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ADDIO A CAMILLERI, UN ANNO FA IL TITOLO DI DISTINGUISHED PROFESSOR

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“Quando uno nasce, gli viene dato un ticket con malattie e gioie”: sono parole del Maestro Camilleri, pronunciate poco più di un anno fa davanti a una platea di neo Dottori di Ricerca in tocco e toga. In quella occasione, lo scrittore, sceneggiatore, regista e docente Andrea Camilleri riceveva dall’Ateneo di “Tor Vergata” il titolo di Distinguished Professor, Professore Emerito Honoris Causa.
“Oggi – è il commento del Rettore Giuseppe Novelli – nel giorno in cui il mondo lo saluta, quelle parole tornano alla mente. Impossibile non constatare come del suo ticket, della sua impronta di “DNA” umana, artistica e culturale, il Maestro Camilleri abbia fatto un utilizzo straordinario, lasciando impresso in modo indelebile il proprio nome della storia letteraria del Paese”.
Durante il suo intervento a “Tor Vergata”, Camilleri ha parlato apertamente, non celando le difficoltà dovute alla sua sopraggiunta cecità.

Così si era rivolto, lo scorso anno, agli studenti: “Uno scrittore cieco – disse – è come un operaio senza braccia, ma la difficoltà non mi ha impedito di continuare a scrivere. Non so se la mia vita l’ho scritta o l’ho vissuta, ho fatto entrambe le cose insieme. Ho continuato a scrivere imparando dei ‘sotterfugi’, come il dettato. È stato un gesto di coraggio in età avanzata, quando si ha voglia di lasciare tutto. E io vorrei oggi lasciare a voi giovani questo coraggio. Quando uscirete dall’Università non tutto vi sarà facile, ma io vi auguro di tutto cuore di avere tutto il coraggio e la volontà per riuscire”.
Il Rettore Giuseppe Novelli, a nome dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ricorda con gratitudine e amicizia il grande Maestro Andrea Camilleri, ed esprime sincere condoglianze ai familiari.

NUOVA SCUOLA AMATRICE CON PROGETTO A FIRMA “TOR VERGATA”

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È stato inaugurato, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il nuovo polo scolastico di Amatrice, interamente progettato dal Laboratorio di Progettazione architettonica e urbana dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, guidato dalla professoressa Antonella Falzetti.
L’istituto comprensivo Romolo Capranica, che si estende su un’area di 12mila metri quadrati, accoglie, in un vero e proprio campus antisismico, la scuola per l’infanzia con annessa una piccola ludoteca, la scuola primaria, la scuola secondaria di primo grado, il liceo scientifico sportivo internazionale con convitto e palestra.
L’Università di Tor Vergata ha aderito al programma di ricostruzione delle zone colpite dal sisma, collaborando con Invitalia alla progettazione delle scuole. In particolare, il nostro Ateneo è stato incaricato della progettazione del polo scolastico di Amatrice.
Accanto al progetto strutturale curato dal Professore Ugo Ianniruberto, a coordinare il progetto architettonico è stata la professoressa Antonella Falzetti, docente di Composizione Architettonica e Urbana, autrice anche del progetto insieme al professore Luigi Ramazzotti.

“Abbiamo costituito un team di progettazione, composto da tre dottorandi del Laboratorio di Progettazione architettonica e urbana e da due dipendenti Invitalia, che da febbraio ad aprile ha lavorato alla ideazione del nuovo istituto comprensivo di Amatrice. Sono orgogliosa del lavoro svolto e che un’importante realtà educativa e sociale come la scuola Romolo Capranica porti la firma di Tor Vergata”.
“L’inaugurazione del Nuovo Polo scolastico – commenta il Rettore Giuseppe Novelli – è un grande risultato, frutto della lungimirante idea lanciata dal Presidente Zingaretti per coinvolgere, all’indomani del sisma, gli Atenei pubblici romani nella ricostruzione della scuola e dell’ospedale di Amatrice, a supporto dell’impegno del Commissario straordinario del Governo. L’Università di ‘Tor Vergata’ ha da subito accettato una sfida così impegnativa, schierandosi in prima linea e dimostrando di essere un Ateneo capace di rispondere con azioni concrete, mettendo in campo professionalità e competenze, come quelle del team per la realizzazione del progetto architettonico, guidato dalla Prof.ssa Antonella Falzetti e dal Professore Luigi Ramazzotti. Quel progetto è oggi realtà. Quel progetto è oggi un nuovo fatto che racconta una Università positiva, laboriosa, impegnata al servizio della collettività, per fare innovazione sociale”.

