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PRESENTATO IL TERZO WATER MANAGEMENT REPORT

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I cambiamenti climatici, una crescente sensibilità ambientalista che ha investito fasce sempre più larghe della popolazione e la recente svolta Green del governo Italiano ed europeo, stanno rendendo sempre più attuale il tema di una corretta ed efficiente gestione delle risorse. Una delle più importanti di queste risorse è quella dell’acqua, a ragione sempre più considerata un bene prezioso e non illimitato. Un tema, quello della gestione dell’acqua, che coinvolge Authority, istituzioni e imprese, soggetti che possono contribuire, ognuno a suo modo, a ridurre gli sprechi e implementare le tecniche di risparmio di acqua e dell’energia da essa prodotta. Se ne è parlato oggi al Politecnico Bovisa di Milano, nel corso della presentazione della terza edizione del Water Management Report, la ricerca che analizza lo stato del servizio idrico in Italia. In particolare, la ricerca ha analizzato e valutato l’evoluzione normativa del servizio idrico, la qualità del servizio, l’evoluzione del mercato, una serie di soluzioni tecnologiche per il riuso e il riciclo dell’acqua e i cosiddetti certificati blu, un meccanismo di incentivazione dei risparmi idrico costruito sull’esperienza dei certificati bianchi, i titoli di efficienza energetica in uso per l’energia elettrica.

In particolare, per quanto riguarda il nuovo metodo tariffario che entrerà in vigore dal 2020 e che promuove l’efficienza e la qualità del servizio, il report ha fatto emergere il fatto che gran parte degli operatori del settore lo considera positivo. Al contrario, invece, gran parte dei soggetti interessati, considera negativa la legge Daga, attualmente in discussione in Parlamento, che chiude la porte alla liberalizzazione del mercato e riporta ad una gestione pubblica e locale dell’acqua. Analizzando invece il servizio idrico integrato, si nota che in Italia ci sono ancora perdite più elevate è una qualità dell’acqua inferiore rispetto alla media europea. Le cose vanno molto meglio nel Nord Ovest del nostro Paese, molto male invece nel Sud e nelle Isole. Il motivo è legato all’obsolescenza delle infrastrutture, ma anche alla “taglia” degli operatori (meglio i più grandi dei più piccoli).

“In Italia ancora non c’è coscienza della scarsità della risorsa acqua – ha spiegato Davide Chiaroni, Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano -, ma più che parlare di come definire il modello di governance dell’acqua, la vera sfida dovrebbe essere quello dell’efficentamento idrico e la soluzione giusta sono i certificati blu”. “L’acqua è uno dei settori più tristi del nostro Paese, secondo solo a quello dei rifiuti, a causa della cattiva organizzazione e della presenza nel mercato di infiltrazioni mafiose – ha commentato Umberto Bertele’, School of Management del Politecnico di Milano -. Un settore in cui c’è abbondanza di risorse, almeno in Italia, rischia così di entrare in crisi. Con questo report cerchiamo di dare il nostro contributo per trovare una soluzione”.
(ITALPRESS).

M.C. ESCHER E LA FISICA, STUDIO SU PHYSICAL REVIEW LETTERS

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Uno dei più famosi disegni dell’artista olandese M.C. Escher, il “Cerchio Limite IV (Paradiso e Inferno) mostra angeli e demoni in una tassellazione che riempie un cerchio senza spazi vuoti. Da questa magistrale incisione hanno tratto ispirazione i ricercatori di una collaborazione internazionale comprendente il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano per l’articolo pubblicato su Physical Review Letters e che ne ha meritato la copertina.
Lo sguardo libero e non convenzionale dell’arte ha lanciato stavolta un prezioso assist alla scienza.
I ricercatori del gruppo del Professor Paolo Biscari, insieme ai loro collaboratori, hanno scoperto che la disposizione di angeli e demoni nella celebre figura consente di prevedere come un corpo cristallino modificherà la sua forma se sottoposto ad azioni esterne.
L’incisione di Escher è legata infatti al lavoro di matematici che nella metà del secolo scorso stavano esplorando le proprietà degli spazi iperbolici: questi ultimi sono proprio l’oggetto dello studio che mostra un collegamento tra questi particolari spazi e fenomeni quotidiani come la deformazione plastica permanente della materia.

