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GIOVANE STUDENTE UNIBA A BUCAREST PER CYBERSECURITY

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Davide Palma, 19 anni, studente del Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari, è risultato tra i migliori dieci giovanissimi italiani nel campo della cybersecurity.
Lo studente parteciperà alla ECSC 2019 di Bucarest (https://europeancybersecuritychallenge.eu/) e insieme ad altri nove giovanissimi italiani, tenterà di vincere la gara  europea di sicurezza informatica.
Le gare si terranno domani, 9 ottobre, e dopodomani, 10 ottobre, nella sede del Parlamento della Romania. Saranno tante le sfide, ognuna con un punteggio diverso a seconda della difficoltà. Per entrambi i giorni sono previste otto ore di gare. Il team italiano, selezionato dal laboratorio di cybersecurity del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI), vede partecipare cinque under 20 e cinque over 20.

Un’occasione unica per il giovane, cresciuto ad Apricena in provincia di Foggia, per conoscere i migliori talenti europei della sua generazione: “A prescindere dal risultato sarà un’occasione per crescere sia nelle competenze tecniche, che a livello umano imparando a fare gioco di squadra”, dice con sicurezza Davide. Venerdì scorso, 4 ottobre, è stato ricevuto insieme agli altri campioni italiani dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha fatto alla squadra un grande augurio. Nella gara dello scorso anno l’Italia è risultata sesta su 20 nazionali partecipanti, un buon risultato che ora la squadra spera di eguagliare o addirittura migliorare: “Sarà interessante indossare questa maglia e difendere la reputazione dell’Italia, ma sarà anche importante rappresentare in Europa il mio Dipartimento e la mia Università di fronte ai miei colleghi italiani e stranieri” conclude Davide Palma.

STUDENTESSA DI TARANTO SCELTA PER TIROCINIO IN CINA

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Una studentessa di Taranto tra i dieci selezionati in tutta Italia che voleranno in Cina per un tirocinio con Huawei. Si chiama Sara Ruffo ed è iscritta al corso di laurea magistrale in Sicurezza Informatica dell’Uniba, con sede a Taranto. È stata selezionata su i duecentosessanta studenti che hanno  partecipato alla CyberChallenge 2019, competizione per l’addestramento alla sicurezza informatica per giovani di talento delle scuole superiori e delle università, organizzato a Bari dal dipartimento di informatica e dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica.
Ora Sara avrà l’occasione di frequentare il programma di tirocinio della società cinese chiamato “Seeds for the Future”. Sono previste visite presso le strutture di Huawei a Shenzhen e ai centri di ricerca a Pechino. Ci si focalizzerà non solo sugli aspetti teorici, ma anche sull’applicazione concreta nel mondo industriale. Sono stati selezionati sei ragazzi e quattro ragazze italiane. Si parte da Milano il 26 ottobre e l’esperienza terminerà il 10 novembre.

Oltre alle lezioni “tecniche” è previsto anche un corso intensivo di lingua e cultura cinese alla Beijing Language and Culture University (BLCU), l’Università di Pechino di Lingua e Cultura.
A dare notizia fra gli studenti pugliesi di questa possibilità sono stati i responsabili di Huawei che lo scorso anno, il 2 febbraio 2018, sono stati ospitati dal Dipartimento di Informatica per l’evento: “The University of Bari meets Huawei”.