RICERCA INAF-TOR VERGATA, COSÌ I BUCHI NERI FORGIANO LE GALASSIE

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Otto anni di osservazioni condotte con XMM-Newton sul buco nero che si trova nel cuore della galassia attiva PG 1114+445 hanno consentito di mostrare come i venti ultraveloci – outflows (deflussi) di gas emessi dal disco di accrescimento, nella regione prossima al buco nero stesso – interagiscano con la materia interstellare vicino al centro della galassia. Questi outflows erano già stati individuati in precedenza, ma il nuovo studio identifica chiaramente, per la prima volta, tre fasi della loro interazione con la galassia ospite. “Questi venti potrebbero spiegare alcune sorprendenti correlazioni note da anni ma che gli scienziati ancora non sono riusciti a giustificare”, dice il primo autore dello studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics, Roberto Serafinelli dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Milano, che ha condotto la maggior parte della ricerca durante il suo dottorato all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
“Osserviamo, per esempio, una correlazione tra le masse di buchi neri supermassicci e la dispersione di velocità delle stelle presenti nelle regioni interne delle galassie ospiti. Questo però non può essere dovuto all’attrazione gravitazionale del buco nero, a causa dell’elevata distanza del gas dallo stesso. Il nostro studio, per la prima volta, mostra – aggiunge – come i venti del buco nero abbiano sulla galassia un impatto su una scala più grande, fornendo probabilmente il collegamento mancante”.
Già gli astronomi avevano identificato due tipi di outflows negli spettri a raggi X emessi dai nuclei galattici attivi, le dense regioni centrali delle galassie con buchi neri supermassicci al centro. I cosiddetti outflows ultraveloci (UFO, ultra-fast outflow), fatti di gas altamente ionizzato, viaggiano a velocità che possono raggiungere il 40 per cento di quella della luce, e si osservano in prossimità del buco nero centrale. Gli outflows più lenti, chiamati anche “assorbitori tiepidi” (warm absorbers), viaggiano invece a velocità assai più basse, nell’ordine delle centinaia di km/s, e mostrano caratteristiche fisiche – come la densità delle particelle, o la loro ionizzazione – simili a quelle della materia interstellare circostante.
Questi outflows più lenti hanno una probabilità più elevata di essere rilevati a distanze maggiori dal centro della galassia.
Nel nuovo studio, gli scienziati descrivono un terzo tipo di outflow che combina le caratteristiche dei due precedenti: la velocità di un UFO e le proprietà fisiche di un assorbitore tiepido. “Riteniamo che si tratti della zona in cui l’UFO entra in contatto la materia interstellare e la trascina via come fosse uno spazzaneve – spiega Serafinelli -. È ciò che chiamiamo un outflows ultraveloce ‘trascinato’, perché l’UFO, in questa fase, sta penetrando nella materia interstellare. Un po’ come il vento quando sospinge la vela di una barca”.
