L’European Innovation Council (EIC) è il nuovo board della Commissione Europea che, a partire dal 2021, avrà un ruolo chiave nella gestione dei finanziamenti per l’innovazione nell’ambito del programma “Horizon Europe”. Il budget previsto in dotazione è di 10 miliardi di euro. L’European Innovation Council avrà il compito di promuovere il trasferimento tecnologico frutto della ricerca europea e favorire quindi la nascita di realtà imprenditoriali altamente innovative. Tra i 22 top leader dell’innovazione che costituiranno l’Advisory Board di EIC nominati oggi dalla Commissione Europea figura Roberto Verganti, ordinario di Leadership e innovazione e co-direttore di Leadin’Lab, il laboratorio di Leadership, Design e Innovazione della School of Management del Politecnico di Milano.
“Le dinamiche dell’innovazione negli ultimi 20 anni sono cambiate radicalmente – afferma Verganti -. L’innovazione è ora rapida, imprenditoriale. I vecchi modelli di supporto all’innovazione non funzionano più. L’EIC è un profondo cambiamento nel modo di supportare l’innovazione in Europa e nel mondo. La parte più promettente dell’EIC è il focus sulla persona. E’ il riconoscere che quello che fa la differenza nell’innovazione, al di là delle risorse finanziarie e strutturali, sono le persone che l’innovazione la creano”.
NASCE L’EUROPEAN INNOVATION COUNCIL, VERGANTI NELL’ADVISORY BOARD
DA STATALE E POLIMI IN ARRIVO IL “GENOME DATA SCIENTIST”
L’Università degli Studi di Milano e il Politecnico di Milano lanciano a partire dal prossimo anno accademico il corso di Laurea Magistrale in Bioinformatics for Computational Genomics, due anni di studio interamente in inglese per fornire avanzate competenze informatiche e ingegneristiche finalizzate all’organizzazione e all’analisi di dati genomici ottenuti attraverso lo studio della biologia cellulare, molecolare, genetica e biochimica.
L’introduzione di nuove tecnologie di analisi genomica ed epigenomica, tra le quali spicca il sequenziamento di nuova generazione (NGS), ha infatti rivoluzionato le metodologie di analisi in tutti gli ambiti delle scienze della vita, aprendo ai ricercatori possibilità inimmaginabili fino a pochi anni fa. Grazie a queste tecnologie è possibile ottenere una enorme mole di dati molecolari, la cui gestione e analisi è una delle più grandi sfide nell’ambito big data che l’umanità abbia mai affrontato, di fondamentale importanza per rispondere a domande biologiche di crescente complessità e per comprendere i processi fondamentali alla base della vita, sia in condizioni normali sia patologiche.
“I laureati saranno in grado di affrontare autonomamente le problematiche derivanti dalle moderne scienze biomolecolari quali genomica, trascrittomica, epigenomica e biologia dei sistemi – spiega Giulio Pavesi, docente di Bioinformatica al Dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale e coordinatore del corso -. Una figura professionale di questo tipo è già attualmente molto richiesta nell’ambito della ricerca pubblica, privata, di base e applicata, e i nuovi laureati potranno soddisfare la domanda crescente prevista per i prossimi anni, anche alla luce delle realtà che saranno sviluppate nell’area di Milano, prima tra tutte lo Human Technopole”, conclude Pavesi.
“Il Corso di Laurea Magistrale è aperto sia a laureati in discipline computazionali, tra cui i laureati triennali in Ingegneria, sia a laureati in discipline biologiche e biotecnologiche, con un primo semestre diversificato”, spiega Marco Masseroli, docente di Bioinformatica del Politecnico di Milano.
“Sarà il primo in Italia e uno dei pochissimi in Europa e nel mondo a formare ‘data scientists’ con un profilo realmente multidisciplinare, sempre più richiesti nel mondo del lavoro. Saranno capaci di utilizzare al meglio le più avanzate tecnologie dell’informazione e del ‘machine learning’ per gestire e analizzare i ‘big data’ prodotti dalle moderne biotecnologie. Potranno, tra l’altro, contribuire alla medicina di precisione, ovvero alla determinazione di trattamenti individualizzati in base al profilo genetico dei pazienti”, aggiunge.