L’opera d’arte ha fatto scattare la scintilla per elaborare un nuovo approccio al problema della descrizione matematica dei fenomeni di deformazione di materiali complessi.
Il nuovo sguardo proposto dai ricercatori mostra come si possano associare le forme del reticolo cristallino ai punti dello spazio iperbolico. Nelle sue deformazioni, il materiale cambia di volta in volta forma, passando da quella associata (per esempio) a un angelo della figura di Escher a quella associata a uno degli angeli vicini. La plasticità nei cristalli, per esempio nei metalli, è dovuta infatti alle interazioni di difetti reticolari che vengono spostati dalle forze applicate al corpo durante la sua deformazione.
Il modello promette di diventare un nuovo utile strumento per lo studio e la simulazione numerica di fenomeni plastici alle scale microscopiche, nelle quali le teorie convenzionali non riescono a descrivere correttamente numerose proprietà come la resistenza meccanica e le sue imprevedibili fluttuazioni, che possono anche generare vere e proprie valanghe plastiche.
Il controllo di questi fenomeni apre di fatto nuove strade per la progettazione e lo sviluppo (guidati da teoria e simulazione) di nuovi materiali e per l’ottimizzazione dei processi di micro-manifattura.
(ITALPRESS).

PMI DAY 2019, 84 IMPRESE E 3000 NEOLAUREATI SI INCONTRANO

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Le PMI, tradizionale ossatura del sistema economico italiano, oggi più che mai necessitano di innovazione per restare competitive. L’assunzione di giovani ingegneri capaci di cogliere le opportunità offerte della tecnologia può davvero fare la differenza.
Il Politecnico con il suo PMI DAY mette in contatto domanda e offerta in un evento unico per tipologia e dimensioni in Italia.
Un appuntamento chiave nel piano strategico 2020-22 dell’ateneo che ha, tra gli altri, l’obiettivo di supportare la crescita dell’ecosistema locale anche in ottica di internazionalizzazione. In questo senso, la sinergia tra giovani professionisti e PMI può influenzare positivamente le scelte industriali del Paese aprendole con fiducia al progresso tecnologico.
“Il nostro sistema economico si basa su aziende di dimensioni ridotte, ma non per questo meno competitive. Esistono sul territorio italiano realtà di nicchia estremamente innovative, che vanno valorizzate ed inserite in una rete capace di sfruttarne e di moltiplicarne le potenzialità. L’università, hub di innovazione, è chiamata a dare risposte concrete in un momento in cui l’evoluzione tecnologica e la preparazione del capitale umano possono fare la differenza. Sapremo competere se avremo gli strumenti e la preparazione adeguati. Per questo l’incontro di oggi è per il Politecnico di Milano un momento cardine non solo per i propri studenti, ma per la definizione del nuovo piano strategico” – commenta il Rettore, Ferruccio Resta.

La fiera è un’opportunità importante per i neo ingegneri politecnici se si considera che, secondo l’ultima indagine occupazionale, il 60% dei neolaureati magistrali del Politecnico inizia a lavorare in Italia in una PMI con uno stipendio netto medio di 1.353 Euro, che arriva a 1.499 per i corsi di ingegneria e con un contratto di tipo stabile (indeterminato o apprendistato) nel 50% dei casi.
Numeri che hanno attratto oggi al Campus Bovisa oltre 3000 tra studenti e laureati del Politecnico. Un altro record dell’edizione 2019: sono 84 le PMI partecipanti provenienti da 18 settori diversi (il 17 % Elettronico e Automazione; 13% ICT Information Technology; 12 % Metallurgico /Metalmeccanico, 11% Meccanico/Impiantistico; 17% Consulenza e, infine, Chimica e Energia/Oil&Gas).
Gli studenti e i neolaureati hanno oggi la possibilità di incontrare agli stand i referenti delle aziende (88% lombarde), di acquisire informazioni sulle posizioni aperte e le opportunità di carriera, di sostenere un primo colloquio conoscitivo e, per la prima volta, ricevere dalle imprese consigli su come rendere più efficace il curriculum presso l’area CV Check.
(ITALPRESS).