Il trascinamento avviene a una distanza dal buco nero che va da decine a centinaia di anni luce. L’UFO sospinge gradualmente la materia interstellare allontanandola dalle regioni centrali della galassia, liberando queste zone dal gas e rallentando così l’accrescimento della materia attorno al buco nero supermassiccio. Un processo, questo, già previsto dai modelli, ma mai prima d’ora osservato nelle sue tre fasi.
“Nei dati di XMM-Newton possiamo vedere – a grandi distanze dal centro della galassia – materia ancora indisturbata dall’UFO proveniente dell’interno – osserva Francesco Tombesi, dell’Università di Roma Tor Vergata e del Goddard Space Flight Center della NASA, secondo autore dello studio -. Possiamo vedere anche nubi di gas a minor distanza dal buco nero, vicino al nucleo della galassia, dove l’UFO ha iniziato a interagire con la materia interstellare”.
Una prima interazione, questa alla quale accenna Tombesi, che avviene a parecchi anni di distanza da quando l’UFO ha lasciato il buco nero. Ma l’energia dell’UFO consente al buco nero – un oggetto relativamente piccolo rispetto alla galassia – di estendere la sua influenza su materia che si trova ben oltre la portata della sua forza gravitazionale.
Secondo gli scienziati, attraverso gli outflows i buchi neri supermassicci trasferiscono la loro energia nell’ambiente circostante, spazzando via gradualmente il gas dalle regioni centrali della galassia, che potrebbe quindi arrestare la formazione stellare.
E, in effetti, oggi le galassie producono stelle a un ritmo assai inferiore rispetto a quanto non facessero nelle prime fasi della loro evoluzione. “Questa è la sesta volta in cui questo tipo di outflows vengono rivelati – ricorda Serafinelli -. Dunque è tutta scienza nuovissima. Le fasi dell’outflows erano state osservate in precedenza, ma separatamente: questa è la prima volta in cui si riesce a chiarire come siano collegate l’un l’altra”.
Il fattore chiave che ha consentito di distinguere i tre tipi di outflows è la risoluzione energetica senza precedenti di XMM-Newton. In futuro, con nuovi e più potenti osservatori come Athena, l’Advanced Telescope for High ENergy Astrophysics dell’ESA, gli astronomi saranno in grado di osservare centinaia di migliaia di buchi neri supermassicci, rilevando gli outflows con grande facilità. Cento volte più sensibile di XMM-Newton, Athena dovrebbe essere lanciato nel 2030.
“Trovare una sorgente è fantastico, ma la vera svolta sarebbe scoprire che questo fenomeno è comune nell’universo – dice Norbert Schartel, project scientist di XMM-Newton all’ESA -. Anche con XMM-Newton, nel prossimo decennio, potremmo essere in grado di trovare altre sorgenti come questa”.
Ottenere ulteriori dati aiuterà in futuro gli scienziati a comprendere in dettaglio le complesse interazioni tra i buchi neri supermassicci e le loro galassie ospiti, e a capire le ragioni della riduzione – nel corso di miliardi di anni – del tasso di formazione stellare osservata dagli astronomi.