Ha commentato il rettore della Statale Elio Franzini: “Questa laurea magistrale rappresenta molto felicemente quanto la strada della collaborazione tra discipline e competenze specialistiche di alto livello ma fino a pochi anni fa considerate lontanissime tra loro, sia preziosa per rispondere alle sfide del futuro, in uno scenario scientifico, medico e sociale in rapidissima evoluzione. In questo senso la partnership tra Università Statale e Politecnico di Milano segna un traguardo di grande rilievo, per i nostri studenti e per la nostra città”.
“Non c’è dubbio che lo studio del genoma sia tra le più grandi scommesse di tutti i tempi – aggiunge Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano – L’uso dei big data e delle tecniche di machine learning consentono infatti un’importante accelerazione che, tuttavia, dobbiamo sapere gestire. Un’ampia quantità di informazioni non è necessariamente sinonimo di un vantaggio o di una risposta funzionale ai problemi. Per questo abbiamo bisogno di unire competenze diverse: quella del biologo, che traccia la direzione, e quelle dell’ingegnere, che conosce a fondo le tecniche computazionali. È solo adottando un approccio interdisciplinare che possiamo rispondere a domande di crescente complessità. Ed è per questo che il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Milano hanno deciso di fare squadra, di unire le proprie eccellenze, di rivolgere lo sguardo in avanti ai bisogni della ricerca e alle richieste del mercato”.
Le lezioni si svolgeranno in Statale presso Città Studi e al Politecnico in piazza Leonardo da Vinci. Per l’anno 2019/2020 sono disponibili 50 posti (oltre ad altri 10 riservati a cittadini extra UE). Le domande di ammissione vanno presentate entro il 10 luglio, mentre la prova di ammissione si svolgerà il 16 luglio. Tutte le informazioni sono contenute nel bando e nel sito dedicato.
INDUSTRIA 4.0, NEL 2018 IL MERCATO DEI PROGETTI VALE 3,2 MLD
Il mercato dei progetti di Industria 4.0 – tra soluzioni IT, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati – raggiunge nel 2018 un valore di 3,2 miliardi di euro, di cui l’82% realizzato verso imprese italiane e il resto export di progetti, prodotti e servizi. Un valore in crescita del 35% rispetto all’anno precedente, trainato dai frutti degli investimenti effettuati nel 2017 (e fatturati nel 2018) sulla spinta del Piano Nazionale Industria 4.0, +140% se si considerano gli ultimi quattro anni, a cui va aggiunto un indotto di circa 700 milioni di euro in progetti “tradizionali” di innovazione digitale (circa 300 milioni in più dell’anno precedente). Mentre per il 2019, in base ai risultati del primo trimestre, si stima un rallentamento della crescita, che si dovrebbe attestare attorno al +20-25%.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata questa mattina al convegno “Industria 4.0: la rivoluzione si fa con le persone!” che si è tenuto a Milano presso l’Auditorium di Assolombarda.
Le tecnologie 4.0 più diffuse sono IT, in particolare l’Industrial IoT (la componentistica per connettere i macchinari alla rete) che con un valore di 1,9 miliardi di euro rappresenta il 60% del mercato e registra la crescita più marcata (+40%), seguito da Industrial Analytics, con 530 milioni di euro (17% del mercato, +30%), e Cloud Manufacturing con 270 milioni di euro (8%, +35%). Fra le OT (Operational Technologies), l’Advanced Automation conquista la maggiore quota di mercato con 160 milioni e una crescita del 10%, seguito dall’Additive Manufacturing con 70 milioni di euro, mentre l’Advanced Human Machine Interface segna la crescita più robusta (+50%, 45 milioni di euro). L’ultima fetta del mercato è costituita da attività di consulenza e formazione legate a progetti Industria 4.0: 220 milioni di euro (+10%), un dato inferiore alle aspettative che evidenzia come ci sia ancora molto da fare sul fronte delle competenze.
Il mercato italiano dell’Industria 4.0 corre sempre più veloce, ma per continuare a crescere e consolidarsi è necessario coinvolgere i dipartimenti HR e i lavoratori nella progettazione e nello sviluppo delle soluzioni.
I lavoratori sono gli utilizzatori finali delle tecnologie, ma soltanto nel 7,8% delle aziende sono stati coinvolti attivamente in tutte le fasi dei progetti e in oltre un caso su quattro (26,6%) non sono stati nemmeno informati della presenza di una strategia 4.0, mentre in appena il 6,8% delle imprese la funzione HR ha partecipato a queste iniziative.