IL COMPETENCE CENTER DI MILANO LANCIA IL PRIMO BANDO

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Il Competence Center MADE lancia il suo primo bando di finanziamento per aziende e PMI che desiderano intraprendere un percorso di innovazione digitale. Sono 1.500.000 gli euro stanziati a favore di aziende che vogliono utilizzare competenze e risorse tecnico-manageriali specializzate in Industria 4.0 per avviare, nell’ambito dei propri contesti produttivi, progetti di innovazione, sviluppo sperimentale e trasferimento tecnologico. Una scelta strategica di MADE, che punta maggiormente al capitale umano e non all’adozione di tecnologie digitali, già supportata da agevolazioni fiscali.
In quest’ottica, il bando prevede un contributo nella misura massima del 50% dei costi/spese sostenuti fino all’importo di 200.000 € di una o più attività progettuali. Le domande saranno valutate da una Commissione composta da esperti del settore.
«La nostra scelta» ha specificato Marco Taisch, Presidente del Competence Center MADE, «coerentemente con gli obiettivi previsti dal Piano Nazionale Industria 4.0, è stata quella di progettare il bando al fine di configurare MADE come una piattaforma di risorse, know-how e competenze a supporto della trasformazione digitale del settore manifatturiero italiano, e quindi di tutte le aziende che vorranno accedere al bando stesso».

Il bando prevede la possibilità di intraprendere attività progettuali diverse a seconda della maturità tecnologica delle aziende partecipanti. Infatti, a quelle che si stanno avvicinando al mondo della trasformazione digitale, sarà proposto un supporto alla creazione di una Strategia Industria 4.0. Alle aziende di livello intermedio si offrirà la possibilità di attivare progetti di innovazione e di sviluppo sperimentale (a livello di prodotto, processo e modelli organizzativi), nonché la creazione di demo, prototipi, proof of concept e test-bed fornendo ambienti, know-how e strumenti tecnici, tecnologici e metodologici disponibili anche all’interno di MADE. Per le PMI già mature, infine, il bando favorirà attività di supporto per lo scouting tecnologico, per l’attività di consulenza tecnologica e per la validazione di progetti Industria 4.0 già in atto.
In dettaglio, il bando si articola su tutti gli ambiti tecnici di MADE:
a) Progettazione, ingegnerizzazione e sviluppo prodotto;
b) pianificazione, controllo avanzamento e monitoraggio della produzione;
c) tecnologie digitali per la gestione del fine vita del prodotto;
d) controllo e monitoraggio energetico;
e) tracciatura di prodotto e gestione della qualità;
f) sistemi digitali di supporto all’operatore;
g) tecnologia e processo additivo;
h) robotica collaborativa;
i) cyber-security industriale;
j) strumenti digitali a supporto di politiche di Manutenzione 4.0;
k) strumenti digitali a supporto di politiche di Lean4.0;
l) intelligenza artificiale e Big Data Analytics;
m) logistica interna e tracciabilità.

Il bando è disponibile al sito www.made-cc.eu. La scadenza per presentare le domande è il 20/01/2020.
(ITALPRESS).

POLIHUB ANCORA TRA I MIGLIORI CINQUE INCUBATORI UNIVERSITARI AL MONDO

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PoliHub, l’Innovation District & Startup Accelerator del Politecnico di Milano, gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, è stato premiato tra i migliori cinque incubatori universitari al mondo nel ranking di UBI Global per la terza edizione consecutiva. Il risultato è stato annunciato a Doha, durante il World Incubation Summit, l’evento di condivisione delle migliori pratiche internazionali nel settore della creazione d’impresa e di presentazione del ranking redatto da UBI Global, associazione indipendente svedese che, dal 2013, misura le performance degli incubatori. Al primo posto si è posizionato nuovamente il britannico SETSquared Partnership, l’incubatore derivante dall’alleanza tra le Università di Bath, Bristol, Exeter, Southampton e Surrey. Completano la Top 5, oltre a PoliHub, il canadese DMZ della Ryerson University di Toronto, il turco ITÜ Çekirdek della Istanbul Technical University e l’olandese YES!Delft della Delft University of Technology.

