La ClericusCup incontra il Santo Padre. Mercoledì 23 maggio, a pochi giorni della finale del campionato di calcio ecclesiastico 2018, una nutrita delegazione di rappresentanti di ciascuna delle 16 squadre, iscritte al torneo calcistico pontificio, promosso dal CSI, parteciperà all’udienza generale del Papa in Piazza San Pietro. Alla cerimonia parteciperanno i rettori ed i capitani delle 16 squadre – pontifici collegi, seminari, università pontificie – in rappresentanza dei 370 tesserati al Mondiale della Chiesa, dove hanno giocato atleti consacrati, di 70 nazionalità diverse. A salutare Papa Francesco in particolare saranno i capitani delle due finaliste, Pontificio Collegio Urbano e North American Martyrs, in campo sabato 26 maggio: il sudafricano Sifiso Ndlovu e lo statunitense William Nyce che regaleranno a Bergoglio le loro maglie da gara, personalizzate ad hoc con il nome del Pontefice. Su entrambe, quella biancogialla scudettata dei Leoni d’Africa campioni in carica, e quella a stelle e strisce del seminario Usa in evidenza la scritta “Dove ogni maglia ha un’anima”, l’inno del Centro Sportivo Italiano, un chiaro invito missionario ad identificare il valore di ogni individuo oltre al numero che si indossa. Il Centro Sportivo Italiano, presente con i suoi vertici associativi in Udienza, porterà inoltre il pallone di gara della finale e la Coppa con il Saturno, per la benedizione papale. La Clericus Cup sarà così pronta ad essere assegnata sabato 26 maggio sui campi del Centro Pio XI (via di Santa Maria Mediatrice 24). Dalle ore 11 la finale della Clericus Cup – il mondiale promosso dal Csi, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura, sarà inoltre trasmessa in diretta su Radio Vaticana Italia.
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LA CLERICUS CUP BENEDETTA DAL PAPA PRIMA DELLA FINALE
#BEALIVE, OLTRE 2.000 STUDENTI ALLO STADIO DEI MARMI
Promuovere tra i giovani la pratica sportiva e i valori positivi che ne derivano. Questo l’obiettivo di “#BeAlive, Il grande gioco dello sport”, iniziativa che coinvolgerà martedì 29 maggio allo Stadio dei Marmi oltre duemila studenti e mille visitatori in un’intera giornata dedicata all’attività fisica, all’esercizio e soprattutto al divertimento. Un evento promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura e organizzato dal “Cortile dei Gentili” in collaborazione con l’ente di promozione sportiva O.P.E.S. e la Onlus sport senza frontiere. Tante le federazioni che hanno aderito al progetto: hockey, football, scherma, arrampicata, pallavolo, basket, rugby, arti marziali, danza, tiro con l’arco e tanti altri sport che si prefiggono l’obiettivo dell’inclusione sociale e del dialogo a partire dai terreni di gioco. Amore, compassione, equilibrio, gioia, ispirazione e rispetto sono i principi fondamentali che l’intera iniziativa si propone di veicolare e incoraggiare attraverso lo sport: “Queste parole possono essere riassunte sotto valori umani e accolte sotto un unico aspetto – ha sottolineato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – Noi abbiamo un dialogo continuo con il Coni che si è allargato anche al Cio, perché lo sport è una continua declinazione del dialogo, uno dei linguaggi universali, una sorta di filo conduttore comune che attraversa sia colui che crede sia colui che non crede”. #BeAlive è patrocinato, tra gli altri, anche dal Comitato olimpico nazionale italiano e dal Comitato italiano paralimpico.