PASSAPORTO EUROPEO DELLE QUALIFICHE PER I RIFUGIATI, VALUTATORI A BARI

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Si chiama “Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati” ed è un documento che fornisce una valutazione dei titoli di istruzione superiore ottenuti nel Paese di provenienza (anche in assenza di documentazione originale), consentendo l’ammissione a ulteriori studi nelle università dei Paesi di arrivo e agevolando il processo di integrazione e di occupazione dei beneficiari di asilo politico o protezione internazionale. I valutatori del Consiglio di Europa e il Cimea hanno scelto l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, attraverso il Centro per l’Apprendimento Permanente C.A.P., per offrire direttamente una chance di riconoscimento delle qualifiche e dei titoli di studio ottenuti precedentemente all’arrivo in Italia, anche in caso di scarsa o di assenza di documentazione ed è questa la novità assoluta per l’Ateneo pugliese.
Il passaporto EQPR (European Qualifications Passport for Refugees) potrà essere utilizzato dai rifugiati anche in altri Paesi europei e potrà essere rilasciato anche per titoli di istruzione secondaria, diventando quindi utilissimo per l’accesso all’istruzione accademica.
Due i requisiti indispensabili per la partecipazione al progetto basato sul riconoscimento della Convenzione di Lisbona del Consiglio d’Europa: lo status dei candidati (priorità a coloro che sono già in possesso dell’asilo politico o della protezione internazionale mentre per coloro che hanno ottenuto la protezione umanitaria o sono richiedenti asilo sarà comunque possibile compilare il questionario e, in base alle adesioni ricevute, essere ricontattati) e l’aver conseguito almeno un titolo finale di scuola secondaria superiore che consenta l’accesso all’istruzione accademica nel Paese in cui il titolo è stato ottenuto.
Sulla base della documentazione disponibile e di un colloquio strutturato, nella settimana dal 18 al 22 novembre 2019, il candidato ammesso riceverà una valutazione dei titoli di istruzione superiore, dell’esperienza di lavoro pregressa e delle competenze linguistiche dal Consiglio d’Europa, dal Cimea e dal rettore dell’Università di Bari, Stefano Bronzini.
Per partecipare è necessario compilare un questionario prodotto dal Consiglio d’Europa in lingua inglese, francese o araba, produrre i documenti identificativi che attestano lo status di rifugiato e fornire copia dei documenti degli studi nel proprio Paese.
Per ogni informazione (consultare anche https://www.coe.int/en/web/education/recognition-of-refugees-qualifications) e ricevere il questionario in lingua madre, scrivere a [email protected].
Il questionario va richiesto entro il 10 ottobre. Una volta completato, va inoltrato con la documentazione necessaria a: [email protected] (e in copia a [email protected]).
La scadenza per inviare il questionario compilato al Cimea è il 18 ottobre 2019.

RICERCATORI BARI E LECCE OSSERVANO NUOVE PROPRIETÀ DEI RAGGI COSMICI

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Venerdi 27 settembre 2019, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science Advances un importante risultato conseguito dall’esperimento spaziale DAMPE (DArk Matter Particle Explorer), in orbita intorno alla Terra dal 2015, a cui partecipano ricercatori del Dipartimento di Fisica “M. Merlin” dell’Università di Bari, del Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio de Giorgi” dell’Università del Salento e delle Sezioni di Bari e di Lecce dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).
Il risultato pubblicato su Science Advances consiste in una misura diretta del flusso di protoni cosmici fino a energie elevatissime, mai raggiunte con tale accuratezza da nessun apparato nello spazio. In particolare, DAMPE ha evidenziato che il flusso dei protoni cosmici alle energie più elevate presenta un’attenuazione molto più marcata del previsto. “Questa osservazione”, commenta Fabio Gargano, responsabile del gruppo di ricercatori di Bari, “fornisce preziose informazioni sull’origine dei raggi cosmici e sui loro processi di accelerazione, in grado di portare particelle cariche a energie molto superiori rispetto a quelle raggiunte dai più potenti acceleratori costruiti dall’uomo.”

L’esperimento spaziale DAMPE è frutto di una collaborazione internazionale a cui lavorano oltre 100 tra scienziati, tecnici e dottorandi di istituzioni cinesi, italiane e svizzere guidate dal Purple Mountain Observatory (PMO) di Nanjing. L’Italia è stata impegnata sia nella costruzione di una componente essenziale del rivelatore quale il tracciatore, realizzato con il coordinamento dell’INFN di Perugia e dedicato alla ricostruzione della traiettoria delle particelle che incidono sullo strumento, sia nei test dell’apparato prima del lancio. Attualmente i ricercatori italiani partecipano a diverse linee di analisi scientifica dei dati di DAMPE come lo studio degli elettroni e dei positroni cosmici, la misura diretta della distribuzione dei nuclei cosmici, l’osservazione dei raggi gamma galattici ed extragalattici e la ricerca della materia oscura. “Tutte queste misure”, spiega Paolo Bernardini dell’Università del Salento e responsabile del gruppo di analisi, “costituiscono nuovi tasselli che vanno a inserirsi nel complesso e ancora incompleto quadro della conoscenza della radiazione cosmica, fornendo indicazioni per comprenderne l’origine e i meccanismi di propagazione”.
I ricercatori pugliesi impegnati nell’esperimento DAMPE sono Piergiorgio Fusco e Francesco Loparco dell’Università di Bari; Giacinto Donvito, Fabio Gargano e Mario Nicola Mazziotta dell’INFN di Bari; Paolo Bernardini e Giovanni Marsella dell’Università del Salento; Antonio Surdo dell’INFN di Lecce; i dottorandi Antonio De Benedittis e Margherita Di Santo dell’Università del Salento.