“Molti investimenti e progetti di digitalizzazione industriale avviati nel 2017 sulla spinta del Piano Nazionale Industria 4.0 sono stati fatturati nel 2018 accelerando l’espansione del mercato, che è più che raddoppiato negli ultimi quattro anni – spiegano Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, responsabili scientifici dell’Osservatorio Industria 4.0 -. La consapevolezza e la conoscenza delle tecnologie 4.0 sono ormai diffuse in tutte le realtà produttive del Paese, ma per cogliere tutte le opportunità offerte da questa rivoluzione è necessario definire con chiarezza un ruolo che guidi il cambiamento digitale e affiancare alle nuove tecnologie un modello organizzativo capace di coinvolgere i lavoratori, gli utilizzatori finali delle tecnologie, in tutte le fasi dei progetti 4.0”.
Molte imprese italiane hanno iniziato il percorso di evoluzione digitale e la grande maggioranza ha consapevolezza della discontinuità rappresentata dalla trasformazione 4.0. Sulla base della survey dell’Osservatorio Industria 4.0 su 192 imprese (153 grandi aziende e 39 PMI), l’80% ritiene che Industria 4.0 sia una rivoluzione che porterà cambiamenti radicali con grandi potenzialità ancora da esprimere, solo il 20% la considera soltanto un’evoluzione di quanto già avviato negli anni precedenti. Appena un’azienda su tre, però, ha effettuato una valutazione della propria preparazione digitale (digital readiness), il 54% è interessato a farlo in futuro, mentre il 14% non lo ha fatto e non ha intenzione di farlo.
Lo scenario italiano è molto dinamico dal punto di vista delle applicazioni 4.0. Sono quasi 800 quelle censite, in media oltre quattro iniziative per azienda, distribuite nelle tre aree dei processi aziendali: Smart Factory (produzione, logistica, manutenzione, qualità, sicurezza e rispetto norme) col 42% dei progetti, Smart Lifecycle (sviluppo prodotto, gestione del ciclo di vita e gestione dei fornitori) col 33% e Smart Supply Chain (pianificazione dei flussi fisici e finanziari) col 25%.
Le tecnologie più diffuse sono quelle dell’ambito Industrial IoT (connettività e acquisizione dei dati, pari al 25%).
Una volta consolidati, i progetti 4.0 portano benefici tangibili soprattutto nella flessibilità e la riduzione dei costi. I principali benefici indicati dalle aziende con progetti attivi da oltre un anno sono la migliore flessibilità di produzione (47%), l’aumento dell’efficienza dell’impianto (38%), la riduzione dei tempi di progettazione (34%) e l’opportunità di sviluppare prodotti innovativi (33%). Le barriere maggiormente percepite dalle imprese allo sviluppo di applicazioni 4.0 sono invece le difficoltà nell’uso della tecnologia e nell’adozione degli standard (59%), le problematiche di natura organizzativa e gestione delle competenze (41%), le difficoltà di change management (20%) e l’insoddisfazione per l’offerta (17%).
Nei prossimi due anni le aziende hanno intenzione di concentrare gli investimenti in Industrial IoT (48%), Industrial Analytics (39%) e Advanced Automation (33%), mentre se si considera un orizzonte di 3-5 anni le priorità diventano Advanced Automation, Cloud e Additive Manufacturing. Intelligenza Artificiale e Blockchain non sono ancora rilevanti nei piani di investimento dei prossimi 5 anni, con alcune eccezioni per le aziende di grandi dimensioni.
“Ormai quasi tutte le aziende italiane hanno compreso l’urgenza della trasformazione digitale: l’80% ha una chiara percezione della discontinuità rappresentata da Industria 4.0 e che il percorso è solo agli inizi – rileva Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 -. Con una media di 4 applicazioni 4.0 per azienda, lo scenario italiano rimane dinamico e ricco di iniziative, ed è degno di nota il fatto che le imprese che hanno realizzato progetti da oltre un anno, quindi ben assestati, dichiarino benefici tangibili in termini di flessibilità e riduzione dei costi. Nello scenario di mercato attuale, soprattutto la flessibilità e la maggiore capacità di controllo appaiono un significativo valore aggiunto degli investimenti Industria 4.0″.
Le imprese italiane che hanno iniziato a utilizzare le tecnologie 4.0 nei processi si trovano a gestire l’impatto sull’organizzazione. In maggioranza, le aziende sono attente ai cambiamenti di processo e di flusso (54,2% del campione), a quelli nelle attività e modalità di lavoro del personale (45,3%) e alle competenze tecniche (42,7%).
