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Cervelli al Sud, da Siviglia a Napoli per lo studio di microorganismi marini

Brains to South è il bando promosso dalla Fondazione CON IL SUD, grazie al quale ricercatori stranieri o italiani, che svolgevano la loro attività da almeno 3 anni all’estero o nel Centro – Nord stanno avendo l’opportunità di condurre un progetto di ricerca sotto la propria responsabilità, senza supervisori, in un Ente del Sud Italia. Il bando è giunto alla quarta edizione, per la quale sono stati messi a disposizione complessivamente 4 milioni di euro con un massimo di 400 mila euro a progetto.
‘L’obiettivo di Brains to South’ afferma Carlo Borgomeo Presidente della Fondazione CON IL SUD ‘non è contrastare la fuga di ‘cervellì, ma attrarre le menti migliorì.
Abbiamo intervistato alcuni dei vincitori che ci hanno raccontato la loro storia personale e professionale, i loro progetti di ricerca, insieme alle motivazioni che li hanno spinti a partecipare al bando.
Maria Paulina Corral Villa, ecuadoriana, proviene dall’Università di Siviglia e sta svolgendo il suo progetto di ricerca ‘BLUEPHARMA: OMICS approach for marine drug discovery’ presso l’Università Federico II a Napoli.
‘In questo progetto – spiega – studiamo microorganismi marini con attività biosintetica rilevata in laboratorio ‘in vitrò per la produzione di nuovi composti come possibili farmaci del futuro per combattere malattie come il cancro e per la produzione di antibiotici capaci di contrastare l’antibiotico-resistenza. La conoscenza della biodiversità microbica degli ambienti marini – continua – viene approfondito dalle scienze ‘omichè, suffisso che indica lo studio totale e massivo di un determinato sistema biologico. Nell’ambito del progetto BluePharma, l’approccio è multi-omico, ciò è utilizza e combina vari strumenti come la genomica per lo studio di geni presenti in microorganismi coinvolti nella attività antimicrobica e antitumorale rilevata ‘in vitrò; la metagenomica per la totalità di geni presenti nella microbiota marina; e la proteomica e metabolomica per valutare la capacità di espressione di proteine e metaboliti. Le integrazioni e le relazioni dei dati che derivano da questi studi ci danno una risposta biologica da una perspettiva globale ed attualizzata alle nuove sfide della resistenza antibiotica e al fabbisogno di nuovi composti antimicrobici ed antitumorali. La nostra ricerca è rispettosa dell’ambiente e segue le linee del patto verde europeo ‘Green deal’ in particolare nei nostri protocolli minimizziamo l’uso di plastiche e solventi, in questo modo riduciamo l’impatto nella natura con una produzione eco-sostenibile di composti candidati a nuovi farmaci ‘Bio-based’.
Paulina Corral, è un’amante della scienza ed è desiderosa di conoscere il mondo e le sue culture. Ha intrapreso la carriera scientifica avendo ben chiaro di voler diventare una ricercatrice. ‘Ho conseguito la laurea in Microbiologia presso la Pontificia Università Cattolica dell’Equador a Quito – racconta – ma questo titolo è stato solo l’inizio di una lunga strada per il raggiungimento dei miei obiettivi nella ricerca e, ancora più fondamentale, la realizzazione come donna con canoni diversi in un ambiente più egualitario e di libertà. In Spagna ho avuto l’opportunità di conseguire prima un Master in Biotecnologia e poi il Dottorato in Biologia Molecolare e Biomedicina presso l’Università di Siviglia. Un meraviglioso periodo, cui ha fatto seguito i post dottorati presso il Consiglio Nazionale della Ricerca (CNR) in Italia e presso l’ University of Central Florida di Orlando negli Stati Uniti. Due realtà differenti ma entrambe estremamente formative. Adesso conduco il mio progetto di ricerca BluePharma presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Napoli Federico II come ricercatrice principale, e questa è la mia sfida e anche la mia motivazione.
Il suo progetto di ricerca era stato avviato all’Università di Siviglia. Perchè?
In un progetto di ricerca è essenziale la scelta del mentore con cui condurlo: nel mio caso la scelta si è basata sul livello di eccellenza in materia di microrganismi estremi, dove il Professor Antonio Ventosa è un referente mondiale nello studio degli ambienti ipersalini e dei loro microrganismi alofili. Il suo gruppo di ricerca si trova presso il Dipartimento di Microbiologia e Parassitologia della Facoltà di Farmacia. Si tratta di un gruppo altamente competitivo con elevate esigenze ma in un ambiente piacevole e che invogliava a dare il meglio di sè. E’ qui che ho ottenuto il PhD ed ho raggiunto la maggior parte dei miei obiettivi.

Perchè la scelta di partecipare al bando?
Brains To South ha delle caratteristiche eccezionali, tra le quali la captazione di talenti ad alta qualificazione senza restrizioni di nazionalità, cosa che permette ai vincitori realizzare carriere indipendenti presso centri di ricerca e Università nel sud di Italia. Già questo ti fa partire con un grande entusiasmo, ma il carattere competitivo del bando lo rende un’enorme sfida, ed è precisamente questo che spinge a sviluppare un progetto di ricerca di eccellenza che impatti nella società, promuovendo lo sviluppo del territorio e della scienza – che in sè non ha frontiere: una coniugazione perfetta che mi ha portato a mettere tutti i miei sforzi e le mie conoscenze per svilupparlo al meglio. Un altro importante elemento è che permette di creare un proprio gruppo di ricerca, praticamente il sogno di un giovane ricercatore…. mettere in atto le capacità scientifiche e di gestione maturate nella formazione acquisita nel pregresso per condurre un progetto di ricerca nel ruolo di ricercatore principale.
Perchè l’Italia?
‘Chi non la sognerebbè sarebbe la risposta più adatta. L’Italia è considerata uno dei Paesi più belli del mondo e possiede università e centri di ricerca di fama mondiale. Sono convinta che l’attrazione di talento sia uno strumento essenziale per lo sviluppo di una società e nel caso di Brain to South, che propone a uno straniero o italiano di sviluppare un proprio progetto, finanziato tutto e quello che devi fare è solamente scegliere la host institution… semplicemente fa la valigia.
Quali i risvolti di questa scelta a livello personale e lavorativo?
Personalmente è stata una scelta importante, dopo avere lavorato e vissuto tante esperienze in altri Paesi, adesso mi trovo su una strada più stabile in un paese meraviglioso come l’Italia. Svolgere le attività quotidiane in un ambiente piacevole e pittoresco dove poter godere del cibo e della bellezza paesaggistica oltre a tante altre qualità di questa terra non ha prezzo. A livello lavorativo è stata una spinta significativa in questa fase della mia carriera, godo dei benefici impliciti di essere indipendente e di gestire il progetto in piena autonomia. Come ricercatore principale viene pubblicato il nome, si creano relazione scientifiche con altri gruppi e si può facilmente innovare. Nell’aspetto sperimentale provo grande soddisfazione e sono orgogliosa di vedere come si stiano generando dei risultati nonostante le difficoltà di questi tempi. Fortunatamente ho il supporto amministrativo e scientifico dei membri del dipartimento. Insomma, i vantaggi che aiutano a raggiungere gli obiettivi programmati sono tanti e di conseguenza la carriera si potenzia e si arricchisce.
Quali relazioni con le Università all’estero?
Attualmente manteniamo la collaborazione con il Wisconsin Institute for Discovery negli Stati Uniti nell’ambito del programma internazionale per la scoperta di antibiotici Tiny Earth. In Spagna con l’Università Miguel Hernandez di Alicante per il supporto scientifico nella metagenomica dei microorganismi marini; a Barcelona con l’Institute for Global Health, ISGlobal e l’Università di Barcellona nel ambito del consorzio europeo Superbug Awareness for Education (SAFE); il mio centro d’origine, l’Università di Siviglia per supporto scientifico in genomica e metagenomica; e non poteva mancare il partner di BluePharma, la Fondazione MEDINA di Granada per l’identificazione di molecole e produzione dei composti. Nei prossimi mesi, stabiliremo la collaborazione con altri gruppi di ricerca internazionali per gli studi di proteomica, metabolomica ed ecologia microbica.
Quale futuro immagina?
Il mondo ha bisogno di ricerca e non si può fermare perchè la scienza non ha limiti. Mi auspico di ottenere risultati di sempre maggior interesse e impatto sulla scienza e sul buon andamento della medicina e dell’ecologia mondiale, pertanto di dirigere un laboratorio o magari un centro di ricerca con un gruppo costituito da validi ed entusiasti ricercatori con vari progetti a l’avanguardia, affrontando le tante sfide future. La base sarà sempre quella di compiere una ricerca sostenibile e coinvolgere alla società per potenziare l’effetto.
(ITALPRESS).

