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Infezioni sessualmente trasmesse, per i giovani occorre parlarne di più

PALERMO (ITALPRESS) – Sifilide, gonorrea, papilloma virus, epatiti virali, HIV. Le infezioni sessualmente trasmissibili sono diverse e sono causate da germi che possono provocare sia una malattia acuta che cronica. Rischiano di dare anche gravi complicanze a lungo termine e persino i tumori. La fascia più esposta è quella dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni. “Si trasmettono per via sessuale, qualunque tipo di rapporto sessuale, per il contatto con i liquidi organici infetti”, ha spiegato Pietro Colletti, direttore Unità Malattie Infettive dell’Ospedale Borsellino di Marsala che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato ai giovani e alle infezioni sessualmente trasmissibili. “Tali infezioni – ha continuato – possono essere trasmesse anche attraverso il sangue o altri liquidi biologici, per passaggio dalla madre al nascituro durante la gravidanza, il parto o l’allattamento e con pratiche quali i piercing”.
Quanto ne sanno i giovani? “Veramente poco – afferma una ragazza intervistata – perchè a scuola non è un tema trattato. La mia istruzione non è completa su questo”.
Uso corretto del preservativo, tanta informazione nelle scuole, dialogo in famiglia: la prevenzione è spesso più importante della cura.
Bisogna “parlarne nelle scuole, già dalle medie – sottolinea una giovane -, per aprire i ragazzi e le ragazze a questo mondo, per far capire loro i rischi e riuscire a spiegare che esistono modi per prevenire”.
“Nonostante si tratti di un tabù per molti – spiega un’altra giovane -, specialmente per gli adulti, in realtà” parlarne “è una cosa che fa comodo e fa cultura”.
Un ragazzo propone, quindi, di parlarne “nelle ore pomeridiane con progetti o impiegare ore di biologia o scienze all’educazione sessuale. Il dialogo in famiglia può aiutare. Serve soprattutto – aggiunge – consapevolezza e maturità nell’affrontare la sessualità che da molti purtroppo è vista come un tabù”.
Nonostante una larga diffusione nella popolazione, si parla ancora poco dell’infezione da Papilloma virus ma per l’Hpv, che nelle sue forme più gravi può causare anche neoplasie, c’è una soluzione: la vaccinazione a partire dagli 11-12 anni.
“E’ offerta – ha spiegato Davide Alaimo, ginecologo all’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo – dal sistema sanitario nazionale gratuitamente però poche persone conoscono questa possibilità. Adesso ci siamo allontanati tanto dalla vaccinazione perchè si ha paura delle vaccinazioni ma quella dell’Hpv in paesi come Finlandia, Svezia e Norvegia ha portato a una copertura massima delle vaccinazioni tanto che – ha concluso – potrebbero fare a meno del Pap test come screening perchè si considera ormai quasi debellato”.

– foto Italpress –
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Donazione di sangue, la Sicilia cresce ma all’appello mancano i giovani