Meno del 20% si è concentrato sull’impatto su ruoli, competenze gestionali e relazionali e sui comportamenti attesi. Quando, però, le imprese si soffermano su aspetti organizzativi, lo fanno fin dalle prime fasi dei progetti: nel 18,8% dei casi in avvio e nel 20,8% durante sviluppo.
Solitamente il promotore delle iniziative 4.0 è un top manager (43,8% del campione) o direttore di produzione o stabilimento (35,4%). La funzione R&D è coinvolta soprattutto nello sviluppo del progetto. La funzione HR, invece, partecipa in pochissimi casi alle varie fasi: solo nel 6,8% è stata coinvolta in tutti gli step, nel 27,1% è solo informata dell’avvio del progetto, nel 23,4% non ha avuto un ruolo in nessuna attività. Anche il coinvolgimento degli operatori è limitato: solo il 7,8% delle aziende li ha coinvolti in tutte le fasi del progetto 4.0, il 25% non ha affidato nessun ruolo. Ma addirittura solo nel 26,6% dei casi gli operatori sono stati informati della strategia 4.0.
“I dati mostrano come poche imprese stiano affrontando la rivoluzione 4.0 con un approccio sistemico che guardi contemporaneamente alle soluzioni tecnologiche e al modello organizzativo, e sono ancora una minoranza quelle che valutano adeguatamente l’impatto delle scelte tecnologiche – afferma Raffaella Cagliano, professore ordinario di People Management and Organization, Politecnico di Milano -. Questo potrebbe rappresentare una potenziale zavorra sulla via del percorso 4.0 delle aziende italiane, che può limitare il pieno e rapido raggiungimento dei benefici non solo per le performance aziendali, ma anche per l’arricchimento degli operatori”.
Già il 57% delle imprese si è attivata per identificare le carenze di competenze 4.0 e avviare interventi necessari a colmarle. Circa tre su dieci le giudicano adeguate e altrettante stanno lavorando per migliorarle. La decisione di valutare le competenze vede una forte partecipazione degli imprenditori e top manager (74%) e dei responsabili dei progetti 4.0, soprattutto nelle fasi di promozione, definizione degli obiettivi e modalità di valutazione (44%). Gli HR manager rimangono sullo sfondo e acquisiscono importanza solo nella fase di implementazione, confermando la difficoltà a giocare un ruolo più strategico nel percorso di trasformazione 4.0.
L’analisi delle competenze e la formazione sono affidate in maggioranza a risorse interne, rispettivamente nel 61% e 75% dei casi. Le collaborazioni esterne più comuni per la ricerca competenze sono con università, centri di innovazione, ITS, che il 50% delle aziende giudica efficaci. Fra le competenze prioritarie figurano quelle dei processi della smart factory e della smart supply chain, nonché l’innovazione di strategia e modello di business abilitata da Industria 4.0. “Nel complesso – commenta Sergio Terzi, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 -, emerge il quadro di un tessuto industriale più consapevole dell’ampiezza del divario da colmare, deciso nell’attivare le risorse disponibili per formare le competenze più rilevanti, ma in larga misura ancora nella fase di definizione di una chiara strategia sulle competenze di Industria 4.0”.
L’Osservatorio ha analizzato lo stato dei progetti di Industria 4.0 di circa 600 aziende attraverso lo strumento del DREAMY (Digital REadiness Assessment MaturitY model), che valuta la maturità digitale dei processi in termini di capacità di esecuzione, monitoraggio e controllo, organizzazione e utilizzo di tecnologie ICT. La maturità digitale delle grandi aziende è maggiore rispetto alle PMI in ogni dimensione e in ogni processo analizzato, con uno scostamento di almeno 0,5 punti su una scala di cinque livelli di maturità. Nelle PMI, il controllo (la capacità di prendere decisioni) è la dimensione strutturalmente più debole, seguita dalla tecnologia, ossia la capacità di impiegare le tecnologie digitali nell’esecuzione e gestione dei processi. La manutenzione è il processo meno sviluppato, con capacità di gestione debole o assente in alcuni casi.
“All’inizio del percorso verso Industria 4.0, le PMI danno priorità a sistemi e tecnologie che abilitano l’innovazione, di prodotto o di processo, che le rende competitive sul mercato – commenta Marco Macchi, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 -. È in ogni caso fondamentale investire sul capitale umano, inserendo competenze tecniche e manageriali per costruire un ecosistema di relazioni con partner a supporto dello sviluppo della digitalizzazione; l’imprenditore e il management della PMI rimangono il fulcro per la governance dell’innovazione”.