Cervelli al Sud, da Zurigo a Cagliari per la ricerca su tecnologie alternative

ROMA (ITALPRESS) – Walter Tarantino, 37 anni ha trasferito dal Politecnico Federale di Zurigo – ETH al Dipartimento di Fisica dell’Università di Cagliari le sue ricerche sulle tecnologie alternative a quelle basate sul silicio. In particolare segue lo studio di un nuovo tipo di hardware che imiti l’attività computazionale del cervello umano utilizzando materiali granulari nanostrutturati con specifiche caratteristiche elettriche.
“Oggi – spiega – tutti abbiamo in tasca un dispositivo, lo smartphone, che è migliaia di volte più potente dei computer che la NASA aveva a disposizione quando ha mandato il primo uomo sulla Luna. Questo è stato reso possibile grazie agli enormi avanzamenti tecnologici nel processo di miniaturizzazione delle componenti elettroniche che costituiscono un computer. Un processo ancora in atto ma con dei limiti fisici che stiamo per toccare (non si può fare un chip più piccolo degli atomi che lo compongono!). Per continuare sulla strada della miniaturizzazione (che non vuol dire solo dispositivi più piccoli, ma anche più veloci e più efficienti), da diversi anni si stanno sperimentando, nel privato come nelle università, tecnologie alternative a quella attuale. La mia attività di ricerca si inserisce nel filone dello sviluppo della tecnologia chiamata “neuromorfica”, che si ispira al dispositivo di calcolo più efficiente che conosciamo: il cervello umano. In particolare, un gruppo dell’Università di Milano con cui collaboro strettamente sta cercando di mettere a punto un dispositivo che potrebbe essere usato nella costruzione della controparte sintetica delle sinapsi. In qualità di fisico teorico il mio contributo è quello di aiutare a capire i risultati degli esperimenti: grazie a sofisticate simulazioni al computer posso controllare il moto dei singoli atomi del sistema sotto analisi, così da meglio comprendere come agire sul sistema e adattarlo alle esigenze tecnologiche”.
Un percorso di ricerca che il dottor Tarantino ha avviato dopo aver lavorato – durante il dottorato a Zurigo – sulle possibili connessioni tra teorie per le particelle elementari e uno dei grandi problemi aperti in astrofisica: l’origine di quelle che in gergo vengono chiamate energia e materia “oscura” (aggettivo che ne indica la non chiara provenienza). Tematiche affascinanti, ma troppo “speculative”: così decide di cimentarsi con qualcosa di più concreto, iniziando a lavorare su tematiche legate allo studio dei materiali per nuove applicazioni tecnologiche, un campo estremamente dinamico, dal punto di vista teorico che sperimentale. Prima di rientrare in Italia grazie al Bando Brains to South è stato all’estero più di dieci anni: a Londra è al King’s College London, a Parigi all’E’cole polytechnique, a Halle Saale in Germania al Max Planck Institute of Microstructure Physics e poi a Zurigo all’ ETH Zùrich.
E’ sposato con una collega conosciuta a Londra: il loro lavoro li ha portati a vivere lontani per lunghi periodi ma hanno vissuto ogni nuova esperienza come una nuova avventura per la coppia. Di recente, la loro famiglia si è anche allargata…
Sul suo rientro in Italia chiarisce: “La mia professione è assolutamente internazionale, ho sempre collaborato con persone che venivano da ogni angolo del globo, e credo che questa sia uno dei suoi aspetti migliori: viaggiare e conoscere realtà diverse fa crescere umanamente. Il finanziamento che la Fondazione aveva messo a disposizione era molto appetibile. Contava il fatto che fosse in Italia? Sì e no: ovviamente c’è una componente personale per cui mi fa piacere lavorare in Italia, ma non vorrei essere etichettato come un “cervello in fuga” che sta (ri)entrando. Ritengo giusto, come ha fatto la Fondazione con il Sud con questo bando, promuovere la ricerca degli istituti italiani (e meridionali in particolare), favorendo anche l’assunzione di personale non italiano. Vincere il bando mi ha messo a disposizione un budget con cui conduco liberamente la mia attività di ricerca e mi ha dato l’opportunità di lavorare con esperti mondiali del mio settore di ricerca.
Quali gli sviluppi futuri?
Da quando mi sono laureato, ho vissuto sempre non sapendo dove sarei stato da lì a 5 anni (da giovani questa cosa è eccitante, ora, con una moglie ed un bimbo, un pò meno!). E, tuttora, non posso dire se questo sarà solo una tappa della mia vita o segnerà un rientro “definitivo” in Italia. Molto dipenderà dalle occasioni che sorgeranno da qui alla fine del mio contratto. Il finanziamento è di tre anni, quindi… riparliamone tra due!
(ITALPRESS).