PALERMO (ITALPRESS) – Donare il sangue fa bene anche a chi lo fa. E’ un gesto che salva la vita e aiuta a prendersi cura di sè perchè consente di tenere sotto controllo la propria salute. In Sicilia la raccolta registra un trend positivo, manca poco per raggiungere il traguardo dell’autosufficienza. Per farlo occorre, però, convincere i giovani a donare. Donare è “un supporto per la sopravvivenza” e per chi dona “è fondamentale perchè vengono controllate gratuitamente tutte le sue condizioni di salute attraverso esami clinici che vengono svolti sulla singola donazione del sangue”, ha spiegato Gigi Scalzo, direttore Centro sangue e trasfusioni, assessorato della Regione Siciliana, che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato al tema della donazione del sangue.
Per Scalzo “il problema è mondiale: mancano le nuove generazioni”. “Su analisi svolte negli ultimi dieci anni – ha aggiunto – stiamo riscontrando in Italia che le fasce d’età dai 18 ai 45 anni sono in netto calo e sono quasi assenti coloro che rientrano nella fascia 18-25 anni”.
I giovani sono consapevoli dell’importanza della donazione del sangue e ammettono che ci sono tanti ragazzi che potrebbero donare ma non lo fanno. Tra i motivi c’è anche qualche timore.
“Credo che sia un bel gesto – ha affermato una giovane -, non tutti lo fanno, soprattutto i giovani”. Donare è utile “per tenere sotto controllo i propri stili di vita e perchè ci sono tante persone che ne hanno bisogno”, ha aggiunto un’altra ragazza. “Si salvano vite e il sangue serve”, ha sottolineato una giovane mentre un’altra ha affermato: “Noi donne a quest’età possiamo donare due volte l’anno quindi quando posso cerco di fare entrambe le donazioni”.
Perchè molti giovani non donano? “Credo per la paura degli aghi”, ha risposto una ragazza. “C’è chi è spaventato dagli aghi e non riesce proprio a vederli – ha precisato un giovane – o chi non vuole donare perchè ha il sangue contaminato da altre sostanze”.
La donazione, infatti, “comporta una scelta da parte di chi dona perchè – ha spiegato il direttore del Centro sangue e trasfusioni, Gigi Scalzo – il sangue per essere trasfuso deve essere pulito, non ci devono essere tracce di alcol e droghe”.
I giovani vogliono comunque saperne di più. Bisogna “principalmente informare, però non via social”, ha affermato un ragazzo, chiedendo anche incontri dedicati all’università.
In questo senso, un ruolo importante per la promozione della donazione è svolto dalle associazioni. Per Aurelio Maggio, direttore del reparto ematologia dell’Ospedale Cervello di Palermo, “le associazioni di volontariato svolgono un ruolo cruciale nella raccolta del sangue. L’85% della raccolta – ha continuato Maggio – avviene tramite le associazioni perchè esiste una normativa nazionale e regionale che dà loro questo compito. Le associazioni devono essere intese come partner principale e cruciale per la promozione della donazione del sangue”.
Il trend delle donazioni è positivo ma non è stato ancora raggiunto il traguardo dell’autosufficienza. “Per poter essere autosufficienti – ha sottolineato Scalzo – abbiamo bisogno di altre 40 mila donazioni di plasma. La raccomandazione è questa: per Natale doniamo plasma”.

– foto da video Italpress –
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Cresce il consumo di crack, effetti “drammatici” sui giovani

PALERMO (ITALPRESS) – In passato poco conosciuto, oggi il consumo di crack è sempre più diffuso, soprattutto tra i giovani. Ricavata tramite processi chimici dalla cocaina, la sostanza viene assunta inalando il fumo. Costa poco, appena 5 euro a dose, ma è pericolosissima: crea dipendenza, aggressività e alienazione. Ne abbiamo parlato con esperti e giovani.  “Non conosco gli effetti che ha sull’organismo – racconta un ragazzo – perché sfortunatamente è una lacuna delle scuole superiori, quindi non fanno informazione riguardo alle sostanze stupefacenti”. Gli fa eco un altro coetaneo: “Non conosco bene questa sostanza e non conosco persone che ne fanno uso. Sicuramente so che è una pericolosa”. “Dovrebbe avere più o meno effetti allucinogeni – spiega invece una studentessa universitaria -, quindi che creano lo sballo, però chiaramente ci possono essere anche effetti collaterali molto gravi”.  A spiegare come il crack agisce  sull’organismo umano è Giampaolo Spinnato direttore Uoc dipendenze Asp Palermo: “Ha un effetto un po’ più forte, un po’ più rapido, ma che svanisce molto presto rispetto alla cocaina. L’effetto del crack dura molto poco e questo facilita l’innescarsi di fenomeni di dipendenza, per cui chi fa uso di crack facilmente finisce con rimanerne intrappolato – sottolinea -. Tutte le sostanze stimolanti tendono a peggiorare le condizioni psicopatologiche, soprattutto in molti soggetti e soprattutto in certi giovani e, quindi, la diffusione del crack aumenta l’emergenza di problematiche di natura psicologica e psicopatologica”.“Avendo avuto in passato un’amica che ne faceva uso – dice un’altra ragazza – ho visto gli effetti della droga su di lei e posso dire che le hanno rovinato la vita sotto tutti i punti di vista, ha persino lasciato la scuola durante la seconda superiore. La sua mente ormai non collegava più niente, a malapena ricordava come si chiamavano i suoi genitori”. “Sono amicizie che sono stato costretto anche ad allontanare, non ci stavano più con la testa” ammette un altro coetaneo. Effetti confermati dalla dottoressa Francesca Picone, direttore Uoc modulo 9 dipendenze patologiche Asp Palermo:  “Gli aspetti che riguardano la sfera della psiche sono troppo drammatici, perché hanno a che fare con un discontrollo degli impulsi – evidenzia -. Nel vissuto del consumatore di crack  c’è l’incapacità di mantenere la coscienza critica di sé. Si va fuori controllo senza neanche minimante per rendersene conto”, conclude.