IL POLITECNICO DI MILANO TRA I PRIMI 150 ATENEI AL MONDO
Secondo la prestigiosa QS World University Rankings 2020, il Politecnico di Milano si classifica per la prima volta tra le prime 150 Università al mondo (149° posto, 7 posizioni in più rispetto allo scorso anno), confermandosi per il quinto anno consecutivo anche prima Università italiana e ottenendo in assoluto il proprio risultato migliore.
Una scalata che il Politecnico di Milano compie quest’anno in particolare grazie all’apprezzamento della comunità accademica internazionale e alla reputazione aziendale. Secondo l’indicatore specifico dell’Academic Reputation, infatti, l’Ateneo ha ottenuto un punteggio di 60,4, classificandosi al 119° posto nel mondo, due posizioni in più rispetto allo scorso anno.
Per quanto riguarda l’Employer Reputation il Politecnico di Milano ottiene 84,3 punti, classificandosi al 61° posto al mondo e confermando la qualità dei laureati come proprio punto di forza.
Risultato eccezionale quest’anno anche per l’impatto della ricerca: secondo il cruciale indicatore Citation per Faculty, che misura le citazioni nelle pubblicazioni scientifiche indicizzate dalla banca dati bibliometrica Scopus/Elsevier rispetto al numero di docenti e ricercatori, il Politecnico di Milano migliora di 26 posizioni passando dal 190° posto al mondo della precedente edizione, al 164° dell’edizione precedente.
Buone infine anche la proporzione di docenti internazionali (parametro International Faculty), per cui il Politecnico di Milano si posiziona al 364° posto, e la proporzione di studenti internazionali (parametro International Students), per cui si situa 269° posto, guadagnando ben 51 posizioni rispetto lo scorso anno.
“Il Politecnico di Milano non rallenta la sua corsa e continua a migliorare in reputazione e credibilità – commenta Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano – È questo un traguardo importante raggiunto grazie all’impegno e al duro lavoro dei nostri ricercatori e del nostro personale; grazie alla continua collaborazione con le imprese e al costante supporto degli Alumni. Un passo in avanti per la città di Milano e per il territorio lombardo, ma di cui non ci accontentiamo. Siamo consapevoli che i prossimi risultati dipenderanno dalla nostra capacità di attrarre docenti qualificati dall’estero e dalla volontà del Paese di mettere in atto politiche universitarie adeguate”.
NASCE NUOVA LAUREA MAGISTRALE IN FOOD ENGINEERING
Dall’esperienza di Expo 2015 nasce la figura del food engineer. Il Politecnico di Milano ha presentato la nuova laurea magistrale in Food Engineering, corso interamente in inglese che prenderà il via dal prossimo anno accademico 2019/2020 grazie alla partnership di sette imprese ed enti del settore. “La nuova laurea magistrale è legata al recupero dell’area di Expo ma anche dell’esperienza di Expo”, ha spiegato il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta nel corso della presentazione, alla quale hanno partecipato fra gli altri Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia, il vicesindaco del Comune di Milano con delega alla Food Policy Anna Scavuzzo, l’assessore all’Agricoltura alimentazione e sistemi verdi di Regione Lombardia Fabio Rolfi nonché i direttori dei dipartimenti di Ingegneria gestionale e di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica del Politecnico, Alessandro Perego e Maurizio Masi. “L’agrifood – ha proseguito il rettore – è il traino dell’Italia all’estero, con circa 42 milioni di euro di esportazioni, rappresentando un vero simbolo del made in Italy”.
“Il food, uno dei settori con il più alto impatto sociale e ambientale, è un patrimonio della nazione che va difeso innovando, sfruttando le opportunità che ricerca e tecnologia mettono a disposizione. Penso alle tecnologie per l’agricoltura di precisione – sensori, droni, robotica etc. -, alle tecnologie per la tracciabilità dei prodotti e per la sicurezza alimentare, alle tecnologie per la logistica e la gestione delle filiere ma anche alle tecnologie dei big data per le aziende alimentari” ha proseguito Resta.