Cervelli al Sud, da Monaco a Palermo per lo studio dell’artrosi

ROMA (ITALPRESS) – Simone Dario Scilabra, 37 anni, è nato e cresciuto in Sicilia. Ha studiato, vissuto e lavorato all’estero molti anni. Al centro delle sue ricerche, è da sempre l’artrosi. ‘Una patologia – spiega – per cui non esiste una cura, ma solamente l’intervento chirurgico per l’impianto di protesi come unica possibilità riabilitativà. Negli ultimi anni di ricerca presso il DZNE di Monaco di Baviera, un centro d’eccellenza internazionale, ‘ho individuato una proteina, chiamata iRhom2, che potrebbe svolgere un ruolo chiave nella progressione dell’artrosi. La mia ipotesi è che l’inattivazione di questa proteina possa portare ad un miglioramento della patologia, e quindi stiamo sviluppando degli inibitori di iRhom2 che potrebbero essere usati nella terapia farmacologica dell’artrosi, evitando così l’intervento chirurgico a chi ne è affettò.
Il bando Brains to South, grazie al quale si è spostato dal DZNE – German Center for Neurodegenerative Diseases di Monaco alla Fondazione Ri.MED di Palermo è stato per lui ‘un mezzo per arrivare ad un Istituto che mi permette di fare il lavoro che ho sempre sognato, con il vantaggio di essere nella città in cui sono natò.
Si è laureato con il massimo dei voti in Biotecnologie all’Università di Palermo, dove ha incontrato la prima persona veramente importante nel suo percorso di crescita, la Professoressa Maria Letizia Vittorelli, che ha supportato, sin da subito, la sua propensione a migliorarmi. ‘A lei ho chiesto – racconta – la possibilità di fare la tesi di laurea all’estero, e lei, per darmi questa possibilità, organizzò un programma di scambio con un centro di ricerca in Svizzera, che, ancora oggi che la Professoressa Vittorelli non c’è più, è un fiore all’occhiello dell’ateneo di Palermo, in quanto continua a dare a giovani studenti delle incredibili opportunità di crescita e di immissione nel mondo del lavoro. Dopo la laurea, ho vinto una borsa di studio per svolgere un tirocinio di 6 mesi all’estero. Volevo migliorare l’inglese, indispensabile per poter fare questo lavoro. La Vittorelli prese contatti con il Professor Hideaki Nagase all’Imperial College di Londra, e quindi mi sono ritrovato catapultato nella metropoli inglese; una Londra che allora come ora è la città del futuro. Per fare un banale esempio, mi sono iscritto a Facebook nel 2007, mentre la maggior parte dei miei amici in Sicilia lo ha fatto solo 2 anni più tardi. Dovevano essere 6 mesi, alla fine furono 6 anni. Dopo qualche settimana di lavoro mi hanno chiesto di restare per un dottorato di ricerca. All’inizio ero combattuto, spaventato, volevo continuare il mio percorso dentro l’università. Poi la Vittorelli mi disse di non tornare, che non mi avrebbe più voluto vedere nel suo laboratorio. Ogni volta che vedo la scena di Nuovo Cinema Paradiso in cui Alfredo dice a Totò ‘Non tornare più, non ci pensare mai a noi… se non resisti e torni indietro, non venirmi a trovare, non ti faccio entrare a casa mià, io rivedo la mia Professoressa. E così Londra divenne la mia seconda casa, un professore giapponese il mio secondo padre, e un gruppo di emigrati pugliesi, calabresi e friulani la mia seconda famiglià.
Quando a una grossa conferenza internazionale, ‘ho conosciuto il Professor Stefan Lichtenthaler del DZNE mi sono innamorato scientificamente di ciò che faceva nel suo laboratorio e della tecnologia di cui è uno dei massimi esperti internazionali: la proteomica. Decisi quindi di trovare i fondi per trasferirmi dall’Università di Nagoya, in Giappone, in cui stavo svolgendo un periodo di ricerca post-dottorato, al DZNE di Monaco. Riuscii ad ottenere la prestigiosa borsa di studio Marie Curie dell’Unione Europea che mi consentì di iniziare la mia ricerca al DZNE e specializzarmi nel settore della proteomica.
Il DZNE è un ambiente scientificamente molto stimolante, rappresenta il top mondiale, soprattutto nell’ambito delle malattie neurodegenerative. L’esperienza di Monaco e gli insegnamenti del Professor Lichtenthaler sono stati fondamentali per il mio sviluppo professionale e mi hanno permesso di diventare il Principal Investigator in proteomica della Fondazione Ri.MED’.
Ha deciso di partecipare al bando perchè ‘sono siciliano, mia moglie è siciliana e la mia famiglia è qui. Ovviamente questo ha influito non poco sulla nostra scelta di rientrare in Italia, ma non è stato il motivo principale, a differenza di quanto si possa pensare. Dopo tanti anni di ricerca ‘subordinatà, pensavo fosse arrivato il momento di rendermi indipendente, di avere l’esperienza necessaria per dirigere il mio gruppo di ricerca e di perseguire i miei interessi scientifici. Ri.MED mi dava questa possibilità, e mi avrebbe permesso di farlo a dei livelli d’eccellenza, soprattutto per il Sud Italia. Inoltre, Ri.MED aveva a disposizione tutta la strumentazione necessaria per effettuare quelle analisi di proteomica ad alta risoluzione necessari per sviluppare i progetti di ricerca che avevo in mentè.
Quale è la relazione con l’Università all’estero?
Oggi la ricerca è molto diversa dai tempi in cui Rita Levi Montalcini scriveva pagine fondamentali della storia della neurobiologia lavorando in un piccolo laboratorio domestico, durante la Seconda Guerra Mondiale. Una ricerca di alto livello non può prescindere da una rete di collaborazioni di alto livello. Oltre ad aver mantenuto un rapporto splendido con i miei mentori e con i vecchi colleghi, che nel frattempo sono diventati leaders nelle università più prestigiose del mondo, da Oxford a Nagoya, continuo ad avere un rapporto di stretta collaborazione con il DZNE e con il Professor Stefan Lichtenthaler, che ha supportato il mio trasferimento a Palermo sin dall’inizio. Mi ha aiutato a redigere la domanda per il bando, ha condiviso con me i reagenti e le tecnologie che mi hanno permesso di essere produttivo sin da subito ed è ancora molto presente nella valutazione critica dei miei progetti di ricerca.
Come vede il suo futuro? e quello della ricerca più in generale?
Sembra un paradosso, ma credo che la Brexit, nel breve, aiuterà lo sviluppo della ricerca in Italia. Molti amici Italiani, group leaders in Inghilterra, cominciano ad avvertire un certo disagio per la situazione politica d’oltremanica e ad accrescere un desiderio di andar via. Parliamo di ragazzi che hanno lavorato 20 anni ad Oxford, Cambridge o all’Imperial College London. Se questa gente sarà costretta a trovare un lavoro altrove, penso che la Germania con la sua potenza economica ne gioverà tantissimo, ma anche l’Italia, di riflesso, avrà più facilità nell’attrarre gente che, con la mentalità internazionale acquisita, potrà aiutare perchè le cose nell’ambito della ricerca in Italia migliorino. Chi ha lavorato negli istituti di ricerca e nelle università top, sa perfettamente che per fare ricerca d’eccellenza ed essere competitivi a livello internazionale non basta avere ricercatori top e piattaforme scientifiche all’avanguardia, ma sono necessarie misure che mettano il ricercatore nelle condizioni migliori per poter lavorare. Nel mio caso, quando sono arrivato al DZNE di Monaco, un ufficio preposto mi ha aiutato a trovare casa, a trovare un lavoro per mia moglie e a fraternizzare con gli altri ricercatori organizzando eventi nei weekend. E’ un esempio per dire che il messaggio del DZNE era chiaro: ‘pensa a produrre, al resto ci pensiamo noì. Credo che, se un giorno ci sarà tanta gente che come me, tornando dall’estero, penserà che questa sia la normalità, allora la ricerca italiana potrà veramente essere competitiva a livello mondiale.
Dal punto di vista personale, sto molto bene in Ri.MED, sento la fiducia e il supporto della direzione e sto cercando di fare del mio meglio per crescere e, nel mio piccolo, di contribuire alla crescita dell’istituto. Con la mia famiglia stiamo facendo programmi a lungo termine, come comprare una casa. In futuro, non saprei. Faccio parte di quella generazione di ‘nati con la valigià, spostarmi non mi spaventa più di tanto. Qualora non ci fossero più le condizioni per fare il mio lavoro nella maniera in cui voglio, non avrei problemi a prendere tutto e andar via di nuovo. A mio figlio di 3 anni abbiamo sempre parlato in inglese lingua che oggi parla meglio dell’italiano. Siamo preparati anche a questa evenienza.
(ITALPRESS).

