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ASSEGNATO NUOVO ERC PER INDAGARE LE PROPRIETÀ DELLA MATERIA

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C’è anche Matteo Lucchini, del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, con il suo progetto AuDACE, tra gli oltre 400 giovani ricercatori a cui sono stati appena assegnati gli Starting Grants dell’European Research Council.
L’ERC Starting Grant competition fa parte del programma di ricerca e innovazione dell’Ue, Horizon 2020, in cui il Politecnico di Milano è la prima università italiana per finanziamenti ricevuti, con un totale di 133.497.498 milioni di Euro per 306 progetti vinti. Un riconoscimento al merito e un segnale importante per l’Ateneo, che si riconferma polo di attrazione e di formazione di capitale umano a livello internazionale.
Tra i 306 progetti H2020 vinti dal Politecnico di Milano, 28 sono progetti ERC per un totale di 30.150.604 Euro così suddivisi: 6 Starting Grants (tra cui l’ultimo premiato AuDACE), 8 Consolidator Grants, 3 Advanced Grants e 11 Proof of Concept Grants.

I Marie Sklodowska-Curie Actions vinti, invece, sono 61 per un totale complessivo di 19.298.599 Euro.
Il progetto AuDACE (Attosecond Dynamics in Advanced Materials) mira ad entrare in una regione ancora inesplorata della ricerca: grazie allo sviluppo di tecniche spettroscopiche innovative basate sull’utilizzo di impulsi ad attosecondi, si potranno misurare e studiare le dinamiche ultraveloci, elettroniche e di spin che determinano le proprietà insolite dei materiali avanzati bidimensionali (2D), stabilendo il primo passo verso una completa comprensione di nuovi e complessi fenomeni fisici. Il progetto getta le fondamenta per la realizzazione e lo sviluppo dei dispositivi elettronici del futuro.
La velocità e le prestazioni dell’elettronica digitale odierna sono limitate dalle attuali architetture dei dispositivi elettronici e dalla dissipazione del calore. I materiali bidimensionali (2D) stanno emergendo come uno dei principali candidati per progettare nuove strutture capaci di oltrepassare i limiti dei dispositivi odierni e favorire lo stabilirsi dell’elettronica del futuro.

Per realizzare questo ambizioso obiettivo, la ricerca condotta in AuDACE si spingerà oltre l’attuale stato dell’arte, sviluppando una strumentazione del tutto innovativa per effettuare misure di spettroscopia ottica risolta in tempo con impulsi ad attosecondi (1 as = 10-18 s) di polarizzazione arbitraria.
Per la prima volta sarà possibile effettuare un’indagine completa di questi fenomeni, su scale temporali altrimenti inaccessibili. A causa dell’ampio spettro di possibili applicazioni di questi materiali 2D, il risultato degli esperimenti condotti in AuDACE avrà un impatto decisivo sullo sviluppo di molte aree tecnologiche di importanza strategica come l’optoelettronica, la spintronica, la valletronica e il fotovoltaico.
Matteo Lucchini si è laureato nel 2009 al Politecnico di Milano dove ha poi conseguito un PhD in fisica nel 2012 con una tesi sullo sviluppo di nuove tecniche di generazione di impulsi ad attosecondi isolati e la loro applicazione a dinamiche molecolari. In seguito ha lavorato presso di Dipartimento di Fisica dell’ETH di Zurigo dove ha vinto una borsa di studio “ETH fellowship” per studiare dinamiche ad attosecondi in solidi. Ha recentemente ricevuto importanti riconoscimenti quali il premio “Alfredo di Braccio” per un giovane ricercatore in Fisica e il premio “Fresnel” assegnato per eccezionali contributi nel campo della fisica degli attosecondi. Attualmente è ricercatore presso il dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. I suoi interessi di ricerca includono lo studio di dinamiche elettroniche ultraveloci in atomi, molecole e solidi.