La valutazione di UBI Global World Rankings 19/20 (https://ubi-global.com/) ha analizzato nel mondo 1.580 iniziative, 591 hanno partecipato all’audit e 364, appartenenti a 78 Paesi diversi, sono giunte al termine della valutazione. Le iniziative sono state classificate in base alla tipologia di programmi, distinguendo tra incubatori e acceleratori, e in base alla natura, distinguendo tra iniziative universitarie, iniziative gestite da aziende oppure dalla pubblica amministrazione, categoria quest’ultima aggiunta nell’edizione di quest’anno.
Le categorie premiate sono quindi diventate nella nuova edizione del ranking le seguenti: University Business Incubators, Public Business Incubators, Private Business Incubators, University Business Accelerators, Public Business Accelerators e Private Business Accelerators.

PoliHub appartiene alla prima categoria, University Business Incubators, la più competitiva e che pesa per oltre il 40% del campione, le cui prestazioni generano maggiore impatto sull’ecosistema dell’innovazione e per questo è ritenuta da UBI la categoria di rifermento del benchmark.
La metodologia di valutazione si basa su tre aree principali: il valore generato per l’ecosistema (numero di startup incubate, fatturato delle startup, posti di lavoro, finanziamenti ottenuti), il valore per le startup incubate (quantità e qualità dei servizi offerti alle startup, numero di relazioni con imprese, università, finanziatori) e l’attrattività per le startup e l’ecosistema (numero di idee valutate, tasso di crescita e sopravvivenza delle startup, numero di partner dell’incubatore).

I valori di performance di PoliHub sono cresciuti anche quest’anno, infatti il benchmark ha mostrato punteggi decisamente elevati nell’area del valore creato per le startup, in particolare nella sottocategoria dello sviluppo delle competenze e della capacità di attrazione dei capitali che favoriscono operazioni di acquisizione da parte di aziende consolidate (3 le operazioni di exit monitorate durante il periodo di monitoraggio dell’attuale benchmark). Il modello di business è considerato ibrido in quanto l’incubatore del Politecnico di Milano ha esteso negli ultimi anni le proprie attività dai tradizionali servizi di incubazione fino ai programmi di accelerazione, grazie anche alla costituzione del Fondo di Venture Capital Poli360.
Infine, PoliHub si è distinto per la qualità dei servizi di trasferimento tecnologico messi a punto nelle proprie piattaforme di scouting, realizzate anche in collaborazione con altre Università e Centri di Ricerca e per la specificità di agire in stretta sinergia con il Distretto di Innovazione del Politecnico di Milano.

“Il riconoscimento a PoliHub è la conferma della validità del ‘sistema Politecnico’ – ha commentato Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano -. È l’affermazione di una condizione ben precisa: quella secondo cui solo instaurando un rapporto di collaborazione competitiva si possono ottenere risultati molto più grandi rispetto a quando si lavora singolarmente. E allora il premio consegnato a Doha è un risultato che dobbiamo alla città di Milano. Con lei cresce la nostra capacità di attrarre talenti e idee. È un vantaggio che dobbiamo a un territorio, la Regione Lombardia, che investe concretamente nello sviluppo del Distretto di Innovazione di Bovisa. È un premio che dobbiamo alle imprese che qui iniziano ad insediarsi per sfruttare appieno quei meccanismi di condivisione della conoscenza, di collaborazione tra pubblico e privato, che sono l’unica via per affermare la nostra capacità di fare impresa, per crescere in dimensioni e in competenza, per stimolare il mercato ad investire sull’università come leva per lo sviluppo. PoliHub – ha aggiunto – è oggi al centro di un vero e proprio ecosistema capace di competere a livello internazionale”.