NCO – “Nuova cucina organizzata”, laboratorio inclusione sociale

ROMA (ITALPRESS) – NCO – “Nuova Cucina Organizzata” è “anche” una pizzeria a Casal di Principe, peraltro ai primissimi posti nelle più gettonate classifiche online. Ma è soprattutto un’attività imprenditoriale innovativa, un laboratorio di inclusione sociale con il valore aggiunto dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Nel nome è contenuta una provocazione e una sfida: NCO negli anni ’80 era la “Nuova Camorra Organizzata” che si era organizzata per distruggere e impoverire i territori, oggi NCO sta per “Nuova Cucina Organizzata” ed è sinonimo di una realtà che opera per restituire diritti, dignità e reddito a partire dagli ultimi. La pizzeria si trova all’interno di un bene confiscato al boss dei Casalesi Mario Caterino.
Il presidente della Cooperativa Agropoli, capofila di tutto il più amio progetto, ci racconta come è nato e sviluppato.
Come, quando perchè è nato il vostro progetto?
Tutto nasce nel 2007 dall’attività della Cooperativa Agropoli che voleva creare opportunità lavorativa per i soci svantaggiati, presi in carico attraverso il sistema dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individuali sostenuti da Budget di Salute, che fino al 2012 era stata una sperimentazione per divenire successivamente Legge Regionale. Il sistema di presa in carico prevede che il lavoro terapeutico e riabilitativo abbia tre direttrici, Casa/Habitat sociale, Socialità/Affettività, Formazione/Lavoro, che non sono poi altro che le determinanti sociali della salute elaborate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Cosa vi ha spinto a realizzarlo?
Avevamo ben chiaro quanto fosse forte lo stigma nei confronti di queste persone da parte della comunità nel suo insieme. Per questo abbiamo operato per cambiarne la cultura. Anche occuparsi dei beni confiscati era un problema per la comunità e noi abbiamo voluto che invece diventasse una risorsa. In una prima fase, indicativamente dal 2007 al 2014, siamo stati spinti dalla volontà di occuparci delle persone svantaggiate in un territorio in cui già le persone normodotate non trovano lavoro …. e figuriamoci quelle di cui noi ci persone svantaggiate. Mentre nella fase successiva iniziata nel 2015 e che ancora perdura – coincisa con il trasferimento dell’attività di ristorazione su un bene confiscato – ciò che ci ha spinto è stata la volontà di innescare percorsi di economia sociale a partire dai beni confiscati alla criminalità organizzata. E così quando l’Agenzia Agrorinasce ha messo a bando dei beni noi abbiamo risposto con una manifestazione d’interesse

Che cosa avete pensato quando vi è stato assegnato lo spazio?
Che era un’ottima opportunità per offrire un’alternativa alla camorra partendo da tutto ciò che in quel momento poteva apparire un problema (persone svantaggiate/Beni Confiscati) di cui nessuno si voleva occupare e per trasformarlo in risorsa per la cooperativa ed in opportunità per il territorio. Aggiungo anche, come elemento non secondario, che un’attività che si chiama NCO – Nuova Cucina Organizzata, non poteva che insistere su di un bene confiscato.

Con che fondi siete riusciti a ristrutturarlo, riadattandolo alle nuove esigenze?
La possibilità di rendere idoneo il bene ad ospitare un’attività di ristorazione ci è stato offerto dal Fondazione con il Sud con il Bando sui beni confiscati nel 2013.

Quali difficoltà avete incontrato?
La ricerca continua di strategie per poter stare sul mercato, specialmente nel periodo del COVID e post_COVID.

E quali soddisfazioni?
Quella di aver dato a dalle persone l’opportunità di riconquistare dignità e diritti attraverso il lavoro.

Purtroppo nel momento in cui l’attività era pienamente avviata ci siamo dovuti scontrare con l’emergenza Covid, comune a moltissimi ma nei nostri territori particolarmente gravosa. Siamo rimasti chiusi da marzo ad agosto 2020; abbiamo dovuto mettere i dipendenti in Cassa Integrazione e sospendere tutte le attività formative e di inserimento lavorativo dei nostri soci svantaggiati. A ciò si è aggiunto l’ovvio calo di fatturato e la necessità di rimotivare la squadra di lavoro. La pandemia ha generato e continua a generare continue difficoltà

Come attuate l’inserimento di persone svantaggiate e che percorso stanno facendo?
Inizialmente avviene un primo contatto sia con l’utente che con i Servizi (ASL e Assistente sociale) per reperire informazioni di carattere generale da parte dell’equipe della cooperativa per individuare sia l’ambito formativo/lavorativo più adeguato e per inserire l’utente nei gruppi di formazione/lavoro.
La cooperativa, dopo la fase di approccio e conoscenza dell’utente, raccoglie tutte le informazioni necessarie
Questo lavoro è articolato in quattro fasi: l’anamnesi familiare e personale; la riabilitazione intesa come recupero ed utilizzo delle capacità motorie, linguistiche e logiche di ogni utente attraverso l’inserimento in prova con l’affiancamento di un tutor; la responsabilizzazione e il distacco dal tutor una volta raggiunto la preparazione necessaria ed una certa autonomia; le periodiche verifiche da parte del tutor per controllare l’andamento dell’inserimento per adeguarlo alle esigenze sia del servizio che dell’utente.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Puntare all’effetto moltiplicatore: non vogliamo tanti ristoranti a marchio NCO, ma auspichiamo che tante altre persone “sposino” i valori della NCO e nei propri territori facciamo nascere esperienze positive a partire da tutto ciò che gli altri considerano “ultimo” o “problema”.
(ITALPRESS).

Villino Geraci, da bene confiscato a centro culturale nel palermitano

ROMA (ITALPRESS) – Villino Geraci, ad Altavilla Milicia in provincia di Palermo, è un bene confiscato a un imprenditore affiliato a Cosa Nostra che da fortezza inaccessibile e circondata da mura è diventata un Centro Culturale Polivalente con attività rivolte alla comunità e in particolare ai giovani: laboratori esperienziali, mostre fotografiche, dibattiti, presentazione di libri e attività rivolte ai bambini. Ospita anche una scuola di cucina per l’inserimento di giovani in situazioni di difficoltà nella cucina dell’omonimo ristorante e lounge bar. Progetti e attività positive per tutto il territorio che in questo momento contingente rischiano di avere un brusco fermo.
Ne parliamo con il presidente del Consorzio Ulisse Dario Flenda
Come è nato il progetto?
Il Consorzio Ulisse Soc. Coop. Sociale è un consorzio di cooperative sociali che opera a Palermo e provincia dal 1997 con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di comunità attraverso la diffusione della cultura cooperativistica e della legalità; oltre a promuovere azioni per la promozione delle proprie socie è esecutore di progettualità specifiche nell’ambito della gestione di beni confiscati alle mafie, formazione finalizzata a inserire in percorsi di inclusione sociale soggetti più deboli del nostro tessuto sociale.
Nel 2012 il Consorzio Ulisse riceve in affidamento a seguito di un bando pubblico il bene confiscato alla mafia e noto come “Villino Geraci”, residenza estiva di un imprenditore affiliato a Cosa Nostra, assassinato dalla stessa nel 2004. La villa si trova in una posizione geografica straordinaria, a strapiombo sul mare, e le caratteristiche strutturali la rendono un luogo ideale per attività di accoglienza, di educazione e formazione che il Consorzio Ulisse rivolge prevalentemente ai giovani.