INAUGURATA A XI’AN LA JOINT SCHOOL OF DESIGN AND INNOVATION CENTRE

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La Joint School of Design and Innovation Centre del Politecnico di Milano e Xi’an Jiaotong University (XJTU) è stato inaugurata sabato a Xi’an, città cinese famosa per il sito dei soldati di terracotta e punto di partenza dell’antica Via della Seta. La cerimonia si è svolta alla presenza di Ettore Sequi, ambasciatore italiano in Cina, del sindaco di Xi’an, del governatore della Provincia e delle autorità accademiche dei due Atenei. Il distretto in cui sorge la nuova struttura riveste un’importanza strategica. Si tratta della Xixian New Area dove il Governo cinese ha recentemente lanciato un progetto innovativo di urbanizzazione che copre 900 km2 e comprende anche il nuovissimo Western China Science and Technology Innovation Harbour – iHarbour (dove si stanno insediando numerose imprese della classifica Fortune Top100) di cui fa parte anche il centro sino-italiano.
La Joint School of Design and Innovation Centre, spiega una nota, “è un traguardo che suggella la decisione strategica del Politecnico di Milano di considerare la Cina come Paese più rilevante del processo di internazionalizzazione e rappresenta la prima sede fisica dell’ateneo milanese al di fuori dei confini nazionali”. Avrà sede in un edificio di circa 11.000 m2, progettato da un team di architetti del Politecnico, e si configura come polo d’eccellenza didattica e di ricerca innovativo capace di valorizzare in chiave sinergica i punti di forza dei due Paesi, ovvero creatività e multidisciplinarietà (tipici del Made in Italy e della cultura Politecnica) e capacità di ingegnerizzazione su larga scala propria del sistema cinese.
È il risultato di una collaborazione ultradecennale che lega l’ateneo milanese e XJTU, una delle università più importanti della Cina, con cui sono già attivi progetti di Doppia Laurea Magistrale in tutti i principali settori dell’Ingegneria e dell’Architettura.
In questo contesto, il Centro offrirà una piattaforma internazionale per la formazione di talenti e la realizzazione di progetti di ricerca a supporto dell’innovazione tecnologica di imprese italiane e cinesi.
La sua missione è: offrire nuove opportunità accademiche per giovani ricercatori di tutto il mondo; formare i futuri esperti e leader per favorire la diffusione di dinamiche di innovazione e trasferimento tecnologico nelle imprese; sviluppare una piattaforma internazionale di ricerca che coinvolga mondo accademico e industriale; promuovere, anche attraverso la realizzazione di un incubatore, l’imprenditorialità in settori tecnologici chiave. Queste le principali aree in cui sarà attivo:
Automotive (e-vehicle, autonomous driving, fleet management);        Advanced manufacturing (digitalization, robotics); Energy (smart grids, green technologies, renewable sources); Digital trasformation (nuovi modelli di business, strategie di marketing omnicanale, data powered decision making); Architecture and civil engineering (sustainable urban planning and development, historic and heritage site preservation, smart city, smart building, smart mobility). Il nuovo Centro accoglierà 2.000 studenti e 100 docenti.
“La relazione con la Cina è uno dei primati del Politecnico di Milano. Un’intesa coltivata nel corso degli ultimi quindici anni e che oggi sancisce la nascita di una Joint Platform con una delle più importanti università tecniche al mondo, la Xi’an Jiaotong University – ha affermato Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano -. Apre a Xi’an, in una delle provincie più produttive della Cina, un campus all’insegna dell’Italia e di Milano. Molto più di un accordo di collaborazione. Un vero e proprio centro di ricerca e di sperimentazione. Undicimila metri quadrati di iniziative rivolte non solo alla formazione, ma alle imprese e alla nascita di nuove startup. Il Politecnico di Milano entra così nel cuore delle politiche di sviluppo di una delle più grandi economie al mondo, rafforza la sua presenza internazionale e conferma il ruolo centrale che l’università riveste, sempre di più, nella crescita globale del nostro Paese”.

