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Coronavirus, ripartono le lezioni ed esami di laurea a distanza

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Dopo qualche giorno di sospensione della didattica il Politecnico di Milano, seguendo le indicazioni del Ministro dell’Università e della Ricerca e di concerto con tante università italiane, riprende la prossima settimana in modalità a distanza le lezioni e gli esami di laurea.
“Tutti noi siamo convinti del valore della didattica in presenza, per la qualità e la fruibilità dei contenuti, nonché del valore della classe come luogo di aggregazione culturale e sociale” – afferma Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico – “ma scegliamo di far iniziare le lezioni in modalità a distanza per ribadire la funzione principale dell’Università e ridurre l’impatto di questo periodo di sospensione sui nostri studenti”.
Il 2 marzo l’Ateneo partirà con l’erogazione a distanza in via sperimentale di dieci corsi di studio. Saranno coinvolti in tutto circa 120 docenti e 2500 studenti. Un imponente sforzo per studenti, personale tecnico amministrativo e docente.
Questi i 10 corsi di studio: Ingegneria Civile (Laurea) Milano,
Progettazione dell’Architettura (Laurea) Mantova, Progettazione dell’Architettura (Laurea) Piacenza, Urbanistica: Città Ambiente Paesaggio (Laurea) Milano, Building and Architectural Engineering (Laurea Magistrale) Lecco, Computer science and Engineering (Laurea Magistrale) Milano, Food Engineering (Laurea Magistrale) Milano, Geoinformatics Engineering – Ingegneria Geoinformatica (Laurea Magistrale) Milano, Music and Acoustic Engineering (Laurea Magistrale) Cremona, Product Service System Design – Design per il Sistema Prodotto Servizio (Laurea Magistrale) Milano.

Nella settimana successiva verranno attivati a distanza tutti gli insegnamenti.
Anche gli esami di laurea previsti per il 4 e 5 marzo 2020 si svolgeranno con modalità a distanza. Tutti gli studenti saranno quindi in grado di terminare il proprio percorso di studi, iscrivendosi a corsi successivi o iniziando esperienze lavorative. Appena possibile l’Ateneo organizzerà un Graduation Day dedicato ai laureati di questa sessione e alle loro famiglie per festeggiare l’importante traguardo.
Il Politecnico e tutte le università italiane non hanno mai chiuso in questi giorni e, con la ripresa dell’erogazione della didattica, avviano il cammino del ritorno alla quotidianità e del ripristino dei servizi a studenti e cittadinanza.
(ITALPRESS).

Ferruccio Resta nuovo presidente conferenza Rettori Università

ROMA (ITALPRESS) – L’Assemblea dei Rettori ha eletto Ferruccio Resta, 51 anni, Rettore del Politecnico di Milano, Presidente della CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Universita’ Italiane.
Ritengo che, al fianco agli organi di governo, ci sia spazio per una CRUI unita e determinata a ricoprire un ruolo di indirizzo – ha commentato Resta – E’ questo il momento di ribadire un’unita’ di intenti, di fissare obiettivi ambiziosi e condivisi”.
Un dialogo possibile anche grazie alla recente nomina del suo predecessore, Gaetano Manfredi, a capo del Ministero dell’Universita’ e della Ricerca.
Nel suo intervento programmatico, Resta elenca una serie di priorita’: “Esistono urgenze che non possiamo rimandare – ha proseguito Resta – per quegli atenei che altrimenti non sarebbero in grado di reggere la competizione con l’estero e per quelli che non riuscirebbero a sopravvivere, pur essendo l’unica realta’ di crescita di territori in difficolta’. Serve cambiare il paradigma e considerare ricerca e formazione come un investimento e non come una voce di costo. Serve il coraggio di semplificare i vincoli e di innovare la formazione per le future professioni. Un impegno fondamentale e irrinunciabile per fare dell’universita’ una vera e propria infrastruttura della conoscenza a servizio del Paese”.
L’Assemblea ha poi eletto i rettori Salvatore Cuzzocrea (Universita’ di Messina) e Maurizio Tira (Universita’ di Brescia) nuovi membri della Giunta.
(ITALPRESS).