STUDIO RIVELA, IL SENSO DEL TATTO GUIDA I NOSTRI MOVIMENTI

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Suona la sveglia: a tutti è capitato, ancora in dormiveglia, di lasciar scivolare la mano sopra il comodino per spegnerla. La facilità con cui si eseguono tutti i giorni azioni come questa è sorprendente se rapportata alla complessità dell’anatomia della mano e dei processi neurali responsabili del controllo sensorimotorio. Come sappiamo a colpo sicuro dirigere la mano verso la sveglia? Che ruolo ha nel compiere questo movimento le sensazioni tattili che deriva dallo scivolamento della mano sul comodino? Una risposta appare sulla rivista Science Advances, in uno studio condotto da neuroscienziati e ingegneri dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, della Fondazione Santa Lucia, dell’Università di Pisa, e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che mette in relazione la capacità di controllare efficacemente il movimento delle nostre mani con le sensazioni tattili che i recettori della pelle ci forniscono.
“Per controllare i movimenti delle nostre mani – afferma Alessandro Moscatelli, ricercatore all’Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Santa Lucia, presso il gruppo diretto dal Prof. Francesco Lacquaniti – dobbiamo conoscerne la posizione e la velocità di movimento rispetto agli oggetti che ci circondano. Il senso della posizione e della velocità dei nostri arti e del nostro corpo viene chiamato propriocezione – un vero e proprio ‘sesto senso’. Secondo studi classici di neuroscienze, i segnali di propriocezione derivano da recettori meccanici incorporati nel nostro sistema muscolo-scheletrico. I recettori presenti nella pelle, al contrario, sarebbero alla base del nostro senso del tatto. A differenza della propriocezione, si ritiene comunemente che il senso del tatto fornisca informazioni sugli oggetti esterni. Ad esempio, ci informa se un oggetto è rigido o soffice, liscio o ruvido e così via. Con questo studio abbiamo dimostrato che questa separazione non è poi così netta, e abbiamo fatto un passo importante per capire come funziona la nostra percezione del mondo”.
Quando si tocca un oggetto, infatti, la deformazione della nostra pelle fornisce informazioni non solo sull’oggetto stesso, ma anche sulla posizione e sul movimento della parte del corpo che tocca l’oggetto. Se è così, in modo simile a come avviene per la propriocezione, il senso del tatto dovrebbe essere in grado di fornire una guida al nostro sistema nervoso per controllare i movimenti del nostro corpo, in particolare degli arti.
“In una serie di esperimenti – prosegue Matteo Bianchi, ricercatore all’Università di Pisa (Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Centro di Ricerca “Enrico Piaggio”) – abbiamo costruito una ‘illusione tattile’: i partecipanti dovevano muovere il loro dito su una superficie con delle linee increspate, cercando di spostarsi in linea retta (senza utilizzare la visione in quanto bendati) o verso un bersaglio visibile soltanto in una realtà virtuale riprodotta mediante un dispositivo indossabile. Secondo il nostro modello matematico, la direzione di moto rilevata dal tatto e quindi dalla deformazione della pelle viene influenzata dall’orientamento delle creste. Coerentemente, abbiamo osservato che cambiando l’orientamento delle creste, i movimenti sistematicamente deviavano dalla traiettoria desiderata”.
“Abbiamo quindi ripetuto l’esperimento chiedendo ai soggetti di indossare un guanto, in modo che l’informazione tattile fosse attutita. In questo caso, il movimento veniva eseguito per lo più in modo corretto. Questo risultato – sottolinea – dà un forte sostegno al nostro modello e dimostra che le nostre azioni sono davvero letteralmente guidate da una miscela ideale di tatto e ‘sesto senso’ (propriocezione) pesata in base all’affidabilità delle misure a disposizione del nostro sistema nervoso”.
“Le applicazioni che ne derivano sono molto interessanti in diversi campi – conclude Antonio Bicchi (Istituto Italiano di Tecnologia e Università di Pisa) -. Questo tipo di ricerca è infatti fondamentale per lo sviluppo di una nuova generazione di tecnologie aptiche, ovvero legate al senso del tatto, che utilizzano la matematica come strumento di modellazione e sintesi. Le implicazioni in ambito tecnologico e industriale sono principalmente legate a dispositivi di realtà virtuale e aumentata in grado di fornire un’esperienza immersiva e realistica, fondamentale nella nuova industria, per esempio per processi di progettazione di prototipi, modellizzazione e ispezione da remoto”.
Importanti ricadute sono possibili anche in ambito medico. Lo studio dei principi di funzionamento della nostra percezione corporea può portare infatti allo sviluppo di test clinici più sensibili, in grado di effettuare diagnosi precoci di diverse malattie neurologiche che sono associate ad una diminuzione della capacità di movimento e sensibilità tattile, come neuropatie diabetiche, lesioni nervose traumatiche e sclerosi multipla.

D’AMATO “IL POLICLINICO DI TOR VERGATA ESCE DAL PIANO DI RIENTRO”