A queste considerazioni, si unisce la soddisfazione di Stefano Mainetti, CEO di PoliHub, presente a Doha con Claudia Pingue, General Manager, e Federica Biancon, Investment Manager, al World Incubation Summit 2019: “Siamo orgogliosi di questo risultato. Partecipare a iniziative come questa, basate su parametri oggettivi di valutazione, è fondamentale perché è il confronto internazionale a fare la differenza per chi fa un mestiere come il nostro. PoliHub oggi è un punto di riferimento in Italia ma non è più sufficiente. La nostra sfida è quella di operare con lo stesso livello di qualità dei migliori ecosistemi internazionali, valorizzando le peculiarità e le eccellenze della realtà Italiana. Gli scambi e i confronti tenuti in questi giorni di Summit ci hanno confermato che stiamo lavorando nella giusta direzione”, ha concluso Mainetti.

PARCO GASOMETRI, 5 MILIONI DI EURO DA REGIONE LOMBARDIA

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La giunta regionale della Lombardia, su iniziativa del vicepresidente Fabrizio Sala, ha approvato la delibera che finanzia con 5 milioni di euro la realizzazione del nuovo ‘Parco gasometri’ nel quartiere Bovisa a Milano.
L’accordo con il Politecnico di Milano per la realizzazione della nuova struttura, che ospiterà le 120 aziende dell’incubatore d’impresa Polihub, prevede la riqualificazione del quartiere realizzando non solo nuovi spazi dedicati all’innovazione, ma anche aree verdi e sportive accessibili ai cittadini.
Il Parco attrarrà anche imprese e nuove start up che riterranno vantaggiosa la prossimità con un importante polo di ricerca e innovazione come il Politecnico di Milano.
“Con 5 milioni di euro Regione Lombardia dimostra di puntare concretamente a sviluppare centri di innovazione a vocazione internazionale, favorendo la collaborazione tra pubblico e privato, tra imprese e mondo universitario” ha commentato il vicepresidente Fabrizio Sala, assessore regionale alla Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione.
“Grazie a Regione Lombardia e al suo Vice Presidente, l’attenzione ai temi dell’innovazione e del trasferimento tecnologico si traduce in sviluppo economico e creazione d’impresa – ha affermato Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano – Un impegno che il nostro ateneo assume con grande responsabilità. Un tassello fondamentale nella realizzazione di un distretto di innovazione che, anche per merito del contributo di Regione Lombardia, cresce in termini di massa critica, di capacità attrattiva, di competitività.”
(ITALPRESS).

PRESENTATO L’ELECTRICITY MARKET REPORT 2019

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Ampliare la platea di soggetti che possono partecipare al Mercato per i servizi di dispacciamento (Msd) è una delle strategie adottate dal nostro Paese per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del sistema elettrico al 2030 definiti dal Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Si tratta di un’iniziativa già in sé rilevante che si inserisce in un profondo e più ampio ridisegno dell’attività di dispacciamento, il quale ha visto un momento fondante nella pubblicazione del documento per la consultazione sul nuovo testo integrato del dispacciamento elettrico (Tide) da parte di Arera, avvenuta il 25 luglio scorso.
Gli operatori hanno subito risposto alla novità in maniera incoraggiante: sono state abilitate a partecipare al MSD nuove risorse per oltre 1.100 MW di capacità complessiva, che corrispondono a circa 150 unità ‘virtuali’. Sono le cosiddette Uvam – Unità virtuali abilitate miste – composte da unità di produzione, di consumo o miste. La sfida è ora quella di andare oltre i progetti pilota e far diventare queste risorse una componente strutturale per la gestione del sistema elettrico, massimizzando il rapporto tra benefici e costi.
All’analisi del mercato elettrico italiano, delle sue evoluzioni più recenti e delle sue prospettive è dedicato l’Electricity Market Report 2019, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Il report, giunto alla sua terza edizione, ha cercato di scattare una fotografia il più possibile nitida di un settore in grande fermento, coinvolgendo come sempre nella ricerca numerosi ed autorevoli partner.