“L’unica cosa che mette d’accordo tutti è il nostro mondo, un valore aggiunto – ha affermato il presidente del Coni Giovanni Malagò – Noi dobbiamo seguire la filosofia di non essere legati necessariamente a un credo religioso, condividendo questo percorso valoriale e culturale: se una persona che deve insegnare e parlare di culto non dà un buon messaggio fa un danno incalcolabile e la stessa identica cosa succede se un dirigente sportivo commette degli errori”. Molti i nomi noti e i campioni che parteciperanno il 29 maggio a #BeAlive: tra gli altri l’ex rugbysta Andrea Lo Cicero e la squadra di ginnastica ritmica dell’Aeronautica Militare. “Per noi sino a qualche mese fa questa iniziativa era soltanto un sogno, un’utopia, e invece il 29 maggio saremo allo Stadio dei Marmi – ha rimarcato il segretario generale del comitato promotore di #BeAlive, Stefano Gargani – I nostri valori ci hanno consentito di continuare su questa strada”. L’appuntamento con #BeAlive è fissato per il 29 maggio dalle 9 del mattino allo Stadio dei Marmi, al Foro Italico. La copertura televisiva dell’evento sarà garantita da Sky Sport.
Il progetto #BeAlive “è nato da un sogno” le parole di Padre Laurent Mazas, direttore esecutivo del “Cortile dei Gentili”, struttura del Pontifico Consiglio della Cultura costituita per favorire l’incontro e il dialogo tra credenti e non credenti. “Ho vissuto sopra lo stadio Olimpico negli anni Ottanta, sono sportivo e ho sempre sognato di organizzare qualcosa in questa zona – sottolinea padre Laurent Mazas – Alcuni amici, persone bravissime che operano nel mondo dello sport, hanno accolto il mio sogno e abbiamo organizzato questo evento che sarà sicuramente molto bello”.
Un momento di unione, ma anche di formazione per i giovani: “Chi si impegna nello sport impara cosa significa seguire le regole e sa che non vuol dire perdere la libertà, anzi è il contrario – ha aggiunto Padre Laurent Mazas – E poi lo sport aiuta anche a vivere in sintonia con gli altri e questa è una cosa molto bella nella vita”.
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CRESCE L’ATTESA PER FINALE CLERICUS CUP
Dopo che Papa Franseco ha benedetto la Coppa ed il pallone di gara, cresce l’attesa per la finale della Clericus Cup, l’edizione 2018 del mondiale vaticano promosso dal Csi, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano. Appuntamento sabato 26 maggio alle ore 11 sul campo centrale del Centro Pio XI (Via di Santa Maria Mediatrice, 24, nei pressi del Vaticano), dove si sfideranno North American Martyrs e Pontificio Collegio Urbano. A contendersi la prestigiosa Coppa con il Saturno, tre giorni dopo l’udienza con papa Francesco – dove Bergoglio, ricevute le maglie delle finaliste in dono, nel salutare i capitani aveva autografato le maglie da gioco del torneo – saranno i campioni in carica del Pontificio Collegio Urbano e i North American Martyrs, in un infuocato derby del Gianicolo. Seminaristi e sacerdoti che vestono la maglia biancogialla scudettata e quella a stelle e strisce, ciascuno con un’anima differente, come afferma il motto del torneo, sono infatti vicini di collegio. In campo due squadre fortissime. Implacabili i Leoni d’Africa, che, trascinati dal tridente formato dal sudafricano Biata e dagli ugandesi Ssekate-Kayiwa, hanno passeggiato nel girone, per poi eliminare Mater Ecclesiae e Gregoriana. Meno agevole il cammino degli statunitensi che, arrivati secondi nel girone (alle spalle proprio dell’Urbano) hanno superato San Guanella e Sedes Sapientiae grazie ai gol di Floersch. Da una parte la rapidità e l’imprevedibilità della squadra allenata da mister congolese Dieudonné Mukendi, dall’altra la compattezza e la forza del gruppo di coach Drew Olson.