– Foto: Italpress –

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Una corretta alimentazione è fondamentale, i giovani ne sono consapevoli

PALERMO (ITALPRESS) – La scienza non ha dubbi, una corretta alimentazione associata a una costante pratica sportiva rimuove i fattori di rischio che potrebbero portare in età adulta al cronicizzarsi di patologie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche. I principi della dieta mediterranea sono importanti, specie nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.
“Abbiamo predisposto un volume basato sulle ricette della tradizione dei paesi mediterranei per far capire ai ragazzi com’è possibile avere un’alimentazione sana per fare attività sportiva”, ha spiegato Elena Alonzo, direttore del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) del Dipartimento di Prevenzione dell’Asp di Catania, che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato all’alimentazione dei giovani e alla dieta mediterranea. Un’alimentazione, quindi, basata “sulla necessità – ha evidenziato Alonzo – di poter assumere quel carico di nutrienti necessari e che non preveda il bisogno di ricorrere a integratori perchè è sufficiente capire come alimentarsi con i nostri prodotti, con le ricette della nostra terra, per poter avere ottimi risultati anche nelle prestazioni sportive”.
“Una corretta alimentazione è molto importante – ha spiegato una giovane -, però se anche accompagnata da sport e una vita un pò più sana, quindi hobby, tempo libero”. Un altro ragazzo ha affermato di seguire la dieta mediterranea “tendenzialmente però – ha aggiunto – sempre mantenendomi su frutta, verdura e carne”.
“Provo tutto ma poco, in piccole quantità”, ha sottolineato un giovane. “Penso che comunque – ha aggiunto – bisogna non farsi mancare nulla nella propria alimentazione ma senza eccedere”.
“Investire in una sana e corretta alimentazione – ha spiegato Salvatore Requirez, direttore del Dipartimento Sanità della Regione Siciliana – rimuovendo quelli che sono ormai da decenni riconosciuti come fattori di rischio predisponenti a determinate patologie, prima di tutto la pandemia dell’obesità infantile che purtroppo segna negativamente anche la Sicilia, significa investire in dinamiche che permettano l’utilizzo di risorse del sistema sanitario pubblico con migliore destinazione”.
Secondo una giovane, “è importante seguire una sana alimentazione cercando di mangiare il più sano possibile” ma ci sono ancora “un bel pò di persone che soffrono di disturbi alimentari”. “Ne soffre – ha detto un’altra ragazza – sempre un numero maggiore di persone, non soltanto ragazzi ma anche adulti. Si esce con un lungo lavoro su di sè, sicuramente facendosi aiutare da professionisti, perchè chiedere aiuto è il primo passo, e senza cercare scorciatoie con l’allenamento o con diete troppo rigide. Devi imparare ad amare te stessa – ha concluso – e ad andare oltre quello che è il cambiamento fisico, che inevitabilmente c’è una volta che si inizia a guarire”.

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Incidenti stradali, i giovani al centro delle strategie di prevenzione