La culla della robotica, 4 laboratori in nuovo spazio 500 mq

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L’antico edificio “Carlo Erba” del Campus Leonardo di Città Studi sarà da oggi la culla della Robotica del Politecnico di Milano. Il nuovo grande spazio ne riunisce le diverse anime e garantisce, attraverso la vicinanza fisica di laboratori all’avanguardia, le sinergie necessarie ad affrontare la materia in modo multidisciplinare.
Una situazione rarissima nella realtà italiana, fortemente voluta dal Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria dell’Ateneo per affrontare le sfide che la robotica avanzata pone al mondo della ricerca.
In 500 mq trovano spazio 4 laboratori già esistenti in passato ma che da oggi avranno la possibilità di lavorare in stretta sinergia: il mOve Lab e altri tre, raggruppati sotto il nome di Leonardo Robotics Labs: gli storici Airlab, Merlin e Nearlab.
Questo il dettaglio:
Il mOve
Il Laboratorio mOve (Automation and Control for Intelligent Vehicles and Smart Mobility) svolge attività di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico nei settori del controllo automobilistico, dei veicoli intelligenti, e della smart mobility.
I 3 laboratori di Leonardo Robotics Labs
AIRLab: il Laboratorio di Intelligenza Artificiale e Robotica (AIRLab), fondato nel 1973, per il supporto alle attività di ricerca, trasferimento tecnologico e didattica nei settori dell’Intelligenza Artificiale, dall’Apprendimento Automatico, della Percezione delle Macchine e della Robotica autonoma, è ora attivo, in particolare, su robotica mobile, robotica agricola, interazione persona-robot, robot per intrattenimento e per persone con fragilità.
MERLIN: il laboratorio MERLIN (MEchatronics and Robotics Laboratory for INnovation) supporta le attività di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico nei settori della meccatronica, della robotica industriale e del controllo del moto, con particolare attenzione alla robotica collaborativa.
NearLab: al NearLab (NeuroEngineering And medical Robotics Lab) si studiano soluzioni e metodi, basati su robotica e applicazioni di intelligenza artificiale, per la terapia, la riabilitazione e per l’assistenza di pazienti affetti da disturbi neuromotori acquisiti o congeniti, anziani e persone fragili.
(ITALPRESS).

SMART BUILDING, IN ITALIA VOLUME AFFARI DI 3,6 MILIARDI NEL 2018

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Nel 2018, in Italia, il volume d’affari associato a investimenti in “smart building” è stato di circa 3,6 miliardi di euro, distribuiti in maniera quasi omogenea tra building devices & solutions (41%, pari a 1,47 miliardi di euro), automation technologies (31%, 1,1 miliardi) e piattaforme di gestione e controllo (28%, 1,02 miliardi), dove gli investimenti in hardware e software l’hanno fatta da padrone, a riprova della sempre maggior importanza della componente digital. Una tendenza destinata a crescere significativamente nel prossimo quinquennio: si stima che in Europa gli investimenti in efficienza energetica e digitalizzazione nel comparto daranno grande spinta all’economia, in particolare nell’edilizia, che contribuisce per il 9% al PIL europeo e garantisce oltre 18 milioni di posti di lavoro, grazie soprattutto alle PMI, responsabili di circa il 70% del volume d’affari.
Sono alcuni dei dati contenuti nello Smart Building Report 2019, il primo dei rapporti redatti dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ad affrontare in maniera organica il tema degli smart building, con l’obiettivo di fotografare la situazione in Italia analizzando in particolare i modelli di business degli operatori. Obiettivo del Report è anche quello di fornire una chiave di lettura corretta per un settore in cui differenti tematiche, dalla generazione di energia all’efficienza energetica fino alla sicurezza delle persone e degli asset, interagiscono in modo articolato.

