, per redigere un progetto serio per rilanciare la nostra agricoltura. Il settore biologico è in crescita e ci crediamo perché può creare molto valore aggiunto. Abbiamo stanziato un fondo di 5 milioni in legge di bilancio e c’è un altro progetto di legge in corso di approvazione al Senato; per i giovani c’è il bando Ismea per il primo insediamento e il subentro in azienda”.

Il 2020 è l’anno internazionale dedicato alla salute delle piante e una folta partecipazione l’ha registrata il convegno sulla peronospora della vite, contro la quale si usano modelli previsionali matematici, tenendo conto che la rottura delle gemme negli ultimi 30 anni è arrivata già a metà marzo.

Le modifiche del clima, però, non sono seguite dalla medesima diffusione della malattia. Di produzione di latte a basso impatto ambientale si è parlato nell’incontro sulla vacca da 200 quintali di latte, circa il doppio del normale, come ha spiegato il professor Giuseppe Pulina, docente ordinario di zootecnia all’Università di Sassari: “Esistono anche allevamenti che arrivano a 15 mila litri; in questi ultimi anni abbiamo avuto importanti aumenti produttivi nella Frisona italiana e la qualità è inalterata, tanto che le due grandi Dop dei formaggi italiani sono prodotte con questo latte. L’impatto ambientale di questo tipo di animale è inferiore del 75% rispetto alle emissioni di gas alteranti registrate nel 1990. Gli allevatori italiani sono molto bravi, dato che queste vacche sono già presenti, ma hanno bisogno anche loro di studiare”.

A poche ore dalla Brexit, il ministro per i rapporti con il Parlamento e le Riforme, Federico d’Incà, lascia una porta aperta: “E’ una scelta della Gran Bretagna che personalmente non condivido, ma mi auguro che sia un arrivederci, un confronto da riaprire in futuro con le prossime generazioni, perché i problemi si affrontano in sede europea”. Sui temi in discussione a Fieragricola aggiunge: “I giovani che si avvicinano all’agricoltura vanno aiutati, perché al centro del Green Deal europeo da 50 miliardi c’è proprio la bioeconomia circolare”.

(ITALPRESS).

FIERAGRICOLA, IN DUE GIORNI 5 MILA STUDENTI

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Oltre cinquemila studenti hanno visitato nei primi due giorni Fieragricola. Per la gran parte di loro il sogno rimane l’azienda agricola, sempre più tecnologica e sostenibile. E Fieragricola, con la sua offerta trasversale ad alto tasso di innovazione, rappresenta, come dichiara il sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate, “una vetrina completa e 114 edizioni dimostrano un radicato attaccamento al territorio e internazionalità. Questo grazie a contenuti specifici, utili al mondo agricolo e ai giovani per rispondere alle sfide del futuro: cambiamenti climatici sempre più pressanti, biodiversità che si riduce, risorse per l’agricoltura via via più scarse”. In quest’ottica ieri a Fieragricola la presidente della Rete Nazionale degli Istituti di Agraria, Patrizia Marini, e il presidente dell’Unione nazionale contoterzisti agromeccanici (Uncai), Aproniano Tassinari, hanno stretto un accordo per presentare insieme ai vertici dei ministeri delle Politiche agricole e dell’Istruzione un progetto per il reinserimento della materia di meccanizzazione agricola nelle classi degli istituti di agraria di tutta Italia. “Di anno in anno – ha spiegato Tassinari – i mezzi agricoli crescono in complessità, che deve essere insegnata in tempo affinché non diventi poi una montagna troppo alta da scalare”. L’appello per una nuova formazione più rispondente alle esigenze del mondo del lavoro arriva anche da Roberto Rinaldin, presidente di Unacma (Unione nazionale commercianti di macchine agricole). L’associazione a Fieragricola ha incontrato diversi studenti nell’ambito dell’iniziativa “Mech@agri jobs”, workshop rivolto agli studenti di istituti tecnici e agrari, realizzato in collaborazione con FederUnacoma e Cai. “Abbiamo sempre più bisogno di venditori di macchine agricole, tecnici specializzati nel post vendita e tecnici specializzati per assistenza, fornitura, installazione e training legati ai dispositivi dell’agricoltura 4.0”, è l’urgenza di Rinaldin, che sollecita nuovi approcci formativi già a partire dalla scuola. Il tema dell’avvicendamento in agricoltura è complesso. Se, infatti, sono previsti incentivi per i primi insediamenti dei giovani, il ricambio generazionale non è sempre agevole. “Per i giovani imprenditori agromeccanici non sono previsti incentivi o misure specifiche per l’ingresso in azienda – dichiara Gianni Dalla Bernardina, presidente della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai) -. Questo rappresenta un problema per il sistema agricolo, in quanto le nostre realtà sono fortemente capitalizzate e necessitano di investimenti ingenti per restare al passo con le nuove tecnologie, ma senza provvedimenti di sostegno in direzione dell’agricoltura digitale e delle innovazioni sostenibili, viene a mancare la spinta agli investimenti”. Alcuni aspetti accomunano i giovani agricoltori di tutta Europa. Lo riassume efficacemente l’allevatore belga Jannes Maes, produttore di latte e presidente del Ceja, il Consiglio europeo dei Giovani Agricoltori, che associa 32 organizzazioni di giovani imprenditori agricoli in 32 Paesi. “Le sfide specifiche che i giovani agricoltori nell’Ue affrontano sono l’accesso alla terra, l’accesso al credito e l’accesso alla conoscenza. Tuttavia, ci sono altre questioni che i giovani agricoltori devono affrontare, tra cui i cambiamenti climatici, le pratiche commerciali sleali e la volatilità del mercato. La futura Pac può aiutare i giovani agricoltori a superare questi ostacoli, se è veramente all’altezza delle sue ambizioni e sarà in grado di sostenere il rinnovamento generazionale in agricoltura”.
(ITALPRESS).