“E’ chiaramente urgente una riforma organica dell’attività di dispacciamento, a partire dall’allargamento dei soggetti abilitati a fornire servizi di regolazione – commenta Vittorio Chiesa, direttore dell’E&S Group della School of Management del Politecnico di Milano -. Si tratta di un percorso che l’Autorità ha intrapreso da alcuni anni e che ha visto una tappa fondamentale nel DCO pubblicato il 25 luglio scorso. Con Terna si sono avviati diversi progetti pilota per aprire il Mercato dei servizi di dispacciamento a nuovi soggetti, introducendo le Unità Virtuali Abilitate (UVA) – unità di consumo e di produzione, compresi i sistemi di accumulo, aggregati per partecipare al MSD – e la figura dell’aggregatore, in grado di abilitare alla partecipazione le unità non ammesse in precedenza. Una novità cruciale all’interno del sistema elettrico”. “Spetta ora ai policy maker, con il supporto di tutti gli operatori di settore, delineare un contesto che massimizzi il rapporto fra benefici e costi per il sistema Paese associato alla diffusione delle unità virtuali”, aggiunge Chiesa.

La necessità di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del sistema energetico che il nostro Paese si è dato sta producendo grandi cambiamenti, come la diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili, cioè eolico e fotovoltaico, passate nell’ultimo decennio da meno di 5 GW (2008) a più di 30 GW (2018) di capacità installata e destinate ad arrivare a circa 39 GW di nuovi impianti entro il 2030. Altri fattori che stanno radicalmente modificando la fisionomia del sistema elettrico sono la riduzione della capacità installata di impianti termoelettrici (da 77 GW nel 2013 a 62 GW nel 2018, -20%) e la cosiddetta “elettrificazione” dei consumi, cioè l’uso dell’elettricità – di conseguenza maggiormente utilizzata – nel riscaldamento o nei trasporti, con l’introduzione di nuovi attori all’interno del sistema, come i veicoli elettrici.
Una delle principali iniziative messe in atto in Italia per gestire le dinamiche evolutive del sistema elettrico riguarda, come detto, l’ampliamento dei soggetti che possono offrire servizi di regolazione, reso possibile dalla delibera 300/2017. Si sono avviati numerosi progetti pilota, introducendo le Unità Virtuali Abilitate (UVA) – unità di consumo e di produzione, compresi i sistemi di accumulo, aggregati per partecipare al MSD – e la figura dell’aggregatore, in grado di abilitare alla partecipazione le unità prima non ammesse.
Tra i diversi tipi di aggregati troviamo le UVAC (aggregazioni di unità di consumo), le UVAP (aggregazioni di unità di produzione non rilevanti, inclusi i sistemi di accumulo) e le UVAM, aggregazioni “miste” in cui da novembre sono confluite le altre due. Un’iniziativa regolatoria che ha dato ottimi frutti, se si pensa che nel progetto pilota UVAM risultano abilitate a partecipare al MSD nuove risorse per un totale di 1.156,5 MW.

Un altro progetto pilota promosso a seguito della Delibera 300/2017 riguarda le UPI (Unità di Produzione Integrate), unità di produzione rilevanti integrate a sistemi di accumulo che hanno la possibilità di fornire servizio di regolazione primaria della frequenza e che ad oggi hanno abilitato una potenza complessiva di 27,7 MW, cioè quasi tutto il contingente definito da Terna (30 MW).
A partire dal gennaio 2019 per le UVAM sono state predisposte delle aste di approvvigionamento a termine delle risorse, con cui Terna si assicura una determinata capacità disponibile a fornire servizi di dispacciamento. Per l’anno 2019 è stato individuato un contingente pari a 1.000 MW, diviso in due aree: 800 MW per l’Area di Assegnazione A (Nord Italia e Centro-Nord) e 200 MW per l’Area di Assegnazione B (Sud, Centro-Sud, Sicilia e Sardegna). Le assegnazioni sono effettuate tramite aste al ribasso.
Guardando ai risultati, le quantità assegnate mostrano un andamento crescente, indice del forte interesse degli operatori verso il prodotto a termine e in particolare verso l’Area A, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Negli ultimi mesi si è però raggiunto un sostanziale allineamento nelle due Aree: a ottobre l’Area A aveva un tasso di ‘saturazione’ del contingente pari al 97%, l’Area B pari all’85%. Dal punto di vista economico, il corrispettivo fisso nei primi mesi dell’anno non si è significativamente discostato dalla base d’asta, pari a 30.000 €/MW/anno, mentre nelle aste tenutesi a ottobre, con l’avvicinarsi della saturazione del contingente, il corrispettivo fisso è sceso nell’Area A su valori di poco superiori a 28.000 €/MW/anno.