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Il Policlinico di Tor Vergata esce dal Piano di rientro grazie ai risultati raggiunti in chiave di riduzione del disavanzo e di incremento della produzione. A presentare i dati del bilancio della struttura sanitaria l’assessore alla Sanità e l’Interazione Sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato accompagnato dal Direttore generale del Policlinico di Tor Vergata (PTV), Tiziana Frittelli. A partire dal 2014 il disavanzo del Policlinico è passato da 73,6 milioni di euro ai 19,5 milioni del 2018 e alla riduzione del disavanzo è corrisposto l’aumento della produzione passata dai 216,4 milioni di euro ai 254,8 del 2018. Grazie alla sinergia con l’Università, il PTV ha in gestione 447 studi clinici finalizzati alla ricerca. E’ certificato per la qualità ISO 9001 e per il rischio clinico.
Oltre all’aumento della produttività si è registrato anche un aumento dei posti letto passati dai 426 del 2014 ai 504 del 2018, con l’apertura dell’SPDC.
L’aumento dei costi è in parte dovuto agli importanti investimenti sulle risorse umane: sono state attivate le procedure per la stabilizzazione dei precari (130 unità) e incrementati gli organici; nel 2018 è stata riconosciuta la progressione economica al personale di comparto (1.055 unità coinvolte), è stato rimodulato l’orario per il personale universitario (28 ore settimanali) ed attuato il nuovo atto aziendale.
Nel 2017 il numero dei ricoveri ha raggiunto quota 24 mila con un incremento del 10% dei ricavi rispetto al 2014. Significativo anche il costante aumento degli interventi chirurgici: nel 2018 sono stati oltre 9.200 il 13% in più rispetto all’anno 2015.
Al pronto soccorso gli accessi sono aumentati negli anni passando dai 46.820 del 2014 (1.947 codici rossi) ai 48.055 del 2018 (2.814 codici rossi). Il numero dei codici rossi pone il PTV costantemente ai primi posti per trattamento a livello regionale a causa dell’ampio bacino di utenza.
Gli esiti clinici del programma Prevale hanno evidenziato standard di qualità medio-alta senza aree di particolare criticità. Valutazioni in netta crescita rispetto al 2017.
I maggiori risparmi hanno riguardato l’incremento delle procedure di gara per l’acquisto di servizi e forniture e la razionalizzazione dei processi organizzativi.
Buona la performance anche nei pagamenti: il PTV paga i fornitori in 56 giorni (4 giorni in meno della norma nazionale) grazie ad un processo di governo della corretta esecuzione dei contratti.
Farmaci innovativi: il PTV garantisce l’accesso in tempo reale grazie ai fondi della Legge 232/2016 e alla razionalizzazione della spesa farmaceutica.
Investimenti sulle tecnologie: negli ultimi anni sono state sostituite tutte le Tac ed è stata installata l’innovativa Tc cardiaca prima in Italia ad avere lo Spectral Imaging (eseguiti già più di 800 esami), è stato effettuato l’aggiornamento degli ecografi e la sostituzione della PET e della Gamma Camera.
“Un ringraziamento doveroso – è il commento del rettore Giuseppe Novelli – va ai componenti del Consiglio di Amministrazione e all’assessore della Regione Lazio Alessio D’Amato per l’incessante e fruttuoso lavoro portato avanti in questi anni. Una sinergia che ha consentito al PTV di raggiungere questo straordinario risultato. Sono i fatti a parlare: siamo in grado di produrre salute, di fronteggiare le difficoltà, di essere sostenibili. Facciamo innovazione e formazione, sia pre che post laurea, valorizziamo la ricerca e siamo orgogliosi di quanto realizzato. Una performance che ha tutte le carte in regola per diventare modello di lavoro: su tutti questi aspetti siamo aperti al dialogo e disponibili al confronto”.

AL VIA IL PROGETTO YUFE, C’È ANCHE TOR VERGATA

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YUFE (Young Universities for the Future of Europe) è una delle 17 alleanze di università europee scelte dalla Commissione Europea per sviluppare e implementare modelli utili a delineare l’Università Europea. L’idea di YUFE, presentata all’inizio di quest’anno, ha ricevuto ora il via libera alla realizzazione del progetto: l’annuncio è stato dato a Bruxelles. A farne parte anche l’Università di Roma Tor Vergata.

Per il rettore, Giuseppe Novelli, “il nostro ateneo è orgoglioso di essere stato scelto tra i partner di questo progetto destinato a cambiare la formazione universitaria europea. Tor Vergata ha sempre puntato sull’internazionalizzazione – in Europa e fuori dall’Europa – come passaggio importante per far crescere i propri studenti. L’alleanza YUFE consentirà ai nostri studenti di vivere un’esperienza – didattica e professionale – di respiro ancora più ampio. L’obiettivo nostro e dei nostri partner è quello di dare vita entro i prossimi tre anni ad una vera e propria Fondazione dell’Università Europea”.