A tal proposito sono stati intervistati numerosi operatori e analizzate le tipologie di collaborazioni che si instaurano tra loro e tra i loro modelli di business, nonché le dinamiche con cui gli edifici vengono ideati, realizzati e gestiti.
“A tutt’oggi, nell’Unione Europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40% dell’energia consumata (la fetta più grande per un singolo comparto) e del 36% delle emissioni di CO2, perché circa il 35% di essi ha più di 50 anni e quasi il 75% è considerato inefficiente dal punto di vista energetico – spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group -. Se si pensa che solo una quota compresa tra lo 0,4 e l’1,2% (a seconda del Paese) del parco edilizio viene rinnovato con nuove costruzioni ogni anno, la riqualificazione edilizia ricopre un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi energetici prefissati dall’Unione Europea, perché si stima che possa ridurre del 5-6% i consumi primari di energia in Europa, con una conseguente diminuzione del 5% delle emissioni di anidride carbonica”.

Il concetto di building automation non è nuovo, ma viene menzionato già nel 1880, quando fu inventato il primo termostato; si parla di smart building circa un secolo dopo, quando vengono introdotti i primi computer per facilitare il monitoraggio ed il controllo degli impianti presenti negli edifici, ma è con l’avvento del nuovo millennio e la simultanea diffusione dei sistemi di data storage e di analysis che si comincia a delineare il concetto come oggi noi lo intendiamo: “un edificio i cui impianti sono gestiti in maniera intelligente ed automatizzata, attraverso un’infrastruttura di supervisione e controllo, per ottimizzare il consumo energetico, il comfort e la sicurezza degli occupanti, garantendone l’integrazione con il sistema elettrico”.
Sono dunque quattro gli elementi chiave di uno smart building: building devices and solutions (gli impianti e le tecnologie che provvedono alla sicurezza degli occupanti, come quelli di generazione di energia e di efficienza energetica e quelli relativi al tema safety&security), automation technologies (la sensoristica connessa agli impianti, finalizzata alla raccolta dati, e gli attuatori che impartiscono agli impianti i comandi elaborati dalle piattaforme di controllo e gestione), piattaforme di controllo e gestione (l’insieme dei sistemi software volti alla raccolta, elaborazione e analisi dei dati acquisiti dalla sensoristica installata sugli impianti), connectivity (l’insieme dei protocolli di comunicazione, wireless o cablati, che permettono la comunicazione tra sensori, attuatori e la piattaforma di controllo e gestione).

C’è poi l’elemento umano, costituito da coloro che investono, gestiscono e usufruiscono dei benefici e dei servizi, classificati in due categorie: gli hard benefit, quantificabili in termini monetari (risparmio energetico, ottimizzazione della produttività, manutenzione predittiva, aumento del valore dell’immobile) e i soft benefit, tesi al miglioramento delle condizioni socio-ambientali degli occupanti (sostenibilità ambientale, sicurezza, comfort, telegestione, telecontrollo, interoperabilità).
(ITALPRESS).

RISULTATI DEL PROGETTO PER CONTRASTARE ACIDIFICAZIONE OCEANI

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A un anno dall’avvio del progetto di ricerca “Desarc-Maresanus” condotto dal Politecnico di Milano e dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici con il supporto di Amundi e la collaborazione di CO2APPS, il 4 e 5 febbraio si svolge nell’Aula Rogers dell’ateneo milanese il convegno dedicato alla presentazione di diverse soluzioni tecnologiche per la riduzione della CO2 atmosferica e alla discussione dei principali risultati del progetto di ricerca.
“Desarc-Maresanus” ha studiato un processo di alcalinizzazione per contrastare allo stesso tempo due problemi ambientali di grandissima rilevanza: l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e la conseguente acidificazione degli oceani. Il processo consiste nello spargimento di idrossido di calcio sulla superficie del mare che, combinandosi in un processo spontaneo con acqua, aumenta la capacità tampone delle acque marine verso l’acidità e permette di contrastare la diminuzione del pH; questo favorisce la rimozione di CO2 dall’atmosfera. In particolare, sono stati analizzati in dettaglio la fattibilità tecnica ed economica di questo processo, il suo bilancio ambientale, nonché i benefici per il comparto marino, con un focus sul Mediterraneo.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