PALERMO (ITALPRESS) – L’importanza della prevenzione per ridurre gli incidenti stradali è stata al centro di un convegno che si è svolto a Villa Magnisi, a Palermo. Un’iniziativa promossa dagli assessorati alle Infrastrutture e Mobilità, alla Salute e all’Istruzione della Regione Siciliana. Statistiche drammatiche e in peggioramento dimostrano che in Italia gli incidenti stradali costituiscono una delle prime cause di morte. Un’emergenza sia per l’impatto sulla salute delle persone coinvolte, sia per le conseguenze economiche. Nel 2022 sono stati segnalati 1.362 incidenti mortali con un totale di 1.489 decessi, in aumento rispettivamente del 7,8% e dell’11,1% rispetto al 2021: è quanto comunicato dalla Polizia Stradale, Specialità della Polizia di Stato, sulla base delle analisi sulle attività svolte lo scorso anno. L’elevato numero di morti o di invalidità permanenti o temporanee che ne derivano riguarda principalmente la fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 44 anni di età, ed è soprattutto sulla fascia giovanile che si è dibattuto, alla luce anche degli ultimi tragici eventi.
“C’è da fare parecchio. Poco meno di 10 anni fa l’assessorato aveva già promosso un programma attraverso un vero e proprio decreto di educazione stradale intensa come prevenzione primaria degli incidenti. Sono diversi i fattori rischio, come quelli della circolazione nelle strade urbane ed extraurbane, la segnaletica stradale mal concepita, infrastrutture carenti, e soprattutto l’abuso di sostanze psicotrope che alterano le gestione dei riflessi, lo stato di coscienza, la consapevole percezione che quando si guida un mezzo in strada si mette a repentaglio la salute di tutti, in primis i pedoni che costituiscono l’indice statistico più disgraziatamente colpito da questi fenomeni. La regione si sta impegnando. E’ importante riferirsi a modelli omogenei, senza dare spazio a libere interpretazioni perchè la componente individuale dell’approccio alla guida è assolutamente determinante nella costituzione di eventi pericolosi”, ha dichiarato Salvatore Requirez, dirigente generale del DASOE (Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico) dell’assessorato regionale alla Salute.
“L’incontro è una condivisa riflessione su quello che deve fare la regione anche sul profilo della sanità. Serve uniformare gli interventi attraverso la collaborazione interistituzionale per far sì che il numero dei sinistri non riprenda a salire e raggiungere i livelli della fase pre pandemica – aggiunge Requirez -. E quindi misure severe, maggiore rigore nei controlli, nella concessione delle patenti, revisione sotto il profilo medico, clinico e sanitario dell’abilità a condurre i mezzi, e poi un grande lavoro di preparazione che deve cominciare dai più teneri anni di età. A livello scolastico esistono dei programmi, corsi preparatori all’esame della guida per il conseguimento della patente B che in alcune regioni hanno dato risultati straordinari. Preparare consapevolmente la coscienza dei futuri automobilisti credo sia alla base di qualsiasi strategia per contenere questo triste fenomeno”.
Secondo fonti ACI, nel 2022 i conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 415.995, di cui 13.448 sanzionati per guida in stato di ebbrezza alcolica,(12.273 uomini, 1.175 donne) mentre quelli denunciati per guida sotto effetto di sostanze sono stati 1.181. Insieme ad alcool e stupefacenti, anche la stanchezza è letale, così come la distrazione derivante dall’uso smodato dello smartphone al volante. L’Unione Europea, nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, nel Goal 3.6, fissa l’obiettivo di dimezzare, entro il 2030, il numero di decessi a livello mondiale e delle lesioni da incidenti stradali. Nel quadro 2021-2030 per la Sicurezza Stradale, I’UE ha confermato lobiettivo di avvicinarsi all’azzeramento del numero delle vittime entro il 2050, “Vision Zero”.
Nell’aula magna della sede dell’Ordine dei Medici di Palermo, docenti, sociologi e altre autorevoli personalità si sono confrontati su un tema più che mai attuale, sottolineando l’importanza di attività di sensibilizzazione e informative che educano alla responsabilità, politiche di mobilità sostenibile partecipata, con il coinvolgimento di tutti gli operatori del territorio.
“Una volta si assisteva agli incidenti del sabato sera, di neopatentati inesperti che correvano sotto effetto di droghe o alcool andando incontro a destini fatali. Oggi invece è una ricorrenza quasi quotidiana di episodi di questo genere, non sempre mortali, in ambito cittadino. Ciò significa che c’è una disattenzione quasi totale dell’utente della strada, tra automobilisti e pedoni, che concorrono molto spesso alla realizzazione di un determinato evento – dichiara il procuratore Aggiunto Ennio Petrigni -. In Sicilia le statistiche sono meno pessimiste anche se ci sono situazioni per le quali molto spesso, nonostante il sinistro, si decide di non denunciare, optando piuttosto per una transazione tra le parti. Abbiamo un codice della strada che è tra i migliori esistenti in Europa, così come un codice penale che assiste le vittime della strada, un codice civile che li assiste in un secondo momento in termini di ristoro. Lo Stato mette tutta la sua attenzione possibile, ma non basta. La prevenzione va fatta a livello microscopico e i genitori possono insegnare ai figli ancora minorenni la buona educazione, il rispetto dei diritti degli altri, soprattutto il diritto alla vita”.
Responsabilità e consapevolezza sono dunque punti chiave del convegno. E’ fondamentale adottare una serie di comportamenti da attuare per ridurre al minimo le possibilità di causare o incorrere in incidenti quando ci si mette alla guida di un qualsiasi veicolo, dalle auto alle moto, passando per le biciclette e i monopattini, fino ad arrivare ai mezzi di trasporto commerciali.
L’evento si è concluso con una Tavola Rotonda alla quale ha preso parte tra gli altri il direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza Arnas Civico di Palermo, Massimo Geraci. “Quello degli incidenti stradali è un tema che ci investe pienamente, sia in termini di quantità degli accessi sia in termini di complessità rispetto al trattamento di eventuali traumi gravi – dichiara Geraci – Registriamo negli ultimi anni un deciso incremento di casi soprattutto nella fascia giovanile, vittime di incidenti stradali, e che a livello mondiale rappresentano la prima causa di morte. Assistiamo a un aumento di accessi a seguito dei sinistri anche da parte della nuova generazione di bicicli elettrici, soprattutto monopattini, frutto a volte di imprudenza e inesperienza. Sono casi ai quali serve dare la priorità assoluta e tutto questo porta a un enorme flusso di lavoro, nonchè a un problema poi di gestione dell’urgenza percepita. Le aree di emergenza sono inoltre coinvolte per quel che riguarda gli aspetti giuridico amministrativi, quindi l’eventuale accertamento di tossicologia forense, la conferma di stati di alterazione al momento dell’incidente. Qui non si tratta unicamente di prevenzione. Penso che bisognerebbe dare spazio anche a interventi mirati a intercettare situazioni relazionali e socioculturali complesse. La guida sotto effetto di stupefacenti può voler essere il desiderio di andare oltre i propri limiti, ma al contempo un richiamo di attenzioni, segno di un disagio giovanile”.