Le prime attività
Nel 2013 abbiamo realizzato, grazie al contributo dei due fondi Mutualistici di Coopfond e Foncoop e al coofinanziamento delle cooperative socie, una zona adibita a lounge con licenza di somministrazione bevande e licenza di pubblico spettacolo.

Nel 2014 abbiamo presentato il progetto Cambio Rotta alla Fondazione Con il Sud e si è implementata la seconda fase del complessivo progetto di riutilizzo sociale ed economico del bene, cioè la realizzazione della Scuola Internazionale di Cucina del Mediterraneo e del ristorante per cui abbiamo ottenuto una seconda licenza. Il contributo della Fondazione ci ha permesso in buona parte l’adeguamento della struttura,sistemando tutta la parte esterna del bene, la realizzazione di una la cucina modulare completa di attrezzature e materiali e di un’area ristorativa. Oltre a questo contributo il consorzio ha co-finanziato con mezzi propri e con finanziamento a valere sul Fondo FEI e di Banca Etica.
Nel 2017 grazie al contributo di Fondazione con il sud abbiamo avviato la terza fase che prevede la realizzazione di un museo del mare all’interno della casa, proprio nelle stanze non ancora utilizzate; la realizzazione di diversi percorsi tematici col supporto di attrezzature audio e video e la possibilità di vivere esperienze di realtà aumentata e immersione virtuale attraverso l’utilizzo di visori 360′.
Questi ultimi strumenti ci hanno consentito di portare il progetto FUORI dal Cambio Rotta partecipando a numerose iniziative presso gli istituti scolastici o manifestazioni locali di promozione dell’ambiente
Anche in questo caso oltre al contributo di Fondazione con il sud (il progetto è ancora in atto) è stato necessario un cofinanziamento da parte del Consorzio e dei Partner del progetto.

Gli aspetti economico-finanziari
Per ciascuna delle attività promosse è stato necessario fare degli investimenti sull’immobile e sulle attrezzature per diverse centinaia di migliaia di euro. Ciò è stato possibile grazie al contributo di Fondazione con il Sud in primo luogo che ha finanziato in modo prevalente le iniziative. Ma chiaramente come è normale che sia il consorzio ha cofinanziato tali investimenti con capitale proprio o delle socie o di terzi (Banca Etica), attraverso finanziamenti con un piano di ammortamento e di rientro. La sostenibilità dell’iniziativa è fattibile se le attività poste in essere hanno un orientamento anche verso un mercato privato-sociale che usufruendo dei servizi e dei beni prodotti consente la remunerazione dei fattori produttivi e del capitale di terzi.

Le difficoltà attuali
Ogni interruzione ai servizi è una minaccia alla sostenibilità di questa iniziativa così come delle altre.
Il 2020 ha visto il rischio di bloccare quasi del tutto sia le iniziative già avviate con la progettualità precedente che quelle che dovevano essere lanciate: questa è stato per noi il COVID.
Le attività che erano orientate ad un pubblico di ragazzi e bambini anche attraverso le scuole non sono partite, e quelle del centro culturale che d’estate in particolare animano le serate della struttura con eventi orientati ad un pubblico giovanile hanno subito il ritardo nell’avvio e una pianificazione limitata.
La fine del 2020 e il 2021 non ci fa sperare in un rilancio delle attività e il clima di incertezze che si respira nella scuola che per noi è un termometro importante che ci fa temere un ritardo nella programmazione e conseguentemente un ritardo nella copertura degli investimenti fatti.
Tra l’altro il Consorzio insieme ad altri partner ha avviato un progetto formativo sulla ristorazione nelle carceri e rivolto anche a soggetti destinatari di misure alternative alla detenzione intramuraria, e il Cambio rotta potrebbe essere strumento e laboratorio per il recupero di alcuni di questi beneficiari. Ma tutto questo è reso incerto dal protrarsi dello stato di emergenza.
(ITALPRESS).

Artemisia, nuovo spazio a Bari nella villa confiscata al boss

ROMA (ITALPRESS) – In una villa confiscata nella zona Santo Spirito di Bari sono stati realizzati un b&b con american bar, bistrò e spazio per eventi. La struttura, inoltre, ospita 6 ragazzi migranti in regime residenziale o semi residenziale, che frequentano un’academy di formazione turistica per essere inseriti nello svolgimento delle varie mansioni di cui la villa necessita in base alle inclinazioni personali.
Il progetto è stato sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD nel 2013, ma a causa di tanta burocrazia e una lunga ristrutturazione, la struttura è stata inaugurata solo lo scorso novembre alla presenza della ministra Lamorgese. E’ un ottimo esempio di un proficuo incontro tra sociale ed economia. La struttura, infatti, ospita 6 ragazzi migranti in regime residenziale o semi residenziale, che frequentano un’academy di formazione turistica per essere inseriti nello svolgimento delle varie mansioni di cui la villa necessita in base alle inclinazioni di ciascuno. Negli scorsi mesi estivi, la struttura si è affermata ed ha registrato il pienone. In vista dell’inverno, hanno già l’agenda piena tra matrimoni, cresime ed ospitalità per tante persone che arrivano a Bari per lavoro e la scelgono per la vicinanza con l’aeroporto.
Ce lo illustra il presidente della Cooperativa Sociale CAPS, Marcello Signorile
Come è nato il progetto?
Artemisia nasce sulle ‘cenerì di quella che è stata a tutti gli effetti la lussuosa fortezza di un boss mafioso appartenente al Clan Lazzarotto: oltre 1500 mq tra immobili e terreni, rivisitazione di una villa ottocentesca adibita a centro operativo della criminalità pugliese dedita al traffico internazionale di stupefacenti. Dopo il sequestro negli anni Novanta la Cooperativa Sociale C.A.P.S. (Centro Aiuto Psico-Sociale) ne chiede l’assegnazione per destinarlo a una nuova funzione sociale sul territorio. Nel 2001 C.A.P.S. ottiene l’assegnazione del bene: si tratta di un passo importante nella lotta alla criminalità perchè la villa è il primo esempio di confisca alla malavita in terra di Bari, ed è un importante esperimento per dimostrare che un simbolo dell’attività mafiosa può trasformarsi in un bene per la comunità.