Di qui la decisione di dare impulso a un’evoluzione dei modelli formativi per poter fornire alle imprese del settore quelle nuove competenze professionali di cui hanno bisogno e che oggi mancano nel nostro Paese, professionisti dotati di una preparazione interdisciplinare rivolti alla produzione di cibi e bevande confezionati ma anche alla progettazione di macchine per la produzione alimentare, allo sviluppo di tecnologie per la trasformazione delle materie prime, alla certificazione, alla sicurezza alimentare e alla messa a punto di processi sostenibili per l’industria del settore, dalla produzione alla logistica.
“Ci siamo confrontati anche con esperienze estere per realizzare un corso di laurea che possa formare una figura che ha in sé le capacità dell’ingegnere chimico, dell’ingegnere gestionale, energetico, meccanico, civile, del design, perché il mercato oggi richiede di unire saperi e non di dividerli”, ha detto ancora Resta sottolineando che “l’Italia e l’Europa sono all’avanguardia nella tutela del benessere delle fonti alimentari, siano esse animali o vegetali, della salute del consumatore, della sostenibilità della produzione e della gestione del fine vita del prodotto, tanto da costituire modelli che potrebbero essere esportati a livello globale, perché è quella la direzione in cui si muoveranno i mercati”.
I sette partner del nuovo corso di laurea- Esselunga, Goglio, Granarolo, Nestlé, Number1, Unilever Italia e Unitec – oltre a supportare l’ateneo nelle attività didattiche con seminari, visite tecniche, tesi in azienda, stage e borse di studio, faranno parte della Advisory Board del corso di studi.
STORYTELLING DIGITALE, PREMIATE 4 SCUOLE SICILIANE
Quattro scuole siciliane sono risultate vincitrici al Politecnico di Milano di Policultura, il concorso di storytelling digitale collaborativo rivolto alle scuole.
Il premio “Miglior qualità dell’impostazione pedagogica” alla scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri di Catania per la narrazione “Saper sognare”; il premio “Miglior qualità e approfondimento dei contenuti” all’Istituto Comprensivo Renato Guttuso di Palermo per la narrazione “Migranti. Flussi di anime in cerca di una vita”; il premio “Migliore narrazione scuola secondaria di I grado” all’Istituto Comprensivo Agatino Malerba di Catania per la narrazione “Sicilia Anche io dico NO alla violenza sulle donne. Racconto di un’esperienza”; il premio “Qualità Comunicativa” all’Istituto Comprensivo Agatino Malerba di Catania per la narrazione “Stem stories: women over the edge”.
Più di 300 studenti e docenti delle 26 scuole finaliste provenienti da tutta Italia hanno affollato le aule del Politecnico di Milano per la premiazione del Progetto Policultura, il concorso attivo dal 2006 ha coinvolto fino ad oggi quasi 45.000 studenti, 3.600 docenti dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria superiore.
Grazie a Policultura studenti e docenti delle scuole di tutta Italia creano narrazioni interattive con audio, video, immagini e testo grazie a uno “strumento-autore” (1001storia) sviluppato dal laboratorio HOC-LAB del Politecnico di Milano e reso disponibile per le scuole.
All’edizione 2019 hanno partecipato 2.400 studenti e 217 insegnanti da 16 regioni italiane che hanno realizzato un totale di 106 narrazioni. Sono stati circa 16.000 i voti della giuria popolare online alle narrazioni, con circa 1.400 visualizzazioni per lo streaming della cerimonia di premiazione.
Dal 2006 sono state prodotte più di 1.788 storie multimediali, per un totale di 580 ore di narrazioni.
Molti i temi “politecnici” tra quelli affrontati dai 26 finalisti e vincitori: l’ambiente, il coding, le ragazze nella scienza fino a Leonardo da Vinci.
CONCORSO POLICULTURA, PREMIATE 4 SCUOLE PUGLIESI
Quattro scuole pugliesi sono risultate vincitrici al Politecnico di Milano a Policultura, il concorso di storytelling digitale collaborativo a scuola più ampio al mondo.
Premio “Migliore qualità comunicativa” alla Scuola Secondaria Superiore IC Pascoli di Noci (BA) per la narrazione “Un idrotour a Noci”.

Premio “Migliore qualità e approfonfondimento dei contenuti” alla Scuola Primaria Don Lorenzo Milani di Altamura (BA) per la narrazione “Amo la mia terra”.

Premio “Scuola Ingegneria Civile Ambientale e Territoriale” all’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Martina Franca (TA) per la narrazione “AmbientAMO”.