– foto xm3/Italpress –

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Sempre più adolescenti vivono da “gender fluid”

ROMA (ITALPRESS) – Sempre più adolescenti, dicono ricerche recenti, vivono da “gender fluid”, una condizione che riguarda la percezione di sè e non ha nulla a che fare con l’orientamento sessuale. “L’orientamento sessuale ha a che fare con ‘chi mi piacè mentre l’identità di genere ha a che fare con ‘chi sono iò”, ha spiegato Roberta Taverna, psicologa e psicoterapeuta, che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato ai giovani e alla sessualità.
“Sono due aspetti – ha continuato parlando di orientamento sessuale e identità di genere – che si intersecano tra loro ma non sono la stessa cosa. Chiaramente c’è la tendenza a pensare che i gender fluid possano avere molte più esperienze dal punto di vista sessuale ma non è detto che sia così perchè i gender fluid identificano più una fascia d’età legata all’adolescenza, quindi una fase di passaggio in cui non è chiara ancora la propria identità e quindi non è detto che poi ci sia una sperimentazione nella sessualità”.
“La società – ha evidenziato un ragazzo – ci impone il genere femminile e maschile invece l’identità fluida è la comunicazione di questi due generi: non per forza la categorizzazione ma la possibilità di essere tutti o di non essere nessuno”.
La difficoltà maggiore è quella di comunicare al mondo esterno la propria identità sessuale. “Questa comunicazione diventa più semplice negli ambienti amicali – ha spiegato Taverna – ma a volte più complessa in quelli familiari. In questa fase i genitori dovrebbero supportare i figli nel tempo che per loro è necessario prendersi per comprendere chi sono. Il sostegno da parte della famiglia – ha concluso – è fondamentale per non sviluppare poi patologie dal punto di vista psicologico, di tipo depressivo e ansiogeno e per avere un benessere psicologico”.