Con quali fondi avete risistemato e riadattato la villa e sviluppato il progetto?
Il 27 dicembre 2013 la villa è pronta ad ospitare un nuovo progetto, grazie al finanziamento di 280.000 Euro ottenuto partecipando al bando ‘Beni Confiscati 2013’ di Fondazione con il Sud. Qui CAPS progetta e sperimenta un modello innovativo di mix abitativo, residenziale e turistico-sociale, destinando parte della villa a un gruppo appartamento per neomaggiorenni italiani e stranieri ex minori non accompagnati, integrato con un B&B co-gestito dagli stessi ragazzi, nella quale sarà possibile trovare spazi destinati alla ristorazione e alla programmazione culturale.
Quando abbiamo candidato per la prima volta il progetto, abbiamo peccato, forse, di un pò di spregiudicatezza, non preoccupandoci tanto degli imprevisti che si sarebbero potuti presentare durante la fase di ristrutturazione. Per fortuna La Fondazione con il Sud ha creduto fortemente nel progetto, e lo ha dimostrato nei successivi anni supportandoci anche con gli enti locali nel trovare le migliori soluzioni per ristrutturare un immobile confiscato alla mafia così maestoso. Quel primo finanziamento è stato elemento importante e trainante nell’intercettare gli ulteriori finanziamenti. Il protrarsi degli anni per completare il processo di ristrutturazione, però, (e qui è subentrato, invece, quel pizzico di fortuna che serve sempre quando si crede fortemente in un progetto), ci ha permesso, nel frattempo, di trovare nuove risorse economiche per completare l’opera.
Nei 6 anni che hanno preceduto l’inaugurazione, le soddisfazioni ci arrivavano dai nostri finanziatori che, analizzando le presentazioni del nostro progetto, osservando i disegni di quella che Artemisia sarebbe diventata, se ne innamoravano supportandoci nei pezzi mancanti. A supporto degli interventi di riqualificazione dell’intero complesso e per la gestione operativa dell’iniziativa già messi in piedi dalla Fondazione con il Sud, la Cooperativa ha ottenuto nel corso degli anni finanziamenti da parte di enti e fondazioni di rilievo nazionale, impegnati fortemente nel sostegno a progetti di welfare e di innovazione sociale. Hanno contribuito nello specifico: il Comune di Bari attraverso l’avviso pubblico ‘Urbis’ (PON Citta? Metropolitane 2014-2020) ha finanziato la formazione dei beneficiari neomaggiorenni, la Regione Puglia attraverso il programma FESR 2014-2020 ha permesso la ristrutturazione del gruppo appartamento per giovani adulti (ex art.72 R.R. 4/2007), il Fondo di Beneficenza IntesaSanpaolo ha erogato 12 borse lavoro per 12 mesi in favore dei ragazzi accolti, Ikea ha contributo con gli arredi del Gruppo Appartamento e del Bed and Breakfast.

Quali difficoltà avete incontrato?
Ci sono stati momenti, in cui per via dei grossi problemi che incontravamo durante la ristrutturazione e nel reclutamento del personale, pensavamo che all’improvviso tutto dovesse implodere mandando in frantumi il nostro sogno, creando enormi difficoltà economiche per via degli impegni e delle spese effettuate nel corso degli anni; e poi siamo arrivati all’ultimo miglio, e complice in questo caso la tenacia (non più la fortuna), il 25 Novembre 2019 abbiamo inaugurato il bene con le sue attività alla presenza della ministra Lamorgese, il sindaco Decaro, il prefetto di Bari Magno.
Quel giorno abbiamo superato la prima sfida dimostrando che è possibile mettere attorno ad un tavolo vari partner finanziatori (privati e pubblici) per realizzare opere grandiose, che a volte non è possibile fare perchè un solo finanziatore non riesce da solo.

Da un progetto all’altro….dopo l’inaugurazione
La seconda sfida è iniziata esattamente il giorno dopo, provando a dimostrare che tutto quel lavoro sarebbe stato la base per mettere in pratica un esempio virtuoso di economia circolare. Una Academy del turismo, a favore di neomaggiorenni italiani e stranieri fuoriusciti dalle comunità educative, all’interno di un bene confiscato, finanziata degli stessi clienti che frequentando il posto, vivendo i suoi spazi (ristorante, american bar, caffetteria, piscina e zona solarium, bed and e breakfast, sala co-working, aree per eventi culturali) ne permettono la sostenibilità. Sostenibilità ed impatto economico che sono, ad oggi, la nostra paura, perchè a differenza di tante classiche esperienze ristorative, ci sono costi ulteriori relativi alle professionalità del settore che fanno anche da formatori, operatori sociali (educatori, psicologi, assistenti sociali) e borse lavoro dei tirocinanti; costi che non puoi ribaltare sui clienti perchè si rischierebbe di non essere competitivi rispetto ad altri ristoranti, bar, american bar, b&B. Quindi, è necessario alzare il livello della qualità, distinguersi, diversificare, innovarsi e rinnovarsi perchè solo così il tassello sostenibilità sarà completato al 100%. A livello nazionale, si è sviluppata un’attenzione specifica rispetto alle esigenze e vulnerabilità dei cosiddetti ‘Care Leavers’, ovvero giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni, rimasti improvvisamente privi di validi supporti, o che già da minori hanno vissuto esperienze di accoglienza extrafamiliare, tipicamente in Comunità Educative.
Al compimento della maggiore età, infatti, in assenza di soluzioni alternative, molti di questi giovani permangono all’interno delle strutture per minori, sebbene queste non risultino effettivamente rispondenti alle inedite esigenze di emancipazione personale e di indipendenza, nonchè di autonomia alloggiativa, economica e lavorativa, che i giovani neomaggiorenni esprimono.
L’iniziativa ‘Artemisià nasce in risposta a tali criticità e si propone come modello flessibile, volto a garantire a giovani neomaggiorenni un luogo idoneo per la loro accoglienza, formazione, avviamento al lavoro, all’interno di un bene confiscato alla criminalità organizzata, in concessione al C.A.P.S.
Il Covid ci ha bloccati da Marzo a Giugno, ma siamo riusciti ad impiegare alcune risorse in altre attività della cooperativa. Il 12 Giugno abbiamo riaperto, rispettando le norme previste dai Decreti. Abbiamo cercato di trasmettere sicurezza ai clienti che ci hanno ripagato frequentando assiduamente Artemisia durante il periodo estivo.