Premio “Migliore valorizzazione dei rapporti con il territorio” all’Istituto Comprensivo Rodari-Alighieri-Spalatro di Vieste (FG) per la narrazione “L’ultimo posto”.

Più di 300 studenti e docenti delle 26 scuole finaliste provenienti da tutta Italia hanno affollato le aule del Politecnico di Milano per la premiazione del Progetto Policultura, il concorso attivo dal 2006 ha coinvolto fino ad oggi quasi 45.000 studenti, 3.600 docenti dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria superiore.
Grazie a Policultura studenti e docenti delle scuole di tutta Italia creano narrazioni interattive con audio, video, immagini e testo grazie a uno “strumento-autore” (1001storia) sviluppato dal laboratorio HOC-LAB del Politecnico di Milano e reso disponibile alle scuole.
All’edizione 2019 hanno partecipato 2.400 studenti e 217 insegnanti da 16 regioni italiane che hanno realizzato un totale di 106 narrazioni. Sono stati circa 16.000 i voti della giuria popolare online alle narrazioni, con circa 1.400 visualizzazioni per lo streaming della cerimonia di premiazione.
Dal 2006 sono state prodotte più di 1.788 storie multimediali, per un totale di 580 ore di narrazioni.
Molti i temi “politecnici” tra quelli affrontati dai 26 finalisti e vincitori: l’ambiente, il “coding”, le ragazze nella scienza fino all’immancabile Leonardo da Vinci. Un bell’esempio di università che collabora con il mondo della scuola per trasmettere competenze tecnologiche e trasversali.
CONCORSO POLICULTURA, PREMIATE SEI SCUOLE LOMBARDE
Sei scuole lombarde sono risultate vincitrici al Politecnico di Milano a Policultura, il concorso di storytelling digitale collaborativo a scuola più ampio al mondo.
Premio “Miglior narrazione tra le scuole secondarie di secondo grado” all’Istituto Kandinsky di Milano per la narrazione “QUESTA CITTÀ CHE NON FINISCE MAI”.
Premio “Miglior narrazione per la qualità e l’approfondimento dei contenuti” all’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Nova Milanese (MI) per la narrazione “CIAK… AGIRE… GIOCARE… PENSARE”.
Premio “Miglior narrazione per la qualità dell’impostazione pedagogica” all’Istituto Istruzione Superiore Mosè Bianchi di Monza (MB) per la narrazione “CONFESSIONI IMPERIALI”. Assenti.
Premio della Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione alla Scuola dell’Infanzia Penati di Lissone (MB) per la narrazione “IO E IL MIO AMICO LEONARDO”.
Premio ScAR “Programma Polisocial sulle periferie” alla Scuola Primaria G. Rodari di Olginate (LC) per la narrazione “CAMMINANDO SI FA… CAMMINO: ANDEMM A ULGINAA”.
Menzione del Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Informazione e Bioingegneria all’Istituto Comprensivo Thouar-Gonzaga di Milano per la narrazione “LA POESIA DEL RITRATTO”.
Più di 300 studenti e docenti delle 26 scuole finaliste provenienti da tutta Italia hanno affollato le aule del Politecnico di Milano per la premiazione del Progetto Policultura, il concorso attivo dal 2006 ha coinvolto fino ad oggi quasi 45.000 studenti, 3.600 docenti dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria superiore.
Grazie a Policultura studenti e docenti delle scuole di tutta Italia creano narrazioni interattive con audio, video, immagini e testo grazie a uno “strumento-autore” (1001storia) sviluppato dal laboratorio HOC-LAB del Politecnico di Milano e reso disponibile alle scuole.
All’edizione 2019 hanno partecipato 2.400 studenti e 217 insegnanti da 16 regioni italiane che hanno realizzato un totale di 106 narrazioni. Sono stati circa 16.000 i voti della giuria popolare online alle narrazioni, con circa 1.400 visualizzazioni per lo streaming della cerimonia di premiazione.
Dal 2006 sono state prodotte più di 1.788 storie multimediali, per un totale di 580 ore di narrazioni.
Molti i temi “politecnici” tra quelli affrontati dai 26 finalisti e vincitori: l’ambiente, il “coding”, le ragazze nella scienza fino all’immancabile Leonardo da Vinci. Un bell’esempio di università che collabora con il mondo della scuola per trasmettere competenze tecnologiche e trasversali.