BREXIT, LA MECCANICA AGRICOLA RIFLETTE SUL FUTURO

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«Con la Brexit prevedo per il 2020 un mercato stabile, con un primo trimestre tranquillo e un maggiore entusiasmo nel secondo semestre; nel 2021 ipotizzo che proseguiranno i negoziati per definire le regole fra Regno Unito e Unione europea, mentre dal 2022, in caso di tagli dei contributi all’agricoltura, ci saranno problematiche di mercato sulle macchine agricole». Lo dice alla 114ª edizione di Fieragricola Alessandro Malavolti, il presidente di FederUnacoma, l’associazione dei costruttori di macchine agricole aderente a Confindustria, alla vigilia della Brexit. Da domani il Regno Unito sarà formalmente fuori dall’Unione europea, ma cosa succederà non è ancora chiaro. L’Italia ha tutto l’interesse all’approvazione di un’area di libero scambio, senza dazi, dal momento che «le esportazioni italiane ammontano a 23,5 miliardi e l’attivo commerciale per il nostro Paese ammonta a 12 miliardi di euro», ricorda Fortunato Celi Zullo, direttore del «Brexit Help desk» di Ice-Agenzia, con sede a Londra, per assistere le imprese italiane ([email protected]). Solo nell’agroalimentare l’export tricolore nel 2019 ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro.
«Ci sarà un periodo di transizione fino al 31 dicembre, ma formalmente da domani il Regno Unito è un paese terzo – spiega Celi Zullo -. La volontà del Regno Unito è quella di raggiungere un accordo di libero scambio, ma è chiaro che la posizione deve essere condivisa». Il tema lambisce anche Fieragricola, manifestazione internazionale trasversale, in corso a Veronafiere fino a domani, con 10 padiglioni occupati e aree espositive dedicate alla meccanica agricola, zootecnia, vigneto e frutteto, colture specializzate, energie da fonti rinnovabili, attività forestale, agrofarmaci, fertilizzanti e sementi, multifunzionalità dell’impresa agricola, gestione del verde, servizi per l’agricoltura, aree dinamiche per le prove dal vivo di macchine, mezzi agricoli, mezzi telescopici. «Le modalità e i tempi che hanno portato alla Brexit sono stati turbolenti, per cui prevedo un perdurare una situazione di incertezza, che dovrà far fronte anche a tensioni interne che sta vivendo il Regno Unito – afferma Antonio Salvaterra, direttore marketing del gruppo Argo Tractors (Landini, McCormick, Valpadana) -. Fino al 2007 avevamo uno stabilimento nel Regno Unito. Oggi, invece, ci affidiamo a un importatore e attendiamo di capire quali regole verranno applicate ai nostri prodotti e servizi».
Antenne sollevate anche per il gruppo Antonio Carraro di Campodarsego, leader nel segmento dei trattori specializzati per vigneto e frutteto. «I nostri importatori non sono in grado di prevedere quali saranno le ripercussioni – commenta Liliana Carraro, responsabile relazioni esterne dell’azienda -. Prevediamo tuttavia un incremento di burocrazia, ma attualmente è per noi un mercato in crescita per effetto dei cambiamenti climatici, che stanno portando a un aumento delle superfici a vigneto e coltivazioni come i frutti di bosco, con conseguente richiesta di macchine ad alta tecnologia». Un aspetto che potrebbe complicare la vita dei costruttori di macchine agricole riguarda la Mother Regulation, i regolamenti comunitari sulla omologazione stradale e ai fini della sicurezza di alcune tipologie di macchine agricole (trattori, macchine trainate, inclusi i rimorchi). Lo evidenzia Roberto Guidotti, responsabile tecnico di Cai (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani): «La Gran Bretagna, con l’uscita dall’Unione europea dovrà decidere se tutti gli atti emanati da Bruxelles perdono di valore. Il rischio è che, qualora il Regno Unito dovesse non riconoscere la validità degli atti legislativi comunitari, si blocchi temporaneamente il mercato, perché le macchine omologate da Ue non avrebbero più una omologazione valida nel Regno Unito. Se invece il ministero delegato ai trasporti dovesse adottare un regolamento ponte, in attesa di definire regole specifiche per l’omologazione nel Regno Unito, i costruttori si ritroverebbero un carico maggiore da sostenere in termini di procedure e burocrazia, con aggravio di costi. Non dimentichiamo che per i trattori agricoli l’omologazione è obbligatoria».
(ITALPRESS).