NUOVE TECNOLOGIE DA PIANTE E BATTERI

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Realizzare dispositivi elettronici utilizzando piante, alghe e batteri. E’ in sintesi il senso dell’innovativo progetto HyPhOE (H2020), finanziato con 3 milioni di euro dall’Unione Europea. Tra i sei enti coinvolti, l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, insieme a Politecnico di Bordeaux e Università di Parigi Denis Diderot in Francia, il Centro di scienze delle piante di Umeå e l’Università di Linköping in Svezia e l’Istituto dei Processi Chimico-Fisici (IPCF) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
A Bari, nel Centro Polifunzionale Studenti “BALAB” si è tenuta l’assemblea generale del progetto HyPhOE, acronimo che sciolto vuol dire Hybrid Electronics based on Photosynthetic Organisms. Un meeting a cui hanno partecipato tutti i partner e che ha concluso il primo di tre anni di lavoro alla ricerca di un compromesso tra hi-tech e green.

“Si concepisce una tecnologia elettronica – ha spiegato il professore Gianluca Maria Farinola, organizzatore del meeting barese e responsabile dell’unità dell’Università di Bari del progetto – completamente nuova: realizzare dispositivi elettronici invece che con i classici materiali come il silicio, con organismi viventi. Significa non dover più utilizzare materiali inquinanti, ma materiali naturali per delle tecnologie avanzate. L’Europa ha creduto nel progetto finanziandolo nell’ambito del bando Tecnologie future emergenti. Quindi si scommette su una idea nuova e se ne valuta la realizzabilità”.
In un anno di lavoro non sono pochi i risultati pratici ottenuti. “Siamo riusciti – ha raccontato il prof. Farinola – a realizzare dei dispositivi elettronici, transistor e interruttori fatti con dei batteri fotosintetici, siamo riusciti a dimostrare la produzione di materiali a partire da alghe microscopiche, il gruppo in Svezia ha realizzato dei circuiti nelle piante. Inoltre abbia reclutato dei giovani ricercatori con i fondi di questo progetto che ora costituiscono un nuovo network a livello europeo in cui l’Università di Bari è coinvolta che naturalmente rappresentano una generazione di ricercatori del futuro che parlano una nuova lingua. E’ stato finora un lavoro entusiasmante e i due anni che ci aspettano lo saranno ancora di più”.

Insomma, un progetto idealmente rivoluzionario che mira, nel rispetto dell’ambiente, allo sviluppo di nuove tecnologie ibride, di dispositivi green alternativi.
“Siamo molto soddisfatti – ha aggiunto la coordinatrice del progetto, la svedese Eleni Stavrinidou dell’Università di Linkoping – soprattutto perché il sistema ha funzionato. Non è una cosa semplice. Un’attività che ha portato i nostri ragazzi ad un livello di conoscenza molto più approfondito. Ora inizia la parte più applicativa e di intersezione più profonda”.
La coordinatrice svedese ha tracciato anche un bilancio positivo sulla collaborazione tra enti e università di Paesi diversi. “E’ importante – ha detto – perché la connessione territoriale con altre università ci consente di avere differenti approcci ad un problema complesso. Portano anche a differenti esperienze e capacità che si fondono in un’unico progetto, per questo è molto importante”.

BRONZINI “SULLA QUESTIONE DEI SOCIAL SERVE UNA RIFLESSIONE”

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“Il linguaggio d’odio in politica: a chi fa male e come farne a meno”. A queste domande, contenute nel titolo dell’evento, hanno provato a dare un risposta gli intervenuti, nel Polifunzionale Studenti di Bari, alla tavola rotonda organizzata dal corso di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bari, con il sostegno del Corecom Puglia, che chiude la Summer School sulla Comunicazione Politica “Hate Speech: prevenzione e contrasto”.
All’incontro, moderato da Dino Amenduni dell’agenzia di comunicazione Proforma, hanno preso parte il nuovo Rettore dell’Università di Bari, Stefano Bronzini, che entrerà i carica il 1° ottobre, la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, il deputato di Forza Italia Antonio Palmieri, il sindaco di Bari Antonio Decaro, e il direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione, Giuseppe Elia.
“C’è bisogno di riflettere sulle cose – ha detto all’Italpress il Rettore di Uniba Stefano Bronzini –  C’è bisogno che politica, università e istituzioni si concentrino. Non è un momento grave, è un momento della storia e bisogna partecipare ed essere protagonisti con la riflessione. Credo che sulla questione dei social sia opportuno che tutti si fermino a riflettere prima di interventi legislativi o meno che possano degradare quella che è un’opportunità in un momento negativo”.