Questi i principali punti della ricerca Desarc-Maresanus, più nel dettaglio: lo studio modellistico ha mostrato come lo spargimento di idrossido di calcio sulla superficie del mare permetterebbe di contrastare il trend esistente di acidificazione del Mediterraneo, trend attualmente in linea con quanto avviene negli oceani di tutto il mondo. L’idrossido di calcio rilasciato si combina in un processo spontaneo con acqua e CO2 che aumenta la capacità tampone delle acque marine verso l’acidità e permette di contrastare la diminuzione del pH; lo studio condotto con un modello fluidodinamico ha confermato l’elevata dispersione dell’idrossido di calcio se rilasciato nella scia di una nave, quindi la possibilità pratica di spargerne grandi quantità con navi già esistenti o dedicate. L’idrossido di calcio rilasciato in forma di sospensione liquida si dissolve grazie alla grande turbolenza della scia della nave; sono stati studiati diversi scenari di spargimento dell’idrossido di calcio nel Mediterraneo, con diversi tipi di navi, ed è stato valutato anche il potenziale di spargimento a scala globale in base ai dati sul traffico navale esistente.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

Lo spargimento da parte delle navi già esistenti si presenta come la soluzione più efficiente;
sono stati studiati sistemi innovativi per stoccare la CO2 che non deve essere emessa in atmosfera, alternativi al tradizionale stoccaggio geologico, valutando la fattibilità di diverse opzioni, fra cui lo stoccaggio sottomarino in forma di bicarbonati o tramite capsule di vetro. Su queste ultime sono state effettuate simulazioni di dettaglio per valutarne la resistenza meccanica. Sono state discusse le condizioni che potrebbero rendere le diverse opzioni più o meno vantaggiose, in relazione al contesto locale, nonché le ulteriori ricerche necessarie per garantire di ridurre al minimo i potenziali impatti ambientali; sono disponibili diversi metodi per rimuovere CO2 dall’atmosfera, e i costi stimati per il nuovo processo studiato sono allineati agli elevati prezzi della CO2 nel mercato del carbonio previsti nei prossimi decenni;
le valutazioni effettuate con la metodologia dell’analisi del ciclo di vita (LCA) mostrano come siano possibili diverse varianti del processo, che possono utilizzare differenti tipi di combustibili, che presentano un diverso ventaglio di benefici, criticità e sfide tecnologiche che dovranno essere affrontate in futuro.

Secondo il Professore Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici presso il Politecnico di Milano e Project Leader della ricerca: “I risultati raggiunti sono molto interessanti e sono un ulteriore passo in avanti, ci danno fiducia che sia possibile rimuovere CO2 dall’atmosfera a prezzi non proibitivi, dando anche una risposta al grande problema dell’acidificazione del mare. Servono altre ricerche, sia riguardanti il processo tecnologico che delle interazioni con l’ambiente, ma questi primi risultati sono promettenti. Sappiamo che dobbiamo ridurre in modo rapido e drastico le emissioni di gas climalteranti, con questo progetto abbiamo iniziato a lavorare per fare anche di più”.
Il Professore Mario Grosso, responsabile scientifico della ricerca per il Politecnico di Milano, aggiunge: “I tempi sono maturi per proporre qualcosa di veramente ambizioso nel contrasto ai cambiamenti climatici e all’acidificazione degli oceani. I confortanti risultati del progetto giungono nel momento più propizio, proprio quando stiamo entrando nel decennio decisivo per affrontare queste sfide epocali, e quando anche l’Unione Europea sta proponendo strategie forti e concrete di mitigazione”.