A MILANO UNO SCOOTER SHARING ELETTRICO DAL 2020

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Uno scooter sharing interamente elettrico a partire dal 1° gennaio 2020. È questo il traguardo che il Comune di Milano si è posto per portare tutti gli operatori ad abbandonare i motori termici. Un passaggio quasi obbligato visti i numeri che lo sharing su due ruote a Milano può vantare: “oggi abbiamo circa 1900 motorini in servizio sharing – ha spiegato questa mattina l’assessore alla Mobilità, Marco Granelli – e di questi il 95% sono elettrici. Con il rinnovo del bando per gli operatori ci sarà il 100% di elettrici da 1 gennaio 2020”. Per quanto riguarda lo sharing delle auto, Granelli ha spiegato che “la delibera di giunta dovrebbe arrivare a ottobre e si stabilirà la data in cui scatterà il 100% elettrico”. L’assessore è intervenuto questa mattina alla presentazione del terzo Report dell’Associazione Interesse Metropolitani (Aim) dedicato quest’anno alla mobilità Full Electric, a cui hanno partecipato anche il presidente di Atm, Luca Bianchi, e il rettore del politecnico di Milano, Ferruccio Resta. Sul tema del Full Electric, infatti Atm ha messo in campo investimenti e un piano a lungo termine, con l’obiettivo di trasformare l’intera flotta di mezzi in elettrico entro il 2030.

“Un piano che vale 1,5 miliardi – ha detto Bianchi – e che è già attivo: in circolazione ci sono già 27 autobus elettrici. Abbiamo già aggiudicato la gara per altri 250 bus elettrici e per 80 nuovi tram bidirezionali e, per la fine del 2020 contiamo di avere 40 bus e 30 tram, oltre a 50 nuove colonnine di ricarica e 8 Opportunity Charge”. Un piano che porterebbe benefici “che sono impressionanti – ha aggiunto Bianchi -. È stato calcolato che, con la trasformazione in elettrico, si risparmieranno circa 30 milioni di litri di gasolio, equivalenti a circa 75mila tonnellate di Co2, ogni anno. Per intenderci come due portaerei”. Mobilità elettrica che oggi si è arricchita anche di altri mezzi, definiti come micromobilità, come monopattini, segway e hoverboard. Su questo è tornato l’assessore Granelli ha sottolineato l’urgenza di una legge nazionale apposita, “una legge chiara su dove questi mezzi possono circolare”, dalle aree pedonali alle piste ciclabili, fino alle strade normali.

Il tema della mobilità, ovviamente, ha coinvolto anche le competenze del Politecnico di Milano, il cui rettore, Ferruccio Resta, ha sottolineato come “oggi le tecnologie necessarie esistono e gli investimenti ritornano. Quindi è il tempo di parlare meno e agire, di prendere decisioni, come sta facendo Atm, e di immettere risorse senza mettere in discussione ogni volta la scelta fatta” ha detto il rettore, che ha rilevato come Milano resti un’eccellenza in Italia, ma deve guardare all’estero per avere un parametro reale: “a Palermo, il 70% delle persone usa ancora il mezzo proprio, qui a Milano siamo intorno al 50%, mentre a Londra è meno di un terzo” ha detto, sottolineando poi che nel capoluogo lombardo “il 20% del traffico è costituito da mezzi commerciali che consegnano nell’ultimo miglio, ma che inquinano, a livello acustico e ambientale, per il 30%”.

OSTEOARTROSI, UN CHIP MIMA MALATTIA PER IDEARE FARMACI EFFICACI

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Un sofisticato chip delle dimensioni di una moneta in cui è possibile coltivare cartilagine e sottoporla successivamente a stimoli meccanici capaci di generare gli effetti dell’osteoartrosi (OA).
E’ lo straordinario risultato ottenuto nel Laboratorio del Politecnico di Milano MiMic (Microfluidic and Biomimetic Microsystems) da Marco Rasponi dell’ateneo meneghino, coordinatore della ricerca assieme ad Andrea Barbero dell’Ospedale Universitario di Basilea.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Biomedical Engineering (https://www.nature.com/articles/s41551-019-0406-3).
La ricerca non ha prodotto solo il rivoluzionario chip ma, nel corso della sperimentazione del piccolo dispositivo, ha dimostrato che l’iperstimolazione meccanica della cartilagine sembra sufficiente a indurre la patologia dell’osteoartosi, senza ricorrere alla somministrazione di molecole infiammatorie come fatto finora.