Sarà una finale inedita, nonostante le due squadre abbiano partecipato (4 volte ciascuna, ma mai da avversarie) a otto delle undici finali disputate finora. Per i missionari africani, in particolare, quella di sabato sarà la quinta consecutiva. Cinque gli scudetti in campo: due per gli americani (2012 e 2013) e tre per i Leoni d’Africa (2014, 2015, 2017). Il Collegio Urbano, forte delle tre vittorie nelle ultime quattro edizioni del torneo, parte favorito, ma attenzione alla tradizione ecclesia-calcistica: i vicini di casa sono per il Collegio di Propaganda Fide una vera e propria bestia nera. Gli statunitensi, infatti, si sono aggiudicati sei dei nove derby disputati finora: 2-1 nei quarti di finale 2008 e 2011; 4-2 nei quarti 2012; 2-1 nel girone 2013; 1-0 nelle semifinali 2013 e ai calci di rigore nel girone 2015. Gli africani si sono imposti invece sempre nel girone eliminatorio, ai rigori nel 2014, 1-0 nel girone nel 2016 e pochi mesi fa, nella seconda gara del girone B per 2-1. Prima del derbyssimo, alle 9, gustoso antipasto sarà la finalina per il terzo posto tra Gregoriana e Sedes Sapientiae. Film già visto nel 2015, quando fu la Gregoriana a salire sul podio vincendo 3-1. Negli altri precedenti, poker del Sedes inflitto agli amaranto nel 2010, poi, due anni dopo, vittorie per la Gregoriana sia ai rigori nel girone che di misura in semifinale. Al termine delle due gare le premiazioni con i trofei ed i premi consegnati dal consulente ecclesiastico nazionale del Csi, don Alessio Albertini e dal presidente del Csi, Vittorio Bosio.
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AI MARTYRS LA CLERICUS CUP 2018
In Vaticano la Champions è dei Martyrs. Dopo cinque anni la Coppa con il Saturno torna al Collegio americano del nord. I NAM riescono infatti a domare i Leoni d’Africa, alla loro quinta finale consecutiva, scucendo dalla loro maglia biancogialla lo scudetto CSI, vincendo ai calci di rigore la finale della Clericus Cup 2018. Il Cupolone si tinge così a stelle e strisce. Partita da incorniciare nonostante lo 0-0. È stato infatti un derby del Gianicolo spettacolare dall’inizio alla fine, ricco di emozioni, rovesciamenti di fronte e tante occasioni da gol, alcune clamorose. Per sbloccare la finale sono serviti però i tiri dal dischetto: quando il capitano dei Nam William Nyce – cui Papa Francesco aveva sussurrato mercoledì scorso “che tipo clericale che sei!” a margine dell’udienza in cui aveva benedetto la Coppa – ha gonfiato la rete è esplosa la festa USA. Il capitano, venuto da Arlington in Virginia, al terzo anno nel Pontificio Collegio Americano del Nord è felicissimo. Dedica la vittoria al Santo Padre, esulta per la duplice grande emozione di questi ultimi giorni: l’assist del Pontefice ed il gol di questa mattina. Clima infuocato sugli spalti, con i cori e i colori delle due tifoserie, una accanto all’altra in fraternità. Come sul Gianicolo, dove i collegi sono confinanti: a sinistra quello americano, a destra quello di Propaganda Fide. A bordo campo, il consulente ecclesiastico nazionale del Csi, don Alessio Albertini, il presidente del Csi, Vittorio Bosio e la voce di Carlo Nesti, storico telecronista Rai, a raccontare la finale in diretta per Radio Vaticana. Partita subito vivace. “Let’s go Martyrs!, cantano sugli spalti i tifosi statunitensi, che ci credono. Ma nei sessanta minuti intensi, senza un attimo di calma, si va ai rigori. Per i NAM segnano Floersch, Hokamp, Frei e Nyce, mentre è ininfluente il palo colpito da Goldhammer. Per i Leoni d’Africa in gol Mbah e Badji, fatali invece gli errori dal dischetto del capocannoniere del torneo Kayiwa e Tibanyendera. Dopo il penalty di Nyce esplode la festa americana. Ecco il classico “We are the champions” cantato dai tifosi dei SuperNam dopo il tradizionale terzo tempo di preghiera, ricco di abbracci e complimenti reciproci tra amici e vicini di casa.