Queste iniziative hanno coinvolto 27 operatori (BSP) che hanno partecipato alle procedure di approvvigionamento a termine nel corso dei primi 10 mesi del 2019 e che sono via via cresciuti di numero: dai 12 attivi nelle aste di gennaio ai 24 di maggio. Dal punto di vista geografico, si nota una significativa polarizzazione degli operatori (90%) nell’Area A: solo l’11% opera esclusivamente nell’Area B, poco meno del 30% lo fa in entrambe le aree.
Dal punto di vista dimensionale, solo 4 soggetti hanno creato un portafoglio di UVAM con una dimensione complessiva superiore a 100 MW, altri 4 si sono attestati su misure intermedie (tra 20 e 100 MW) e i restanti 19 su quantità ridotte (meno di 20 MW).
Per quanto riguarda invece le caratteristiche costitutive delle UVAM che hanno partecipato al progetto pilota, delle 156 abilitate a fine agosto 2019 il 71% risulta composto da un unico POD, il 15% da due, per un totale di 256 POD coinvolti. Dei 233 impianti di generazione che partecipano alle UVAM, circa due terzi sono termoelettrici, seguiti dagli idroelettrici. L’utilizzo di queste risorse da parte di Terna appare però limitato, perché sono stati movimentati dalle UVAM solo 556,5 MWh “a salire” nei primi sette mesi di sperimentazione, divisi in 76 diverse attivazioni. A queste si aggiungono 2 chiamate “a scendere”, per un totale di 36,5 MWh, entrambe relative allo stesso aggregato. Considerato che siamo ancora in una fase sperimentale, i risultati possono ritenersi soddisfacenti, posto che in circa due terzi dei casi è stata fornito almeno il 70% della quantità di energia accettata.

L’analisi degli aggregatori attivi in Italia (12 BSP, cui si riferisce il 74% dell’attuale capacità contrattualizzata a termine) ha delineato 4 cluster di business model: “Pure Aggregator”, cioè chi svolge esclusivamente il ruolo di BSP e si serve di uno o più provider tecnologici per la fornitura dell’infrastruttura tecnologica necessaria a creare e gestire una UVAM; “Technology-driven Aggregator”, cioè tutti gli operatori che, oltre a svolgere il ruolo di BSP, hanno deciso di sviluppare internamente la piattaforma di gestione e, in taluni casi, l’infrastruttura tecnologica necessaria per la realizzazione di un UVAM; “Client-driven Aggregator”, cioè chi ha una relazione con i proprietari di asset che potrebbero partecipare alle UVAM, o li possiede direttamente, ma non copre le fasi relative all’infrastruttura tecnologica; infine, “Fully-integrated Aggregator”, ossia gli operatori che hanno deciso di investire nello sviluppo delle tecnologie necessarie per creare un UVAM e che sono anche in grado di coinvolgere i clienti, in genere grazie a una relazione pregressa.
Non è emerso un modello di business di riferimento, ma quello più ricorrente appare essere il “customer driven”, a testimonianza dell’importanza del cliente in questa prima fase di sviluppo di mercato. D’altro canto, molti operatori non hanno ritenuto opportuno presidiare la parte tecnologica, nonostante sia diffuso il parere che la piattaforma possa rappresentare in futuro un elemento distintivo per un BSP.
Per valutare le ricadute della diffusione delle unità virtuali sul sistema Paese è stata stimata quale sia la capacità totale di modulazione delle UVAM economicamente sostenibile per il BSP e gli asset owner, a partire da tre possibili livelli di penetrazione delle UVAM e al variare delle condizioni al contorno (presenza e ammontare del corrispettivo fisso e prezzo medio di remunerazione dell’energia movimentata su MSD).