Un’opportuna compressione del tessuto cartilagineo induce infatti i sintomi caratteristici dell’OA: infiammazione, ipertrofia e aumento dei processi di degradazione. Nella cartilagine “on a chip” si crea quindi un ambiente ideale in cui testare l’efficacia e i meccanismi di azione di farmaci, accorciando tempi e costi sperimentali e diminuendo la necessità di test su animali.
L’osteoartrosi è la più diffusa patologia muscoloscheletrica. Colpisce circa il 10% degli uomini e il 20% delle donne sopra i sessant’anni, cifre purtroppo destinate ad aumentare a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. A dispetto di questa tendenza, tuttavia, i pazienti si trovano di fronte all’assoluta mancanza di terapie farmacologiche definite DMOAD (Disese modifying Osteoartritis Drugs): farmaci capaci non solo di alleviare i sintomi, ma anche di fermare o invertire il processo degenerativo. Al momento infatti le uniche opzioni valide sono trattamenti palliativi o l’intervento chirurgico.
Lo sviluppo di farmaci efficaci è stato ostacolato dall’assenza di modelli sperimentali capaci di mimare adeguatamente la patologia.

Finora l’approccio più comune per ricostruire l’OA in vitro si è basato sulla somministrazione in espianti di cartilagine di dosi elevate di molecole capaci di indurre una risposta infiammatoria e qualche forma di catabolismo. L’OA ottenuta in questo modo, tuttavia, rappresenta solo parzialmente alcuni dei sintomi finali piuttosto che la ricapitolazione del processo patologico in vivo. Il nuovo chip, al contrario, utilizza il sovraccarico meccanico che rappresenta uno dei fattori maggiormente correlati allo sviluppo dell’OA, risultando più realistico ed efficace nello sviluppo e nello screening di farmaci.
La ricerca proseguirà verso la modellizzazione dell’intera articolazione su chip, grazie ad un progetto di Fondazione Cariplo che è stato finanziato in risposta alla call “Ricerca Biomedica sulle malattie legate all’invecchiamento 2018”. Il titolo del progetto è “uKNEEque: a 3D microfluidic osteochondral model to investigate mechanisms triggering age-related joint pathologies and therapeutic effects of bioactive factors produced by nasal chondrocytes”. Il Politecnico di Milano è Coordinatore della ricerca, mentre l’University Hospital of Basel è Partner.

E’ NATA LA FOTOCAMERA A RAGGI X PIÙ VELOCE AL MONDO

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Si è appena conclusa con successo all’European XFEL di Amburgo, una struttura di ricerca dove si generano flash di raggi X ultra intensi e ultra corti, la messa a punto del rivelatore DSSC (DePFET Sensor with Signal Compression). Si tratta della fotocamera per raggi X di bassa energia più veloce al mondo che rivoluzionerà il modo di studiare la materia a livello atomico e molecolare.

Il dispositivo consente di sfruttare la straordinaria potenza delle moderne sorgenti di flash di raggi X, come l’European XFEL di Amburgo, rendendo possibile cogliere e interpretare le immagini di oggetti piccolissimi come proteine o virus. 

Il nano-oggetto che si vuole sottoporre a indagine viene posto tra la sorgente di scatti luminosi (emessi all’elevatissima frequenza di ripetizione di 4,5 milioni al secondo) e il rivelatore DSSC, che riesce eccezionalmente a captare con precisione ciascuno dei fotoni diffusi nell’impatto.

Un singolo impulso di luce ha una durata di poche decine di femtosecondi ma e’ sufficiente affinchè il rivelatore DSSC possa registrare un’immagine caratteristica del campione in analisi. Tuttavia, per studiare efficacemente oggetti tanto minuscoli, non è sufficiente un’unica “fotografia” con raggi X ma una serie, scattata a intervalli ravvicinatissimi, che finora non aveva una “pellicola” capace di fissare 4,5 milioni di immagini al secondo prodotte da raggi X a bassa energia.