Significativo come sia il rettore, oggi sconfitto, Monsignor Vincenzo Viva a intonare “Salve Regina”, con il latino capace immediatamente di riaffratellare i seminaristi avversari per un’ora e mezza soltanto. Quindi ecco la Coppa con il nome dei Martyrs inciso passare dalla mani di don Alessio Albertini a quelle del rettore del PNAC (Pontificial North American College) Peter. C. Harman. “È stata una vittoria bellissima, dopo una partita molto combattuta. Faccio i complimenti ai ragazzi del Collegio Urbano. Sono felicissimo”, dice William Nyce, il capitano coraggioso, che ha mantenuto la giusta freddezza nel segnare il rigore decisivo. Può finalmente alzare la Coppa dopo tre anni con la maglia dei NAM. Felicissimo anche Paul Floersch, dal Nebraska, top scorer dei NAM e tra i migliori in campo oggi: “La nostra forza è stata la fraternità, preghiamo sempre prima e dopo ogni partita. Con questo torneo siamo diventati un grande gruppo”. Delusione sui volti degli ex campioni in carica. “Sono felice per il premio di miglior cannoniere – dice Kayiwa – ma triste per aver perso una coppa che sognavamo tanto. Ma faccio i complimenti ai nostri vicini, che hanno giocato bene, e sono contento per loro”. “Abbiamo fatto il possibile per vincere, giocando sempre con spirito vincente. Ma il calcio è così, non abbiamo meritato di perdere. I rigori sono una lotteria – dice il congolese mister Mukendi – Non ho nulla da rimproverare ai miei ragazzi, che ringrazio”. L’allenatore dell’Urbano va a complimentarsi con quello dei NAM. Mister Olson si gode la vittoria e anche il premio di miglior allenatore, visto che ha riportato in Paradiso i North American Martyrs dopo quattro anni bui. “Dedico la vittoria a tutti i cristiani perseguitati nel mondo e a tutti i nostri ragazzi che verranno ordinati nei prossimi mesi. Questo è il nostro vero traguardo. La nostra forza? Pazienza, gruppo e psicologia – dice Olson, prima di tornare negli spogliatoi e prepararsi per la festa – Oggi in collegio grigliata all’americana, con cheeseburger e birra per tutti”.
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XENIA “NUOTARE MI HA SALVATO LA VITA”
“Alla nascita ho avuto un’emorragia celebrale che mi ha causato una incompatibilità di vivere. Mia mamma mi ha portato a tre mesi a fare terapia in piscina. Prima c’erano solo i silenzi e poi man mano si è accesa una scintilla. Da lì è partito tutto”. Così Xenia Francesca Palazzo, nuotatrice paralimpica, ha raccontato la sua storia di vita e sport al programma “Buone notizie”, condotto da Cesare Cavoni, in onda su Tv2000. Xenia nasce a Palermo il 29 aprile 1998. Vive a Verona e gareggia per la società Team Sport Isola. Atleta con disabilità intellettiva e relazionale (coagulazione intravasale disseminata) ha fatto il suo esordio in una gara ufficiale nel 2012. Frequenta la quinta superiore; nel tempo libero le piace ascoltare la musica. A Rio 2016 ha esordito in una paralimpiade. “E’ stata proprio mia mamma – ha proseguito Xenia – a volermi far fare nuoto agonistico perché vedeva i miei miglioramenti costanti. Da una semplice terapia è diventato un amore per uno sport che pratico ancora adesso”. “Con l’amore dei miei genitori, sono qua – ha aggiunto Xenia – cammino, parlo e poi spero di partecipare agli Europei di Dublino. Sostenetemi, seguitemi, fate il tifo non solo per me ma anche per gli altri ragazzi. Gli atleti paraolimpici sono sempre con il sorriso. Abbiamo tantissimi amici: qua, là, all’estero anche in un paesino. Siamo sempre felici di fare il nostro meglio e ci divertiamo come pazzi. La strada per i Giochi olimpici di Tokyo 2020 è ancora lunga, però è già alle porte. Ho avviato un crowdfunding per raccogliere fondi destinati alle mie terapie, cure, visite mediche, trasferte e attrezzature”.