Martin Paul, Presidente dell’alleanza YUFE e dell’Università di Maastricht, capofila del progetto, ha dichiarato: “La nostra alleanza, che include otto giovani università, costruirà la prima Università Europea del futuro, aperta a tutti.

La nostra Università Europea metterà a disposizione degli studenti le competenze di cui hanno bisogno per risultare altamente attrattivi dal punto di vista dell’occupabilità, e disegnerà opportunità e percorsi di carriera europei utili alla società, rafforzando la nostra identità collettiva e contribuendo ad una sempre maggiore coesione della società europea”.

L’alleanza YUFE è geograficamente estesa, e include università, città e società.

Le università che hanno costituito l’alleanza YUFE sono Maastricht University (coordinatore) – Paesi Bassi; Universidad Carlos III University of Madrid – Spagna; University of Antwerp – Belgio; University of Bremen – Germania; University of Cyprus – Cipro; University of Eastern Finland – Finlandia; University of Essex – Regno Unito; Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Italia.

SCOPERTI DUE PIANETI IN ORBITA ATTORNO ALLA STELLA TEEGARDEN

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Il Dipartimento di Fisica dell’Università Roma “Tor Vergata” ha partecipato a uno studio internazionale effettuato dal consorzio CARMENES, che ha portato alla scoperta di due nuovi pianeti extrasolari in orbita attorno alla stella Teegarden, con un periodo rispettivamente di 4,9 e 11,4 giorni. Questi due pianeti hanno una massa simile a quella della Terra e una temperatura sufficientemente temperata da permettere la presenza di acqua liquida sulla loro superficie. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale Astronomy & Astrophysics.
A una distanza di appena 12,5 anni luce, nella costellazione dell’Ariete, la Stella Teegarden è la ventiquattresima stella più vicina al sistema solare ed è una delle più piccole nane rosse conosciute. Sebbene sia molto vicina, la temperatura di questa stella è di appena 2660°C (il Sole ha una temperatura di 5500°C), e se confrontata con il Sole, la sua luminosità è 1500 volte più debole e la sua massa è 10 volte più piccola.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

“Proprio per questo motivo, la stella Teegarden è rimasta sconosciuta per un lungo tempo, finché non fu scoperta nel 2003 sulla base di dati presi per localizzare asteroidi – spiega Luigi Mancini, Dipartimento di Fisica di Roma ‘Tor Vergata’ e tra gli autori della scoperta -. I due nuovi pianeti sono stati rivelati utilizzando la tecnica Doppler, che consiste nel monitorare frequentemente la luce emessa dalla loro stella genitrice e misurarne la variazione della sua velocità radiale, cioè della componente della sua velocità rivolta verso l’osservatore sulla Terra”. I risultati di questa ricerca, a cui hanno partecipato numerosi istituti stranieri, tra cui l’Università di Gottingen, l’Istituto d’Astrofisica dell’Andalusia, l’Istituto delle Scienze Spaziali della Catalogna e l’Istituto Max Planck per l’Astronomia di Heidelberg, sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Astronomy & Astrophysics con il titolo “The CARMENES search for exoplanets around M dwarfs. Two temperate Earth-mass planet candidates around Teegarden’s Star”.
Un pianeta che ruota intorno a una stella induce su quest’ultima una variazione periodica del suo moto, provocando un debole effetto Doppler sulla luce della stella, che può essere misurata con una precisione fino a circa 1 metro al secondo, equivalente, cioè, alla velocità di un uomo che fa una passeggiata. I pianeti di piccola taglia producono un segnale Doppler estremamente piccolo, che può essere difficilmente rivelato anche con gli strumenti più precisi. Tuttavia, nel caso delle nane rosse, come appunto la stella Teegarden, le misure sono decisamente più facili. Infatti, un pianeta che ruoti attorno a una stella nana rossa con un periodo orbitale di pochi giorni, provoca una variazione della velocità radiale della propria stella che è molto maggiore rispetto al caso in cui lo stesso pianeta ruotasse intorno ad una stella di massa più grande, come il Sole, e a una distanza simile alla distanza della Terra dal Sole.
“La Stella Teegarden è stata selezionata proprio per questo motivo e osservata per circa tre anni per misurare la sua velocità radiale con estrema precisione grazie allo spettrografo ad altissima risoluzione CARMENES (Calar Alto high-Resolution search for M dwarfs with Exoearths with Near-infrared and optical Échelle Spectrographs) – aggiunge Luigi Mancini -. Oltre 200 misure Doppler della stella Teegarden sono state necessarie per rivelare la presenza di almeno due segnali, ovvero due nuovi esopianeti: Teegarden’s Star b e Teegarden’s Star c”.
Sulla base di queste misure, i ricercatori del Consorzio CARMENES hanno dedotto che il pianeta b ha una massa simile a quella della Terra, orbita attorno alla stella ogni 4,9 giorni a circa il 2,5% della distanza Terra-Sole. Anche il pianeta c è simile alla Terra in termini di massa, completa la sua orbita in 11,4 giorni e si trova al 4,5% della distanza Terra-Sole. Poiché la Stella di Teegarden irradia molta meno energia del nostro Sole, le temperature su questi due pianeti dovrebbero essere miti e in teoria potrebbero trattenere acqua liquida sulle loro superfici, in particolar modo il pianeta c, che è il più esterno dei due.
“Questo tipo di pianeti costituiscono i target principali da studiare per le missioni dei futuri telescopi spaziali, volti alla ricerca della vita oltre il nostro Sistema Solare”, conclude Luigi Mancini dell’Università Roma “Tor Vergata”.