Proprio sulla questione legata ai social, il professore Bronzini ha ricordato nell’intervento un aneddoto legato alla sua recentissima elezione. “Io non sono su nessun social e in tanti mi dicevano che sarebbe stato necessario per me utilizzarli alla vigilia dell’elezione del nuovo Rettore. Non l’ho fatto perché ho ritenuto possibile e doveroso che un’elezione universitaria rimanesse dentro i confini del territorio e siccome i votanti erano 3mila, mi sono impegnato cercando di incontrarli tutti. Proprio tutti non ce l’ho fatta ma il mio impegno è andato in questa direzione”.
A Bari per parlare del linguaggio d’odio in politica anche l’ex ministro Maria Elena Boschi e attualmente capogrupppo alla Camera di Italia Viva, spesso bersaglio degli haters. “Credo mi abbiano invitato – ha commentato l’attuale deputata di Italia Viva – come esempio perfetto di un bersaglio di odio politico sui social, non casuale ma organizzato in modo scientifico e professionale da alcuni gruppi che poi si rifanno ad alcuni partiti politici, in molti casi. Io credo che sia importante – ha continuato l’onorevole – innanzitutto parlarne, che ci sia la consapevolezza che questo è un problema”.

“E’ un problema di regole del gioco, di democrazia perché ciascuno deve essere libero di esprimere le proprie opinioni politiche, anche di essere criticato per quelle, ma non deve essere soggetto di attacchi di carattere personale, sessisti, che non hanno nulla a che vedere con le proposte che fa. Spesso purtroppo sono le donne le vittime preferite degli odiatori sui social. Necessaria una riflessione per cominciare a dire che non è normale, che il web non è un territorio franco. Servono sì regole nuove, ma anche una formazione nuova. E in quest’ottica è molto apprezzabile l’iniziativa di oggi dell’Università di Bari” ha continuato Boschi.
Ma il linguaggio d’odio in politica non parte solo dai cittadini, spesso è utilizzato anche tra gli stessi politici. “Sì – ha concordato l’ex ministro – purtroppo c’è anche nelle aule parlamentari. Purtroppo ci sono dei politici che usano un linguaggio che incita spesso i propri sostenitori ad una escalation. Matteo Salvini lo ha fatto, facciamo nomi e cognomi così è più semplice. Lo ha fatto anche nell’ultimo mese, nei miei confronti ma non solo”.

Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha suggerito di risalire alle cause. “Bisogna cercare di capire – ha detto – anche i motivi per i quali qualcuno si nasconde dietro il monitor di un computer e con parole di odio attacca i rappresentanti delle istituzioni che in quel momento rappresentano l’idea del potere. Io con gli odiatori sui social ho sempre avuto un buon rapporto, nel senso che qualche volta li ho presi in giro per sdrammatizzare, qualche volta ho cercato di incontrarli, di capire anche quali erano le motivazioni che portavano tante persone a riempire di improperi la pagina social del sindaco. Nei prossimi giorni cercherò di capire dove sono finiti tutti quelli che durante la recente campagna elettorale mi attaccavano su qualunque questione, anche quelle che non erano di diretta competenza del sindaco. Li inviterò al Comune e cercherò di riprendere anche un dialogo con loro”.
Ma l’attività degli odiatori incide sull’andamento del Paese? Il primo cittadino del capoluogo pugliese la pensa così: “Degli studi dimostrano che ci sono dei gruppi organizzati in maniera scientifica che tendono ad orientare il Paese. Soprattutto nel periodo della campagna elettorale ci sono state delle campagne d’odio fatte nei confronti di alcuni rappresentanti politici, altre verso temi come l’immigrazione, una sorta di sciame di profili veri o falsi che si muovono in una certa direzione per cercare di orientare l’opinione pubblica”.

Più tecnico il commento di Dino Amenduni, che oltre ad aver svolto il ruolo di moderatore della tavola rotonda, è anche docente di comunicazione politica ed elettorale all’Università di Bari. “Molto spesso, più della violenza, è la ricerca di attenzione da parte dell’interlocutore – spiega Amenduni – a muovere i loro comportamenti. Capita che un politico riceva un insulto, risponde a quel commento e subito dopo l’utente cambia completamente atteggiamento. Quindi spesso basterebbe gestire le comunità in modo più costante, più continuo, far vedere che si è presenti, ascoltare, rispondere ai commenti. Questo spesso basta a ridurre la tensione. Tuttavia le pressioni mediatiche da una parte e il linguaggio d’odio usato dagli stessi politici dall’altra hanno una grande responsabilità. Il linguaggio d’odio utilizzato da chi è in una posizione superiore sdogana il linguaggio d’odio di chi è più in giù. Quindi probabilmente serve un patto: cioè la politica deve cominciare ad ascoltare di più i cittadini e deve ridurre il linguaggio d’odio e in cambio riceverà lo stesso trattamento”.