La Dottoressa Simona Masina, responsabile dell’unità di modellistica oceanica della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, afferma: “Come sottolineato anche negli ultimi rapporti dell’IPCC, la semplice riduzione delle emissioni di CO2 non sarà più sufficiente per controbattere la crisi climatica del nostro pianeta. Gli studi modellistici svolti in Desarc-Maresanus indicano come il processo di alcalinizzazione dimensionato in modo adeguato potrebbe contribuire a mitigare contemporaneamente i due problemi principali causati dalle emissioni di CO2 antropogenici elevati: il riscaldamento del pianeta e l’acidificazione dell’oceano”.
Paolo Proli, Head of Retail Distribution di Amundi SGR, conclude: “abbiamo rinnovato anche nel 2020 il nostro sostegno economico al progetto di ricerca Desarc-Maresanus perché l’attenzione ai temi della sostenibilità e al contrasto dei cambiamenti climatici rappresenta un impegno di lungo periodo per Amundi che non si esaurisce in una singola iniziativa ma permea profondamente la nostra azienda, dai processi di investimento, alle politiche di voto in assemblea, alle iniziative in favore dell’ambiente e ad impatto sociale”.
(ITALPRESS).

INTELLIGENZA UMANA E ARTIFICIALE PER LA CUSTOMER CARE DEL FUTURO

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La tecnologia non sostituirà le interazioni umane, anche per quanto concerne i servizi di Customer Care, un settore sensibilmente impattato dalla rivoluzione digitale ma che vede gli utenti continuare a preferire l’interazione umana rispetto a quella con chatbot e intelligenza artificiale. Al contrario, una crescente esigenza di caring valorizzerà sempre più l’importanza del fattore umano, attraverso una sorta di Augmented Humanity costituita da agenti sempre più specializzati, al centro di un sistema digitalizzato.
È quanto emerge dal white paper “Il futuro del Customer Management: augmented humanity”, elaborato dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Comdata, uno dei principali provider globali di soluzioni innovative nel settore Customer Operations, presentato ieri in un evento al Politecnico.
L’ultima “rivoluzione tecnologica” ha profondamente cambiato il settore imprimendo una forte digitalizzazione alla customer care: l’automazione intelligente e le sue applicazioni, quali machine learning, chatbot e mobile messaging, consentono di introdurre nuovi sistemi di Customer Management e migliorare le performance, in ottica di efficienza e di efficacia, impattando sull’experience generale dei clienti.

Si pongono però, al tempo stesso, anche nuove sfide, quali le competenze umane, la formazione continua di coloro che si occupano della relazione con i clienti e l’introduzione di risorse con differenti skill.
È in questo senso che si delinea la prospettiva di Augmented Humanity, ovvero ad agenti sempre più qualificati, in grado di garantire empatia e contatto umano in una relazione facilitata, “aumentata” grazie dall’utilizzo della tecnologia. La sfida competitiva del Customer Management e delle aziende fornitrici di tali servizi in outsourcing non si giocherà, quindi, tanto su tematiche tecnologiche, quanto sulla capacità di bilanciare touchpoint digitali e human based nella proposizione di servizi di Customer Management: sarà quindi l’uomo, supportato dalla tecnologia, a fare la differenza.
“I prossimi dieci anni vedranno un cambiamento epocale in tutti i settori del business, un profondo cambiamento che toccherà anche il customer management. Oggi abbiamo quindi la possibilità di delineare le strategie del futuro mettendo al centro l’uomo, sia come interlocutore altamente specializzato nella fornitura di un servizio di assistenza, sia come cliente. I brand dovranno accrescere fiducia e trasparenza mostrando empatia e capacità di anticipare le necessità. Grazie all’esperienza di oltre 600 milioni di interazioni gestite ogni anno, Comdata può contribuire in modo determinante ad affiancare i brand e condividere questo percorso per riportare l’uomo al centro dei processi in un’ottica di lungo periodo” commenta Alessandro Zunino, AD di Comdata.