I GIOVANI FISICI FANNO RETE NELLA RICERCA

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Torna a Roma, a partire da domani al 21 giugno, Young Researcher Meeting, la conferenza che promuove la discussione e lo scambio di idee nel campo della fisica, rivolta soprattutto a dottorandi e post.doc ovvero i giovani ricercatori.

L’idea è nata dieci anni fa da un gruppo di dottorandi dell’Università di Roma “Tor Vergata” con lo scopo di creare una rete di persone giovani impegnate nella ricerca e far nascere nuove collaborazioni in vari campi della fisica. Insieme ad altre iniziative emerse in diverse aree di ricerca, segna la consapevolezza e il desiderio di dottorandi, borsisti post-dottorato e giovani ricercatori di svolgere un ruolo importante nel progresso scientifico. L’atmosfera è informale e la formula è semplice: incontrarsi una volta l’anno in una città italiana, riunendo un centinaio di fisici provenienti da tutto il mondo.

La conferenza si apre domani, alle ore 9.30, presso la prestigiosa Villa Mondragone, Centro di Rappresentanza dell’Ateneo di Roma “Tor Vergata”.

“Questa decima edizione si profila di grande successo – dice Marina Migliaccio dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, tra i fondatori dell’iniziativa -. Avremo oltre cento studenti e giovani ricercatori che arrivano da una decina di paesi differenti. Il programma vanta più di 40 contributi orali e una ricchissima sessione di poster, con oltre 60 contributi originali”.

I temi trattati andranno dall’astrofisica alla fisica nucleare, dalla geofisica alle scienze non lineari e alla fisica computazionale. Massimiliano Lattanzi, Sezione INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Ferrara, e Claudio Attaccalite, Centre Interdisciplinaire de Nanoscience di Marsiglia arricchiscono il programma con interventi su temi quali cosmologia, il primo, e fisica della materia, il secondo: rispettivamente. Tra le novità della decima edizione, una tavola rotonda durante la quale si discuterà della connessione tra fisica e aziende.

Si passeranno la parola Daniel Ricci Pacifici e Najla Said, rispettivamente un ex fisico e una ex cosmologa, entrambi con carriere in diversi ambiti del settore privato, e Antonella Delle Noci, rappresentante dell’area risorse umane. I partecipanti avranno inoltre l’occasione di visitare i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, conoscendo da vicino le eccellenze della ricerca italiana.

Il decimo Young Researcher meeting è realizzato grazie al supporto dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in particolare il gruppo di Fisica solare di “Tor Vergata”, dal Programma Nazionale PLS – Piano Lauree Scientifiche, dall’INFN l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e da Akka Technologies.

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