E’ un enorme passo in avanti, se paragonato alla precedente generazione di sorgenti e rivelatori di raggi X, che moltiplicherà esponenzialmente il numero di analisi possibili in tempi più brevi.

Il rivelatore DSSC installato all’European XFEL consentirà non solo di “vedere” oggetti piccoli come atomi e nano-strutture biologiche ma anche di filmarne l’evoluzione temporale a seguito di specifici stimoli finalizzati a comprenderne il comportamento.

La comunità scientifica avrà quindi un’arma in più per dipanare le complesse strutture di singole proteine o virus, con immediate ricadute sulla comprensione di malattie e sullo sviluppo di nuovi farmaci. Sarà inoltre possibile acquisire immagini tridimensionali della materia su scala nanometrica o filmare l’evoluzione di una reazione chimica di interesse industriale.

Il rivelatore DSSC è stato sviluppato da un consorzio internazionale coordinato dall’European XFEL e guidato da Matteo Porro (European XFEL), ex-dottorando del Politecnico di Milano. Oltre al Politecnico di Milano, gli altri partner del consorzio sono DESY, Università di Heidelberg, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Università di Bergamo.

Il team del Politecnico di Milano, costituito da Andrea Castoldi, Carlo Fiorini e Chiara Guazzoni, ha coordinato lo sviluppo dell’elettronica di lettura a basso rumore e la calibrazione del rivelatore DSSC.

Andrea Castoldi, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e associato all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e’ il responsabile del team del consorzio per la calibrazione del rivelatore: “La sfida di realizzare un rivelatore di immagini con prestazioni ben oltre la frontiera attuale è stata un’esperienza importante e stimolante per tutti noi e per i numerosi studenti di dottorato e post-doc che hanno contribuito con entusiasmo allo sviluppo di DSSC in un contesto internazionale di eccellenza. Aver dimostrato la capacità di registrare a tale velocità’ immagini di raggi X a bassa energia con risoluzione di singolo fotone è un passo significativo che consentirà di sfruttare appieno le nuove tecniche di indagine con impulsi ultra corti. Il successo ottenuto e’ una testimonianza dell’ottimo livello della ricerca svolta presso il Politecnico di Milano e della sua competitività a livello internazionale”.

Nella foto: Immagine di diffrazione di fotoni di 707 eV di una matrice di minuscole aperture (100nm), acquisita dal rivelatore DSSC alla velocita’ di 4.5 MHz durante il collaudo presso la stazione di misura SCS (giugno 2019). (Copyright European XFEL) 

ROBOT E VEICOLI A GUIDA AUTONOMA PER INNOVARE LE PMI

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Nuovo progetto del Politecnico di Milano a sostegno dell’industria manifatturiera europea. L4MS, Logistics for Manufacturing Smes è un progetto Horizon 2020 per l’innovazione delle pmi. Grazie ai robot, utilizzati come veicoli autonomi, il progetto fornisce le soluzioni per automatizzare e digitalizzare la logistica interna all’azienda, con l’obiettivo di ridurre tempi e costi di installazione fino a un fattore stimato pari a 10. Ciò consentirà l’implementazione economica di soluzioni logistiche piccole e flessibili, che non richiedono modifiche dell’infrastruttura, fermi di produzione e competenze interne. Le soluzioni di L4MS si basano su una infrastruttura informativa denominata Opil (Open platform for innovation in logistics), la cui implementazione rende possibile la sostituzione, con un tempo di installazione molto breve, delle classiche attrezzature logistiche (muletti, transpallet, ecc.) con robot mobili più flessibili, gli AGV (Automated Guided Vehicles).
L’adozione dell’infrastruttura Opil permette di sfruttare il paradigma Iot (Internet of Things) per abilitare la comunicazione tra i diversi elementi della fabbrica (macchinari, robot, programma di pianificazione, ecc.), creando un sistema logistico flessibile e reattivo, nonché facilmente riconfigurabile, incontrando le esigenze dell’attuale mondo produttivo, molto incentrato nella personalizzazione del prodotto. L4MS è un’unica struttura che fornisce alle aziende, oltre alle soluzioni tecnologiche e il supporto necessario per implementarle nelle proprie realtà, anche il trasferimento delle competenze tecniche necessarie per gestire le nuove tecnologie, nonché consulenza sul modello di business e l’accesso ai finanziamenti europei tramite l’innovativo meccanismo delle Open Call dei progetti H2020. Uno dei modi per accedere all’offerta di L4MS è di presentare il proprio caso studio durante la fase di Open Call del progetto.
I candidati con il maggior potenziale di innovazione avranno la possibilità di accesso a vari servizi, tra cui: matchmaking con integratori di sistemi e produttori di robot mobili, finanziamento fino a 250 mila euro, ambiente di test all’avanguardia, tutoraggio per modelli di business e servizi innovativi, esperti di tecnologia per l’adozione delle più recenti soluzioni di automazione logistica, formazione per il potenziamento del nuovo modello di business basato sulle tecnologie avanzate in ambito robot per la logistica industriale.
La call per il bando si aprirà il prossimo primo settembre e si chiuderà il 30 novembre.