Sulla base delle elaborazioni precedenti, sono stati identificati 2 scenari di diffusione della UVAM nel nostro Paese a partire dai quali sono stati stimati il volume d’affari e le altre ricadute economiche: nel primo caso, si avrebbe una capacità di modulazione delle UVAM pari a 4,5 GW (in corrispondenza di un prezzo medio dell’energia movimentata su MSD pari a 100 €/MWh; nel secondo, si avrebbe una capacità massima di modulazione delle UVAM pari a 13,4 GW (in corrispondenza di un prezzo medio dell’energia movimentata su MSD pari a 200 €/MWh).
Dall’analisi emerge che, a fronte di investimenti tutto sommato limitati in valore assoluto – tra i 20 e i 50 milioni di euro – che rappresentano un introito per le imprese della filiera, il sistema elettrico potrebbe dotarsi di diversi GW di unità virtuali economicamente sostenibili dal punto di vista dei BSP. Ciò determinerebbe inoltre ricadute positive per lo Stato sotto forma di incremento del gettito fiscale, stimabili tra i 6 e i 17 milioni.
Rimane tuttavia evidente la necessità di creare un opportuno contesto affinché queste iniziative risultino convenienti anche per gli asset owner. Le elaborazioni effettuate mostrano che la presenza del corrispettivo fisso consente di incrementare notevolmente i costi massimi di modulazione sostenibili dagli asset owner, i quali ad esempio passano da 45 €/MWh a 127 €/MWh nel primo scenario, aumentando così la platea di soggetti disposti a fornire “flessibilità”.
Spetta dunque ai policy maker, con il supporto degli stakeholder del sistema elettrico, affrontare la sfida di delineare un contesto che massimizzi il rapporto fra benefici e costi per il sistema Paese associato alla diffusione delle unità virtuali, sulla cui rilevanza cruciale all’interno del sistema elettrico ormai pochi dubitano.

STUDIO POLIMI, POSSIBILE RILEVARE LO STRESS GRAZIE ALLO SMARTPHONE

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Possiamo usare il nostro smartphone senza ulteriori periferiche o wearables per estrarre in modo accurato parametri vitali quali la frequenza cardiaca e lo stato di stress? Il team del professor Enrico Caiani, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha dimostrato che è possibile farlo utilizzando gli accelerometri all’interno dello smartphone. Tramite essi è infatti possibile acquisire il segnale legato alla attività meccanica cardiaca, generato dalle vibrazioni del cuore ad ogni battito, che possono essere percepite semplicemente appoggiando il telefono in particolari posizioni sul proprio corpo.
In questo studio ci si è focalizzati sul posizionamento dello smartphone sull’addome, in corrispondenza dell’ombelico, nell’ottica di uno scenario applicativo che contempla una breve acquisizione giornaliera di durata di 30 secondi in posizione sdraiata, al mattino prima di alzarsi dal letto.
Elaborando questo segnale in modo opportuno, si possono ottenere misure sulla frequenza cardiaca e sullo stato di attivazione della bilancia simpato-vagale, legato al livello di stress. Tramite un protocollo sperimentale che prevede per ogni soggetto l’acquisizione in condizioni basali e durante uno stato di stress indotto da calcolo mentale, è stato possibile verificare da un lato la capacità degli indici misurati tramite smartphone di catturare l’aumento di stress, dall’altro constatare l’ottima corrispondenza dei risultati con le stesse osservazioni estratte da un elettrocardiogramma effettuato in simultanea.
Lo studio, svolto in collaborazione con l’equipe del professor Gianfranco Parati dell’I.R.C.C.S. Istituto auxologico italiano, del dipartimento di Scienze cardiovascolari, metaboliche e neurologiche nell’ospedale San Luca di Milano, è stato recentemente pubblicato su Sensors, la principale rivista internazionale ad accesso aperto, peer-reviewed, sulla scienza e la tecnologia di sensori e biosensori.
Questo risultato apre nuove prospettive e possibilità di utilizzo dello smartphone come strumento a disposizione per un semplice auto-monitoraggio della propria salute.

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