E quindi….
All’interno di Villa Artemisia abbiamo realizzato un Gruppo Appartamento per giovani adulti (ex art. 72), in grado di accogliere in forma residenziale, per un periodo di 12 mesi, 6 giovani neomaggiorenni (uomini e donne, italiani e stranieri). Proprio recependo le proposte di modifica avanzate dal C.A.P.S., in ragione delle nuove emergenze sociali rilevate e dei cambiamenti del contesto territoriale, la Regione Puglia ha inserito con Legge Regionale n. 11/2015, l’ innovativo modello di ‘Gruppo Appartamento per giovani adultì, a modifica del precedente art. 72 del R.R. n. 4/2007. Il Gruppo appartamento è un servizio residenziale rivolto a giovani neomaggiorenni, italiani o stranieri, che non possono restare o rientrare in famiglia, oppure che, al termine di un percorso comunitario all’interno di strutture per minori, devono ancora completare il percorso educativo per il raggiungimento della loro autonomia, in termini formativi, lavorativi e alloggiativi. L’inserimento degli ospiti all’interno del Gruppo Appartamento avviene su invio dei Servizi Sociali Comunali e Municipali.
Gli operatori sociali hanno il compito di supportare i ragazzi durante l’anno di Academy, di fare da ponte con le figure tecniche dell’ambito ristorativo-turistico e di aiutarli a trovare un lavoro in contesti specifici, rispetto al loro percorso formativo/lavorativo (cucina, sala, american bar, caffetteria, gestione b&B), ed uno spazio in cui vivere soli o con loro coetanei, cioè raggiungere l’autonomia lavorativa ed abitativa.
Per promuovere la piena autonomia dei giovani Care Leavers (neomaggiorenni italiani fuori famiglia ed ex minori stranieri non accompagnati tra i 18 e 21 anni) segnalati dai Servizi Sociali Comunali e Municipali, l’accoglienza residenziale in Gruppo Appartamento (ex art. 72) per un periodo di 12 mesi prevede; l’inserimento nella ‘Academy del turismò di Artemisia: l’avvio di un percorso di formazione teorica e pratica nel settore della ristorazione, dell’accoglienza turistico-alberghiera e dell’agricoltura sociale, l’attività di avviamento al lavoro, attraverso la co-gestione del bistrot, del B&B, dell’orto sociale e delle attività culturali, ricreative e di socializzazione promosse all’interno di Villa Artemisia, l’affiancamento nella co-gestione delle attività e tutoraggio da parte di uno staff composto da figure formate in ambito sociale (educatori, assistenti sociali), con competenze trasversali nel settore della ristorazione (cuoco, aiuto cuoco, barman, personale di sala) e dell’accoglienza turistico-alberghiera (receptionist, addetto ai servizi generali), il riconoscimento di una borsa lavoro, della durata di 12 mesi, l’accompagnamento graduale verso l’autonomia personale dei giovani, in termini lavorativi, alloggiativi ed economici, nelle fasi conclusive del percorso, attraverso l’individuazione di soluzioni alternative sul territorio locale o nazionale.

All’interno di Artemisia sono attivi un B&B, un Bistrot sociale, con annessa caffetteria e american bar, legato ad un orto pertinenziale, nel quale coltivare spezie ed erbe aromatiche, per l’approvvigionamento di alcune materie prime. La formazione e la successiva esperienza lavorativa nel B&B offre ai giovani beneficiari la possibilità di acquisire competenze in materia di accoglienza della clientela, booking, web marketing, normative igienico-sanitarie e in materia di sicurezza sul lavoro.
Sito Web Artemisia: www.artemisiabari.it
Pagina FB Artemisia: www.facebook.com/artemisiacaps
Sito Web Cooperativa rocaille CAPS: www.coopcaps.it
(ITALPRESS).

La cooperativa Verbumcaudo germoglia dove prima dominava la mafia

ROMA (ITALPRESS) – La cooperativa Verbumcaudo sta germogliando dove prima dominava la mafia e, grazie ad una nuova iniziativa progettuale sostenuta da Fondazione con il Sud e Fondazione Peppino Vismara e realizzata da Consorzio Agrietica in partenariato con i comuni di Polizzi Generosa e Valledolmo, Confcooperative Sicilia, Consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo e CRESM – Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione, continuerà a rendere fertili e produttivi i 150 ettari di terreno che custodiscono tutta la speranza di un territorio e delle persone che lo abitano, delle tante realtà associative e cooperative, e dei lavoratori che hanno deciso di non cedere all’oblio ma coltivare comunità e seminare futuro.
Nelle Madonie, in Sicilia, la Cooperativa Sociale Verbumcaudo, formata da giovani del territorio sta valorizzando l’omonimo feudo confiscato alla mafia, attraverso la messa in produzione di 151 ettari di terreni che vengono coltivati ad origano, pomodori e cereali. L’IRVO – Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia vi ha anche impiantato un vigneto sperimentale.
Sino al 1983 Verbumcaudo apparteneva ai fratelli Greco, boss reggenti della famiglia di Ciaculli: oggi racconta l’impegno quotidiano e concreto di Giovanni Falcone, è simbolo di riscatto e rappresenta tutta la tenacia di una generazione che ha deciso di lottare con ostinazione per il diritto di rimanere nella propria terra e lavorare con dignità. Ne racconta storia, difficoltà, vision e progetti futuri Epifania Lo Presti, referente della comunicazione.
Verbumcaudo è un modello innovativo di gestione dei beni confiscati
Dopo anni di abbandono, acquisito dell’assessorato all’Economia della Regione siciliana nel 2011, il feudo è rinato grazie alla determinazione del Consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo, espressione di 19 comuni delle alte e basse Madonie, che attraverso un bando pubblico ha selezionato giovani del territorio interessati alla formazione professionale in ambito cooperativo. Dopo un periodo di formazione utile a costruire competenze solide e capacità progettuali, un gruppo di ragazzi e ragazze, guidati dal CRESM – Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione e da Confcooperative, ha costituito la nuova Cooperativa Sociale Verbumcaudo, fatto che ha permesso non solo di creare sviluppo nel territorio, ma anche di fermare l’esodo di 11 giovani che altrimenti avrebbero lasciato la Sicilia: le loro sono storie di “restanza”.
Parliamo quindi di una cooperativa produttiva che si è assunta la responsabilità di gestire il fondo per il suo ritorno alla legalità e all’attività economica trasparente e per riconsegnarlo alla sua comunità e alla sua storia, per dare vita a una filiera umana, sociale e produttiva che coinvolga direttamente gli abitanti e i giovani del territorio.
Le storie delle ragazze e dei ragazzi della cooperativa sono storie di “restanza”, tutti giovani che stanno scegliendo di investire nell’entroterra siciliano: ci sono ingegneri, geologi, guide naturalistiche, agronomi, commercialisti e addetti alle lavorazioni agricole qualificati.
In cosa consiste il progetto Verbumcaudo?
Grazie ad una nuova iniziativa progettuale sostenuta da Fondazione con il Sud e Fondazione Peppino Vismara e realizzata da Consorzio Agrietica in partenariato con i comuni di Polizzi Generosa e Valledolmo, Confcooperative Sicilia, Consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo e CRESM – Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione, Verbumcaudo è una realtà capace di essere volano per il territorio; le operazioni colturali stanno rivolgendo una grande attenzione alle eccellenze locali, tutte rigorosamente biologiche, come i grani, ceci, lenticchie, pomodoro siccagno e su questo solco si stanno strutturando interventi per il sociale, con percorsi di educazione alla legalità ed educazione ambientale.
Quali sono le difficoltà che avete incontrato e che state ancora incontrando nello sviluppo del progetto?
La visione su Verbumcaudo è sempre stata chiara a tutti i soci della cooperativa già ben prima che arrivasse il sostegno di Fondazione con il Sud, che è stato fondamentale per realizzare una parte importantissima del progetto, ma non esaustivo: servono infatti ancora tanti altri interventi per rendere efficiente la filiera agroalimentare e coprire l’intero piano industriale che abbraccia tutte le produzioni che si estendono per 150 ettari di terra. Ecco perchè cercheremo altri finanziamenti tra le misure dedicate all’agricoltura.
E quali le maggiori soddisfazioni?
La comunità è stato il nostro primo finanziatore, prima ancora che arrivassero sostegni esterni, quando ancora non avevamo accesso al credito nè alcun bene da capitalizzare: questa è la nostra più grande soddisfazione, il fatto che persone comuni e piccoli coltivatori diretti abbiano anticipato e investito risorse perchè credevano che il progetto Verbumcaudo potesse essere una risorsa per tutto il territorio. Sono stati loro il nostro “incubatore” di impresa e senza il loro sostegno iniziale non ce l’avremmo mai fatta. Il nostro capitale umano, in fase di startup è stata quindi la comunità, e subito dopo è arrivata Fondazione con il Sud a dare un sostegno e considerevole slancio alla nostra tenacia.