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TOMMASI “SPORT E FEDE TEAM FORMIDABILE”
“La fede e la famiglia si sono intrecciate da subito nella mia crescita, perché da bambino ho vissuto in un paesino di montagna dove la vita di parrocchia era la vita del paese, era la nostra quotidianità sia dal punto di vista scolastico che da quello sportivo. Poi, crescendo, la fede mi è servita per cercare risposte alle domande che un adolescente si fa quando sta diventando un uomo. È normale poi che la ricerca di queste risposte incida sulle scelte di vita che ognuno di noi fa. Questo percorso mi ha aiutato anche nella mia vita professionale, perché il lavoro del calciatore, che ho svolto per molti anni, è particolare anche dal punto di vista psicologico e perciò avere delle certezze e degli elementi che possano aiutarti in determinati momenti è stato molto importante”. Lo ha dichiarato il presidente dell’Associazione italiana calciatori Damiano Tommasi, nel corso di un’intervista alla rivista “Don Orione oggi” per il numero di maggio 2018 in cui ha toccato temi cruciali come la fede, la famiglia e lo sport. “Bisogna riportare il calcio – aggiunge – ai tanti valori che trasmette l’attività sportiva: stare insieme, mettersi in gioco, far seguire il risultato a una preparazione, un sacrificio, un allenamento. Tutti elementi che purtroppo vengono dimenticati, perché si evidenzia sempre la parte dello sport che punta alla carriera, al successo o alla possibilità di diventare famosi. Questi aspetti dello sport incidono anche nelle scelte dei genitori, che scelgono di far fare una disciplina sportiva ai propri figli non in base alla passione del bambino o agli elementi di forza di quello sport, ma semplicemente con l’idea di capire dove quel bambino può sfondare e arrivare più in alto possibile. In realtà, nello sport, il numero degli atleti che arrivano a determinati livelli è minimo, quindi l’obiettivo dev’essere quello di arrivare a vivere una vita da sportivi in tutti gli ambiti di lavoro. Darebbe sicuramente qualcosa in più”.
Secondo l’ex calciatore della Roma “bisogna aiutare i giovani a capire cos’è che li smuove dentro, che li fa sorridere, che li fa stare bene insieme al gruppo che frequentano. Andare a fare sport pensando alla riconferma l’anno dopo, alla vittoria di un campionato o alla vittoria di una gara è quello ciò che toglie la passione, ma è proprio la passione che ti fa giocare a calcio, a pallavolo o a qualsiasi altro sport, anche quando non è strutturato. Oggi i bambini fin da piccoli vengono messi davanti a un avversario, ad altri bambini con altre maglie. Il gioco dei bambini è organizzato per gli adulti, perché ai bambini basterebbe una palla e poi le squadre le farebbero da soli. Questo è un elemento che toglie un po’ di passione o la svia” ha detto alla rivista orionina. “Nella nostra vita – spiega – subiamo i fallimenti o i momenti negativi perché li affrontiamo da soli, e ci esaltiamo troppo in quelli positivi sempre perché non condividiamo l’essere parte di una comunità. Lo sport, soprattutto quello di squadra, insegna a vincere e a perdere insieme ed è per questo che non bisogna pensare sempre al valore commerciale o di carriera. Quindi ognuno è indispensabile e ognuno con la sua individualità è parte di questo progetto”.
“La mia quotidianità – conclude – è fatta di piccole e grandi preghiere. Ci sono momenti più intimi e alcuni più collettivi e intensi, come è successo recentemente al funerale di Davide Astori. In un’occasione del genere riaffiorano le domande di cui parlavamo all’inizio e si cercano ancora le risposte”.