L’ACQUEDOTTO INTELLIGENTE GRAZIE A UNA VALVOLA SMART

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Green Valve è un’innovativa valvola di regolazione che recupera parte dell’energia dissipata nel processo di regolazione del flusso idrico in acquedotti di medio/piccole dimensioni e in centrali di tele-riscaldamento. Conti alla mano, è impressionante l’energia che viene dissipata abitualmente su una singola valvola di regolazione; per esempio un impianto di distribuzione idrica, in media dissipa 60-100 MWh/anno, equivalente al consumo annuale di 20-30 famiglie medie in Europa. La GreenValve, ideata dal professor Stefano Malavasi, brevettata e sviluppata dal dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, realizzata da Interapp, può sostituire una comune valvola di regolazione e permette di recuperare parte dell’energia dissipata per la regolazione e utilizzarla per il suo funzionamento completamente scollegato dalla rete elettrica e di alimentare altre utenze locali.
Potenzialmente una GreenValve del diametro di 80 mm può recuperare in media un’energia pari al consumo energetico di 2-5 famiglie di 4 persone (circa 2.7 Mwh/anno). Il primo prototipo industriale della GreenValve è stato installato con successo su un acquedotto di Vestone (Brescia). Il progetto, nato nel ambito delle iniziative della funzione Innovazione del gruppo A2A, ha l’obiettivo di verificare sperimentalmente i benefici dell’energy harvesting ed esplorare funzionalità più evolute nella gestione della rete idrica. Grazie all’accordo tra Politecnico di Milano, Interapp-Valcom e A2A Ciclo Idrico, sarà possibile consolidare in campo i vantaggi che la Greenvalve può portare ottimizzando le regolazioni delle attuali valvole di regolazione (PRV-pressure regulating valve) grazie al recupero di parte dell’energia che comunemente è dissipata. I principali vantaggi di questa installazione sono: l’automazione della rete di distribuzione, questa valvola permette infatti il monitoraggio in tempo reale di pressioni e portate e di regolare automaticamente e manualmente da remoto la rete.
Riduzione delle perdite idriche gestite via software e controllo dei consumi; connessione a sensori per la misura della qualità dell’acqua.
Per agevolare il controllo dei dati è stata sviluppata anche un’App che permette di monitorare la valvola da smartphone. La possibilità di monitorare e gestire le condizioni idrauliche della rete in tempo reale e di concorrere all’ottimizzazione anche energetica della rete creano i presupposti per una gestione intelligente dell’acquedotto. La Greenvalve rappresenta un passo importante per l’automazione delle reti idriche risolvendo il problema dell’alimentazione dei sistemi di gestione, comunicazione e controllo tipici delle reti di acquedotto.
L’energia recuperata, quando in eccesso rispetto ai pochi wattora necessari per alimentare la batteria della stessa GreenValve, può essere utilizzata per altre applicazioni smart come ad esempio l’alimentazione di sistemi di disinfezione o di sensoristica aggiuntiva di controllo della qualità dell’acqua.
(ITALPRESS).