A che punto siamo
Dopo l’afosa estate che ha visto il feudo protagonista di un’importante trebbiatura, con la produzione di grano e legumi, e la raccolta del pomodoro Siccagno, un prodotto d’eccellenza coltivato senza apporto d’acqua e raccolto a mano e che è stato trasformato in conserve pronte per la distribuzione e la vendita, proprio questa settimana ha preso avvio la vendemmia nel vigneto dedicato a Placido Rizzotto. Poi c’è la porzione del fondo dove l’IRVO sta portando avanti l’attività di ricerca volta ad approfondire le conoscenze su varietà poco diffuse e di cui si conosce poco dal punto di vista scientifico, soprattutto negli ambienti di media collina: a Verbumcaudo si trova infatti una delle 3 banche del germoplasma della regione per il patrimonio viticolo siciliano dove sono state piantate circa trenta varietà di piante che, oltre all’attività di ricerca, garantiscono la conservazione della biodiversità. Il nostro processo di crescita è già partito, è sotto gli occhi di tutta la comunità che ha avuto fiducia in noi e in questi mesi comincia a cogliere i frutti di un lungo impegno e di una programmazione destinata ad avere un impatto profondo in un’area marginale della Sicilia.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

Progetti futuri
L’annata agraria appena trascorsa è stata la migliore che potessimo desiderare per questo nuovo inizio, ma c’è ancora tanto da fare sotto il profilo del miglioramento della gestione agraria e della meccanizzazione. Stiamo facendo degli investimenti puntuali e tanti altri ne verranno con il PSR ma siamo adesso abbastanza maturi da guardare ad un investimento sull’agricoltura sociale che possa amplificare ancora di più l’impatto sulla comunità che circonda il nostro bene: sentiamo la responsabilità di voler dimostrare che la causa sociale e la causa imprenditoriale possano essere parte della medesima progettualità, sono una la compensazione dell’altra. Siamo fortunati e onorati di aver ereditato una storia così importante come quella che ruota attorno a questo feudo e proprio per questo avvertiamo ancor di più la necessità di essere protagonisti nella creazione di altre opportunità di lavoro per tutta la comunità circostante. Sentiamo il dovere di essere promotori di altre esperienze che necessariamente dovranno essere generate proprio da qui, a partire dalla storia presente, passata e futura di Verbumcaudo.
(ITALPRESS).

Beni confiscati, da Libera ad Avviso Pubblico appello aumento quote

ROMA (ITALPRESS) – Un nuovo protagonismo del terzo settore che permetta alle comunità di riappropriarsi dei beni confiscati alla criminalità organizzata, di valorizzare questo patrimonio attraverso un uso collettivo e di metterlo al servizio della società. E’ questo lo scopo del bando per l’assegnazione dei beni confiscati pubblicato dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Il bando mette a disposizione oltre mille lotti e un milione di euro, scadrà il prossimo 31 ottobre e si rivolge direttamente alle realtà del terzo settore, senza passare per gli enti locali. L’iniziativa è stata accolta favorevolmente dai soggetti coinvolti ma le realtà impegnate nel settore chiedono maggiori risorse.
“E’ sicuramente un’iniziativa importante che può dare un’opportunità e un nuovo impulso all’azione di restituzione alla comunità dei beni confiscati alle organizzazioni criminali e mafiose”, afferma Davide Pati dell’Associazione Libera. Riutilizzare i beni confiscati restituendoli alla collettività, infatti, è significativo per il contrasto alla criminalità organizzata e sottende valori simbolici, culturali e sociali, oltre che economici. “Tutto quello che mafie e corruzione sottraggono a una comunità in termini di diritti e dignità viene restituito con l’uso sociale dei patrimoni sottratti”, evidenzia Pati.
Il bando risulta quindi una nuova occasione per l’attività del settore e, per questo, molti chiedono un aumento delle quote stanziate. Anche Fondazione con il Sud, riconoscendo la novità “importante e significativa” dell’iniziativa, ha proposto al Governo di destinare a questo bando 200 milioni di euro per le attività di gestione e valorizzazione dei beni, attingendoli da quelli destinati al Fondo unico giustizia. “Sicuramente è un appello condivisibile – commenta Davide Pati di Libera – e va naturalmente a sollecitare le istituzioni affinchè possano garantire un sostegno ai progetti di utilizzo dei beni confiscati. Alcuni di questi hanno bisogno di opere di manutenzione e ristrutturazione. E’ importante che le amministrazioni statali possano garantire maggiori risorse. Il presidente della Fondazione, Borgomeo, ha proposto che possano essere prese dal Fondo unico giustizia. Ci sono anche altre opportunità – continua -, penso ai fondi strutturali, gestiti anche dalle Regioni, e al fondo sviluppo e coesione. E’ importante che ci sia una visione di programmazione e riutilizzo dei beni confiscati sul territorio”, aggiunge sottolineando che potrebbe anche essere “utile prevedere una proroga dei tempi”, oltre la scadenza di ottobre.
Per Giovanni Allucci, direttore generale del consorzio Agrorinasce, il bando rappresenta “un fatto positivo”. “Penso che l’Agenzia nazionale – afferma – doveva provarci, anche alla luce del fatto che i comuni hanno cominciato a rifiutare i beni confiscati”. Il bando in modalità “diretta” può anche aiutare a semplificare e accelerare i tempi. “Può essere utile – spiega – ma non so quanto successo possa avere perchè purtroppo ci sono scarse risorse finanziarie. Stiamo parlando di tanti beni confiscati e di soggetti del terzo settore che non hanno una grande capacità finanziaria per sostenere le spese di ristrutturazione. Considero l’iniziativa positiva e inevitabile però ne vedo anche le criticità, non solo finanziarie ma anche nel rapporto con gli enti locali che comunque diventa fondamentale se si vuole avere successo nella realizzazione del progetto proposto. Le soluzioni – aggiunge – sono incrementare le risorse finanziarie e dare la possibilità ai comuni di assumere competenze che servono anche per la valorizzazione dei beni confiscati e del patrimonio comunale”.
Secondo Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, si tratta di “un passo significativo e importante”. Per Romani “bisogna avere contezza di una cosa: mettere soldi sui beni confiscati, perchè rigenerino comunità e riconoscano diritti, non è un costo ma un grande investimento perchè, ai tempi del Covid in particolar modo, le mafie stanno facendo una grande operazione di acquisizione di consenso sociale.
Se non facciamo fruttare anche dal punto di vista sociale ed economico i beni e le aziende confiscate rischiamo di perdere un passaggio di una guerra molto importante. Pensiamo che la richiesta di aumentare i fondi da destinare ai beni confiscati perchè siano usati dal punto di vista sociale sia importante. Dall’altra parte – conclude – le associazioni e le cooperative che useranno questi beni devono avere un approccio molto chiaro sul progetto e sulla sua gestione”.
(ITALPRESS).

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