UNA “GHIRBA PER L’AMBIENTE” IN REGALO A MATRICOLE E STUDENTI

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Il direttore del dipartimento Economia, Management e Diritto dell’impresa dell’Università di Bari, Giovanni Lagioia, assieme al personale docente e tecnico amministrativo e agli stakeholder, ha tenuto nei giorni scorsi una serie di incontri di benvenuto agli studenti che stanno iniziando il percorso universitario presso il dipartimento. Durante questi appuntamenti, Lagioia ha fatto omaggio alle matricole e agli studenti già iscritti di un kit denominato “Ghirba per l’Ambiente” per un dipartimento sempre più plastic free. Le matricole e gli studenti iscritti ai vari anni di corso impossibilitati a partecipare agli incontri possono ancora ritirare il kit recandosi presso l’Ufficio accoglienza della Direzione del DEMDI – IV piano corpo Dipartimenti. E’ sufficiente che presentino un documento di identità e copia di immatricolazione al Dipartimento DEMDI stampata dal sistema Esse3.
“Così come abbiamo a cuore il vostro futuro professionale – ha detto Lagioia a matricole e studenti – vogliamo contribuire tutti insieme alla riduzione della plastica monouso e all’adozione di modelli di business e consumo ambientalmente sostenibili”.

TAVOLA ROTONDA SU “INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN SANITÀ”

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“Le opportunità sono quelle di una capacità di decisione molto veloce, utilizzando una grande quantità di dati, il pericolo è dato dal fatto che l’uomo, che comunque deve controllare, monitorare, sia meno presente”. Lo ha detto a Bari il professore Ugo Ruffolo, ordinario di diritto civile all’Università di Bologna, intervenuto alla tavola rotonda “Innovazione in Sanità, il ruolo dell’intelligenza artificiale”, organizzata nel dipartimento di Informatica del Politecnico dall’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. “L’intelligenza artificiale – ha proseguito il professore Ruffolo – fa cose che l’umano non è in grado di fare, contemporaneamente il controllo dell’umano su ciò che fa l’intelligenza artificiale moltiplica, decuplica, le capacità dell’umano senza togliere la sua capacità di selezione. Ma non si deve allentare quest’ultimo”.
L’intelligenza artificiale in Sanità è sempre più utilizzata non solo in ambiti prettamente medici ma anche organizzativi, come ha sottolineato il direttore generale del Policlinico di Bari, Giovanni Migliore, tra i partecipanti alla tavola rotonda.

“E’ assolutamente indispensabile l’utilizzo di queste tecnologie per garantire la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. E’ un investimento che noi facciamo soprattutto per salvaguardare la possibilità nei prossimi anni, in presenza di una riduzione significativa della disponibilità di professionisti e specialisti, di sostenere il sistema negli anni e implementare soluzioni al servizio dei pazienti sempre più vicine a quelli che sono i loro bisogni”. Dal direttore Migliore anche un esempio pratico: “Noi abbiamo implementato in vista dell’apertura del nuovo Pronto soccorso, in programma il 1° ottobre, un software che, storicizzando i dati di afflusso e rilevando puntualmente i picchi di richiesta, ci consente di valutare quali sono le reali necessità da un punto di vista assistenziale per poter gestire in modo preventivo le situazioni di iperafflusso. Ci consentirà attraverso la sperimentazione di essere sempre più vicini alle richieste dei cittadini. Io con il mio cellulare ormai da un anno ho sotto controllo quello che è il picco di affluenza”.

Ma le imprese del territorio sono sensibili all’argomento? La rassicurazione arriva dal presidente di Confindustria Bari e Bat, Sergio Fontana: “Sono estremamente sensibili – ha detto Fontana, anche lui intervenuto alla tavola rotonda – perché questa è una grande opportunità. Abbiamo dei big data e una quantità enorme di informazioni che se vengono utilizzate nel miglior modo possibile, con la possibilità di imparare dagli errori, possono dare degli strumenti utilissimi ai medici, per esempio nella fase della diagnosi”.

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