“Il customer management è in profonda evoluzione: la tecnologia è certamente una determinante del cambiamento e rappresenta un utile strumento a supporto della gestione della relazione del cliente. Tuttavia, il vero punto fermo è che l’uomo, supportato dalla tecnologia, continuerà a fare la differenza: perché ha a che fare con uomini, i clienti, che non si nutrono unicamente di una dieta digitale e solo il cervello dell’uomo è in grado di introdurre quelle discontinuità che permettono alla relazione di compiere un salto di empatia che nessun algoritmo è in grado di innescare” afferma Giuliano Noci, Ordinario di Marketing e Prorettore delegato del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano.
Come dimostrano le ricerche approfondite nel white paper, durante gli acquisti definibili di “grande importanza” (alto costo e/o con coinvolgimento emotivo), i clienti preferiscono ancora interagire con persone fisiche (45% dei casi) o con un mix di intelligenza umana ed artificiale (47% dei casi)1.
Nonostante utilizzino sempre più canali digitali self-service per attività di routine, infatti, gli utenti desiderano comunque poter accedere a conversazioni con personale qualificati o nel momento del bisogno e, in particolare, nel momento in cui ci si trova a dover gestire problemi complessi, che necessitano del supporto di personale specializzato.

Nell’ambito delle tecnologie maggiormente utilizzate, i Chatbot possono portare a una riduzione dei contatti con l’assistenza clienti nell’88% dei casi ma solo nel 12% a un miglioramento della fedeltà nella relazione impresa-cliente2. Quando non ricevono il supporto richiesto, i consumatori sono quindi più propensi a rinunciare al prodotto e ad abbandonare la relazione con i brand. Risulta quindi di maggior efficacia un bilanciamento di contributo umano, portato da personale qualificato e competente, con tecnologie innovative.
Questo equilibrio contribuirà al rafforzamento della centralità del Customer Management, un settore che – secondo le stime analizzate nel paper – in Italia ha registrato un valore di mercato di circa 2,1 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 2,5% nel 2018, rappresentando lo 0,12% del PIL nazionale. Un trend che è stato registrato anche a livello globale dove il settore ha un valore di mercato di 72,4 miliardi di dollari nel 2018 e che si stima poter superare gli 88 miliardi di dollari entro il 2022.
(ITALPRESS).

NUOVI VERTICI AL MIP, VITTORIO CHIESA PRESIDENTE

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Il MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business da gennaio ha un nuovo vertice. Il presidente è Vittorio Chiesa, 59 anni, professore ordinario di Strategy al Politecnico di Milano, mentre è stato nominato Dean Federico Frattini, 39 anni, professore ordinario di Strategic management and Innovation nello stesso Ateneo.
Il MIP è una Business School riconosciuta e accreditata a livello internazionale che da 40 anni forma sia laureati ed executive interessati a sviluppare la propria carriera manageriale, in azienda o nella pubblica amministrazione, sia imprese che intendono innovare i profili e le competenze di manager e professional. Assieme al dipartimento di Ingegneria gestionale compone la School of Management del Politecnico di Milano, la cui mission è “avere un impatto sulla società attraverso la creazione e la condivisione di conoscenza nel punto di incontro tra ingegneria, management ed economia”.
“La particolarità del MIP consiste nel combinare la formazione su temi di management, economia e finanza con modelli e competenze di stampo ingegneristico – conferma Vittorio Chiesa – così da formare manager capaci di gestire il business e affrontare processi decisionali con approccio analitico. Questa peculiarità, unita a una grande spinta verso l’internazionalizzazione e all’attenzione nell’innovare i formati utilizzati per erogare i corsi, ci consente di dare risposte adeguate ai profondi cambiamenti in atto nel mercato”.
“Il MIP ha avviato da anni un processo di digitalizzazione che lo ha portato a lanciare con successo il primo MBA in Italia erogato in modalità smart learning – aggiunge Federico Frattini -. Questa rivoluzione oggi permea tutta la nostra offerta formativa, sia per gli individui che per le aziende, perché gli strumenti digitali consentono la massima libertà di fruizione dei contenuti educativi senza alterarne l’efficacia. Ma l’elemento tecnologico non è solo ‘forma’, è anche ‘sostanza’ dei nostri corsi, perché crediamo che oggi un buon manager debba essere prima di tutto un esperto nella gestione dell’innovazione, con grande sensibilità ai temi del digitale”.