A FIERAGRICOLA PREMIATO IL CONTOTERZISTA DELL’ANNO

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La seconda giornata di Fieragricola a Verona ha avuto tra i momenti più partecipati la premiazione del “Contoterzista dell’anno” 2019, promosso da Edagricole in collaborazione con la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori, presieduta da Gianni Dalla Bernardina. «L’obiettivo di questo premio è sollecitare la base ad investire in professionalità e tecnologia. È un riconoscimento molto ambito che crea anche competizione e deve essere seguito anche dai costruttori delle attrezzature meccaniche: premiamo aziende che sono un valore aggiunto per tutto il settore, perché l’agromeccanico fa quasi il 70% del lavoro. Il contoterzista deve tenersi aggiornato, continuare a investire sulla propria professionalità e fare da consulente per le aziende», ha detto Dalla Bernardina. I riconoscimenti sono andati ai fratelli Pelagatti di Noceto (diversificazione), a Giulia Carretti di S. Martino in Rio (donne), all’astigiano Luca Arrobio (giovani), al veronese Daniele Cordioli (filiera), al marchigiano Ivaldo Argentati (innovazione) e al bergamasco Enrico Agliardi (precisione).

In mattinata sono stati presentati i dati dell’annata agricola in Veneto. Alberto Negro, commissario straordinario di Veneto Agricoltura, definisce il 2019 un “annus horribilis”: «L’anno scorso, a causa del meteo e di alcune situazioni particolari, come la proliferazione della cimice asiatica, ha registrato un calo importante nella produzione agricola in Veneto. In sofferenza è il settore delle colture legnose, specialmente le coltivazioni di frutta nel veronese, poi l’orticoltura che per il 70% è in produzione in campo aperto». Qualche segno positivo arriva da viticoltura, mais, patate e fragole. Alessandra Liviero, coordinatrice del gruppo di lavoro spiega che al punto di vista commerciale settore sembra tenere: il dato nazionale è +3,5% e ci sono anche meno importazioni di prodotti, segno che la bilancia si sta riequilibrando e stiamo diventando sempre più autonomi per la produzione agricola. Ci sono però prodotti come la pera, il kiwi e la mela che hanno perso, in produzione e resa, rispettivamente il 60%, 30% e il 20% rispetto al 2018».