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CLERICUS CUP. FINALE USA CONTRO AFRICA
Sarà Stati Uniti contro Africa la finale inedita della 12a edizione della Clericus Cup, il mondiale vaticano promosso dal Csi, con il patrocinio dell’Ufficio sport della Cei, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano. I seminari del North American Martyrs e del Pontificio Collegio Urbano stamattina hanno staccato il pass per l’atto finale, vincendo le rispettive semifinali. Gli statunitensi hanno superato 4-2 i trasteverini del Sedes Sapientiae, grazie ad una doppietta di Paul Floersch, attaccante del Nebraska, autore dell’1-0 (tap in dopo aver visto parato il rigore da lui stesso calciato) e del 3-1. Le altre reti “stars and stripes”, su corner nel finale di primo tempo firmata da Tony Klein e il gol della sicurezza nel finale di Kyle Poye. Il Sedes Sapientiae, sempre a rincorrere, aveva pareggiato 1-1 con un bel gol del ghanese Bebe Guo, e accorciato nella ripresa sul 3-2 con un incursione del messicano Ceferino Carmona. Episodio chiave del match la mancata espulsione a 8 minuti dallo scadere del difensore USA John Pankratz, autore di un fallo da ultimo uomo quando il bomber biancorosso Nyamwihula, lanciato a rete, era ormai pronto a calciare il gol del 3-3. Solo giallo per lui, nemmeno il cartellino azzurro dell’espulsione. Proteste sì, ma garbate e momentanee per i sacerdoti del Sedes, in panchina. Già al fischio finale è infatti arrivata l’assoluzione per l’arbitro.
“Quando la partita è finita non c’è più nulla da dire o fare – afferma composto padre Josefo Huerta, formatore dell’Opus Dei e allenatore del Sedes”. Dagli spalti il coro di moda nei massimi tornei calcistici approda anche in Vaticano. Il coro per l’arbitro “Insensibile!” arriva anche all’ombra del Cupolone, ma per i trasteverini battuti non ci sono alibi. “L’arbitro non c’entra – afferma il centrocampista venezuelano, capitan Parra – loro correvano più di noi. Peccato aver regalato il rigore in apertura di match, e non aver protetto la parata del nostro portierone che aveva respinto il tiro dagli 11 metri”. Nell’altra semifinale, i Leoni d’Africa scudettati del Collegio Urbano hanno sbranato anche la Gregoriana e adesso solo i cugini del North American Martyrs li separano dal quarto scudetto clericale. Nessuna vendetta per la Gregoriana, sconfitta come nella finale di un anno fa, ma con un parziale più duro. Il 3-0, per i pur generosi uomini di Caioli, è una sentenza troppo pesante ma la sconfitta è netta. Hanno vinto i più forti, per gli amaranto come occasioni gol, solo il palo di Duarte Rosado del possibile 1-1. A regalare la vittoria all’Urbano i gol del sudafricano Biata, e nella ripresa del tandem ugandese Kayiwa e Ssekate. Mai i due seminari, Urbano e North American College, si erano affrontati in finale. Sarà la prima volta che il derbyssimo del Gianicolo assegnerà il Saturno, pur avendo entrambe le formazioni raggiunto la quinta finale di Clericus Cup. Dal 2009 al 2013 gli americani vinsero due delle quattro disputate. Poi, dal 2014 ad oggi l’Urbano è sempre arrivato in finale, vincendo tre volte lo scudetto ecclesiastico.
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PRESENTATA 2^ EDIZIONE OLIMPIADI DEGLI ORATORI
“Secondo me lo sport non e’ qualcosa da guardare ma da vivere e praticare. E’ bello stare insieme, giocare e riconoscere vittorie e sconfitte. Questo e’ il senso di queste ‘Olimpiadi’, perche’ lo sport e’ quello che si pratica ed e’ parte irrinunciabile, per gli oratori, fin dalla loro fondazione. Sfidandosi sul campo da gioco si impara a vivere non la competizione arrabbiata ma il gusto di giocare insieme”.