Nato nel 1979 come Master in Ingegneria della Produzione, poi trasformatosi nel 1986 in un Consorzio tra il Politecnico di Milano, varie istituzioni e aziende di spicco, oggi il MIP è una Società Consortile per azioni senza scopo di lucro in grado di integrare il know-how accademico con una forte esperienza professionale, derivata dal legame con il mondo imprenditoriale e della consulenza.
Grazie allo stretto contatto con le aziende, infatti, la Scuola ha uno sguardo privilegiato sul mondo del lavoro e riesce a sviluppare programmi e servizi in linea con le esigenze del mercato. Oltre al Politecnico di Milano e Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, le imprese che ne fanno parte ad oggi sono: Ansaldo Energia, Banca Mediolanum, BIP Business Integration Partners, Bticino, Carrefour, Danieli & C. Officine Meccaniche, Edison, ENI Corporate University, Marelli Europe, Fondazione Cav. Lav. Carlo Pesenti, IBM Italia, Italgas, Italtel, Luxottica, Microsoft Italia, OTB, Pirelli & C, SIA, Snam, TIM, Vodafone, Whirlpool.
(ITALPRESS).

LE IMPRESE A.P.I. TESTIMONIAL SCUOLA DESIGN POLIMI

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«Industria 4.0 ha reso ancora più consapevoli le PMI in merito all’importanza della formazione, delle soft skill, della flessibilità e della necessità di nuove competenze sempre più digital. Sono, infatti, necessari: nuove energie e talenti per costruire le aziende di domani. Per questo siamo più che favorevoli a incontri e progetti come questo, per rendere ancora più fruttuoso il legame tra piccole e medie industrie e atenei».
Così Stefano Valvason, direttore generale di A.P.I. è intervenuto alla presentazione della prima fase di ricerca del progetto “Working Through Digital Transformation (WTDT)”, promosso dal gruppo di ricerca Imagislab del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, in collaborazione con Twig e con i Master in Brand Communication e in Digital Strategy (POLI.design, Politecnico di Milano) al BASE di Milano (via Bergognone 34).
L’obiettivo del progetto WTDT è quello di sviluppare un ecosistema in cui giovani talenti e imprese possano incontrarsi, al fine di facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro di professionisti capaci di comprendere e guidare la trasformazione digitale.

Tra i presenti e testimonial intervistati dagli studenti della Scuola del Design del Politecnico di Milano nel corso della ricerca numerosi gli imprenditori associati ad A.P.I., la vicepresidente Luciana Ciceri, titolare di Ciceri de Mondel Srl, il componente del Consiglio Direttivo Daniele Guerzoni con il fratello Riccardo, titolari di Guerzoni Srl, Italo Moriggi, titolare di Skorpion Engineering Srl, ma anche Stefano Valvason, direttore generale A.P.I. e Alessandra Pilia, assistente del presidente e responsabile del servizio comunicazione.
Il direttore generale Stefano Valvason, nel corso dell’intervento ha evidenziato che «per il futuro delle PMI lombarde l’inserimento di giovani talenti è d’importanza strategica. Incontrare e lavorare con i giovani studenti sui bisogni e le aspettative delle PMI di oggi, con un occhio di riguardo per i processi di trasformazione delle competenze che stanno affrontando, permette a entrambi di conoscersi e di costruire il domani». Infine, ha sottolineato che «dal confronto tra Università, giovani qualificati e PMI, possono nascere molte opportunità, per tutti. A.P.I. lavora per crearle, valorizzarle e amplificarle».

Francesca Piredda, professore associato del Dipartimento di Design, Scuola del Design, Politecnico di Milano, ha evidenziato che «In un contesto in cui sia le infrastrutture che i comportamenti mediali cambiano le relazioni fra stakeholder, fra domanda e offerta, la ricerca di design può guidare l’evoluzione di tali relazioni verso la coopetition e l’integrazione delle audience nei processi d’impresa».
(ITALPRESS).

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