Nel settore zootecnico il convegno “The milk day” ha proposto alcuni possibili sviluppi per la filiera del latte, come spiega il giornalista Giorgio Setti: «In genere quando parliamo di trasformazione del latte pensiamo ai grossi caseifici che producono ad esempio il grana padano o il parmigiano reggiano; invece esistono anche i mini-caseifici, quelli che ogni allevatore di bovine può installare nella propria azienda, per fare vendita diretta. Non abbiamo numeri precisi, ma sono esperienze interessanti perché costituiscono un’integrazione del reddito per l’imprenditore zootecnico». Nel corso del convegno sono stati presentati i dati sulla qualità del latte da utilizzare, toccando anche gli aspetti progettuali e impiantistici.

(ITALPRESS).

RIFLETTORI PUNTATI SUL SETTORE OLIVICOLO

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Si è tenuta a Fieragricola, alla presenza della ministra Teresa Bellanova, una conferenza stampa di lancio della campagna di promozione relativa al settore olivicolo oleario promossa dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Presso lo stand istituzionale, che quest’anno il ministero ha voluto vestire con i colori dell’olio per richiamare l’attenzione su un settore che attraversa una fase di particolare criticità, si è parlato dell’importanza dell’olio come prodotto simbolo della dieta mediterranea, della necessità di promuoverne un consumo più informato e consapevole, dei problemi che affliggono il settore e delle soluzioni messe in campo da questo Governo. “Credo – ha affermato Bellanova – che la sfida più grande che abbiamo davanti sia quella del valore. Abbiamo convinto i consumatori a spendere 10 euro e più per una bottiglia di vino che dura un pasto, non riusciamo a convincerli a spenderne 8 per una bottiglia di olio che dura 3 o 4 settimane. Abbiamo più di 500 cultivar, un patrimonio di biodiversità che non ha eguali, ma che se non sfruttiamo diventa un peso. È qui che prima di tutto dobbiamo lavorare. L’alleanza con il consumatore è strategica. Lo abbiamo abituato a vedere sempre l’olio in offerta. Svilendo spesso il prodotto. Non sto dicendo che il prezzo debba essere inaccessibile, sto dicendo però che così la filiera non regge. Abbiamo chiesto alla grande distribuzione di fare un’azione con noi e anche nella ristorazione serve più cultura dell’olio, dall’offerta al cliente al suo utilizzo in cucina. Dal punto di vista degli investimenti stiamo sostenendo i contratti di filiera nell’olio, con 30 milioni, ed è stato avviato il percorso per la Commissione unica nazionale di settore, per dare trasparenza nella formazione del prezzo indicativo”, ha aggiunto. Con l’occasione sono state anche presentate le finalità e le azioni previste dalla campagna informativa e di comunicazione “Olio su Tavola – i capolavori dell’extravergine” per la cui realizzazione Il Ministero si è affidato all’Ismea. La campagna muove le mosse da alcune evidenze, raccolte nell’arco di un decennio dall’Ismea attraverso indagini demoscopiche, interviste in profondità e attività di mistery shopping nei punti vendita, che attestano un livello di conoscenza dell’olio, da parte del consumatore, ancora piuttosto scarso ma, nel contempo, indicano anche la voglia di saperne di più. È mediamente aumentata infatti, negli ultimi dieci anni, la curiosità rispetto a questo alimento, come dimostra il numero dei clienti che indugia davanti allo scaffale dai 2 ai 5 minuti, passato dal 34% nel 2007, al 59% nel 2017. Eppure sottolinea l’Ismea, in assenza di elementi e motivazioni forti su cui imperniare il processo decisionale, l’atto di acquisto si lascia spesso guidare dalla sola componente del prezzo. Emerge poi dalle indagini un’abitudine a un gusto piatto, che spinge, erroneamente, a giudicare in modo negativo le tipologie di olio amare e piccanti, oltre a una serie di errate convinzioni sul rapporto tra colore e qualità. L’origine del prodotto e la tracciabilità (dalle olive alla bottiglia), si rivela un tema particolarmente sensibile per gli italiani: quasi l’80% degli intervistati vi presta attenzione al momento dell’acquisto e 9 consumatori su 10 giudicano l’olio della propria regione, o comunque nazionale, di qualità superiore.
(ITALPRESS).

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