– foto Italpress –
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Autolesionismo, un fenomeno sempre più diffuso tra gli adolescenti

ROMA (ITALPRESS) – “Una forma di distruzione diretta e deliberata del proprio tessuto corporeo, in assenza di intenzioni letali e per ragioni non sanzionate socialmente”. Matthew Nock, psicologo clinico americano, ha definito così l’autolesionismo giovanile, un fenomeno che interessa sempre più adolescenti. Chi pratica l’autolesionismo “lede il proprio tessuto intenzionalmente paradossalmente per restare vivo, per sentire quel dolore o per tradurre il dolore che sente emotivamente in dolore fisico, che in qualche modo lo distrae da quello mentale”, ha spiegato Valentina Botta, psicologa, psicoterapeuta, dirigente comunicazione sanitaria Cepfas, che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato al fenomeno dell’autolesionismo tra i ragazzi.
“L’ascolto – ha continuato Botta – è fondamentale. La prima cura è l’ascolto dei sintomi. Come ce ne accorgiamo? Cosa possiamo fare? Se vediamo che nostro figlio è particolarmente irritato quando apriamo la porta e lo possiamo cogliere nell’atto di cambiarsi, se usa maglie lunghe, braccialetti sui polsi, non si vuole fare vedere, ha spesso cambi di umore, a un certo punto muta il comportamento e diventa taciturno o ritirato, questi comportamenti non possono passare sotto la categoria dell’adolescenza, nè l’autolesionismo può essere considerato come una forma di richiesta di attenzione”.
Un fenomeno conosciuto anche tra i ragazzi. “Ho avuto – ha raccontato una giovane – un’esperienza nella mia scuola: c’era una ragazza che ne soffriva e lo praticava durante la ricreazione o durante le lezioni”.
Per un’altra giovane, “questo problema dovrebbe essere approfondito”. “E’ qualcosa che non si riesce a gestire da soli, di conseguenza non c’è altra soluzione che farsi aiutare”, ha aggiunto un ragazzo.
“Purtroppo – ha affermato Botta – ancora non abbiamo lo psicologo di famiglia, che sarebbe opportuno avere in questo caso. Le strutture pubbliche di riferimento rappresentano il primo approdo, quindi la prima forma di rete. Anche la scuola – ha concluso – rappresenta un altro nodo di rete importante”.

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Dopo la pandemia sono sempre più giovani i “dipendenti” da social

ROMA (ITALPRESS) – È vero che i social creano dipendenza e alterano il cervello degli adolescenti? Com’è possibile proteggere i più giovani dall’Internet addiction, una vera e propria patologia che si è acuita durante la pandemia? “Con la pandemia l’età di consumo di Internet addiction, una vera e propria dipendenza, si è abbassata ulteriormente”, ha spiegato Marinella Ruggeri, neurologa e psicoterapeuta, che ne ha parlato in un servizio dell’Italpress dedicato ai giovani e alla dipendenza dai social. “Se prima – ha continuato – i dati epidemiologici registravano un eccesso all’età di 14-15 anni, già da 8 o 9 anni questa situazione è precipitata”.
Dipendenza da social ma non solo: le tante ore trascorse davanti a Instagram, Facebook o TikTok possono causare nella mente dei ragazzi l’incapacità di distinguere tra realtà e finzione.
“Ci si addentra, senza neanche rendersi conto più di tanto – ha detto Francesca Picone, psichiatra UOC Dipendenze patologiche dell’Asp di Palermo -, in realtà, quelle virtuali, che sembrano reali sviluppando dei percorsi che non sempre sono sani. I rischi dei social sono legati al fatto che l’identità virtuale può essere ben altro rispetto all’identità reale”, ha aggiunto.
“Molto spesso – ha sottolineato Roberto Gambino, psicologo, referente dell’Asp di Palermo per il progetto ‘Stop Phone’ – noi stessi non siamo consapevoli di quanto tempo passiamo su un social o su uno smartphone”. Gambino ha fatto riferimento alle app che permettono di sapere per quanto tempo è stato usato lo smartphone in una settimana: “C’è un monitoraggio – ha affermato – che noi stessi possiamo fare e possiamo farlo anche sui nostri ragazzi, bambini e figli per renderli consapevoli rispetto a questo problema della quantità”.
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