ANCORA UN RECORD PER IL TASSO DI OCCUPAZIONE DEI LAUREATI

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Il tasso di occupazione dei laureati magistrali del Politecnico di Milano è ancora in aumento. Studiare al Politecnico è garanzia di un impiego stabile e di un rapido inserimento nel mercato del lavoro: il 94% dei laureati trova lavoro entro un anno dal titolo, contro il 91% di cinque anni fa.
In particolare il tasso è dell’86% per gli architetti, del 91% per i designer e del 97% per gli Ingegneri.
E’ quanto emerge dall’ultima analisi occupazionale dell’Ateneo, che ha analizzato la popolazione dei laureati 2017 a un anno dal conseguimento del titolo.
Il lavoro del Career Service dell’Ateneo dà i suoi frutti sia nel rapporto con le aziende interessate agli studenti ancor prima che si laureino, che nella preparazione dello studente al mondo del lavoro.
Il 90% dei neolaureati infatti trova un lavoro coerente con il proprio percorso di studi già entro 6 mesi dalla laurea e il 26% è occupato ancor prima di laurearsi.
Oltre a trovare lavoro velocemente, i laureati sono anche soddisfatti della loro scelta: quasi il 90% se tornasse indietro sceglierebbe di nuovo il Politecnico di Milano.

Il mercato del lavoro per i laureati del Politecnico è sempre più stabile. Molto positivo il dato sulla tipologia di contratto. I lavoratori dipendenti rappresentano l’83% dei neolaureati occupati, di questi il 53% ha un contratto a tempo indeterminato, dato in crescita di ben 6 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Sono tutti dati importanti per i 40.000 giovani che, nonostante la forte competizione internazionale, ancora oggi scelgono il Politecnico e segno che le imprese apprezzano sempre di più i laureati e l’impegno dell’Ateneo per migliorare ogni giorno l’offerta formativa che sia “al passo” con il bisogno di innovazione del Paese.
La retribuzione a 12 mesi dalla laurea di un neolaureato del Politecnico è  in media 1.549€ netti mensili, cifra abbastanza stabile rispetto alla precedente rilevazione.
Per quanto riguarda la destinazione dei laureati magistrali, la quasi totalità dei laureati magistrali del Politecnico di Milano lavora in ambito privato, principalmente in Italia (88%).
Il 60% dei neolaureati magistrali lavora nelle PMI anche se questo dato è in leggera diminuzione (-5%), a favore delle aziende di medio-grandi dimensioni che hanno scelto in particolare designer e ingegneri.

Infine la questione di genere: si rileva che il tasso di occupazione si equivale per femmine e maschi, ma si nota che per l’area Design le donne “superano” gli uomini con un 93% contro un 88%. Tuttavia i contratti migliori e gli stipendi più alti si registrano sempre per i maschi, in particolare per gli Ingegneri che guadagnano quasi 200€ in più rispetto alle colleghe.
“Se tornassero indietro, e alla luce dell’esperienza maturata nel mondo del lavoro, quasi il 90% dei nostri studenti sceglierebbe di nuovo il Politecnico di Milano. – commenta il Rettore, Ferruccio Resta – È questo senso di soddisfazione, di appartenenza e di confronto che ci permette di crescere. Per questo monitoriamo le carriere dei nostri Alumni; per verificare nel tempo il ritorno dell’investimento negli studi al Politecnico; per analizzare la solidità delle competenze apprese; per creare insieme una grande comunità che valorizza il talento e che oggi più che mai è al nostro fianco nel supportare i progetti dell’ateneo”.
L’indagine occupazionale è stata svolta a inizio 2019, sono stati intervistati oltre il 70% dei laureati in uscita invitati a rispondere ad un questionario di circa 20 domande. È stata utilizzata metodologia mista di rilevazione CAWI (interviste online) e CATI (telefoniche).

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