Sono le parole dell’arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini, introducendo la presentazione della seconda edizione di ‘Oralimpics – L’Olimpiade degli oratori’, promossa da CSI Milano e Fondazione Oratori Milanesi, in collaborazione con CONI Lombardia, Comune di Milano, Regione Lombardia e Arexpo, che si disputeranno dal 29 giugno al 1 luglio, nell’ex sito Expo.
“Regione Lombardia ha sempre sostenuto gli oratori, perche’ contribuiscono a formare i giovani e la loro vitalita’ in modo positivo. E’ significativo, anche, il luogo, che rappresenta l’evoluzione e lo sviluppo della nostra regione, il futuro. Per i ragazzi e’, anche, una grande occasione di confrontarsi in maniera corretta”, assicura il governatore lombardo Attilio Fontana.
“Queste ‘Olimpiadi’ rappresentano il connubio tra le attivita’ praticate in oratorio e l’attivita’ sportiva amatoriale, strumento formidabile per far vivere le comunita’ e’ come crescita per il futuro”, sottolinea l’ad di Arexpo Giuseppe Bonomi ricordando che l’ex sito Expo, oggi, si chiama ‘Mind’ (Milano Innovation District).
“Lo sport e’ un veicolo importantissimo per la crescita dei ragazzi perche’ insegna i principi della disciplina, delle regole, della lealta’, della correttezza, della solidarieta’ e della coesione”, sostiene il prefetto milanese Luciana Lamorgese.
“Questa grande sfida la portiamo avanti con il gioco di squadra che abbiamo fatto con le istituzioni, perche’ lo sport e’ questo”, afferma il presidente di CONI Lombardia Oreste Perri, mentre il presidente del CIP Lombardia Pierangelo Santelli auspica la presenza di piccoli atleti disabili alla manifestazione perche’ dagli oratori “sono usciti tanti campioni, mi piacerebbe uscissero anche campioni paralimpici”.
Per il sindaco di Milano Giuseppe Sala, queste ‘Olimpiadi’ sono un’occasione per parlare, anche, di “bullismo ed educazione alimentare”, un momento per “imparare, divertirsi e stare insieme, in un’area magica”, come quella di Expo. Queste “‘Olimpiadi’ rimangono nel tessuto dell’estate milanese, indietro non si torna”, conclude Sala.
A questa seconda edizione si sono iscritti 3.000 ragazzi di 148 oratori; gli alpini allestiranno una tenda per 1.500 pasti a turno; lavoreranno 300 volontari e ci saranno 35 esibizioni sportive su 2 km di strutture allestite lungo il Cardo e il Decumano. Per la cerimonia inaugurale di venerdi’ 29 giugno, sono attesi 10.000 ragazzi.
Testimonial dell’evento Giovanni Trapattoni (“Sono stato solo un buon calciatore, qui ci sono atleti che hanno fatto molto di piu'”) e Clara Mondonico, figlia di Emiliano, in rappresentanza del padre, scomparso lo scorso 28 marzo, per la categoria allenatori; la judoka Giulia Quintavalle e l’atleta paralimpica Giusy Versace per la categoria atletica leggera; Dino Meneghin per la categoria basket; Valentina Diouf (“anch’io sono passata dall’oratorio”) e Andrea Zorzi per la categoria pallavolo; Beppe Baresi; la nazionale paralimpica Amputati Calcio; Igor Cassina per la categoria ginnastica artistica; l’atleta paralimpico Daniele Cassioli per la categoria campioni del mondo. Durante la presentazione e’ stata consegnata la Fiaccola di Oralimpics 2018, benedetta da Papa Francesco, in Vaticano, il 4 aprile scorso.
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